ESERCIZIO FISICO E DIABETE
Le abituali raccomandazioni per il diabetico che pratichi attività
sportiva prevedono il divieto di iniziare la seduta atletica se la glicemia
è maggiore di 250/300 mg/dl. Tali raccomandazioni derivano da un
piccolo numero di studi non conclusivi effettuati negli anni 80. Recentemente
Bob Hanisch ha studiato la risposta glicemica nel diabetico che effettui
esercizi fisici con glicemia elevata. Ha controllato 1010 sessioni sportive
di diabetici di tipo I e II in trattamento insulinico misurando la glicemia
prima e dopo la sessione. Il tipo di esercizio (di intensità leggera-moderata)
era scelto autonomamente dal paziente. L'Autore ha osservato un incremento
della glicemia nel 1,3% dei casi, una diminuzione nel 98,7% . In conclusione
nel 98,7% dei casi la proibizione dell'esercizio nel timore di un peggioramento
metabolico non sarebbe stata corretta. Andrebbero riconsiderati i criteri
sul livello accettabile di glicemia pre-esercizio. È richiesta sempre
l'assenza di chetonuria.
(Riportato da "Sport e Diabete" Periodico dell'Associazione Nazionale
Italiana Atleti Diabetici, anno 2 n. 6).
È PROPRIO AUSPICABILE ESSERE MAGRI, PER I DIABETICI?
Negli anni '70, sono stati esaminati 4.483 adulti, dei quali 373 risultarono
diabetici presentando un tasso glicemico superiore a 7,77 mmol/l. Vennero
divisi in 4 categorie di peso, suddivise per sesso. Dopo 14 anni si riesaminarono
i
dati del 99,9% dei pazienti studiati. RISULTATI: gli uomini e le donne
di peso medio presentavano la mortalità più bassa. La curva
di rischio presentava un tasso di sopravvivenza peggiore per i soggetti
magri, per quelli in sovrappeso e per gli obesi. CONCLUSIONI: il basso
peso corporeo non offre vantaggi in termine di mortalità per le
donne e gli uomini diabetici. Un peso medio sembra essere la condizione
migliore.
(Ross C. e al.: Diabetes-Care 1997 Apr, VOL:20(4), P:650-652)
PRECISAZIONI SUI REQUISITI PER LA DONAZIONE DI SANGUE
I requisiti pubblicati precedentemente si basavano su una comunicazione
di un Centro Trasfusionale della Croce Rossa di Roma. In realtà,
grazie a quanto segnalato da Alberto Porta e da Enzo Brizio si è
constatato come i criteri, in Italia, non siano omogenei.
Scrive Enzo Brizio (Cuneo):
Noi ci atteniamo al DM 15/1/91 che dice, a proposito delle sospensioni
temporanee:
- soggetti che hanno avuto contatti con epatitici: un anno
- soggetti affetti da malaria o sottoposti a profilassi antimalarica:
tre anni
- soggetti che hanno soggiornato in zona malarica: sei mesi dal rientro
- soggetti affetti da brucellosi: almeno 2 anni dalla guarigione
- soggetti vaccinati per rabbia in seguito a morsicatura di animale
rabido: un anno dal morso
- soggetti inoculati con virus-vaccini vivi attenuati (polio, morbillo,
parotite e febbre gialla): 2 settimane; rosolia: 4 settimane; trattamento
con Ig contro epatite B: un anno
- soggetti che hanno avuto una o più trasfusioni di sangue:
5 anni
Fa presente Alberto Porta:
Il problema è che la legge che regola tutto ciò dice
molto poco (Decreto del Ministero della Sanità 27/12/90 "Caratteristiche
e modalità per la donazione del sangue ed emoderivati"; Decreto
15/01/91 "Protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore
di sangue ed emoderivati", entrambi pubblicati sulla GU del 24/1/91 n°
20), per cui alcune regioni hanno supplito con linee guida regionali, e
per il resto ogni AVIS fa quel che vuole.
Il risultato è, ad esempio, che:
- la tabella finale della legge elenca tra i criteri di esclusione
dalle donazioni "trasfusioni di sangue, anche in un lontano passato", mentre
il testo della legge (art. 20) dice che chi ha ricevuto trasfusioni è
sospeso per 5 anni.
- sui farmaci assunti la legge non dice niente (a parte che il donatore
deve essere in buona salute); ogni Centro Trasfusionale va ad occhio.
- la legge elenca tra i criteri di esclusione (nella già citata
tabella finale) "(storia di) epatite od ittero" senza però specificare
nulla sulla natura di tale ittero (e l'ittero colestatico?). Ad esempio,
ad Asti una pregressa epatite A viene tranquillamente ignorata; i soggetti
anti-HBc positivi sono ammessi a donare se il titolo anti-HBs è
superiore a 100 mU/ml, solo da pochi mesi. A Bologna lo fanno almeno dal
'92; dove lavora Enzo Brizio non lo fanno ancora);
- Chi è sospeso dalle donazioni di sangue intero per malaria
(profilassi: 3 anni - semplice soggiorno in area endemica: 6 mesi) può
comunque donare il plasma in aferesi;
- Transaminasi: un riscontro di transaminasi alte può essere
il primo segno di un'epatite acuta non ancora rilevabile dai markers; perciò
la sacca viene bloccata e il donatore sospeso; ma: a Torino, per risparmiare,
è il primo esame che fanno; se ALT maggiore di 54 per gli uomini
e 38 per le donne, buttano via la sacca e ricontrollano il donatore dopo
sei mesi;
ad Asti il limite è 50 per uomini e donne (quindi una donna
con ALT a 40 può donare ad Asti ma non a Torino; un uomo con ALT
a 52 può donare a Torino ma non ad Asti...).
Ad Asti prima si respingevano i donatori che assumevano antistaminici,
il nuovo primario del Centro Trasfusionale li accetta.
Grazie ad Alberto e ad Enzo: è stata un'occasione per imparare
qualcosa che altrimenti non avremmo mai saputo: che neppure in un campo
così delicato vengano seguiti, in Italia, criteri omogenei.
INCIDENZA DELLE REAZIONI AVVERSE DA FARMACI NEI PAZIENTI OSPEDALIZZATI
Lo studio è una metanalisi di 39 studi prospettici di ospedali
U.S.A. sulle reazioni avverse da farmaci (per brevità ADRs, da Adverse
Drug Reactions).
L'incidenza complessiva di ADRs è stata calcolata sommando quelle
verificatesi durante la degenza in ospedale a quelle che sono state causa
del ricovero in ospedale. Sono state prese in considerazione solo le ADRs
a farmaci assunti correttamente. Sono state definite gravi le ADRs che
hanno provocato un ricovero, o invalidità permanenti, o la morte.
L'incidenza complessiva di ADRs gravi è stata del 6,7% dei pazienti
ricoverati, quella di ADRs fatali è stata dello 0,32%. Ciò
fa delle ADRs una delle principali cause di morte (più di 100.000
ogni anno negli U.S.A.), ponendole al quarto o al sesto posto a seconda
dell'incidenza nei vari studi esaminati (le principali cause di morte sono,
in ordine di importanza: 1. Cardiopatie 2. Tumori 3. Ictus 4. Malattie
polmonari 5. Incidenti).
Secondo gli autori le ADRs sono state finora sottostimate.
(JAMA, 15.4.98)
FANS, PARACETAMOLO E DIVERTICOLI
Uno studio prospettico della durata di 4 anni ha indagato la relazione
tra il consumo regolare di FANS e Paracetamolo e il rischio di malattia
diverticolare sintomatica. I soggetti, 35.615 maschi professionisti sanitari
(dentisti, medici, farmacisti, veterinari ecc.) di età tra i 40
e i 75 anni, sono stati indagati mediante un questionario con cadenza biennale
nel 1988, 1990 e 1992. Alla data del 1988 erano tutti esenti da malattia
diverticolare, poliposi del colon o del retto, colite ulcerosa e cancro.
RISULTATI: durante il periodo di quattro anni sono stati documentati 310
nuovi casi di malattia diverticolare sintomatica. Dopo aggiustamento per
età, attività fisica, consumo di fibre e di grassi, l'uso
regolare e consistente di FANS e Paracetamolo è stato associato
positivamente col rischio complessivo di malattia diverticolare sintomatica:
per i FANS, rischio relativo = 2,24 (consumatori vs. non consumatori);
per il Paracetamolo, rischio relativo di 1,81. Gran parte di questa associazione
positiva era attribuibile a casi con emorragia, particolarmente per il
Paracetamolo (per i FANS, rischio relativo = 4,64; per il Paracetamolo,
rischio relativo = 13,63). CONCLUSIONI: I risultati suggeriscono che il
consumo regolare e consistente di FANS e Paracetamolo è associato
con sintomi di malattia diverticolare severa, in particolare l'emorragia.
(Archives of Family Medicine, 05-06/98)
LA FORMAZIONE CONTINUA IN MEDICINA GENERALE
(Tre anni di esperienza di apprendimento a piccoli gruppi)
Le conoscenze in campo medico diventano obsolete e si modificano con
sempre maggior rapidità, per cui è sempre più importante
per i medici mantenersi aggiornati. Questo principio è presente
da tempo nei contratti nazionali per la Medicina Generale di altre nazioni,
ed è stato recepito anche in Italia. Infatti nell'Accordo Collettivo
per la Medicina Generale sono previste 32 ore l'anno di aggiornamento obbligatorio
(purtroppo l'applicazione di questa norma è piuttosto discontinua
da regione a regione). La didattica tradizionale si basa sulla lezione
magistrale, in cui un docente erudisce un gruppo più o meno numeroso
di discenti su un argomento del quale egli è esperto. Un tipo di
didattica diverso è quello basato sull'apprendimento attivo a piccoli
gruppi, di dieci persone al massimo, in cui il discente è parte
attiva nella dinamica dell'apprendimento, impara a lavorare in équipe
e confronta in continuazione con gli altri colleghi le proprie conoscenze.
É presente un docente, ma la gestione di questo tipo di didattica
e' affidata all'Animatore di Formazione, che organizza i corsi sulla base
di una preliminare valutazione dei bisogni di salute della popolazione
e delle effettive esigenze dei medici. Il corso prevede un pre-test, che
valuta le conoscenze dei discenti; un post-test, che valuta i risultati
ottenuti; e un questionario finale di valutazione del corso (QVC), utile
per migliorare il corso stesso nelle successive repliche. Gli autori analizzano
28 corsi effettuati con questo tipo di didattica in provincia di Varese
nel triennio 1993-95, che hanno coinvolto 749 medici (in maggioranza MMG).
Il contenuto dei corsi, svolti sulla base di una rilevazione dei bisogni
degli stessi medici del territorio, rispondeva ad effettive esigenze professionali.
Il livello dei risultati ottenuto è stato statisticamente significativo
e il gradimento incoraggiante. I dati emersi suggeriscono di proseguire
con questo tipo di aggiornamento continuo.
(MEDIC, 03/98)
AUTOMOBILISTI CARDIOPATICI E RISCHIO DI INCIDENTI
Obiettivo dello studio: controllare se i guidatori maschi di età
compresa tra i 45 e i 70 anni affetti da malattie cardiovascolari siano
più a rischio per incidenti automobilistici. I dati sull'età
dei guidatori e sulle loro condizioni di salute sono stati presi dai files
computerizzati della SAAQ (Societé de l'Assurance Automobile du
Quebec). Un questionario è stato inviato a tutti i soggetti per
raccogliere informazioni aggiuntive sulla distanza percorsa annualmente
e sulle varie abitudini di guida. Sono stati esaminati 2504 automobilisti
coinvolti in incidenti d'auto in un periodo di sei mesi; i controlli sono
stati 2520 automobilisti non coinvolti in incidenti d'auto. È stata
valutata la percentuale di automobilisti con malattie cardiovascolari in
entrambi i gruppi. Conclusioni: lo studio dimostra che non c'è un
maggior rischio di incidenti per gli automobilisti affetti da malattie
cardiovascolari. Questi però guidano mediamente meno degli automobilisti
non malati (8900 Km l'anno contro 13000 Km l'anno).
(Canadian Family Physician, 04/98)