Il medico e le indicazioni riportate in scheda tecnica.
E’ gia’ stato stabilito dal D.L. 17/02/1998 n.23, come il medico sia obbligato a prescrivere i farmaci secondo le indicazioni contenute in scheda tecnica.
Tale regola, essendo mancato un adeguato coordinamento e un adeguato aggiornamento delle indicazioni riportate nella scheda stessa, e’ stata fonte di notevoli difficolta’ tra i medici prescrittori.
E’ stato osservato, infatti, come spesso anche farmaci universalmente usati per scopi perfettamente legittimi e secondo linee-guida "ufficiali", addirittura sancite dall’ OMS, manchino di adeguate indicazioni nella scheda. E’ stato gia’ osservato in diverse occasioni come, ad esempio, molti FANS, malgrado gli aggiornamenti intervenuti ultimamente, manchino ancora dell’ indicazione al "dolore neoplastico" e vengano limitato al "dolore artropatico".
Occorre per prima cosa sottolineare come queste regole valgano per tutti i medici e non solo per qualche particolare categoria: ospedalieri, universitari, medici di famiglia.
Il Ministero della Salute ha piu’ volte ricordato nel Bollettino di Informazione sui Farmaci come le indicazioni terapeutiche dei medicinali, posologie, modalita’ di somministrazione e cosi’ via, siano stabiliti dopo approfondita valutazione dei dati disponibili, da Enti Ministeriali, e come questi dati vengano riportati nella scheda tecnica e nel foglietto illustrativo dopo essere stati vagliati e approvati, con Decreto del Ministero della Salute.
L’ obbligo di osservanza della scheda tecnica presenta pero’ qualche eccezione: il decreto suddetto, all’art. 3, stabilisce che "in singoli casi il medico puo’, sotto la sua diretta responsabilita’ e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un indicazione o una via di somministrazione o una modalita’ di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata, qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali si e’ gia’ provata quell’indicazione terapeutica o quella via o modalita’ di somministrazione, e purche’ tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale".
Occorrono quindi dei requisiti precisi:
E’ da sottolineare tuttavia che, anche rispettando tutti questi criteri, il paziente non avrebbe diritto all’erogazione del medicinale a carico del Sistema Sanitario Nazionale per cui la ricettazione dovrebbe essere fatta sempre in regime libero professionale non convenzionato.
Una seconda possibilita’ di deroga consentita e’ quella prevista dal D.L. 21 Ottobre 1997 n. 536, convertito alla Legge 23 Dicembre 1996 n. 648 (e successivi aggiornamenti) che prevede un elenco di farmaci "innovativi", erogabili a carico del Sistema Sanitario Nazionale, allorche’:
Anche in questo caso e’ necessario che sia documentabile l’assenza di un farmaco alternativo regolarmente autorizzato per la cura di quella patologia; e’ inoltre necessario un iter burocratico piuttosto complesso in quanto occorre inviare una relazione di carattere scientifico alla CUF che valuta l’opportunita’ della concessione di tale terapia, pubblicando periodicamente un apposito elenco, periodicamente aggiornato, di questi trattamenti alternativi.
Tali procedure sono attuate, generalmente, dalle Ditte Farmaceutiche e non dai singoli medici, in quanto si tratta in genere di farmaci di uso molto specialistico, non di comune uso nell’ambito della medicina generale.
Le regole per la prescrizione off-label vanno scrupolosamente rispettate in quanto la loro disapplicazione puo’ apportare gravi conseguenze, anche in sede giudiziaria.
Infatti il medico, oltre alle eventuali sanzioni amministrative e disciplinari, puo’ venire accusato di "malpractice" sotto il duplice aspetto dell’ imperizia e dell’ imprudenza. Tale concetto e’ stato illustrato nel "Bollettino di Informazione sui Famarci" n. 3- Maggio/Giugno 2001, che riporta un caso piuttosto recente, coinvolgente un medico che non aveva rispettato queste disposizioni di legge: il sanitario e’ stato condannato dal Tribunale di Milano (sez. X Penale, 21/07/2000) in quanto aveva prescritto un trattamento insulinico ad una donna gravida non diabetica al fine di prevenire un successivo aborto. L’insulino-terapia, a parere del curante, avrebbe esercitato un effetto favorevole nei confronti dell’embrione. Si era verificato invece che la donna avesse riportato lesioni neurologiche in seguito allo shock ipoglicemico a lei provocato. Il medico e’ stato condannato, in quanto ritenuto responsabile di lesioni volontarie dolose, a pena detentiva e pecuniaria.
Il caso riportato dal Bollettino non apparirebbe del tutto congruente con l’ argomento, in quanto e’ giurisprudenza consolidata, gia’ prima del DL 23/98, che il medico, nella prescrizione di farmaci al di fuori delle indicazioni ufficiali, venga ad assumersi la responsabilita’ di eventuali conseguenze negative del trattamento. Nel caso ricordato nel Bollettino, a ben vedere, e’ stato sanzionato il danno ricevuto dalla paziente in conseguenza ad un atto imprudente (una prescrizione off-label) ma non e’ e’ stata sanzionata la prescrizione impropria in se’ e per se’.
Sembrerebbe che non ci sia nulla di nuovo, dunque, rispetto alle innumerevoli pronunce gia’ presenti in giurisprudenza; il Tribunale e’ pero’ entrato nel merito di alcuni principi ai quali si deve ispirare il trattamento curativo e che e’ utile sottolineare, per i risvolti pratici che possono rivestire verso il medico.
Nella Sentenza si afferma infatti che e’ consentito ad ogni medico "prescrivere farmaci off label, cioe’ al di fuori delle indicazioni autorizzate e riportate nel foglietto illustrativo, purche’ tali farmaci siano nella Farmacopea e vi sia il consenso informato del paziente.
La norma, nel riconoscere al medico piena autonomia, da intendersi come indipendenza di giudizio e di pensiero e non certo come liberta’ totale di azione, fissa subito i limiti entro cui tale autonomia debba esercitarsi. In particolare, ogni prescrizione ed ogni trattamento terapeutico, devono ispirarsi ad aggiornate e documentate acquisizioni scientifiche e l’osservanza del rapporto rischio-beneficio. Qualora poi si tratti di terapie nuove che, cioe’, non hanno ancora ricevuto un’approvazione ufficiale, il ricorso ad esse e’ riservato all’ambito della sperimentazione clinica e soggetta alla relativa disciplina. ".
Tale affermazione del Tribunale e’ di particolare rilevanza in quanto, stabilisce come la liberta’ terapeutica del medico non sia assoluta ma vada intesa appunto come indipendenza di giudizio nella scelta dei trattamenti scientificamente riconosciuti. Ribadisce poi in modo imperativo come il ricorso a terapie nuove e non riconosciute ufficialmente vada riservato nell’ambito della sperimentazione clinica soggetta alla relativa disciplina: tale disciplina non coinvolge il medico di famiglia in quanto le regole attuali non permettono al medico territoriale di effettuare sperimentazioni in proprio. Viene a ritenersi percio’ illecito, per lui, l’uso di farmaci nuovi e non riconosciuti.
Qualche problema potrebbe sorgere qualora si volesse applicare rigidamente questo principio alle cosiddette "medicine alternative" o "medicine complementari" , le quali, oltre a non essere comprese nella Farmacopea, sono spesso carenti proprio di quei requisiti di "aggiornate e documentate acquisizioni scientifiche".
Daniele Zamperini