Trattare aggressivamente la dislipidemia: lo studio PROVE-IT
Secondo le linee-guida attuali, nei pazienti coronaropatici il valore dell’LDL dovrebbe essere portato a meno di 100 mg/dl. In uno studio multicentrico, randomizzato, internazionale, sponsorizzato dal produttore della pravastatina, i ricercatori hanno paragonato due terapie ipolipemizzanti: pravastatina a dose abituale (40 mg/die) e atorvastatina a dose elevata (80 mg/die).
Hanno partecipato 4162 pazienti con sindrome coronarica acuta (età media 58 anni, 22% donne) e un valore di colesterolemia totale di 240 mg/dl o meno. I livelli medi di LDL in entrambi i gruppi erano di 106 mg/dl al momento della randomizzazione (circa una settimana dopo l’evento coronarico acuto).
Durante i 2 anni del follow-up i livelli di LDL sono diminuiti a 95 mg/dl con la pravastatina ed a 62 mg/dl con l’atorvastatina. L’incidenza dell’endpoint primario (decesso, infarto miocardico, angina instabile, rivascolarizzazione, stroke) è risultata significativamente minore con l’atorvastatina (22,4%) rispetto alla pravastatina (26,3%). Confrontati con i pazienti trattati mediante pravastatina, quelli trattati con atorvastatina hanno presentato meno procedure di rivascolarizzazione (14% in meno), meno angina instabile (29% in meno) e meno decessi da qualsiasi causa (28% in meno). I benefici maggiori si sono avuti nei soggetti di età inferiore a 65 anni e con un valore medio di LDL basale di 125 mg/dl. L’aumento dell’ALT è stato significativamente più frequente con l’atorvastatina (3,3% contro 1,1%). L’abbandono dello studio si è verificato in frequenza simile nei due gruppi.
Lo studio fornisce una buona evidenza che una strategia ipolipemizzante aggressiva fornisce positivi  risultati dopo un evento coronarico acuto.
I calcoli statistici evidenziano che occorre trattare 25 pazienti con sindrome coronarica acuta per evitare 1 endpoint primario.

NEJM, 350: 1495, 1562