"Interferone pegilato", nuova arma contro HCV
L'infezione da HCV sta affermandosi, in tutto il mondo occidentale,
come una delle piu' importanti malattie virali in quanto viene ad essere la piu' frequente
infezione cronica trasmessa con il sangue. Negli USA e' stato riscontrato come 2,7 milioni
di soggetti abbiano contratto l'infezione senza saperlo. Il trattamento di tale infezione
non e' facile, in quanto basato su farmaci non sempre efficaci, gravati da importanti
effetti collaterali e molto costosi.
Il trattamento di base in tutti i regimi contro il virus HCV e' basato sull'interferone
alfa. Sono stati provati vari schemi terapeutici (cicli piu' o meno lunghi con dosaggi
diversi) alla ricerca delle dosi ottimali e delle migliori combinazioni. Attualmente e'
stata introdotta anche la Ribavirina quale farmaco di associazione con l'interferone; tale
associazione sembra presentare attualmente la terapia di prima scelta. Tutti i tentativi
finora pero' hanno incontrato difficolta legate ai limiti farmacologici
dell'interferone alfa: si tratta di un farmaco con breve emivita (circa otto ore) con un
ampia fluttuazione delle concentrazioni ematiche del farmaco durante il trattamento. Si
rendevano percio' necessarie somministrazioni frequenti e ripetute, spesso poco accettate
e gravate da effetti collaterali disturbanti. Con grande frequenza si assisteva,
all'interruzione del trattamento, a un progressivo aumento della viremia .
Convenzionalmente, i pazienti vengono definiti " responsivi " allorche' si abbia
scomparsa di livelli misurabili di virus nel sangue durante la terapia; vengono definiti
"responsivi persistenti" quando questa tale assenza di viremia si protrae per
almeno 24 settimana dopo il trattamento.
Attualmente e' comparsa in commercio una nuova preparazione di interferone, detta
"interferone pegilato", caratterizzato da una lunga emivita, tale da permettere
una somministrazione frazionata in dosi addirittura settimanali. Sono stati effettuati
diversi studi di confronto tra la terapia con interferone pegilato e interferone classico:
l'uno effettuato a Francoforte, ha evidenziato una negativizzazione dell' HCV nel 39% dei
casi trattati con interferone pegilato rispetto al 28% trattati con interferone classico.
Gli effetti avversi sono stati analoghi nei due gruppi; la risposta persistente nel gruppo
trattato con interferone pegilato era simile a quello descritto col trattamento combinato
di interferone tradizionale e Ribavirina.
Un altro studio e' stato effettuato invece in Canada ed ha riguardato pazienti con
particolari difficolta' di trattamento (cirrosi compensata, fibrosi estesa,
piastrinopenia).
E' noto come i pazienti con fibrosi abbiano in genere molti problemi di tolleranza e
disturbi che vengono peggiorati dall'interferone, come astenia, depressione, neutropenia e
piastrinopenia. Questo gruppo ha sopportato bene la terapia con interferone pegilato; e'
stato riscontrato il 30% di una risposta virologica persistente e addirittura una risposta
positiva istologica in oltre la meta' dei casi. Alcuni critici hanno evidenziato pero'
come esistano diversi genotipi dell'infezione HCV, e che il genotipo 1 si e
dimostrato piu' resistente degli altri alla terapia con interferone; negli studi in esame
non era stata effettuata la tipizzazione dei ceppi virali in modo da valutare l
incidenza di tale ceppo.
E' possibile percio' ipotizzare che la composizione dei gruppi non rispecchiasse
l'effettiva distribuzione genotipica virale contribuendo all apparente successo
degli studi descritti sopra.
Tuttavia al momento attuale la terapia con interferone pegilato, sia per la sua comodita'
di iniezione settimanale, che per gli effetti riscontrati negli studi finora effettuati,
si presenta come un valido progresso nella terapia dell'infezione da HCV.
Scienza e Management n. 1, 2001- N.E.J.M. 343,1723,2000- N.E.J.M.
343,1666,2000- N.E.J.M. 343,1673, 2000