LA RICERCA CLINICA NEI SOGGETTI NON CAPACI
Nel giro di pochi decenni (Codice di Norimberga, poi superato dalla
dichiarazione di Helsinki del 1964) si è passati da una completa
giustificazione di quanto veniva fatto in nome della scienza ad una situazione
nella quale il consenso informato viene presentato come panacea di ogni
problema di legittimazione della sperimentazione clinica. Nei casi di pazienti
incapaci, si è fatto riferimento essenzialmente alla volontà
espressa precedentemente in forma di direttiva futura o, con minor forza
giuridica ma tuttavia rilevante, mediante ipotesi di accadimento futuro
("se dovesse succedere la tal cosa, mi comporterei così..."). Tale
volontà poteva essere espressa e interpretata da un rappresentante
(proxy). Oggi si inizia a prendere atto dei limiti del consenso informato
riferito comunque alla volontà di tali pazienti, con possibilità
di pericoli e possibilità positive. Il pericolo è che, ridimensionando
il c.i., riemergano forme non rassicuranti di legittimazione della ricerca
scientifica noncuranti del benessere del singolo (considerato secondario
agli interessi comuni). Va in questa direzione la recente modifica delle
norme della FDA che ha previsto la possibilità di fare a meno del
consenso in alcuni casi di ricerca su condizioni di emergenza dando per
scontata (e scontata non è) la coincidenza di interessi tra ricercatori,
società e pazienti. La possibilità positiva è che
si sviluppi maggior attenzione verso i bisogni e gli interessi di ogni
persona, valutata singolarmente e non dedotti da una visione morale e sociale
del tutto generica. Il problema della effettiva valutazione dell'interesse
del malato si fa importante oggi, con il diffondersi della patologia degenerativa
cerebrale, in cui il criterio del consenso informato non possa funzionare
o, come nei casi intermedi, necessiti di un'integrazione.
(A. Santosuosso, Magistrato: Professione, Sanità Pubblica e
Medicina Pratica n.6/98)
IL MEDICO DEVE DIRE LA VERITÀ
Si è concluso nel luglio 1997 l'iter molto complesso (4 gradi
di giudizio) di un procedimento penale verso un medico ecografista ospedaliero.
I fatti: il medico aveva effettuato un'ecografia ad una donna gravida
scoprendo gravissime malformazioni a carico del feto. Essendo la gravidanza
alla 30 settimana, e non essendo più possibile procedere ad una
interruzione volontaria della gravidanza stessa, il medico riteneva di
non informare la paziente delle effettive condizioni del feto.
Per tali motivi il medico veniva denunciato per omissione di atti d'ufficio.
Il Tribunale di primo grado assolveva il Medico: questo perché,
fondamentalmente, la condotta medica era sì omissiva ma non era
sanzionabile in quanto non costituiva atto che dovesse compiersi tempestivamente
"per ragioni di sanità" come previsto dall'art. 328 CP, modificato
dalla legge 24.4.90 n. 86: invero alla sua omissione non potevano collegarsi
conseguenze negative di ordine sanitario, tali non essendo quelle psicologiche
o familiari.
Il giudice di 2° grado assolveva il medico affermando che: 1) la
condotta era omissiva 2) rientrava nel concetto di sanità ma 3)
non era tale da dover essere effettuata senza ritardo.
La Cassazione annullava la sentenza di Appello rinviando a nuovo processo
il medico, ritenendo che anche la sanità psichica e l'equilibrio
psicologico vadano tutelati.
Il nuovo processo d'appello ha condannato il medico per omissione di
atti d'ufficio.
Il fatto sopradescritto si collega con altra Sentenza del Tribunale
di Roma del 94: un medico ecografista (un altro!) aveva grossolanamente
sbagliato un esame non accorgendosi di certe gravi malformazioni fetali.
Tale indagine era stata effettuata fuori del periodo consentito per praticare
una IVG, ma il Tribunale riteneva che la mancata informazione (o meglio
il conseguente improvviso shock psichico conseguente alla scoperta improvvisa
del grave handicap, costituisse danno biologico risarcibile, condannando
così il medico.
Il fatto è che la Corte dei Conti (sez. reg. Veneto, 1996) ha
stabilito (in un terzo caso riguardante un ostetrico ospedaliero) che se
il sanitario sbaglia per colpa grave, deve risponderne in proprio risarcendo
quanto pagato dall'Ente.
Insomma: brutti tempi per i medici: bisogna stare MOLTO attenti, ed
è meglio informare correttamente i pazienti delle loro condizioni,
pur modulando opportunamente l'informazione stessa.
(Riv. Ital. di Medicina Legale 1/98)
RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO SULLE MEDICINE NON CONVENZIONALI
Il Parlamento Europeo ha approvato (maggio 97) una risoluzione in cui
si prende atto, in maniera molto articolata, dell'esistenza delle medicine
non convenzionali e del credito che alcune di esse godono ormai sia presso
gli utenti che presso una parte dei medici.
Considerando perciò sia il diritto di scelta terapeutica da
parte dei pazienti (pur temperata da una corretta informazione sulla validità
), sia il diritto dei Medici di "utilizzare, al fine della massima tutela
della salute dei propri pazienti, tutti i mezzi e tutte le conoscenze nell'ambito
di qualsiasi tipo di medicina secondo scienza e coscienza" ha chiesto all'apposita
Commissione di impegnarsi in un processo di riconoscimento delle medicine
non convenzionali, previo uno studio approfondito su innocuità,
efficacia ecc., operando una netta distinzione tra medicine "integrative"
e medicine "alternative". É in progetto, su queste basi, una legislazione
europea che disciplini l'argomento.
(Riv. Ital. di Medicina Legale, 1/98)
NUOVI CRITERI DI CLASSIFICAZIONE E DIAGNOSI DEL DIABETE MELLITO
L'A.D.A. ha proposto nel 1997 una nuova classificazione e nuovi criteri
diagnostici per il diabete.
Questi i principali cambiamenti rispetto alla precedente classificazione,
privilegiando gli aspetti più importanti per il Medico Generalista:
1) Sono eliminati i termini di IDDM e NIDDM in quanto la nuova classificazione
si basa sull'etiologia piuttosto che sul trattamento necessario
2) I termini Diabete di tipo I e II sono mantenuti ma con numeri arabi
anziché romani. La classe 1, caratterizzata principalmente dalla
distruzione delle beta-cellule include i casi dovuti a processi autoimmuni
e quelli di origine sconosciuta. Non sono inclusi i casi con distruzione
delle beta-cellule per motivi non immunitari.
3) Il Diabete di tipo II include la maggior parte dei casi con deficit
relativo di insulina.
4) La classe detta IGT è mantenuta, con la nuova denominazione
di IFG (Impaired Fasting Glucose: alterata glicemia a digiuno).
5) Il Diabete Gestazionale è mantenuto, con raccomandazione
di nuovi test diagnostici e di screening. La classificazione è indipendente
dal tipo di trattamento effettuato e dalla persistenza dopo il parto. Tali
donne andrebbero poi riclassificate circa sei settimane dopo il parto.
6) Il diabete va classificato in classe I o II indipendentemente dall'entità
della glicemia e dalla necessità o meno di insulina.
CRITERI DIAGNOSTICI
Per il Diabete gestazionale: tra la 24ma e la 28ma settimana, test
con 50 g di glucosio (non è necessario il digiuno): un valore uguale
o superiore a 140 indica la necessità di un OGTT con 100 g di glucosio
a digiuno.
CRITERI GENERALI
- Sintomi di diabete (poliuria, polidipsia, dimagramento) con riscontro
casuale (a qualsiasi ora del giorno, indipendentemente dai pasti) di glicemia
uguale o superiore a 200 mg/dl.
- Glicemia a digiuno (almeno 8 ore dall'ultimo pasto) uguale o sup.
a 126 (valore ottenuto da alcuni precedenti lavori epidemiologici).
- Glicemia uguale o sup. a 200 mg/dl dopo due ore da OGTT con 75 g.
di glucosio anidro. Non è più necessario effettuare prelievi
intermedi durante OGTT; tale metodica viene ad essere sconsigliata nella
routine clinica, preferendosi la glicemia a digiuno.
- Per fare diagnosi non basta uno solo di questi criteri ma è
necessario che tale positività sia confermata nei giorni successivi
da uno o entrambi gli altri due.
L'IFG viene compreso tra i 110 e 126 mg/dl a digiuno e tra 140 e 200
mg/dl due ore dopo OGTT.
CRITERI PER LO SCREENING IN INDIVIDUI ASINTOMATICI
- Dovrebbero essere sottoposti a screening ogni 3 anni tutti i soggetti
oltre i 45 anni di età.
- Il controllo va effettuato prima dei 45 anni e con maggior frequenza
nei soggetti:
1) Obesi (più del 120% del peso desiderabile).
2) Con familiarità diabetica di primo grado.
3) Appartenenti a gruppi etnici a rischio.
4) Donne con diabete gestazionale o con parti con bambini macrosomici.
5) Ipertesi
6) Con Colesterolo-HDL minore di 35 mg/dl e/o Trigliceridi maggiori
di 250.
7) Che presentano IGT o IFG.
( Metabolismo Oggi, n. 2 , 1998)
Tali criteri sono attualmente all'esame dell'OMS e delle altre Società scientifiche internazionali attinenti la diabetologia (EASD, ecc.). La S.I.D. ritiene di dover attendere tali pronunciamenti prima di adottare i nuovi criteri (sono in corso alcune richieste di chiarimento) per cui, nella comune diagnostica, possono ancora essere seguiti i vecchi criteri. Per mia esperienza personale però è in corso un periodo di frammistione tra i vecchi e nuovi criteri per cui sono possibili fraintendimenti e confusioni sia in ambito clinico che, soprattutto, in ambito medico-legale e pensionistico. (Daniele Zamperini)
SESAMO: TEST SESSUO-RELAZIONALE PER MG - UN CASO CLINICO
Abbiamo parlato, in un precedente Bollettino, di SESAMO, test offerto
all'uso dei MG per l'indagine psico-sessuo-relazionale. Oggi vogliamo fare
un esempio pratico sull'uso di Sesamo. Riportiamo quindi la storia di un
soggetto che si è sottoposto al test e che può illustrare
il tipo di contributo offerto alla esplicitazione delle problematiche individuali:
Signora di 45 anni, coniugata, tre figli, impegnata in varie attività
sociali. Figlia unica di una agiata famiglia, si occupa della conduzione
di un grande podere rurale dove organizza con grande impegno di tempo e
sforzo fisico le attività dei dipendenti.
Una persona che si potrebbe definire “normale”, ossia equilibrata,
soddisfatta di sé e in apparente armonia con la propria vita.
L'unico problema sembra essere consistito nella interruzione degli
studi universitari a causa di un evento disturbante accaduto nel periodo
degli studi in cui ha vissuto alcune molestie di carattere sessuale da
parte di un docente, come molto stressanti. Aveva però reagito con
grande forza al suo ricatto arrivando a farlo licenziare dalla scuola.
Relativamente al test Sesamo ha accettato di buon grado e con molta
curiosità di sottoporsi alla sua compilazione. Ha voluto solo precisare
al medico di avere un unico “piccolissimo problema” che però non
ha voluto anticipare, riservandosi di farlo solo dopo aver visto i risultati
del test. Il referto anamnestico (ossia la scheda clinica prodotta dal
test), cogliendo di sorpresa lo stesso clinico che aveva invitato la signora
a sottoporsi al test, ha invece segnalato l'esistenza di varie disfunzioni
(tendenza al travestitismo, al toccare il corpo di uno sconosciuto in luoghi
affollati, ad eccitarsi soltanto nelle situazioni in cui si può
essere facilmente scoperti). Tali disturbi sono stati ammessi dalla paziente,
nel colloquio che è seguito, dato che erano proprio questi a costituire
quel “piccolissimo problema” di cui sentiva il peso ma non aveva mai trovato
la possibilità di parlarne con qualcuno. Finalmente il test era
stata una occasione per liberarsi di questo “peso” ed alleviarne in parte
il forte senso di colpa.
Si ricorda che gli interessati a ricevere il test o informazioni in
merito possono rivolgersi a:
Dott. Tiziana Stampatori M.D. - C.S.eR.S. – Email: sesamo@sapienza.it
– http://www.sapienza.it/sesamo
ADOLESCENTI E CONTRACCEZIONE D'EMERGENZA
Dosi elevate di contraccettivi orali dopo un rapporto sessuale non
protetto possono prevenire la gravidanza nel 75% dei casi, purché
assunte entro 72 ore e seguite da una seconda dose dopo 12 ore.
Negli Stati Uniti ogni anno l'11% delle ragazze di età tra i
15 e i 19 anni rimangono incinte. Dal momento che sempre più adolescenti
diventano sessualmente attive, è molto importante che conoscano
e utilizzino la contraccezione.
Obiettivo: valutare la consapevolezza e la conoscenza che le teenager
americane hanno della terapia contraccettiva d'emergenza e la loro propensione
ad usarla. Sono stati intervistati telefonicamente 1510 adolescenti di
età compresa tra i 12 e i 18 anni (757 ragazze e 753 ragazzi).
Risultati: dei 1510 teenager, solo circa un quarto (il 23%) era consapevole
che si potrebbe fare “qualcosa” dopo un rapporto sessuale non protetto
per evitare la gravidanza. Un po' di più (il 28%) avevano sentito
parlare della “pillola del giorno dopo”; di questi, un terzo (il 32%) non
sapeva che è necessaria la prescrizione medica per ottenere le pillole,
mentre i tre quarti (il 78%) sottostimavano il tempo entro il quale si
può iniziare la contraccezione d'emergenza. Solo il 9% sapeva che
le pillole per la contraccezione d'emergenza sono efficaci se prese entro
72 ore da un rapporto sessuale non protetto. Dopo essere stati adeguatamente
informate, due terzi (il 67%) delle ragazze si dichiararono propense ad
utilizzare le pillole per la contraccezione d'emergenza.
CONCLUSIONI: le pillole per la contraccezione d'emergenza hanno un
grande potenziale come mezzo per ridurre le gravidanze non pianificate.
Poche teenager erano consapevoli dell'esistenza di questa opzione. Una
volta informate, le ragazze si dimostrarono molto interessate a prendere
le pillole in caso di necessità. Gli operatori sanitari potrebbero
svolgere un ruolo maggiormente attivo informando le loro pazienti sia prima
che in occasione di situazioni di emergenza.
Archives of Pediatrics & Adolescent Medicine, agosto 1998
SCREENING PER ANEURISMA DELL'AORTA ADDOMINALE IN MEDICINA GENERALE
La rottura di un aneurisma dell'aorta addominale (AAA) è un
evento gravissimo, con una mortalità dell'80-94%. D'altra parte
l'intervento chirurgico riparativo è associato ad una mortalità
inferiore al 5%. Un AAA può essere diagnosticato mediante un esame
ecografico e l'incidenza di rotture può essere ridotta da interventi
elettivi. In seguito alla morte di due pazienti, i medici di una practice
inglese hanno deciso di implementare un programma di screening selettivo
allo scopo di individuare e prevenire ulteriori rotture di aneurismi. Il
gruppo (practice) è composto di 5 medici con 6.892 pazienti di cui
2.558 di età tra 60 e 79 anni (il 37% degli assistiti). Sono stati
individuati alcuni fattori di rischio ai quali sono stati attribuiti rispettivamente
due punti (fumo, arteriopatia periferica, storia familiare di aneurisma
aortico) o un punto (sesso maschile, diabete, iperlipidemia, ipertensione).
Sulla base del sistema di punteggio è stata effettuata una ricerca
computerizzata selezionando tutti i pazienti della practice di età
tra i 60 e i 79 anni che presentavano un totale di 3 o più punti.
Sono stati così individuati 179 pazienti, ai quali è stata
inviata una lettera e l'offerta di effettuare un'ecografia dell'aorta addominale.
92 di questi (il 53%) hanno accettato di effettuare lo screening. In tre
pazienti è stato riscontrato un aneurisma aortico maggiore di 4
cm di diametro e questi pazienti sono stati inviati al chirurgo: uno è
stato operato con successo, gli altri due sono seguiti dal chirurgo vascolare
con periodici controlli ecografici. Altri due pazienti sono risultati appena
al di sotto dei limiti per l'invio al chirurgo (3,9 e 3,8 cm) e saranno
riesaminati in seguito. Lo screening è costato alla practice 1338
sterline.
DISCUSSIONE: il programma di screening sembra essere stato ben recepito
e apprezzato dai pazienti, nessuno ha reclamato per la lettera o il test.
L'accettazione del test è stata bassa (53%). E' dubbio se ciò
sia da attribuire al tipo di popolazione in esame (la maggioranza erano
uomini e il 73% fumatori) o ad inadeguata comunicazione nella lettera inviata.
E' anche chiaro che il database era incompleto (ad esempio nella popolazione
indagata l'anamnesi per il fumo era presente sul computer solo nel 44%
dei pazienti). Se il programma di screening fosse stato più selettivo,
per esempio includendo solo quelli che presentavano un punteggio di 5 o
più, sarebbero stati individuati solo 23 pazienti e sarebbero stati
diagnosticati solo due aneurismi.
Equip Magazine, agosto 1998
IDEE-GUIDA PER L'USO DEI FANS
Un gruppo di Medici di Medicina Generale di Saronno, coadiuvati dall'Unità
di Ricerca in Medicina Generale dell'Istituto Mario Negri, sulla base della
letteratura scientifica più accreditata ha sintetizzato una serie
di idee-guida sull'uso dei FANS, elencate in otto punti.
1. Per quanto i FANS possano differire tra loro per potenza antiinfiammatoria
e per durata d'azione, nessun FANS si è dimostrato consistentemente
più efficace dell'aspirina, a dosi equipotenti, nel trattare condizioni
dolorose o infiammatorie. Analogamente, a dosi equipotenti, nessun FANS
si è dimostrato consistentemente più efficace di alcun altro
farmaco della stessa classe. Nessun FANS, infine, ha indicazioni specifiche
per patologia, anche se farmaci a più spiccata azione antiinfiammatoria
vengono preferiti nella gotta acuta e nelle artriti. E' peraltro vero che
alcuni FANS sono stati studiati maggiormente di altri in specifiche condizioni
cliniche.
2. La terapia con FANS aumenta il rischio di sanguinamento o di perforazione
gastrica o duodenale di circa 3-4 volte. Il rischio aumenta con la dose
e la durata del trattamento ed è particolarmente elevato negli anziani
e nei pazienti con storia di ulcera peptica o che assumono contemporaneamente
corticosteroidi. L'uso prolungato di FANS, o un'elevata esposizione negli
anni, aumentano anche il rischio di insufficienza renale. Infine i FANS
interferiscono con il controllo dell'ipertensione arteriosa.
3. La riduzione dei rischi legati all'uso dei FANS passa innanzitutto
attraverso una minore prescrizione di questi farmaci. Ciò significa:
evitare la prescrizione nei casi di incerta indicazione (es. faringiti),
usare gli analgesici semplici (es. paracetamolo) come prima scelta quando
non sia essenziale un effetto antiinfiammatorio (es. traumi, osteoartrosi),
preferire trattamenti di breve durata a terapie prolungate ogni volta che
ciò sia possibile.
4. Il paracetamolo a dosi adeguate (3-4 g/die) ha un'efficacia paragonabile
a quella di molti FANS, con un profilo di beneficio/rischio nettamente
più favorevole negli anziani. Il paracetamolo presenta una tossicità
elevata in overdose (mantenere lontano dai bambini) ed è controindicato
nei pazienti con insufficienza epatica grave.
5. Deboli oppiacei come la codeina o il tramadolo possono esser considerati
come alternativa o integrazione al paracetamolo se questo non è
sufficiente. I loro effetti collaterali sono però più frequenti
e più spesso inducono ad una sospensione della terapia.
6. E' accertato che i diversi FANS hanno diversa gastrotossicità.
Tra quelli comunemente in uso in Italia, piroxicam, ketoprofene, ketorolac
risultano essere i più gastrolesivi, ibuprofene il meno gastrolesivo.
Diclofenac e naprossene hanno una tossicità intermedia. Il vantaggio
dell'ibuprofene si riduce nettamente a dosaggi superiori a 1600 mg/die.
7. Il vantaggio degli inibitori selettivi della COX2 non è dimostrato.
Dai pochi dati disponibili sembra che nabumetone e nimesulide abbiano una
gastrolesività di livello intermedio tra ibuprofene e i FANS più
gastrolesivi.
8. L'uso di misoprostol in associazione con i FANS è in grado
di ridurre le complicanze gastroenteriche più gravi. Il farmaco
è però mal tollerato e relativamente costoso. Può
essere preso in considerazione quando l'uso prolungato di un FANS si renda
necessario in pazienti con fattori di rischio specifici (età > 75
anni, pregressa ulcera peptica o sanguinamento gastroenterico, patologia
cardiovascolare di rilievo). L'efficacia della ranitidina è stata
dimostrata solo sulle lesioni duodenali e non su quelle gastriche, e si
basa su dati meno affidabili.
Ricerca & Pratica, giugno 1998
DURATA DELLA TERAPIA ERADICANTE ANTI-HP: 10 O 14 GIORNI ?
236 pazienti affetti da ulcera duodenale furono randomizzati a ricevere
lansoprazolo 30 mg + 1 g di amoxicillina + 500 mg di claritromicina due
volte al giorno per 10 o per 14 giorni. L'end point primario di efficacia
era l'eradicazione dell'H.Pylori confermata da risultati negativi istologici
e colturali 4-6 settimane dopo il completamento della terapia.
RISULTATI: l'H.Pylori risultava eradicato in 96 su 113 (l'85%) dei
pazienti che avevano ricevuto la tripla terapia per 14 giorni, come pure
103 su 123 (l'84%) di quelli che avevano ricevuto la tripla terapia per
10 giorni.
CONCLUSIONI: la durata della terapia eradicante potrebbe essere ridotta
da 14 a 10 giorni senza significativa riduzione di efficacia.
Archives of Internal Medicine, 10/24 agosto 1998