Una pacca sul sedere è un atto di
libidine?
Atti di libidine - Prova dell'intento dell'autore (Sentenza)
Cassazione Penale, sez. V, n. 623 del 23 gennaio 2001
Il Giudice di Merito ha stabilito, mediante un esame approfondito delle modalita'
concrete con cui si e' svolto il fatto, che una isolata, rapida e repentina pacca sul
sedere non avesse avuto connotazioni sessuali tali da configurare reato; la Suprema
Corte, chiamata a rivedere tale decisione, rilevando l' intrinseca logicita' della
sentenza, ritiene non poter entrare nel merito, essendo suo compito valutare la
legittimita' della decisione e l' esistenza o meno di
motivazioni adeguate e coerenti.. (Riassunto di Daniele Zamperini. Testo
completo su www.giustizia.it )
Il Tribunale di Venezia, nel 1994, condannava alla pena di un anno e sei mesi (piu'
interdizione ai pubblici uffici per un anno) il signor M. E., imputato di aver abusato
delle sue funzioni di amministratore straordinario della USSL e superiore gerarchico di
D.R. A., compiendo sulla predetta atti di libidine consistiti nel palpeggiare il sedere
della vittima contro la sua volontà (art.521, 61 n. 9 c.p) e inoltre di aver minacciato
ripetutamente D.R. A., nei giorni successivi, al fine di non essere denunciato, di valersi
delle sue prerogative e delle sue amicizie presso la USSL per danneggiarle la carriera.
L' imputato ricorreva in Appello ove, veniva assolto perche' il primo fatto non
costituisce reato, mentre il secondo reato veniva estinto per prescrizione.
Sia il Procuratore Generale che l' imputato ricorrevano in Cassazione.
- Il P.G. deduceva, con una censura in punto di fatto, la manifesta illogicità
della motivazione in quanto la Corte d' Appello aveva erroneamente ritenuto assente, da
parte dell' imputato, l' intento di arrecare, con il suo gesto, offesa alla sfera sessuale
della D.R.
La Suprema Corte riteneva invece che i Giudici di secondo grado avessero offerto
un'adeguata e non manifestamente illogica spiegazione del convincimento raggiunto, per cui
le relative valutazioni non potevano essere sindacate in sede di giudizio di legittimità,
allorche' compete soltanto di verificare la esistenza o meno di motivazioni adeguate
e coerenti.
Nella specie, la Corte veneziana, con puntuali richiami alle risultanze probatorie, ha
ritenuto dimostrato che un'isolata e repentina pacca sul sedere della donna vi fu
effettivamente ma che l'imputato non intese compiere un vero e proprio atto di libidine
sulla donna, non essendo emersi elementi per ritenere che il gesto, fosse rappresentativo
di concupiscenza di natura sessuale. Per questo motivo la Cassazione rigetta il ricorso.
- L' imputato, sosteneva invece che non fosse stata raggiunta la prova dell'esistenza
dell' atto stesso (il palpeggiamento), cosi' che la pronuncia assolutoria avrebbe dovuto
essere quella più ampia, perché il fatto non sussiste. La Corte ritenne invece che il
gesto incriminato aveva pur sempre un'obbiettiva incidenza sulla sfera della riservatezza
sessuale, sicché era giuridicamente corretta la decisione della Corte Veneziana laddove
ha ritenuto non punibile il fatto solo per la mancanza di prova di un intento propriamente
libidinoso. Veniva respinta pure la richiesta di annullamento della sentenza in ordine
alla pronuncia di non doversi procedere per il reato di tentata violenza privata ,
logicamente e probatoriamente collegato al reato a sfondo sessuale, in quanto il relativo
accertamento avrebbe richiesto il rinvio al Giudice di merito, mentre tale regressione è
incompatibile con la esistenza di una causa di improcedibilità dell'azione penale, già
accertata e dichiarata dalla Corte veneziana.