1. Il quesito contenuto nel titolo di questa nota ci sembra
giustificato. Ci si deve infatti chiedere, dopo che il legislatore è intervenuto due
volte con il D.L. 38/2000 e con la Legge 5 marzo 2001 n. 57 con definizioni
normative di danno biologico quasi uguali, se siano sopravvenuti elementi tali da
indurre a mutamenti interpretativi del concetto di tale danno che in precedenza era stato
elaborato esclusivamente dal cosiddetto "diritto vivente".
La parola-chiave sulla quale si deve concentrare lattenzione interpretativa, ai fini
del confronto, è senza dubbio il sostantivo "integrità" associato
allaggettivo composto "psicofisica". Il contenuto concettuale di
tale locuzione deve riflettersi sul metodo di quantificazione percentuale
dellinvalidità permanente che si avvale di Tabelle orientative già pubblicate o in
corso di elaborazione secondo la previsione normativa.
Lart. 13 del D.L. 23 febbraio 2000 n. 38 emanato in attuazione della Legge
delega n. 144 del 17.5.1999 - recita, al n. 1, "In attesa della definizione di
carattere generale del danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo
risarcimento, il presente articolo definisce, in via sperimentale, ai fini della
tutela dellassicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali il danno biologico come lesione dellintegrità psicofisica,
suscettibile di valutazione medico-legale, della persona. Le prestazioni per il
ristoro del danno biologico sono determinate in misura indipendente dalla capacità di
produzione del reddito del danneggiato".
Lart. 5 della Legge n. 57 del 5 marzo 2001, a sua volta,, pur nella sua dichiarata
provvisorietà fornisce la seguente definizione al comma n. 3: "Agli effetti di cui
al comma 2, per danno biologico si intende la lesione allintegrità psicofisica
della persona, suscettibile di accertamento medico-legale. Il danno biologico è
risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito
del danneggiato". Ed al comma n.4 aggiunge: "Fatto salvo quanto previsto
dal comma 2, il danno biologico viene ulteriormente risarcito tenuto conto delle
condizioni soggettive del danneggiato".
2. Varie sono state le precedenti definizioni di danno biologico, formulate dalla
giurisprudenza e dalla dottrina giuridica e medico-legale e a ciascuna di esse, invero
simili tra loro, si potrebbe risalire per il confronto che qui ci proponiamo di
effettuare. La scelta più opportuna è peraltro quella di tornare alla nota sentenza
della Corte Costituzionale 30 giugno 1986 n. 184 con la quale i Giudici delle Leggi hanno
collocato il pilastro portante nella evoluzione del diritto giurisprudenziale concernente
il danno alla persona da responsabilità civile.
In quella sentenza, infatti, sono state fornite chiare precisazioni concettuali e
semantiche distinguendo tra "danno biologico" e "lesione della
salute". La giurisprudenza e la prassi degli anni successivi hanno privilegiato
luso dellespressione "danno biologico", includendo in essa, di
fatto, anche la "lesione della salute" e differenziando peraltro,
allinterno del "danno biologico", laspetto statico e laspetto
dinamico.
Le due nuove norme sopra citate hanno di fatto cristallizzato questa semplificazione
semantica, per cui si deve ora accettarla ed interpretarla. Ai fini di questa
interpretazione appare utile tornare a riflettere sulla formulazione iniziale della
Consulta, perché in essa si rinviene una parte della terminologia impiegata sia dal D.L.
38/2000 che dalla Legge 57/2001. Su questa identità terminologica riteniamo debba
fondarsi la lettura interpretativa delle due norme e la conseguente rinnovata riflessione
sul metodo di quantificazione percentuale medico-legale del danno.
La Consulta, che in quella sentenza ha distinto tra danno-evento e danno-conseguenza
(distinzione che molti giuristi hanno invero messo in discussione e che non figura più in
successive sentenze), ha incluso nel concetto di "danno-evento" il danno
biologico e nella categoria dei "danni conseguenza" il danno morale
subiettivo ed il danno patrimoniale in senso stretto.
Scrive testualmente la Corte al par.4: "La menomazione dellintegrità
psico-fisica del soggetto" è "evento, naturalistico,
effettivo, da provare in ogni caso" "che trasforma in patologica la stessa fisiologica
integrità (e che non è per nulla equiparabile al momentaneo, tendenzialmente
transeunte, turbamento psicologico del danno morale subiettivo)". Questo, secondo la
Corte è il "danno biologico" o "danno fisiologico",
espressioni entrambe che "pongono laccento sullevento, naturalistico,
interno al fatto lesivo della salute".
Per quanto riguarda invece il "danno-conseguenza" scrive la Corte che "il
termine salute evoca, in questa sede, primariamente il bene giuridico,
costituzionalmente tutelato dallart. 32 della Costituzione, ed offeso dal fatto
realizzativo della menomazione dellintegrità psicofisica del soggetto
passivo. In questo senso, la lesione della salute, del bene-giuridico salute, è
lintrinseca antigiuridicità obiettiva del danno biologico o fisiologico: essa
appartiene ad una dimensione valutativa, distinta da quella naturalistica, alla quale
fanno riferimento le locuzioni danno biologico e danno
fisiologico".
3. Risulta dunque evidente che la sentenza-base 184/1986 della Consulta cui gli
studiosi continuano a fare riferimento anche se successive sentenze della Corte hanno
operato alcune diversificazioni indicava come danno-base quello naturalistico
espresso dalla locuzione "danno biologico", ed individuava tale danno nella
"menomazione dellintegrità psicofisica " del soggetto passivo.
Il sostantivo "integrità" era dunque il punto di riferimento della Corte
ed è lo stesso utilizzato dallart. 13 del D.L. 38/2000 e dallart. 5 della
Legge 57/2001.
Riandando ai precedenti di rilievo possiamo limitarci a citare la nota sentenza del
Tribunale di Genova il quale ha il merito di aver raccolto, nel 1974, loriginale
proposta di Cesare Gerin ed ha definito il danno biologico come "la lesione
dellintegrità fisica in sé e per sé considerata", includente
implicitamente, come osserva Busnelli, il danno psichico. Lo stesso Busnelli, nella sua
riflessione sulla distinzione concettuale tra le due figure di danno alla persona (fisico
e psichico), "troppo spesso inopportunamente confuse tra loro", scrive
conclusivamente distinguendo il danno biologico "che si identifica con la
menomazione somato-psichica, e che si presta a una valutazione, per così dire,
standardizzata e condotta alla stregua di parametri in cui lequità tende a
coincidere con lautomatismo" e il danno alla salute", che ha per
oggetto la lesione della salute (intesa nel suo ampio significato costituzionale) e che
"deve essere valutato caso per caso alla stregua di criteri in cui lequità
implica un attento contemperamento tra esigenze di uniformità nella valutazione
dellevento lesivo ed esigenze di concretezza nella valutazione delle conseguenze
pregiudizievoli di tale evento sullequilibrio psico-fisico del danneggiato".
La lettura di tante sentenze, sia della Corte Costituzionale che della Corte di Cassazione
ed anche dei Giudici del merito, rischierebbe di farci perdere il filo del nostro
discorso, inteso ad individuare, nellattualità, il concetto di danno biologico
introdotto di recente nellordinamento con particolare riguardo al significato
della integrità psicofisica e alle relative conseguenze nella valutazione
percentuale medico-legale delle menomazioni permanenti. Infatti molte sono le
sfumature che si incontrano nelle numerose definizioni, e molte di esse potrebbero
apparire non coincidenti con la lesione dellintegrità e più vicine invece ad un
concetto che sta alla base del dommage corporel dei francesi sul quale abbiamo di
recente già scritto ma cui dobbiamo qui ritornare.
Pertanto è da ritenere sufficiente avvalersi della definizione proposta nel 1997 da
Petti, giurista che, già nelle prime righe della sua monografia, offre una definizione
dottrinale che si può ritenere conclusiva ed appieno coincidente con quella che oggi si
deve accettare in relazione alle nuove norme oggetto di questa nota: "Il danno
biologico, in senso medico legale, consiste nella lesione della preesistente integrità
psicofisica del soggetto, e rappresenta il presupposto naturalistico di qualsiasi tipo di
risarcimento del danno, patrimoniale o non, o di qualsiasi altra provvidenza legislativa o
privatistica che lo contempli come fatto giuridico rilevante".
Scrive più avanti Petti, in modo del tutto condivisibile: "Lintegrità
psicofisica rappresenta la condizione basilare per il godimento di un normale stato di
salute e per la estrinsecazione di una normale efficienza psicofisica. Tale integrità è
diminuita anche quando si abbia un pur minimo danno anatomico (cd. lesione lieve) in
quanto essa integrità, per sua natura ed essenza (è la salute della persona) richiede il
mantenimento di tutti gli attributi fisici e psichici. Non è dunque costituzionalmente
ammissibile una franchigia per il danno biologico".
4. La definizione di "danno biologico" come lesione dellintegrità
psicofisica - che dalla storica sentenza del Tribunale di Genova (la quale ha rielaborato
la validità psicofisica di Gerin), è passata attraverso la definizione di
Franchini di danno biologico di rilevanza patrimoniale, è giunta alla sentenza
184/986 della Consulta ed infine è stata tradotta nel D.L. 38/2000 e nella Legge 57/2001,
e coincide ora di fatto con la definizione dottrinale di Petti del 1997 richiede, a
questo punto, un chiarimento interpretativo se possibile definitivo ed inequivoco,
attraverso il confronto con alcune espressioni del linguaggio medico corrente. Se
non si opera questo chiarimento, possono rimanere zone dombra e di confusione
concettuale che, alla fine, potrebbero rendere difficile lormai indispensabile
concezione unitaria imposta dalle nuove norme, pur ancora incomplete.
Si deve anzitutto sottolineare che la definizione di danno biologico contenuta nelle due
norme qui esaminate, cioè la lesione dellintegrità psicofisica, si avvale
di termini di provenienza giuridica, e non medica in senso stretto. Non a caso abbiamo
ritenuto (cfr. par. 3) di dover accettare la definizione anticipatrice del giurista Petti
la quale precede di alcuni anni (1997) le norme in esame, ricollegandosi nel contempo ai
precedenti dottrinali e giurisprudenziali più rilevanti.
Tuttavia laccertamento (art. 5 della Legge 57/2001) e la valutazione (art.
13 D.L. 38/2000), da ritenere peraltro sostanzialmente coincidenti, sono di spettanza
medico-legale - come le due norme stabiliscono esplicitamente, e per la prima volta
ed è pertanto indispensabile effettuare la conversione del concetto-base in termini
medici affinché nel passaggio da una disciplina (il diritto) allaltra (la
medicina) non avvengano delle distorsioni e degli errori di "traduzione" causati
dalla differenze dei linguaggi specifici.
Gli equivoci interpretativi, ed i conseguenti errori nella metodologia valutativa
medico-legale, possono originare e di fatto originano dal possibile
inquinamento dellespressione integrità psicofisica ad opera di due aggettivi
sostantivati di comune impiego in medicina, organico e funzionale, connessi
al sostantivo invalidità.
Nel corrente linguaggio medico si è soliti distinguere con uno schematismo invero
convenzionale ed impreciso tra malattie organiche e malattie funzionali.
Alle malattie cosiddette organiche si riconosce una base di accertabile alterazione
anatomo-patologica, istopatologica o anche soltanto citopatologica, oggi anche genomica,
che può produrre sintomi morbosi attraverso lalterazione di varie funzioni. Molte
di tali malattie, malgrado la loro organicità, sono ad eziologia ignota: lo sono,
tipicamente, molte malattie croniche del sistema nervoso. Alterazioni organiche, anche di
natura malformativa interna (cioè non visibile sulla superficie esterna del corpo),
possono essere clinicamente silenti, cioè non tradursi in uno stato di malattia percepita
dallindividuo che ne è portatore, e ciò a causa dei compensi funzionali di cui
lorganismo è capace, temporaneamente, ovvero per lungo tempo od anche per tutta la
vita. In questi casi le funzioni relative allorgano interessato possono essere apparentemente
normali: perché percepite come tali, ovvero perché i pur avanzati strumenti di
indagine funzionale attualmente disponibili non sono in grado di cogliere eventuali,
intime disfunzioni.
Queste forme organiche di alterazione, sia che si esprimano in funzioni palesemente
alterate, ovvero rimangano silenti, rappresentano comunque una deviazione dalla normalità
"media" cioè da quella integrità che può considerarsi patrimonio
di ciascun individuo pur nelle sue particolarità individuali che, comè noto, sono
uniche ed irripetibili per ciascun individuo di ieri, di oggi e di domani. Se tali
alterazioni organiche sono prodotte da agenti morbosi esterni, esse sono denominate
"acquisite" e costituiscono fattori esogeni di menomazione
dellintegrità fisica e/o psichica dellindividuo anche in assenza, lo
ripetiamo, di una disfunzione apprezzabile da parte di chi ne è portatore, e dal medico.
Si denominano comunemente malattie funzionali quelle per le quali non si riesce ad
individuare, con i mezzi attuali, una base organica. Si tratta spesso di sintomi a
carattere soggettivo non oggettivabili (cefalee, nevralgie, dolori localizzati o vaganti,
alterazioni psichiche soggettive, ecc.) altre volte oggettivabili mediante lesame
clinico e strumentale (così le aritmie cardiache) ma spesso non dimostrabili nella loro
causa organica. Luso non infrequente dellaggettivo "funzionale",
utilizzato per designare il disturbo in assenza di riscontro oggettivo di qualche
alterazione organica, nasconde in genere linsufficienza delle conoscenze e degli
strumenti della medicina nei confronti di molte patologie di questo tipo.
La distinzione che abbiamo ricordato non ha precisi confini ed anzi il progredire delle
conoscenze mediche tende ad aumentare il campo delle malattie su base organica
comprendendo sempre di più anche molte malattie psichiatriche giungendo ad
individuarne lorganicità biologica anche a livello di alterazioni molecolari.
Bisogna a questo punto aggiungere che in ambito clinico si tende comprensibilmente
a sottovalutare determinate alterazioni organiche compensate e silenti dando valore
soprattutto alle alterazioni funzionali, anche a quelle prive di base organica conosciuta.
Tale tendenza ha una sua precisa ragione nel fatto che il clinico ha come compito
principale quello di eliminare od attenuare i sintomi, abbiano essi una base organica
ovvero anche meramente funzionale.
Ne consegue che per determinate alterazioni anatomiche il clinico si pone lobiettivo
di verificarne le conseguenze accertabili attraverso un eventuale monitoraggio periodico,
non ricorrendo a terapie se queste non risultano necessarie e confortando il paziente che
viene in genere incoraggiato a non preoccuparsi della menomazione silente di cui è
portatore. In altri termini vi è la tendenza a dare un peso modesto o nullo a menomazioni
dellintegrità apparentemente prive di effetti nellattualità e, sperabilmente,
nel futuro (cioè con un atteggiamento di ottimismo che deve essere trasmesso al
paziente per doverose ragioni psicologiche).
Queste considerazioni spiegano la ragione della scelta esplicita operata da correnti di
pensiero medico-legale che privilegiano, ai fini della quantificazione percentuale del
danno, quelle menomazioni che abbiano influenza funzionale, cioè producano sintomi,
specie se oggettivamente accertabili: tra i quali si possono annoverare anche i
"sintomi" visibili costituiti dalla alterazione estetica.
E quanto avviene nella vicina Francia dove, come abbiamo recentemente ricordato, le
tabelle percentuali per la quantificazione del dommage corporel en droit commun (cioè
in diritto civile) sono esplicitamente costruite sulla base del principio della incapacité
fonctionnelle.
Tale principio, applicato in Francia, utilizza dunque il criterio clinico che abbiamo
sopra sommariamente richiamato, e non coincide con il principio della lesione
dellintegrità psicofisica contenuto nelle due norme italiane qui commentate: il
quale prescinde dalla necessità di un corrispettivo disfunzionale o ipofunzionale
accertabile e che inoltre, come afferma Petti, non tollera una "franchigia".
La lesione dellintegrità psicofisica che nelle nuove norme costituisce il
danno biologico è dunque sostanzialmente diversa da quella ancorata allentità
delle conseguenze funzionali cui si attengono la dottrina e la giurisprudenza francese.
Si deve sottolineare, a questo punto, quanto di recente abbiamo già rilevato, cioè che
il concetto civilistico di danno biologico finisce di fatto con lessere
sovrapponibile a quello di integrità che designa il bene protetto dalle norme penali
concernenti le lesioni personali. Lindebolimento permanente di senso e di organo ex
art. 583 c.p., che si ricava dalla dottrina e, soprattutto, dalla giurisprudenza di merito
e di legittimità, è riconosciuto anche per postumi permanenti minimi purché
apprezzabili (nel senso di accertabili obiettivamente) e quindi corrispondenti
essenzialmente alla lesione dellintegrità psicofisica: la perdita di un dente,
lanchilosi di unarticolazione interfalangea, la perdita di 2/10 del visus o di
pochi decibel di udito. Talune sentenze della Corte di Cassazione che hanno riconosciuto
alla asportazione della milza la dignità di perdita di organo, cioè di
lesione personale gravissima, obbediscono allo stesso criterio interpretativo della norma
penale.
Questa concezione unitaria deve costituire il criterio di base per la costruzione delle
Tabelle orientative per la quantificazione percentuale del danno biologico.
E ovvio che alla costruzione delle tabelle in perfezionamento di quelle già
esistenti in Italia, per molti versi pregevoli si dovrà operare con il massimo
buon senso ricordando il carattere convenzionale del sistema di quantificazione in
percentuale ed evitando gli eccessi in meno ed in più. Ma nel contempo ci si dovrà
avvalere in modo più aggiornato delle conoscenze scientifiche attuali, ricordando che le
percentuali di invalidità permanente contengono una rilevante quota prognostica
che deve far parte della quantificazione.
In questo nodo si ritrova la differenza tra la clinica e la medicina legale. Infatti
se il clinico di fronte ad un nefrectomizzato può limitarsi al monitoraggio periodico
della funzione renale, per intervenire in caso di evoluzione disfunzionale, il medico
legale deve invece formulare una valutazione che si proietta nel futuro, non di rado per
molti decenni, in relazione alletà del leso. Per cui solo menomazioni organiche
sicuramente statiche per tutta la vita possono giustificare percentuali definitive: come
ad esempio lamputazione di un dito, includenti contestualmente la evidente perdita
anatomica e funzionale, ed implicitamente certe sul piano prognostico. Ma non così è per
organi ad alta qualificazione funzionale come i reni, i polmoni, lencefalo,
ludito e la vista, lorgano dellequilibrio, lapparato digerente, il
pancreas, arterie importanti, e così via. Per tali lesioni dellintegrità
psicofisica le conoscenze scientifiche circa linvecchiamento delle strutture residue
e delle disfunzioni subcliniche devono suggerire percentuali valutative che includano -
con prudenza, ma senza superficiali ottimismi anche una quota percentuale che tenga
conto della prevedibile evoluzione peggiorativa nel lungo periodo.
5. I barèmes di lingua francese hanno costituito in passato un utile riferimento
per lItalia, specie per la quantificazione del danno in casi in cui mancavano voci
analitiche nelle guide tabellari italiane, le quali attualmente sono ormai dotate di una
articolazione di voci così ampia da rendere in genere inutile la consultazione di tabelle
straniere.
Lesame comparativo di detti barème di lingua francese dimostra chiaramente la
distanza concettuale che esiste tra il concetto di danno biologico italiano - che trova
sostanzialmente concorde la dottrina e la giurisprudenza prevalenti e le due norme recenti
inducendo ad una preoccupata riflessione circa le possibilità di costruire un
comune barème europeo.
Minori preoccupazioni possono emergere nel frattempo a causa dellannunciata
creazione di un barème ufficiale italiano dedicato al danno alla persona da
responsabilità civile (che per ora, sorprendentemente, dovrebbe riguardare soltanto le
menomazioni tariffabili dall1 al 9%). Infatti le guide orientative attuali e quella
pubblicata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale nel luglio 2000 in
applicazione del D.L. 38/2000, non si sono allineate alla posizione francese se non per
qualche aspetto. Malgrado ciò è da ritenere che per lItalia siano comunque
opportuni - nella prospettiva di un barème ufficiale per la responsabilità civile, e di
modifiche previste per le cosiddette Tabelle INAIL - un ulteriore approfondimento e dei
ritocchi che rendano le voci chiave più aderenti al concetto di lesione
dellintegrità psicofisica. E una tesi che abbiamo recentemente
sostenuta e che la legge 5 marzo 2001 n. 57 ci induce a riproporre con ancora maggiore
convinzione.
La recentissima (2001), sesta edizione del Barème indicatif dévaluation des
taux dincapacité en droit commun (cfr. nota 14 ) de Le Concours
Médical, contiene cinque note introduttive nelle quali si potrebbero invero cogliere
alcune differenze relativamente al concetto di incapacité permanente: dubbi fugati
peraltro dalle percentuali che il barème propone per alcune voci emblematiche. Mentre
Patrice Jourdain afferma che la tabella fornisce tassi percentuali per misurare una incapacité
fonctionnelle,la nota introduttiva redatta dal Comité scientifique du Centre de
Documentation sur le Dommage Corporel fornisce una definizione di "incapacité
permanente" che può essere così tradotta in italiano: "la riduzione definitiva
del potenziale fisico, psico-sensoriale o intellettuale risultante da una lesione
allintegrità anatomo-fisiologica; medicalmente constatabile e quindi apprezzabile
mediante un esame clinico adeguato, completato dallo studio degli esami complementari;
alla quale si aggiungono i fenomeni dolorosi e le ripercussioni psicologiche normalmente
legate alle conseguenze menomative descritte, così come le conseguenze abitualmente e
oggettivamente legate a tale lesione nella vita di ogni giorno".
Questa seconda definizione sembrerebbe dunque più vicina a quella italiana in quanto vi
figura il concetto di integrità anatomo-fisiologica ed anche quello di potenziale
fisico, psicosensoriale o intellettuale. Ma se questa è la definizione, riesce allora
difficile comprendere il significato, scientifico ancor prima che applicativo
medico-legale, di alcune voci che a titolo di esempio possiamo citare.
In realtà il concetto che domina è quello di incapacité fonctionnelle e ciò
può spiegare, ma senza convincere, le ragioni di alcuni parametri percentuali. Il
più sconcertante di questi parametri tabellari è da ritenere la nefrectomia monolaterale
tariffata con il 3%. Tra le altri voci citiamo: la splenectomia valutata "fino al
5%" (nella prassi, ci viene riferito, potrebbe esserle assegnato anche lo 0%); la
dispnea da sforzi importanti con alterazioni minori di una prova di funzionalità
respiratoria: dal 2 al 5%; lasma che non necessita di trattamento "de
fond": "fino al 5%"; ledema permanente misurabile di un arto
inferiore che necessita delluso continuo di fascia contentiva ed è associato a
dermatite: dal 4 al 10%; la cirrosi post-epatitica con buona funzione epatica: dal 10 al
20%; la perdita di 2/10 di visus: 0%.
E opportuno prendere come esempio il paradossale 3% assegnato alla nefrectomia
monolaterale che implicitamente il barème intende assegnare ad a un soggetto
diventato monorene ma che non presenta alcun segno di insufficienza della funzione renale
- per porlo a confronto con il 20% che lo stesso barème attribuisce invece alla perdita
del pollice dellarto dominante. Tale scelta, del tutto inapplicabile al concetto
italiano di lesione dellintegrità psicofisica, appare incomprensibile anche
se confrontata con la definizione del comitato scientifico francese sopra citata, specie
in relazione al problema della potenzialità dannosa della menomazione. Ed appare
scientificamente insostenibile anche alla luce delle considerazioni in precedenza svolte
circa i possibili equivoci sulle comuni espressioni mediche di danno organico e di danno
funzionale di cui abbiamo detto al par 4.
In altra sede affronteremo più sistematicamente il problema del valore di lesioni
organiche apparentemente prive di valore funzionale attuale. Per ora, al fine di
completare lesempio, ci limitiamo a menzionare alcune voci della letteratura
corrente nefrologica le quali dimostrano non solo lipertrofia compensatoria cui va
incontro il rene superstite segno per proprio conto di un aumento non fisiologico
della funzione di un organo sul quale viene a gravare tutta una fondamentale funzione che
nel soggetto normale è provvidenzialmente ripartita su due parallele strutture
anatomo-funzionali ma anche altri aspetti poco conosciuti e che sono stati
indagati, ad esempio, per stabilire a quali possibili conseguenze negative possono andare
incontro i donatori di rene da vivente, specie se di sesso femminile. Si tratta di
conoscenze scientifiche che sono ovviamente disponibili, in varia misura, anche per altri
apparati e che rendono perfino paradossali le proposte del barème francese.
In Spagna, paese che sempre più attivamente partecipa in sede comunitaria allo studio
della valutazione medico-legale del danno alla persona, il barème attualmente in vigore
per una norma di legge si attesta spesso su valori tariffari percentuali che chiameremo
"tradizionali", altre volte coincide con valori dei barèmes francesi e
italiani. La nefrectomia monolaterale è valutata dal 20 al 25%, la splenectomia senza
alterazione ematologica dal 5 al 10%. Daltro canto la perdita del visus di un occhio
è tariffata dal 23 al 25%, la cecità completa dall82 all85%.
In Italia, le proposte tabellari sono state, analogamente alla Spagna, molto moderate pur
implicando talune riduzioni dei valori percentuali di alcuni importanti organi. Esse sono
state quindi più aderenti al concetto di lesione dellintegrità psicofisica.
Ci limitiamo a ricordare la perdita di un rene tariffata con il 25% da Luvoni et al., con
il 15% nella Guida di Bargagna et al., con il 18% nella Tabella INAIL; la splenectomia
tariffata rispettivamente con il 10%, il 5-10% e "fino a 9"% in caso di
"necessità di accorgimenti terapeutici" (voce 109 della Tabella INAIL).
In queste voci esemplificative la quantificazione è dunque intermedia rispetto al passato
ed alle riduzioni estreme del recente Barème francese. Tuttavia, nel rispetto del
concetto di lesione dellintegrità psicofisica, dobbiamo ancora una volta
segnalare lo squilibrio esistente rispetto alle voci relative allapparato locomotore
che, per un retaggio dellevoluzione storica del sistema tabellare, mantengono una
supremazia a scapito di lesioni permanenti di organi che, per la loro importanza
funzionale e levoluzione nel lungo periodo, meritano invece un diverso
apprezzamento. Di ciò riteniamo si dovrà tenere conto nella future elaborazioni e
correzioni tabellari per le quali uno sforzo comune potrà portare alle soluzioni più
soddisfacenti ed adeguate allattuale concezione italiana di danno biologico.
6. La risposta al quesito che ci siamo proposti nel titolo di questa breve nota
se il danno biologico definito dalla legge 5 marzo 2001 n.57 sia o meno identico al
danno biologico definito dalla sentenza 184/1986 della Corte Costituzionale - è dunque
sostanzialmente positiva ma richiede una precisazione semantica ed impone delle coerenti
decisioni nella rielaborazione delle guide-tabelle di valutazione percentuale delle
lesioni dellintegrità psicofisica.
La definizione di danno biologico normativamente fissata dal D.L.38/2000 e
dalla Legge 5 marzo 2001 n. 57 è indubbiamente quella lesione dellintegrità
psicofisica (in sé e per se considerata) che la Corte Costituzionale aveva
qualificato "danno-evento", sottolineandone laspetto naturalistico. Ciò
che è intervenuto in questi quindici anni è stata peraltro la sostanziale scomparsa,
nella terminologia corrente, della più corretta espressione di danno alla salute che
la Consulta aveva utilizzato per indicare laspetto giuridico del danno. In altri
termini la locuzione danno biologico, oggi introdotta nellordinamento, si
è estesa a rappresentare unitariamente sia laspetto naturalistico che quello
giuridico di questo danno non economico, compreso nellart. 2043 c.c., che la
Corte aveva invece designato con due espressioni diverse.
Laspetto dinamico di tale danno, enucleato dalla dottrina e dalla
giurisprudenza, è oggi accolto anche dalla Legge 57/2001 la quale allart. 5 n. 4
stabilisce che "il danno biologico viene ulteriormente risarcito tenuto conto
delle condizioni soggettive del danneggiato". In ambito INAIL, invece,
lart. 13 del D.L. 38/2000, al n. 2 lettera a) stabilisce che le menomazioni
conseguenti alle lesioni dellintegrità psicofisica sono valutate in base
alla specifica Tabella delle menomazioni "comprensiva degli aspetti
dinamico-relazionali". Tale inclusione è giustificata dalla natura indennitaria
della tutela e potrà senza dubbio creare dei problemi in sede di rivalsa.
Lasciando per ora da parte molte considerazioni critiche circa il metodo di traduzione in
moneta dei danni biologici (produttivi di invalidità permanenti comprese tra l1 ed
il 9%) previsto dallart. 5 della Legge 57/2001 - sul quale il dibattito avviato in
varie sedi si è già chiaramente espresso - si può motivatamente affermare che la
giurisprudenza non dovrebbe trovare, nelle nuove norme, alcun motivo di deviare dal lungo
ed importante percorso finora compiuto dal diritto vivente nel novellare i principi ed il
metodo di risarcimento del danno alla persona da responsabilità civile. La definizione
di danno biologico di recente approvata dalla SIMLA l11 maggio 2001 si è posta su
questa stessa linea interpretativa, ispirata alla continuità dei principi.
Il consolidamento dei concetti che deriva dalle due nuove norme, impone oggi con maggiore
forza il dover trarre coerenti conseguenze applicative medico-legali dalla natura del
danno biologico considerando definitivamente comprese nella categoria delle lesioni
dellintegrità psico-fisica anche lesioni di tale integrità prive talora -
nellattualità od anche per molti anni, o addirittura per sempre - di sintomi
disfunzionali od ipofunzionali clinicamente evidenti: purché esse siano accertabili
obiettivamente con i vari mezzi di cui la moderna medicina dispone.
Il concetto medico-legale di integrità psicofisica che si deve evincere oggi dalle
norme, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, appare dunque ancora più esteso di quello
pur ampio di salute che è espresso dalla nota definizione coniata
dallOrganizzazione Mondiale della Sanità (WHO): "Health is a state of
complete physical, mental, and social well-being and not merely the absence of disease or
infirmity" il quale fa riferimento al concetto funzionale di benessere, non di
integrità.
Tale ampiezza del concetto di "lesione dellintegrità psicofisica", che
sta alla base del danno biologico normativamente definito, impegna i medici legali ad una
costruzione tabellare medico-legale molto diversa da quella francese, nella quale i valori
percentuali di base attribuiti ai singoli organi ed apparati siano proporzionali al loro
valore organo-funzionale. Leventuale sintomatologia clinica disfunzionale prodotta
dalla lesione non può che costituire elemento suppletivo di accertamento e
quantificazione del danno biologico non economico cui aggiungere quindi, se
sussistente, anche lulteriore quota dinamico-relazionale.
Le tabelle italiane recenti sono in linea di massima aderenti ai concetti che abbiamo
analizzato ma richiederanno nel vicino futuro dei ritocchi intesi a riequilibrare, in
senso maggiorativo, le lesioni di organi di essenziale importanza per lintegrità
della persona per tutto il corso della sua vita.
RIASSUNTO
La definizione di danno biologico come lesione dellintegrità psicofisica contenuta
nellart. 13 del D.L. 23 febbraio 2000 n. 38 e nellart. 5 della legge 5 marzo
2001 n.57 coincide sostanzialmente con il concetto a suo tempo formulato nella sentenza
della Corte Costituzionale 30 giugno 1986 n. 184. Tuttavia la prassi, ed ora le due
recenti norme di legge, hanno attribuito alla locuzione di danno biologico il doppio
significato, naturalistico e giuridico, decretando la scomparsa della espressione
"danno alla salute".
Il risarcimento della lesione dellintegrità non richiede necessariamente
lesistenza di sintomi clinicamente accertabili. Pertanto il sistema tabellare
italiano deve differenziarsi da quello francese e le future rielaborazioni eventuali delle
attuali guide tabellari dovranno rivalutare i danni dorgano riequilibrandoli
rispetto ai danni allapparato locomotore.
SUMMARY
The definition of medical impairment as a lesion of physical and mental integrity stated
in the article 13 of DL n. 38 (23.2.2000) and in the article 5 of the law n. 57 (5.3.2001)
appears to be substantially in agreement with the previous concept set down by the
Constitutional Court in its sentence n. 184 (30.6.1986).
However the praxis, and the two more recent norms of law, have attributed to the medical
impairment item a double meaning, either naturalistic and legal, decreeing the expiration
of the health damage expression.
The compensation of the integrity lesion does not necessarily demand the existence of
clinical ascertainable symptoms.
Therefore the Italian system based on impairment assessment tables should diverge from the
French one and the future modification of the current evaluation guides will have to
reevaluate its criteria by balancing the damages of inner organs versus the locomotorium
apparatus one.