Sentenza Cassazione Lettera
I E-mail del 17 maggio 20000.
Cari Amici di iuramedica vi invio a caldo un appunto preliminare dopo aver letto il lancio
di agenzia del 16 maggio c.a. che riporta alcuni frammenti di una sentenza della Corte di
Cassazione sezione 3° civile relativa ad un caso di responsabilità medica.
Si tratta di un caso di cui per ora non conosciamo le circostanze del fatto. E' comunque
una vicenda di asserita responsabilità professionale ostetrica per la nascita di un
neonato prematuro che ha poi presentato una tetraparesi spastica.
Nel processo civile di primo grado il tribunale aveva condannato l'USL di Tivoli, il
primario dell'ospedale ed anche l'ostetrico di famiglia. Nel 1998 la Corte d'Appello aveva
escluso la responsabilità dell'ostetrico di famiglia. La Cassazione ha cassato la
sentenza affermando tra l'altro che "la circostanza che manca nella legislazione
italiana uno standard di riferimento degli strumenti di cui una struttura sanitaria deve
necessariamente disporre, non esime il medico responsabile della cura dei pazienti dal
dovere di informarli della possibile inadeguatezza della struttura per
l'indisponibilità, anche solo momentanea, di strumenti essenziali (nel caso in oggetto
mancava il cardiotocografo N.d.R. ) per una corretta terapia o per una adeguata
prevenzione di possibili complicazioni, tanto più se queste siano prevedibili in
relazione alla particolare 'vulnerabilità' di un bimbo concepito se questo viene
alla luce in condizioni di prematurità".
Per la Cassazione, inoltre, "non ci si può difendere affermando di essere stati
assenti nel momento in cui la paziente affronta le terapie". E quanto al medico di
fiducia "benchè non possano essergli imputate le carenze della struttura pubblica
presso la quale egli svolge le funzioni di medico ospedaliero né le condotte
colpose di altri dipendenti dell'ente. egli ha tuttavia l'obbligo sia di informare
il paziente dell'eventuale ,anche solo contingente, inadeguatezza della struttura nella
quale è inserito e presso la quale il paziente stesso sia ricoverato - tanto più se la
scelta sia effettuata proprio in ragione dell'inserimento del medico di fiducia in quella
struttura pubblica - sia di prestare al paziente ogni cura che non sia incompatibile
con lo svolgimento delle sue funzioni di pubblico dipendente".
La mancanza di notizie adeguate sul merito delle sentenze di I e II grado impedisce per
ora un commento approfondito sul caso: lo faremo non appena entrati in possesso
dell'intera sentenza. Ma la lettura delle massime che l'ANSA ha tratto dalla sentenza è
sufficiente per un preliminare parere .
E' evidente e noto, infatti, che i principi affermati nelle sentenze della Cassazione
estendono il loro effetto oltre i confini del singolo caso costituendo spesso un
indirizzo che si applica in altri casi , che può consolidarsi e spesso si consolida.
E' a causa di una serie sempre più nutrita di sentenze di questo tipo che l'attività
medico-chirurgica, professione a massimo rischio per sua stessa natura, ha visto
dilatare per via dottrinale e giurisprudenziale - pur in mancanza di norme specifiche che
regolino questa professione - i propri veri e presunti obblighi in misura sempre più
estesa, superando i confini del ragionevole come un'auto che viaggia a grande
velocità senza pilota e senza freni.
Questa ultima sentenza, qualunque ne sia stato l'intimo movente, giuridico ed umano,
giunge ad addossare ai medici perfino l'obbligo giuridico di informare il paziente non
solo della natura della malattia, dei suoi intrinseci rischi, delle esigenze
e dei rischi della diagnosi e della terapia ma anche delle disfunzioni dell'ospedale. A
prima vista questa nuova incombenza potrebbe sembrare un dovere di sincerità e di
prudenza.
Ma ci si dovrebbe chiedere - e la sentenza ne accenna di sfuggita - quali responsabilità
abbiano davvero i medici di una sanità spesso male gestita sotto il profilo
amministrativo, di frequente vittima di influenze negative della politica,
sicuramente insufficiente in molte aree del paese per la vetustà delle strutture (che non
tocca ai medici ammodernare ed attrezzare) anche per il continuo aumento dei costi dei
materiali, degli strumenti e dell'organizzazione. In non poche evenienze giudiziarie
abbiamo appreso di lettere scritte e riscritte alle amministrazioni da primari e da
medici, per sollecitare riparazioni ed acquisti, denunciare
insufficienze e carenze: lettere rimaste spesso senza risposta . Ora si chiede addirittura
che il medico dirotti un paziente dall'ospedale pubblico in cui opera, che pur
dispone di un regolare reparto di ostetrica, nel presupposto spesso erroneo che l'ospedale
alternativo sia facilmente raggiungibile, abbia posti letto disponibili e possegga
personale e strumenti maggiori di quelli dell'ospedale ritenuto inadeguato.
Un dovere di questo genere sussiste ovviamente in relazione alla necessità di prestazioni
specialistiche particolari, non disponibili nella struttura inizialmente
individuata: ma si chiede davvero troppo se la pretesa riguarda prestazioni comuni. E'
certamente arrivato il momento di ridiscutere in un ampio dibattito pubblico le
possibilità ed i limiti della medicina e dell'organizzazione medica: la società non ne
può continuare scaricare sulle spalle dei singoli medici i limiti intrinseci alla
medicina e le inadempienze delle amministrazioni sanitarie e della politica che sta loro
alle spalle.
A proposito della politica tutti conosciamo il numero degli interventi normativi sullo
stato giuridico dei medici, a partire dall'istituzione del Servizio Sanitario Nazionale.
L'ultimo episodio è la legge Bindi che ha costretto ad un ennesimo ridisegno della
sanità che ben poco, crediamo, può aiutare a superare la perenni difficoltà dei medici
mentre perdura la totale carenza di norme di base sulla professione sanitaria.
Un altro episodio, poco noto, e non estraneo al problema di cui ci stiamo occupando,
riguarda il decreto 368/1999 di adeguamento alle norme CEE sulla circolazione dei medici
nella comunità europea: con esso si mettono in ginocchio le scuole di specializzazione e
si lasciano sulla strada migliaia di giovani medici dopo averne consentito la laurea in
mancanza di un vero numero chiuso e con il devastante contributo dei TAR.
Ne dovremo parlare in un dibattito su iuramedica.
Questa è l'Italia nella quale forse un giorno si scopriranno davvero le tombe e si
leveranno i morti a protestare per il troppo che abbiamo tutti sofferto.
Angelo Fiori
II E-mail del 17 maggio
Cari Amici sono le ore 7.15 di questo stesso 17 maggio. Poco fa ho avuto una vivace
discussione durante una trasmissione radiofonica del mattino sulla prima rete che mi aveva
dato appuntamento per le ore 6,40 (avevo già trasmesso la precedente mail).E' inutile che
vi racconti l'acceso battibecco nel quale ho chiaramente affermato che le informazioni
sulle disfunzioni dell'ospedale toccherebbero all'amministrazione (figuratevi un po'
se lo faranno davvero ! ho chiesto alla conduttrice
se lei se la sentirebbe di denunciare la disfunzione della RAI ma mi è stato risposto che
lei fa solo . informazione. Informazione sui problemi altrui e della "gente" !).
Mi chiedo, per ora solo paradossalmente, se d'ora in poi, dopo la sentenza appena
menzionata ,nei moduli di consenso
informato sottoposti al paziente il medico dovrà elencare tutte le deficienze del proprio
ospedale di cui egli ha conoscenza e che
direttamente od indirettamente potrebbero incidente sulla salute ed anche più latamente
sul disagio del paziente. Dirà al paziente che c'è un solo miserabile bagno per venti
letti ? che le cucine lasciano a desiderare ? che sull'igiene non può garantire ? che la
radiologia lavora ad orario e personale ridotto per cui in caso di urgenze contemporanee
potrebbero sorgere problemi ? che se dopo un intervento si rendesse necessaria la
rianimazione potrebbero non esserci, in quel momento, dei posti liberi e che forse egli
dovrebbe essere trasferito altrove, non si sa dove, semprechè anche altrove vi sia posto,
e dopo un disagiato trasporto a rischio, in ambulanza ? gli dirà che nell'ospedale vi è
elevato assenteismo e quindi il numero dei paramedici è teorico, perché troppi ne
mancano ogni giorno ? gli dirà che alcuni strumenti sono di vecchio modello, si
guastano frequentemente, che gli appelli all'amministrazione sono rimasti inevasi ? gli
dirà che lui, personalmente, non si farebbe certo operare dal collega Tizio e tanto meno
dal collega Caio e che sua moglie gravida non l'affiderebbe certo al collega Sempronio ?
Tutto ciò abita evidentemente nel regno di Utopia e farebbe felice Tommaso Moro: ma
intanto popola i tribunali di medici
depressi e disamorati. Io mi auguro che la Federazione degli Ordini dei Medici intervenga
per cui cercherò di far giungere questi due messaggi anche al Presidente Aldo Pagni per
aprire un dibattito urgente.
Cari saluti. Angelo Fiori