A causa della notevole
pubblicità che è stata data recentemente ai problemi di filiazione e di fecondazione, un
nuovo impulso è nato circa l'accertamento dei rapporti parentali, gravidi di importanti
conseguenze dal punto di vista legale, finanziario, ereditario.
I progressi scientifici hanno fatto sì che i test di accertamento di paternità siano
rmai alla portata di quasi tutti i laboratori di analisi, i quali offrono questo servizio
come una comune analisi ematologica. In realtà l'esame di accertamento di paternità è
particolarmente complesso e necessita di competenze particolari.
In cosa consiste l'esame?
Si tratta,
fondamentalmente, di un esame del sangue che tende ad accertare, mediante il confronto di
marcatori geneticamente trasmessi, di un rapporto parentale (generalmente padre-figlio)
tra due soggetti. Inizialmente (si parla degli anni '20) gli unici marcatori conosciuti
erano quelli del sitema ABO. A questo si aggiunse il sistema MNSs e, negli anni '40 il
sistema RH. Questi marcatori, esprimendo solo una manifestazione fenotipica avevano però
una capacità discriminatoria piuttosto modesta e offrivano risultati sovente ambigui e di
difficile interpretazione.
Venne introdotto poi il sistema HLA, legato agli antigeni leucocitari, dotato di elevato
potere discriminatorio e, alla fine degli anni '90, l'esame diretto del DNA.
Tale esame non consiste, come credono i profani, nell'analizzare un frammento qualsiasi di
DNA: la parte più complicata è consistita invece proprio nell'individuazione di quelle
parti del cromosoma che, essendo variabili da individuo a individuo, fornissero un assetto
tipico per ciarcuna persona, analogo a quanto si rileva nell'esame delle impronte digitali
(DNA fingerprint).
La prima applicazione pratica in un test di paternità giudiziario risale al 1985 in
Inghilterra; da allora molti passi sono stati compiuti, con la scoperta di loci genetici
sempre più discriminativi ("minisatelliti" e "microsatelliti") e con
la scoperta di nuove tecniche analitiche. È stata fondamentale la scoperta di Kary B.
Mullis della reazione di DNA-Polimerasi (PCR) che consente di ottenere una elevata
quantità di materiale genetico da quantità scarse di DNA.
Le tecniche attuali, basate su confronto delle bande elettroforetiche del materiale
ottenuto con tale tecnica, si è definitivamente affermata anche perchè evita alcuni
problemi propri delle tecniche precedenti, come l'impiego di sostanze radioattive, i
lunghi tempi di attesa e le possibili difficoltà interpretative. Mentre i primi esami di
paternità si basavano su un esame di 4-5 marcatori al massimo, adesso è normale
effettuarne 10-12 o 15. L'elevato numero di marcatori e la loro distribuzione su diversi
loci cromosomici garantiscono l'affidabilità del risultato evitando errori che possono
essere conseguenti a mutazioni o a delezioni cromosomiche. Attualmente sono in commercio
dei kit che consentono l'analisi di gruppi precostituiti di marcatori.
Quali sono le sue indicazioni principali?
Le indicazioni principali dell'esame del DNA sono due: l'identificazione personale da residui bilogici e l'identificazione del rapporto parentale.
Identificazione personale
Assume rilievo
soprattutto in ambito penale. Consente l'identificazione dell'autore di un delitto da
residui organici anche minimi. L'esame può essere effettuato su qualsiasi materiale che
abbia una componente cellulare da cui estrarre il DNA: sangue, sperma, bulbi piliferi,
saliva, sudore. Il DNA conteunto in tali materiali può degradarsi con diversa velocità,
a seconda delle condizioni ambientali (grado di umidità, temperatura, inquinamento
batterico ecc.) in un tempo che può essere di poche ore o di pochi giorni nei casi più
sfavorevoli, può rimanere analizzabile anche per molti anni se conservato in ambiente
adatto. È intuibile perciò come in certe evenienze (ad esempio nei casi di stupro) sia
essenziale un tempestivo prelievo di tale materiale.
Il materiale biologico surgelato può essere conservato dal laboratoro per un numero
indefinito di anni; a temperatura ambiente il materiale asciutto (per esempio una goccia
di sangue raccolta su una carta asciugante) si conserva per periodi molto più lunghi che
se mantenuto in forma liquida. In caso di analisi su cadavere si può ottenere materiale
utile dall'esame del midollo osseo, più "riparato", anche dopo anni.
Accertamento parentale
È l'evenienza più
comune, con la tendenza a diventare routinario in seguito alle attuali leggi che
conferiscono ai figli naturali gli stessi diritti ereditari e di mantenimento dei figli
legittimi. L'iter giudiziario prevede, attualmente, che l'esame emetologico costituisca
tappa pressochè obbligata, e divisa in due parti: prima il "disconoscimento"
(l'accertamento che il padre "ufficiale" non è quello biologico), poi il
"riconoscimento" (l'identificazione del vero padre.
Oltre che per via giudiziaria le indagini di paternità possono essere chieste da privati
per propria informazione e per valutazione preliminare anteriore alla causa in Tribunale.
L'effettuazione dell' esame prevede il consenso di tutte le parti interessate, che
potrebbero però rifiutarsi. Non è infrequente, infatti, che la madre si rifiuti di
fornire il proprio sangue e l'accertamento venga effettuato su due soli individui.
L'esame viene compiuto generalmente su materiale ematico raccolto in quantità di pochi
cc. in provette con anticoagulante. Nel caso di bambini piccoli è possibile effettuare un
prelievo di poche gocce di sangue su una carta asciugante, oppure un prelievo di saliva
dalla mucosa buccale mediante tamponi sterili.
La valutazione dei risultati
Le possibilità di
errore
Le analisi basate sulla tipizzazione del DNA sono attualmente altamente attndibili,
tuttavia non possono essere considerate esenti da errori. Oltre a banali errori umani
(scambio di campioni, cattiva conservazione dei reperti) esiste una serie di fattori
interferenti di cui occorre sempre tener conto:
1) Incompatibilità
genetica: non è padre biologico
Ogni figlio presenta, per ogni locus genetico esaminato, due alleli, dei quali uno sarà
di provenienza materna e uno di provenienza paterna. Dato che sulla madre esistono
raramente discussioni, vengono dapprima scorporati gli alleli di provenienza materna e
viene poi verificata la compatibilità degli alleli rimasti con quelli di origine paterna.
La presenza nel figlio di polimorfismi genetici incompatibili (secondo la legge di Mendel)
con quelli del presunto padre può far escludere con certezza un rapporto di paternità.
È stato superato il problema dei vecchi marcatori basati sui polimorfismi enzimatici,
allorchè le esclusioni non erano quasi mai perentorie ma andavano valutate anch'esse con
criterio probabilistico. L'esame diretto del DNA invece permette una esclusione netta e
sicura con poche probabilità di errore dovute agli inconvenienti sopradescritti, che
però sono ben conosciuti dagli operatori del settore.
2) Compatibilità
genetica. Valutazione delle probabilità
Qualora venga evidenziata la compatibilità di tutti i marcatori, o si sia verificata una
"falsa" incompatibilità dovuta ai fattori sopradetti, occorre dare un peso
statistico a questo risultato.
Sono stati studiati e raccolti in banche-dati gli indici statistici che indicano, in
sostanza, la diffusione dei polimorfismi genetici nella popolazione generale. Questi dati
servono per la base di calcoli successivi, abbastanza complessi.
Viene utilizzato di solito, nella pratica, il cosiddetto "indice di paternità"
oppure il termine di "probabilità di paternità". Questa probabilità viene
espressa generalmente, nella pratica corrente, in forma percentuale. Più alto è il
numero di marcatori compatibili, più alta sarà tale probabilità.
La tecnica di calcolo, di tipo statistico esprimente un'approssimazione all'infinito, non
permette mai di poter esprimere una probabilità del 100%, e questo residuo margine di
incertezza può costituire fonte di frustrazione per gli interessati. Occorre tener
presente che l'indice di probabilità, al di sopra di certi valori, viene ad essere
praticamente equivalente ad una certezza, con un criterio analogo a quello usato nel caso
delle impronte digitali, in quanto la probabilità contraria (se si eccettuano casi
particolarissimi di popolazioni estremamente ristrette e con pool genetico molto
condiviso) vengono essere così basse da non potersi ipotizzare una coincidenza.
Non esiste in Italia una norma precisa che stabilisca la soglia oltre la quale una
probabilità di paternità sia da considerare equivalente a una "pratica
certezza": si fa riferimento in genere alle legislazioni di altri paesi europei come
la Germania (che ha stabilito un limite del 99,72%), o ai Paesi Bassi, i più severi, che
hanno stabilito un limite del 99,90%.
Non è infrequente, con le tecniche odierne e con l'alta capacità discriminatoria degli
alleli presi in esame, raggiungere probabilità anche più elevate del 99,99%.
Casi particolari
Modalità pratiche
Data la diffusione dei
kit di analisi (che non richiedono più l'uso di strumentazione molto complessa) molti
laboratori hanno introdotto tali indagini nella loro offerta al pubblico. È utile però
che ci si rivolga a Centri che abbiano reale competenza in materia, in modo da poter
valutare la possibilità di mutazioni, di alleli silenti o altre cause di errore.
Generalmente tali centri sono ubicati presso Università, grandi ospedali, laboratori
privati di alto livello. Solo pochi centri possono servirsi (per il costo elevato) di
particolari apparecchi (come il sequenziatore) che facilitano le indagini minimizzando il
rischio di errore interpretativo.
Il referto non deve contenere solo il giudizio "sintetico" di paternità o
non-paternità ma deve riportare la costellazione di marcatori esaminati e la percentuale
di probabilità calcolata.
L'analisi del DNA è molto costosa ed è effettuabile soltanto in regime privato: i prezzi
apparivano, fino a pochi anni fa quasi proibitivi (parecchi milioni in lire attuali).
Attualmente sono molto diminuiti ma la necessità di personale altamente specializzato e
di apparecchi sofisticati li mantengono abbastanza elevati (due-tre milioni di lire).
Daniele Zamperini ("Occhio Clinico", n. 2, febbraio 2002)