"Commette falso ideologico il medico convenzionato con il SSN che rilascia ricette senza visitare il paziente" (Cassazione Penale sez. V n. 1048 del 13/6/2001 - massimario 34814
I fatti: Il dott. XY, recentemente iscritto nell' elenco dei medici di famiglia,
subentrato ad un anziano medico, e' stato condannato in primo grado per truffa per aver
prescritto farmaci a pazienti che non ne avevano fatto richiesta, a cui non
servivano e che non erano neppure a conoscenza della prescrizione. Il medico effettuava
queste prescrizioni sottoscrivendo ricette compilate dal vecchio medico a cui era
subentrato.
L' imputato si difendeva affermando di non conoscere ne' gli ammalati ne' le loro
patologie, per cui si era limitato ad aderire alle richieste inoltrate dal vecchio medico
senza pensare che potessero essere dei falsi.
In appello, accolte le sue motivazioni, veniva assolto dall' accusa di truffa e condannato
per falso ideologico.
XY ricorreva in Cassazione; la Suprema Corte confermava la sentenza d'appello affermando
che:
"L' art. 480 C.P. punisce la falsita' ideologica commessa da P.U. in certificati
(o autorizzazioni amministrative), esaurendosi la condotta delittuosa nella falsa
attestazione di un fatto di cui l' atto e' destinato a provare la verita'..... Pertanto
il certificato con il quale il medico convenzionato con il servizio sanitario
nazionale pubblico, prescrive un farmaco all' assistito, e' atto destinato a provare che
e' stata effettuata la visita dello stesso e, contestualmente, attesta che il paziente ne
ha necessita' ed ha diritto a fruire del servizio farmaceutico, consentendone l'
esercizio. Pertanto, commette il reato di cui all' art. 480 C.P. il medico convenzionato
con il servizio sanitario nazionale che, nell' esercizio delle sue funzioni, rilascia
ricette, prescrivendo -nella specie a pazienti sconosciuti e non visitati e a loro
insaputa- medicinali attraverso un certificato non veridico".
Commento:
I giornali hanno titolato con enfasi, a proposito di questa sentenza, interpretando
erroneamente il dispositivo e affermando che si stabiliva il principio che era
condannabile per falso idologico il medico allorche' scriva ricette senza visitare il
paziente.
Tale interpretazione e' forzata e erronea: si puo' osservare come la Cassazione non
affermi affatto che la visita debba essere
per forza contestuale alla prescrizione: chiede invece che il medico abbia visitato
(magari in altra occasione) il paziente in modo da verificare la sussistenza dei requisiti
per cui viene chiesta la prestazione. Le ultime righe della sentenza, poi, fanno
riferimento ad una fattispecie ben specifica, che certamente riguarda solo casi
sporadici.
Il principio espresso dalla Corte appare chiaro: quando vengono effettuate delle
prescrizioni, il medico convenzionato deve assumersi la responsabilita' della loro
appropriatezza.
(D.Z.)