IL METODO READER PER VALUTARE CRITICAMENTE LA LETTERATURA SCIENTIFICA IN MEDICINA GENERALE
READER è un acronimo formato dalle iniziali di parole inglesi
che significano: Attinenza (alla MG), Influenza sul comportamento (dei
MMG), Applicabilità nella pratica, Valore scientifico, Valutazione
complessiva. A queste componenti viene attribuito un punteggio che va da
1 a 5 per le prime tre e da 1 a 10 per la quarta; la valutazione complessiva
è il punteggio totale, ottenuto sommando i punteggi precedenti.
Il modello è riportato di seguito.
Criteri Punti possibili Punti attribuiti Attinenza alla MG ñ
ñ Non attinente con la MG 1 ñ Collegato con la MG 2 ñ
Attinente solo alla MG specialistica 3 ñ Ampiamente attinente a
tutta la MG 4 ñ Attinente per me stesso 5 ñ ñ ñ
Punti Influenza sul comportamento ñ ñ Non influenzerebbe
certo il comportamento 1 ñ Potrebbe influenzare il comportamento
2 ñ Provocherebbe una revisione del comportamento 3 ñ Probabilmente
modificherebbe il comportamento 4 ñ Cambierebbe decisamente il comportamento
5 ñ ñ Punti Applicabilita' nella pratica ñ ñ
Impossibile nella mia pratica 1 ñ Sono necessari cambiamenti fondamentali
2 ñ Forse e' possibile 3 ñ Dovrebbe essere fatto con una
riorganizzazione 4 ñ Potrei farlo domani 5 ñ ñ Punti
Valore scientifico ñ ñ Studio descrittivo scadente 1 ñ
Studio descrittivo moderatamente buono 2 ñ Studio descrittivo buono
ma metodologia non riproducibili 3 ñ Studio descrittivo buono con
solida metodologia 4 ñ Studio in singolo cieco con tentativi di
controllo 5 ñ Studio controllato in singolo cieco 6 ñ Studio
controllato in doppio cieco con problemi di metodo 7 ñ Studio controllato
in doppio cieco con deficienze statistiche 8 ñ Pubblicazione di
risonanza scientifica con difetti minori 9 ñ Pubblicazione di risonanza
scientifica 10 ñ ñ Punti Valutazione globale ñ Punti
Totali
Il metodo è stato validato mediante uno studio controllato randomizzato
su un campione di 343 General Practitioner dell'Irlanda del Nord divisi
in due gruppi, che hanno valutato tre studi tratti dalla sezione di general
practice del BMJ. Un gruppo ha utilizzato il metodo READER, l'altro ha
dato una valutazione libera (attribuendo un punteggio) sulla qualità
dei lavori esaminati. I medici del gruppo READER hanno dato un punteggio
sulla qualità scientifica dei lavori un punteggio totale significativamente
più bassi rispetto al gruppo di controllo (che, valutando liberamente,
in modo non strutturato, ha dato un giudizio più entusiastico).
CONCLUSIONI: il metodo è semplice, facile da applicare, accurato
e ripetibile; consente di fare una valutazione ben articolata della qualità
di un lavoro; può essere usato da MMG diversi tra loro per provenienza,
anzianità, formazione e esperienza di insegnamento.
(British Medical Journal, 11.4.98)
PERCHE' I MEDICI NON PRESCRIVONO PIU' SPESSO I DIURETICI NELLA TERAPIA
DELL'IPERTENSIONE?
I diuretici sono stati di nuovo raccomandati dal JNC VI come farmaci
di prima scelta nel trattamento dell'ipertensione. Questa raccomandazione
è basata sui risultati di numerosi studi clinici controllati e randomizzati
che hanno dimostrato una riduzione della mortalità per malattie
cerebrovascolari e cardiovascolari. Ciò nonostante, l'uso dei diuretici
è progressivamente diminuito negli ultimi 15 anni. Le motivazioni
comprendono la forte promozione di altri farmaci e l'impressione che i
diuretici producano effetti metabolici sfavorevoli e non riducano gli eventi
cardiocoronarici. I dati tuttavia indicano che:
1. gli effetti sul metabolismo del glucosio e del colesterolo
sono modesti, specialmente con le basse dosi usate oggi;
2. la morbilità e la mortalità cardiovascolari
sono state ridotte nei pazienti ipertesi con l'uso dei diuretici, anche
in quelli con iperlipidemia o diabete;
3. le segnalazioni di aritmie indotte da ipopotassiemia
sono state esagerate.
Mentre esistono indicazioni particolari per altri farmaci nella terapia
dell'ipertensione,per esempio l'uso di un ACE-inibitore (solitamente in
aggiunta a un diuretico) per pazienti con insufficienza cardiaca o nefropatia
diabetica, la maggior parte dei pazienti, compresi quelli con iperlipidemia
o intolleranza al glucosio, possono essere trattati con un diuretico come
prima terapia o come parte di un regime combinato. I diuretici dovrebbero
pertanto essere usati più spesso, non meno spesso; e il loro utilizzo
ridurrebbe il numero di ipertesi resistenti.
(JAMA, 10.6.98)
CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE DELLE CONVULSIONI FEBBRILI DEI BAMBINI
Sono stati presi in considerazione tutti i nati (14.676) nel Regno
Unito in una settimana di aprile del 1970. Tutti i bambini sono stati valutati
globalmente all'età di 10 anni misurando il rendimento scolastico,
l'intelligenza e il comportamento con test idonei. 381 bambini avevano
avuto convulsioni febbrili, 287 con convulsioni febbrili semplici e 94
con convulsioni febbrili complesse. Non ci sono state differenze significative
tra il gruppo di bambini con convulsioni febbrili e il gruppo senza convulsioni
febbrili. I bambini che avevano avuto ripetuti episodi convulsivi hanno
presentato risultati simili a quelli dei bambini con un solo episodio convulsivo.
Alcuni bambini, soprattutto se avevano avuto convulsioni febbrili nel primo
anno di vita, hanno richiesto un'istruzione particolare, ma si è
trattato di pochi casi.
CONCLUSIONI: i bambini che avevano avuto convulsioni febbrili si sono
comportati come gli altri bambini in termini di risultati scolastici, intelligenza
e comportamento.
(New England Journal of Medicine, 11.6.98)
RICERCA DELL'HELICOBACTER PYLORI NELLE FECI
La Food and Drug Administration ha approvato un test della Meridian
Diagnostics per la ricerca degli antigeni dell'Helicobacter Pylori nelle
feci. Il test ha una sensibilità del 96,2% e una specificità
del 95,7% e costa dai 50 ai 100 dollari. L'esecuzione richiede da 1 a 2
giorni. I dati che corroborano l'efficacia del test sono stati presentati
alla Digestiv Disease Week Conference del mese scorso a New Orleans da
due gruppi di ricercatori italiani, rispettivamente della 1a Clinica Medica
di Bologna e dell'ospedale San Raffaele di Milano. Attualmente per l'identificazione
dell'H.P. sono disponibili i seguenti metodi:
1. Endoscopia con biopsia e possibilità di esame
istologico, colturale o test rapido all'ureasi: il metodo è invasivo
ed è più costoso di altri;
2. Urea Breath Test: non è invasivo, richiede la
preventiva sospensione dell'assunzione di farmaci antiulcera;
3. Tests sierologici, ossia la ricerca di anticorpi anti-H.P.:
ma gli anticorpi possono essere presenti anche se l'infezione non è
più attiva.
Il test sulle feci può essere particolarmente utile nei bambini,
nei quali l'endoscopia può essere rischiosa e il breath test difficile
da somministrare. L'armamentario per la diagnosi di infezione da Helicobacter
Pylori si arricchisce.
(Medical Tribune, Family Physician Edition; 18.6.98)
IL CONSUMO MODERATO DI ALCOOLICI PUO' PROTEGGERE IL CUORE
Una parziale risposta al problema di come il bere moderatamente aiuti
a proteggere contro le coronaropatie può essere trovata in un nuovo
studio che collega il consumo di alcool con una aumentata sensibilità
all'insulina.
L'analisi di un ampio database italiano comprendente 37.991 pazienti
ha dimostrato che la prevalenza della Sindrome X (che è caratterizzata
da ipertrigliceridemia, ridotto colesterolo HDL, iperglicemia e ipertensione
arteriosa, tutti fattori di rischio per cardiopatia) è significativamente
più alta nei non bevitori rispetto ai bevitori (3,6 % vs 2,9% per
gli uomini e 3,95% vs 2,79% per le donne). L'incidenza della Sindrome X
diminuisce con l'aumentare del consumo di alcool, e l'effetto sembra essere
più pronunciato nelle donne che negli uomini. L'effetto benefico
è massimo con 3-4 drink al giorno e cala quando il consumo supera
i 4 drink (un drink è definito come 11,7 grammi di alcool). Nella
Sindrome X i fattori succitati sono collegati tutti alla insulino-resistenza.
Il prossimo passo sarà determinare il meccanismo con cui il moderato
consumo di alcool aumenta la sensibilità all'insulina.
(Doctor's Guide, 26.6.98)
I GIORNI CHE SARANNO ANCORA MIEI
(Jane Poulson, MD)
La dott.ssa Jane Poulson lavora al servizio di cure palliative presso
l'Ontario Cancer Institute dell'ospedale Princess Margaret di Toronto.
"Io credo di aver sperimentato l'intero spettro delle emozioni umane
durante il periodo in cui sono stata trattata per un aggressivo tumore
al seno che è comparso apparentemente dal nulla. E' un'esperienza
straordinaria e terrificante attraversare il confine tra una comprensione
filosofica del fatto che nessuno vive in eterno e la percezione di avere
una malattia pericolosa per la vita.
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C'era rabbia. Sebbene io avessi perfino ecceduto nel seguire le linee
guida raccomandate per lo screening, questo tumore era piovuto dal cielo.
Avevo fatto regolari controlli radiologici e visite nei precedenti 10 anni.
Era andato tutto bene, anche una visita di routine 5 mesi prima, allorquando,
malgrado la mia diligenza, un pericoloso carcinoma era apparso e aveva
drammaticamente bloccato tutte le mie normali attività.
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C'era paura. Come internista mi ero occupata di molti pazienti con
cancro. Io ero affascinata dalla malattia stessa e realmente amavo i miei
pazienti. Tuttavia non riuscivo a immaginare di poter affrontare io stessa
un cancro.
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C'era shock e rifiuto. Ho girovagato per settimane sentendomi certa
che tutto ciò stava accadendo a qualcun altro o non stava accadendo
affatto… La vita divenne irreale, come un incubo. Io continuavo col mio
lavoro, ma tutte le conversazioni, sia professionali che sociali, mi lasciavano
la sensazione che uno spesso strato di plexiglass dividesse me dal resto
del mondo.
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Non ero sorpresa di provare paura, rabbia e apprensione il giorno che
visitai la clinica oncologica. Ciò che mi sorprese fu il mio entusiasmo
per essere lì… E' possibile avere emozioni positive stando in una
clinica oncologica ? Io ero sempre confortata quando udivo le voci familiari
delle infermiere che preferivo o il mio dottore. In qualche modo mi sentivo
sicura.
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Quando guardo indietro alla mia chemioterapia capisco che, per quanto
penosa essa fosse, mi faceva sentire come se fossi coinvolta in una guerra.
Sentivo di far parte di una squadra che era decisa a uccidere il mio cancro.
Era rassicurante essere circondata da professionisti esperti ben informati
che controllavano la somministrazione di farmaci incredibilmente tossici.
Sebbene turbata dall'alopecia totale, compresa la perdita delle mia ciglia,
ero perversamente consolata dal pensiero che, se anche le cellule che producono
le ciglia e i peli erano colpite dalla chemio, sicuramente il cancro non
avrebbe potuto sopravvivere. Appena il mio midollo osseo illanguidì
iniziammo col fattore di crescita midollare. La severa anemia fu fronteggiata
con trasfusioni di emazie, la piastrinopenia con piastrine. Sembrava che
avessimo un arsenale illimitato di armi per combattere le cellule cancerose.
Ero in lotta per la mia vita, con tutta l'artiglieria che avvampava.
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Il piano originario era di fare prima la chemio, poi operare. Alla
chirurgia avrebbe dovuto far seguito altra chemioterapia. Ma l'esame istologico
dopo l'intervento fu così scoraggiante che si ritenne di dover passare
direttamente alla radioterapia. Invece di essere contenta di evitare altra
chemio, io supplicai per avere ancora i temuti veleni. Quando mi fu detto
con fermezza ma gentilmente che la chemioterapia non era efficace contro
il tumore, tutto il mio corpo reagì: divenni calda e fredda, mi
venne la pelle d'oca e avevo le ginocchia deboli.
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Alla fine iniziammo la radioterapia: 30 trattamenti somministrati giornalmente,
per 5 giorni a settimana. Ero più terrorizzata dalle radiazioni
di quanto lo fossi stata per la chemioterapia.
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Ho appena finito la mia trentesima e ultima radioterapia. Per 8 mesi
sono stata, in successione, avvelenata, nauseata, anoressica, anemica,
neutropenica, piatrinopenica, febbrile, infetta, costipata e affaticata…
Non ho appuntamenti con medici per 3 mesi, ossia novanta giorni. Sicuramente
questo è il giorno che stavo aspettando… All'inizio pensavo che
il trentesimo giorno non sarebbe mai spuntato. Adesso è giunto ed
è passato, ed io sono stupita per la mia strana mancanza di entusiasmo.
Mi ero tenuta su con le immagini positive del risveglio il primo giorno
in cui non ci fossero stati trattamenti da fare: il giorno 1 della mia
vita. Stanotte combatto con una più forte e orribile realtà.
La mia vita è stata irrimediabilmente modificata. Non penso e non
sento più allo stesso modo. Ciò che una volta mi sembrava
così importante adesso mi sembra irrilevante… La mia sfida adesso
è reclamare per me il giorno 1 e andare avanti rivendicando tutti
i giorni che saranno ancora miei.
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Gli esiti delle indagini fanno pensare che non siamo riusciti a eradicare
con successo il mio tumore. In qualsiasi momento potrebbe affacciarsi di
nuovo da qualche altra parte. Ho dovuto abbandonare la mia idea di battaglia
a tutto campo, adesso penso in termini di guerriglia.
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E' passato più di un anno dal trattamento. Paradossalmente posso
dire che mi sento più viva adesso che mai prima nella mia vita…
Vedo tutto attraverso una lente diversa… Quando presumi di avere l'infinito
davanti a te, il valore di ogni persona, ogni relazione, tutta la conoscenza
che possiedi è diluita. La mia vita è ora concentrata davanti
a me. Questa è la più dolorosa, ma anche la più preziosa
esperienza della mia vita.
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Il cancro continua a permeare la mia coscienza quando meno me l'aspetto,
ma non domina più la mia esistenza. Non posso dire che il cancro
sia stata un'esperienza positiva, ma il mio accresciuto apprezzamento per
l'essere viva è stato un dono… Ciò che vorrei dire è
questo: vivi pienamente ogni momento della tua vita. Non attendere che
ogni cosa sia minacciata per riconoscere il valore di tutto ciò
che hai."
(Canadian Medical Association Journal, 16.6.98)