IL GINOCCHIO BIONICO
Una delle ultime novità nel campo delle protesi
a carico degli arti inferiori è costituito dal nuovo ginocchio bionico,
completamente controllato elettronicamente. Utilizza le informazioni sul
terreno elaborate da alcuni sensori ed elaborate da un processore, governando
il movimento del ginocchio (completato da un piede in fibra di carbonio).
Il sofisticato software permette di camminare senza dover fare attenzione
al movimento, e raggiungendo la velocità di 8 km/ora. È noto
che il passo normale raggiunge i 4-5 km/ora. I materiali sono pure estremamente
sofisticati, di durata “quasi eterna” e senza rischi di rottura. Secondo
gli esperti un piede in fibra di carbonio può costare da 3,5 a 8
milioni, e con i migliori è possibile giocare a pallavolo e pallacanestro
con la stessa funzionalità del piede naturale. Per i subacquei sono
state messe a punto protesi ad hoc, che consentono di muovere le caviglie
anche indossando le pinne. Queste protesi sono rinvenibili anche in Italia.
(Qualità della vita, n. 49, 1998)
SCOPERTO IL GENE DELLA SINDROME DI LEIGH
I risultati di una ricerca italiana sul gene della Sindrome
di LEIGH sono stati pubblicati su numero di dicembre dell'American Journal
of Human Genetics. Si tratta di una gravissima malattia ereditaria che
provoca, nei bambini che ne sono colpiti, incoordinazione motoria, paralisi
dei muscoli oculari, difficoltà ad alimentarsi, ritardo di sviluppo,
spesso la morte nel giro di pochi anni. La malattia è causata da
alterazioni mitocondriali, di cui era però ignota l'origine. Utilizzando
una nuova tecnica consistente nel trasferimento di singoli cromosomi in
cellule dei pazienti, i ricercatori hanno documentato un'alterazione del
gene Surf-1 posto sul cromosoma 9. Sembra probabile che questo gene collabori
al corretto assemblaggio dell'enzima citocromo-ossidasi, da tempo sospettato
di partecipare alla patogenesi della malattia.
(Qualità della vita,n.49, 1998)
UN ANTIEPILETTICO PER IL TABAGISMO
È stato anticipato su Scienze uno studio americano
che ha testato la vigabatrina su topi e babbuini, evidenziandone l'efficacia
negli stati di dipendenza da nicotina. Infatti la vigabatrina è
un inibitore della produzione di dopamina, ed è stato dimostrato
che i processi di dipendenza e di bisogno legati all'assunzione di alcune
sostanze sono associati proprio ad un aumento del tasso di dopamina in
alcune aree cerebrali. Tale evento è stato evidenziato in modo particolare
per nicotina e cocaina (accostamento non proprio consolante, per i fumatori).
Secondo i ricercatori USA un'iniezione di vigabatrina 2 ore e mezzo prima
di una somministrazione di nicotina blocca completamente, negli animali,
l'aumento di dopamina intracerebrale. A questo consegue un radicale cambiamento
nelle abitudini di tali animali: non manifestano più il bisogno
di nicotina perdendo interesse per l'assunzione di tale sostanza. Effetti
simili erano stati riscontrati in rapporto all'assunzione di cocaina. Gli
effetti sull'uomo non sono stati ancora dimostrati. Le dosi efficaci a
scopo disintossicante sembrano essere inferiori a quelle necessarie per
il trattamento dell'epilessia, e questo è importante dati gli effetti
secondari del farmaco che ne hanno impedito, finora, la registrazione negli
USA.
(Qualità della vita, n.49, 1998)
CONTRO LA DISOCCUPAZIONE MEDICA: PRIMO ESAME MOC A 20-30
ANNI !
Ad un convegno tenutosi al CNR nel novembre 1998 il Presidente
dell'Associazione Italiana per La Lotta all'Artrosi e all'Osteoporosi,
ortopedico, ha sostenuto la necessità di effettuare una mineralometria
ossea già all'età di 20-30 anni “È necessaria per
conoscere l'entità del patrimonio osseo, individuare o prevenire
la patologia e programmare un intervento precoce”. Questo perché
l'osteoporosi (malattia che interessa 18.000 casi di invalidità
l'anno, può colpire anche soggetti giovani, fra cui soprattutto
i soggetti con problemi di anoressia). L'ipotesi di screening femminile
in età precoce ha avuto importanti sostenitori universitari; per
la fascia di soggetti anziani invece è in via di organizzazione,
da parte della stessa associazione, uno screening di massa da effettuarsi
nei centri anziani, con lo scopo di valutare la densità ossea di
100 persone al giorno, diminuendo così il rischio di fratture all'anca,
che vengono a costare allo Stato circa 15 milioni di lire l'una.
(Commento personale: No comment!)
(Qualità della vita, n.47, 1998)
PROGRESSI NELLA TERAPIA DELL'IPERTENSIONE
L'anno trascorso ha visto un turbinio di pubblicazioni
di trials clinici su larga scala che possono avere un grosso impatto sul
trattamento dei pazienti ipertesi. La maggior parte di questi lavori è
apparsa dopo la pubblicazione avvenuta a novembre '97 del VI Report of
the Joint National Committee (JNC VI) [1], e in genere supportano le raccomandazioni
di quest'ultimo.
Trattamento non farmacologico dell'ipertensione. Il JNC
VI ha prestato molta più attenzione dei reports precedenti della
JNC alla terapia non farmacologica dell'ipertensione, in particolare alla
dieta del Dietary Approaches to Stop Hypertension (DASH) [2].Le raccomandazioni
tradizionali per controllare la pressione sanguigna con mezzi dietetici
sono: ridurre il sale e perdere peso. Tuttavia, i vegetariani hanno generalmente
una pressione bassa, e c'è qualche evidenza, quantunque inconsistente,
che anche l'integrazione della dieta con potassio, calcio e magnesio può
avere effetti benefici sulla pressione. Lo studio DASH ha dimostrato che
una dieta ricca in frutta e verdura, e in cui i grassi saturi erano stato
sostituiti da prodotti caseari a basso contenuto di grassi, aveva provocato
una riduzione pressoria maggiore rispetto agli interventi nella gran parte
degli altri studi dietetici. La dieta DASH ha un alto contenuto di potassio
calcio e magnesio, ma non è bassa in sodio. A parte l'inclusione
di prodotti caseari a basso contenuto di grassi, la dieta DASH somiglia
alla dieta Mediterranea, che è stata convalidata come dieta ideale
per la salute generale. Particolarmente stimolante è il fatto che
la dieta DASH può avere benefici che vanno al di là dell'abbassamento
della pressione arteriosa. I benefici sulla salute della dieta mediterranea
sono stati testati in un solo studio sperimentale umano, il Lyon Diet Heart
Study, che ha dimostrato che le morti sia per malattie cardiovascolari
sia per cancro sono ridotte in soggetti che consumano una dieta mediterranea
[3,4]. Prove indirette aggiuntive di effetti benefici con la dieta DASH
al di là della riduzione pressoria provengono da uno studio prospettico
sulla relazione tra consumo di minerali con la dieta e stroke, effettuato
su 43.738 persone partecipanti allo Health Professionals Follow-up Study
[5]. Il consumo di potassio, magnesio e fibre (ma non di sodio o calcio)
è stato inversamente associato al rischio di stroke in un periodo
di follow-up di 8 anni. La dieta DASH ha lo stesso contenuto di potassio
magnesio e fibre del quintile più alto dei consumi riportati nello
Health Professionals Study.
Un altro importante studio di terapia non farmacologica
dell'ipertensione è stato il Trial of Nonpharmacological Interventions
in the Elderly (TONE) [6]. La maggior parte degli studi sugli effetti della
restrizione salina e della perdita di peso sulla pressione arteriosa sono
stati condotti in soggetti di mezz'età, sebbene ci siano prove che
le persone più anziane possono essere sensibili al sale. TONE ha
dimostrato che una moderata restrizione salina e un moderato calo ponderale
consentono a un discreto numero di anziani ipertesi di sospendere i farmaci
antiipertensivi.
I nuovi farmaci antiipertensivi sono migliori di beta-bloccanti
e diuretici? Sebbene beta-bloccanti e diuretici siano ancora raccomandati
come farmaci di prima scelta per l'ipertensione, farmaci più nuovi
come gli ACE-inibitori e i calcioantagonisti stanno diventando sempre più
popolari e rappresentano il 55% delle prescrizioni di antiipertensivi negli
USA. Il razionale è che essi sono più efficaci e meglio tollerati;
ma è vero? Uno studio tedesco chiamato HANE (dalle iniziali dei
4 farmaci che furono somministrati ai pazienti in modo random – Hydrochlorothiazide,
Atenolol, Nitrendipine, Enalapril) non ha fornito nessuna prova di miglior
controllo della pressione o di minori effetti collaterali con i nuovi farmaci
[7]. Sia l'idroclorotiazide che la nitrendipina hanno funzionato meglio
nei pazienti anziani che nei giovani. Questo studio convalida l'idea che
il successo di farmaci più recenti quali ACE-inibitori e calcioantagonisti
sia il risultato di un efficace marketing da parte delle compagnie farmaceutiche
più che di qualche dimostrazione scientifica della loro superiorità.
Altre conclusioni dello studio sono che nessun farmaco funziona bene in
ogni persona e che predire le risposte individuali è veramente difficile.
Il grande problema, naturalmente, è se i farmaci più recenti
siano più (o meno) efficaci nel prevenire eventi morbosi cardiovascolari
rispetto a beta-bloccanti e diuretici. Diversi grandi studi clinici sono
in corso per rispondere a ciò, e i primi risultati sono stati annunciati
al meeting annuale della International Society of Hypertension ad Amsterdam,
in Olanda., in giugno 1998 [8]. Il Captopril Prevention Project è
stato fatto in Svezia e Finlandia. Un totale di 5400 pazienti con ipertensione
sono stati trattati o con captopril o con la terapia convenzionale basata
su beta-bloccanti e diuretici. Dopo cinque anni di trattamento il numero
di strokes e di attacchi cardiaci è stato lo stesso in entrambi
i gruppi: il captopril si è dimostrato efficace quanto beta-bloccanti
e diuretici, ma non migliore, né peggiore.
Farmaci antiipertensivi e cancro. La possibilità
che farmaci antiipertensivi influenzino il cancro è stata avanzata
alcuni anni fa, quando si disse che i pazienti che assumevano calcioantagonisti
potevano essere a maggior rischio di sviluppare un cancro [9]. Questa ipotesi
è stata ora confutata in modo convincente da un'analisi del database
della Hypertension Clinic di Glasgow, che ha tenuto registrazioni dettagliate
delle terapie e delle cause di morte dei suoi pazienti nei passati 20 anni
[10]. Il rischio relativo di cancro per 2297 pazienti ai quali era stato
prescritto un calcioantagonista non è stato maggiore di quello di
2910 pazienti ai quali erano stati prescritti altri farmaci antiipertensivi
[11]. I risultati di una nuova analisi sono stati annunciati al meeting
della International Society of Hypertension ad Amsterdam in giugno 1998
[10]. Il rischio di sviluppare cancro era del 25% inferiore in 1559 pazienti
ai quali era stato dato un ACE-inibitore rispetto a 3648 altri pazienti
che erano stati trattati con altri farmaci antiipertensivi. Pazienti che
erano stati trattati con un ACE-inibitore per più di 3 anni erano
a rischio ancora più basso. Il numero di casi di cancro nei pazienti
trattati con altri farmaci era esattamente lo stesso che nella popolazione
generale. Poiché questa era un'analisi retrospettiva, i risultati
non provano che gli ACE-inibitori proteggono contro il cancro, ma certamente
ne prospettano la possibilità.
Come dovrebbe essere trattata l'ipertensione negli anziani?
Sebbene beta-bloccanti e diuretici siano stati diffusamente considerati
farmaci di prima scelta per l'ipertensione, il JNC VI non raccomanda più
i beta-bloccanti per le persone anziane. Una recente analisi di Messerli
et al [12] avvalora questa opinione. Essi hanno analizzato tutti i trials
clinici che hanno confrontato l'efficacia di beta-bloccanti e diuretici
nel prevenire strokes e attacchi cardiaci in soggetti ipertesi di età
superiore a 60 anni. I 10 studi analizzati comprendevano 16.164 pazienti.
I diuretici sono stati più efficaci nel controllare la pressione:
due terzi dei pazienti avevano avuto una normalizzazione dei valori pressori
coi diuretici da soli, mentre solo un terzo veniva controllato dai beta-bloccanti
da soli. La mortalità per tutte le cause veniva ridotta dai diuretici
(del 14%), mentre i beta-bloccanti erano inefficaci in questo senso. I
diuretici riducevano la probabilità di avere uno stroke del 39%
e i beta-bloccanti del 26%; i diuretici riducevano gli attacchi cardiaci
del 26%, i beta-bloccanti erano inefficaci. Per i pazienti che erano trattati
con una combinazione dei due farmaci, la riduzione di strokes e attacchi
cardiaci era intermedia – non buona come con i diuretici da soli, ma meglio
che con i beta-bloccanti da soli.
Ci sono state anche ulteriori pubblicazioni dal Systolic
Hypertension in the Elderly Program (SHEP), che per primo ha stabilito
i benefici del trattamento diuretico negli anziani [13,14]. Uno studio
ha dimostrato che la riduzione della morbilità è attualmente
maggiore in pazienti iperazotemici [creatinina non superiore a 212 micromol/L
(2.4 mg/dl)] rispetto a quelli con normale funzione renale [13]. Anche
un altro sottogruppo di pazienti ad alto rischio nello SHEP, quelli con
diabete, dimostrò un aumento di beneficio con la terapia diuretica
[14]. Lo Health Professionals Follow-up Study ha trovato che pazienti ipertesi
che assumevano supplementi di potassio erano a minor rischio per stroke
rispetto a quelli che non ne assumevano, suggerendo così che supplementi
di potassio dovrebbero essere usati liberamente in pazienti che prendono
diuretici [5].
Una delle raccomandazioni più controverse nel
JNC VI riguardava l'uso dei calcioantagonisti negli anziani. Ciò
si basava sui risultati del Systolic Hypertension in Europe study, in cui
il trattamento attivo era confrontato con placebo [15]. Il trattamento
attivo era basato sulla nitrendipina, un calcioantagonista diidropiridinico
non disponibile negli USA. Altri farmaci erano aggiunti secondo necessità.
Le morti per malattie cardiovascolari erano state ridotte del 27% come
risultato della terapia. Il numero di strokes era stato ridotto del 34%,
e il numero di eventi cardiovascolari del 31%. Non c'erano evidenze di
effetti contrari. Una seconda pubblicazione ha riscontrato che il trattamento
dimezza l'incidenza della demenza [16].
Come dovrebbero essere trattati i pazienti ipertesi con
diabete di tipo 2? Due delle raccomandazioni fatte dal JNC VI per il trattamento
dei pazienti ipertesi diabetici erano che a) in pazienti con evidenza di
malattia renale dovrebbero essere usati gli ACE-inibitori, e b) il controllo
della pressione dovrebbe essere più aggressivo che in pazienti non
diabetici (con l'obiettivo di una pressione <130/85 mmHg). Diversi studi
da allora hanno confermato entrambe queste raccomandazioni, come descritto
sotto.
Una scoperta inattesa del Captopril Prevention Project
era stata che pazienti trattati con captopril erano meno soggetti a sviluppare
diabete rispetto a quelli che non ricevevano questo farmaco [8]. In aggiunta,
il captopril era superiore nella prevenzione di strokes e attacchi cardiaci
nei pazienti affetti da diabete all'inizio dello studio. Un altro studio
che avvalora questa conclusione è lo Appropriate Blood Pressure
Control in Diabetes trial, che aveva tra i suoi obiettivi quello di confrontare
l'efficacia di un calcioantagonista long-acting (nisoldipina) con un ACE-inibitore
(enalapril) nel ritardare le complicanze del diabete [17]. Il risultato
principale fu che la frequenza di attacchi cardiaci in 5 anni fu significativamente
più bassa nei pazienti trattati con enalapril che in quelli trattati
con nisoldipina. Questi risultati confermano quelli del Fosinopril and
Amlodipine Cardiac Events Trial in cui la frequenza di eventi cardiaci
era stata all'incirca doppia nel gruppo trattato col calcioantagonista
rispetto al gruppo trattato con ACE-inibitore [18]. In contrasto, Lo United
Kingdom Prospective Diabeste Study (UKPDS) non ha trovato differenze nel
tasso di complicanze diabetiche e cardiovascolari in pazienti trattati
con captopril o con atenololo [19].
Quanto dovrebbe essere bassa la pressione arteriosa?
Il livello a cui dovrebbe essere abbassata la pressione arteriosa è
stato materia di controversia, perché alcuni studi hanno suggerito
che l'eccessiva riduzione (<87 mmHg) potrebbe aumentare il rischio di
infarto miocardico, un fenomeno riportato come la curva J. Adesso abbiamo
una risposta, fornita dal più grosso trial sul trattamento dell'ipertensione
mai completato, lo Hypertension Optimal Treatment (HOT) study [20]. Diciannovemila
pazienti ipertesi sono stati trattati con una combinazione di farmaci per
abbassare la pressione diastolica ad 1 di 3 livelli: da 85 a 90 mmHg, da
80 a 85 mmHg, o meno di 80 mmHg. La conclusione principale dello studio
è stata che la pressione ottimale è 238/83 mmHg. L'abbassamento
della pressione arteriosa fino a questo livello era associato con una riduzione
del rischio, ma una riduzione ulteriore non aveva effetti aggiuntivi. Quindi,
non c'era la conferma dell'ipotesi della curva J.
I dati sul controllo pressorio nei diabetici di tipo
2 vengono da due studi. Lo studio HOT ha esaminato un sottogruppo di pazienti
diabetici ed ha riscontrato che, in contrasto con i pazienti non diabetici,
la frequenza di eventi era più bassa nel gruppo con le più
basse pressioni trattate. Nel UKPDS, 1148 pazienti con diabete di tipo
2 sono stati randomizzati per un controllo della pressione “morbido” oppure
“stretto” [21]. Alla fine di un follow-up di 9 anni, la pressione arteriosa
nel gruppo a controllo “stretto” era di 144/82 mmHg e nel gruppo “morbido”
era di 154/87 mmHg. Il controllo “stretto” della pressione ha ridotto l'incidenza
complessiva delle complicanze sia diabetiche che cardiovascolari. Sebbene
questi due studi avessero obiettivi molto diversi riguardo la pressione
arteriosa, entrambi confermano le raccomandazioni del JNC VI per un trattamento
aggressivo dell'ipertensione nei pazienti diabetici.
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