Problemi cardiaci nei diabetici e farmaci ipoglicemizzanti
E noto come i soggetti diabetici presentino un aumentata
prevalenza di malattie cardiovascolari e una maggiore mortalita, rispetto ai
soggetti non diabetici.
Ci si e chisto se tale condizione possa essere influenzata, in senso positivo o
negativo, dalle diverse terapie farmacologiche.
Nel 1969 lo studio UGDP (University Group Diabetes Program) confronto diabetici
trattati con sola dieta, con tolbutamide (a dosaggio fisso), con insulina (a dosaggio
variabile). Lo studio sembro evidenziare un aumentata mortalita
cardiovascolare nei pazienti trattati con tolbutamide, per cui si ipotizzo un
influenza negativa di tale farmaco (aggravamento del danno ischemico ed effetto
aritmogeno) mediante un aumentata eccitabilita miocitica e un effetto inotropo
positivo.
Diversi autori contestarono tali conclusioni evidenziando alcune debolezze dello studio:
veniva preso, come criterio di compenso, la sola glicemia a digiuno, il periodo di
osservazione era relativamente breve, il dosaggio fisso di tolbutamide non sembrava
adeguato per tutti i soggetti. Solo diversi anni dopo, allorche furono finalmente
resi pubblici i dati grezzi dello studio, venne evidenziato ul ulteriore importante
elemento di debolezza, consistente nel mancato aggiustamento statistico per i fattori
confondenti, soprattutto perche si evidenzio una particolare concentrazione,
non corretta in fase di calcolo, di pazienti cardiopatici nel gruppo trattato con
tolbutamide.
Gli studi successivi, finalizzati a confermare o smentire definitivamente le conclusioni
dell UGDP non diedero risultati definitivi: uno studio di Soler (Lancet 1, 475 -
477, 1974) evidenziava una piu' elevata mortalita' tra i diabetici trattati con
insulina e sulfaniluree rispetto a quelli trattati con sola dieta, mentre un altro studio
(Diabetologia 222,79-84,1982) non riscontrava differenze tra i soggetti trattati
con sola dieta e quelli trattati con aggiunta di sulfaniluree.
Alcuni studi clinici piu recenti hanno poi riscontrato come siano possibili, in casi
particolari, delle effettive interferenze delle sulfaniluree nel metabolismo cardiaco: la
mortalita nell immediato periodo post-operatorio nei diabetici sottoposti ad
angioplastica coronarica risulta superiore nei soggetti trattati con sulfaniluree rispetto
a quelli trattati con insulina (J.M.Coll.Cardiol. 33,119-124,1999), mentre nei pazienti
sottoposti a trombolisi intracoronarica si assiste al fenomeno inverso di una superiore
mortalita' in terapia insulinica rispetto a quella con le sulfaniluree (J. AM. Coll.
Cardiol. 26,57-65, 1995).
Trattando con diverse sulfaniluree somministrate per via endovenosa dei pazienti non
diabetici sottoposti ad angioplastica coronarica, e' stato osservato, in condizioni
sperimentali, un influsso potenzialmente dannoso di questi farmaci sul metabolismo
coronarico (Eur. Heart J. 20, 439-446, 1999). L'importanza di questa osservazione
sperimentale nella casistica clinica rimane assolutamente indefinita. Le sulfaniluree
inoltre non sembrano essere tutte uguali tra di loro in quanto agiscono con meccanismo
leggermente diverso e con diversa influenza sul metabolismo cardiaco.
E' stato effettuato recentemente un grosso studio (UKPDS: Lancet 352,837-853,1998)
che ha studiato oltre 3000 pazienti diabetici di tipo 2, senza patologie cardiovascolari
in atto e con basso profilo di rischio. Questo studio non ha riscontrato differenze
significative di morbilita' e mortalita' cardiovascolare tra i vari gruppi trattati con
insulina o con i vari ipoglicemizzanti orali.
Lo studio DIGAMI, che ha indagato pazienti diabetici con cardiopatia ischemica
postinfartuati, trattati con terapia insulinica intensiva o terapia tradizionale, ha
riscontrato una inferiore mortalita' nel gruppo a terapia insulinica intensiva pur non
potendosene chiarire esattamente le cause in quanto, ipotizzano gli autori, potrebbe
essere dovuta anche a un miglior compenso glicemico dato da questa terapia particolarmente
mirata e aggressiva.
Non tutte le sulfaniluree , considerate nel loro intimo meccanismo biochimico, sono uguali
tra di loro. La loro azione fondamentale si esplica con una chiusura dei canali del
potassio ATP dipendenti, presenti a livello delle beta cellule pancreatiche ma anche a
livello di altri organi tra cui il cuore, con diversi effetti metabolici ( modulazione
insulinemia, contrazione cellule muscolari lisce ecc.).
L interferenza di tali farmaci con i canali del potassio ATP dipendenti avviene a
livello di due siti: un sito ad elevata affinita' (SUR) distinto in tre tipologie, pancreatico,
cardiaco, vascolare; e un sito a bassa affinita' denominato KIR6.2
Alcuni ipoglicemizzanti orali come la tolbutamide e la glicazide, inibiscono i canali di
tipo pancreatico (KIR6.2 e SUR1) ma non inibiscono i canali di tipo cardiaco.
La glibencamide invece non e' pancres-specifica e blocca con alta affinita' sia i canali
beta cellulari pancreatici che quelli cardiaci, pur con diversa cinetica in quanto il
blocco dei canali beta cellulari e' irreversibile mentre quello a livello cardiaco e'
rapidamente reversibile.
I canali del potassio ATP dipendenti a livello cardiaco e vascolare si presentano chiusi
in situazioni fisiologiche, mentre si verifica una apertura in condizione di ipossia o di
ischemia, con fuoriuscita extracellulare di ioni K e accorciamento del potenziale d'azione
del miocita. Tale complesso di azioni comporta un prolungamento della sopravvivenza dei
miociti cardiaci per ridotta contrattilita' e ridotto consumo energetico, nonche' il
rilasciamento della muscolatura liscia vasale. Lo stesso meccanismo, d'altronde, puo'
facilitare l'insorgenza di aritmia.
In conclusione non e' stata detta ancora detta una parola definitiva sulla possibile
influenza che i farmaci ipoglicemizzanti orali possano avere sul metabolismo cardiaco e in
corso di evento cardiovascolare acuto. Gli studi sull'argomento sono contraddittori:
mentre gli studi biochimici e sperimentali mettono in evidenza alcune possibili potenziali
influenze delle sulfaniluree sul metabolismo del miocardio anossico, di grado differente
tra le varie molecole e di incerto significato clinico, gli studi clinici, anche molto
estesi, sono invece complessivamente rassicuranti e non hanno presentato finora prove
convincenti di peggioramento dell ischemia o di effetto proaritmico durante terapia
cronica con sulfaniluree rispetto alla somministrazione di insulina.
Potrebbe essere opportuno e ragionevole, comunque, proprio a causa della persistente
incertezza, preferire ove possibile la somministrazione di insulina rispetto a quella di
sulfaniluree nei pazienti diabetici in occasione di un episodio di ischemia acuta o nelle
sue immediate vicinanze.
Tra le sulfaniluree, qualora indispensabile in tale occasione, sarebbero preferibili le
sulfaniluree di terza generazione (come la glimepiride) il cui meccanismo non
coinvolgerebbe i canali del potassio cardiaci e quindi non interferirebbe con i fenomeni
fisiologici difensivi dell'ischemia miocardica.
D.Z.: Fonte: G.I.D.M. Editoriale 21,3-7,2001.