INDICE GENERALE
PILLOLE
- Possibile l' ablazione con radiofrequenza dei piccoli carcinomi
mammari - Curare
l' Artrite Reumatoide con Atorvastatina? - Efficacia
degli estratti di Cannabis nei tumori cerebrali - Cellule
midollari utili nei pazienti con infarto miocardico. - Perche'
alcuni cervelli declinano più rapidamente di
altri - I
diabetici trattati con la sola dieta devono essere piu' monitorati
-
Trattare aggressivamente la dislipidemia: lo studio
PROVE-IT - I
fattori di rischio per il cancro dell' utero - Le gravidanze gemellari compromettono le capacita'
immunitarie? -
La
velocità di incremento del PSA e'predittiva della mortalità nel K
prostata - L'alta
tecnologia in medicina: mandibola nuova da midollo omologo. - Ancora
conferme: l' allattamento al seno protegge dal cancro della
mammella - E' un enzima
il responsabile della tolleranza alla Nitroglicerina
- Il Darusentan non funziona nell' insufficienza cardiaca cronica
- Anche
i virus sviluppano resistenze - Statine:
trattamento precoce e prolungato -
News
prescrittive (dalla Gazzetta Ufficiale) (a cura di Marco
Venuti)
CASI CLINICI S - I
CASI DEL DOTT. CRETINETTI : Quel buio
ingannatore (di Giuseppe Ressa) :
APPROFONDIMENTI
- Il
certificato malattia in assenza del medico di famiglia: a chi tocca?
- Perche’
va abolito l’ obbligo di contributo ONAOSI
MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA Di
Daniele
Zamperini per ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale
Università Cattolica. Su www.medicoeleggi.it/pillole/freeconsult.htm Marco Venuti mette a
disposizione una serie di articoli su problemi connessi alla prescrizione
dei farmaci.
- La
prescrizione, per le accuse di Malpractice, si ferma a dieci anni.
(Sentenza) - La
prescrizione, per i medici specializzandi 83/91, non e' automatica!
(Sentenza) - Responsabilita'
professionale: nuove controindicazioni per l' Acido
Acetilsalicilico agli adolescenti
BIOETICA - Una
ancor piu’ modesta proposta per prevenire... le malattie, la
vecchiaia, la morte! (di Daniele Zamperini)
ML6 - LE
NOVITA' DELLA LEGGE (Di Marco Venuti)
PILLOLE
A - Possibile l' ablazione con radiofrequenza dei piccoli
carcinomi mammari Ricercatori del M.D. Anderson Cancer Center
di Houston hanno valutato la fattibilità e la sicurezza dell’ablazione
mediante radiofrequenza percutanea, guidata dall’ultrasonografia nel
trattamento localizzato del carcinoma della mammella invasivo, con
diametro massimo di 2 cm. L’ablazione con radiofrequenza di 21 lesioni
maligne è stata eseguita in 20 pazienti, immediatamente prima della
lumpectomia o della mastectomia. In tutti e 21 i casi è stata osservata
completa ablazione della lesione bersaglio. Secondo gli Autori la
tecnica ablativa percutanea guidata dall’ultrasonografia di piccoli tumori
alla mammella è fattibile e sicura. Radiology 2004; 231:
215-224
B - Curare l'
Artrite Reumatoide con Atorvastatina? Uno studio
compiuto presso il Centre for Rheumatic Diseases del Glasgow Royal
Infirmary ha valutato 116 pazienti affetti da artrite reumatoide.I
pazienti avevano un’età media di 56 anni e stavano assumendo DMARD,
farmaci antireumatici modificanti la malattia, senza sensibili
risultati. La durata media della malattia era di 11,5 anni. I
pazienti sono stati randomizzati ad assumere Atorvastatina ( 40 mg )
oppure placebo. La valutazione è stata fatta utilizzando il punteggio
di attività di malattia ( DAS28 ) ed i criteri di risposta EULAR (
European League Against Rheumatism ). A 6 mesi il 31% dei pazienti
trattati con Atorvastatina hanno raggiunto la risposta DAS28 EULAR contro
il 10% dei pazienti nel gruppo placebo. E’ stata osservata una
riduzione degli indici di flogosi acuta nel gruppo Atorvastatina rispetto
al placebo: proteina C reattiva ( - 50% ), velocità di sedimentazione
eritrocitaria ( - 28% ). Il numero delle articolazioni edematose è
risultato inferiore nel gruppo Atorvastatina che nel gruppo placebo. La
tollerabilità della terapia è risultata simile tra i due gruppi. La
riduzione di DAS28 indica che l’Atorvastatina esercita un effetto
terapeutico nella malattia infiammatoria. Rimane da stabilire il
beneficio delle statine nei pazienti con artrite reumatoide nel lungo
periodo The Lancet 2004
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C - Efficacia
degli estratti di Cannabis nei tumori cerebrali Uno studio
sperimentale ha dimostrato che gli estratti di Cannabis sono in grado di
bloccare la crescita dei vasi sanguigni che nutrono i tumori cerebrali ed
altri tumori. Ricercatori della Complutense University in Spagna hanno
valutato gli effetti del delta-9-tetraidrocannabinolo ( THC ) su 30
topi. E’ stato osservato che il THC è in grado di inibire l’espressione
di diversi geni associati alla produzione di VEGF ( Vascular Endothelial
Growth Factor ), sostanza che svolge un importante ruolo nel processo
angiogenetico. Il delta-9-THC agirebbe aumentando l’attività di una
molecola, la Ceramide. I Ricercatori hanno anche trattato due pazienti
affetti da una forma tumorale aggressiva, il glioblastoma multiforme, con
estratti di Cannabis. I risultati sembrano promettenti. Cancer
Research, 2004
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D - Cellule
midollari utili nei pazienti con infarto miocardico. Le
cellule ottenute dal midollo osseo possono migliorare la funzione cardiaca
nei pazienti colpiti da infarto miocardico.Lo studio è stato compiuto da
Ricercatori dell’Hannover University in Germania. Un totale di 60
pazienti, sottoposti a PCI ( intervento coronarico percutaneo ) per un
infarto miocardico con sopraslivellamento ST ( STEMI ), è stato assegnato
in modo random al trasferimento intracoronarico di cellule autologhe di
midollo osseo, o ad un gruppo controllo. Il trasferimento cellulare è
avvenuto dopo 4,8 giorni dall’intervento PCI. L’end point primario era
rappresentato da cambiamenti nella frazione di eiezione ventricolare
sinistra ( FEVS ) dal basale ai 6 mesi.La FEVS al basale era in media pari
a 51,3 tra i pazienti del gruppo controllo e pari a 50 in quelli
sottoposti a trasferimento cellulare. Dopo 6 mesi, la frazione di
eiezione ventricolare sinistra media è aumentata di 0,7 punti percentuali
nel gruppo controllo e di 6,7 nel gruppo trasferimento di cellule del
midollo osseo. Il trasferimento di cellule del midollo osseo ha
migliorato la funzione sistolica ventricolare sinistra principalmente nei
segmenti miocardici adiacenti all’area infartuata. Il trasferimento
cellulare non ha aumentato il rischio di eventi clinici avversi, ristenosi
in-stent, o effetti proaritmici. Lancet 2004; 364: 141-148
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E - Perche'
alcuni cervelli declinano più rapidamente di
altri Svelare i
misteri dell'invecchiamento del cervello è uno dei principali obiettivi
delle neuroscienze, soprattutto visto l'aumento
della popolazione anziana e l'ovvio desiderio di conservare la funzionalità cerebrale più a lungo possibile. Ora un
team di ricercatori del Children's Hospital e dell'Harvard Medical School
di Boston ha scoperto un tipo di impronta genetica associata con l'invecchiamento
cerebrale che potrebbe contribuire al declino cognitivo legato alla
vecchiaia. Lo studio, pubblicato dalla rivista "Nature",
è stato anticipato online il 9 giugno
2004. Fra i risultati più sorprendenti della ricerca c'è il fatto che questi cambiamenti genetici cominciano,
per alcune persone, già a 40 anni. Ciò solleva interessanti questioni su
quando e perché il cervello comincia a
invecchiare e sulla possibilità di sviluppare strategie per proteggere i
geni più importanti nel tentativo di conservare le funzioni cerebrali e
ritardare lo sviluppo di condizioni legate all'età, come il morbo di Alzheimer. Bruce A. Yankner e colleghi hanno studiato i cambiamenti
molecolari nel cervello umano esaminando gli schemi di
espressione genica in campioni postmortem
di trenta individui di età compresa fra 26 e 106 anni. Hanno così scoperto
che l'attività dei geni coinvolti nell'apprendimento e nella memoria è fra
quelle che con l'invecchiamento subisce una
riduzione più significativa nella corteccia cerebrale. www.lescienze.it
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F - I diabetici trattati con la sola dieta devono essere piu'
monitorati I diabetici trattati con la sola dieta sono meno
monitorati rispetto a quelli che assumono farmaci ed hanno livelli più
elevati di colesterolo ed una maggiore prevalenza di ipertensione e
ipercolesterolemia non adeguatamente trattati. Lo studio è stato
realizzato nel Regno Unito in 7870 pazienti con diabete mellito di tipo II
su una popolazione di 253618 cittadini che afferivano agli studi associati
di medicina generale. Gli end points principali erano costituiti dal
livello di cure erogate e le complicazioni correlate al diabete. Il 31,3%
di tutti i pazienti con diabete mellito di tipo II erano in trattamento
con sole misure dietetiche (1% dell'intera popolazione). Tra un
poliambulatorio e l'altro esistevano differenze anche di 4 volte (range
15,6-73,2%). I pazienti trattati con la sola dieta sono risultati essere
sottoposti in misura significativamente inferiore, rispetto a quelli in
trattamento anche con farmaci, alle valutazioni di HbA1c, pressione
arteriosa, colesterolo, microalbuminuria e Holter cardiaco. Il 38,4% dei
diabetici trattati con farmaci hanno mostrato un livello di HbA1c oltre
7,5% rispetto al 17,3% di quelli trattati con la sola dieta. I diabetici
trattati con sola dieta presentano in modo significativamente maggiore
rispetto a quelli in trattamento farmacologico ipertensione e sono
trattati più di rado con antipertensivi; inoltre hanno una probabilità
maggiore del 45% di avere ipercolesterolemia e di non assumere farmaci
anticoleterolemizzanti. Quantunque in misura inferiore rispetto ai
diabetici in trattamento farmacologico (80%), quelli trattati con la sola
dieta presentano una percentuale di complicanze correlate al diabete molto
più elevata (68%) rispetto a quella rinvenibile nella popolazione
generale. Lancet 2004; 363: 423-28
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G - Trattare
aggressivamente la dislipidemia: lo studio PROVE-IT Secondo le
linee-guida attuali, nei pazienti coronaropatici il valore dell’LDL
dovrebbe essere portato a meno di 100 mg/dl. In uno studio multicentrico,
randomizzato, internazionale, sponsorizzato dal produttore della
pravastatina, i ricercatori hanno paragonato due terapie ipolipemizzanti:
pravastatina a dose abituale (40 mg/die) e atorvastatina a dose elevata
(80 mg/die). Hanno partecipato 4162 pazienti con sindrome coronarica
acuta (età media 58 anni, 22% donne) e un valore di colesterolemia totale
di 240 mg/dl o meno. I livelli medi di LDL in entrambi i gruppi erano di
106 mg/dl al momento della randomizzazione (circa una settimana dopo
l’evento coronarico acuto). Durante i 2 anni del
follow-up i livelli di LDL sono diminuiti a 95 mg/dl con la
pravastatina ed a 62 mg/dl con l’atorvastatina. L’incidenza dell’endpoint
primario (decesso, infarto miocardico, angina instabile,
rivascolarizzazione, stroke) è risultata significativamente minore con
l’atorvastatina (22,4%) rispetto alla pravastatina (26,3%). Confrontati
con i pazienti trattati mediante pravastatina, quelli trattati con
atorvastatina hanno presentato meno procedure di rivascolarizzazione (14%
in meno), meno angina instabile (29% in meno) e meno decessi da qualsiasi
causa (28% in meno). I benefici maggiori si sono avuti nei soggetti di età
inferiore a 65 anni e con un valore medio di LDL basale di 125 mg/dl.
L’aumento dell’ALT è stato significativamente più frequente con
l’atorvastatina (3,3% contro 1,1%). L’abbandono dello studio si è
verificato in frequenza simile nei due gruppi. Lo studio fornisce una
buona evidenza che una strategia ipolipemizzante aggressiva fornisce
positivi risultati dopo un evento coronarico acuto. I calcoli
statistici evidenziano che occorre trattare 25 pazienti con sindrome
coronarica acuta per evitare 1 endpoint primario. NEJM, 350: 1495, 1562 Torna
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H - I fattori
di rischio per il cancro dell' utero Sebbene la maggior parte
delle neoplasie del collo dell’utero siano carcinomi a cellule squamose,
l’incidenza relativa e assoluta di adenocarcinoma del collo dell’utero è
aumentata negli ultimi anni. Non è chiaro fino a che punto i fattori di
rischio identificati per il carcinoma a cellule squamose della cervice
siano comuni agli adenocarcinomi cervicali. Un gruppo di Ricercatori di
Oxford ha analizzato i dati provenienti da 6 studi clinici che hanno posto
a confronto direttamente i fattori di rischio per l’adenocarcinoma
cervicale ( n = 910 ) e per il carcinoma a cellule squamose ( n = 5.649
). Un più alto numero di partner sessuali nel corso della vita, età
precoce per il primo rapporto sessuale, una lunga durata nell’uso dei
contraccettivi orali sono risultati i fattori di rischio per entrambe le
tipologie istologiche. L’abitudine corrente al fumo era associata ad un
significativo incremento del rischio di carcinoma a cellule squamose ( OR
= 1.47 ), ma non all’adenocarcinoma ( OR = 0.82 ).I risultati di questa
metanalisi di dati pubblicati hanno indicato che i carcinomi a cellule
squamose e gli adenocarcinomi del collo dell’utero, sebbene abbiano in
comune molti fattori di rischio, possono differire in relazione al
fumo Br J Cancer 2004;90:1787-1791
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I - Le gravidanze
gemellari compromettono le capacita' immunitarie? Una ricerca
pubblicata sulla rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences"
suggerisce che nella Finlandia pre-industriale, dare alla luce coppie di
gemelli potrebbe aver avuto nelle madri un effetto negativo sulla capacità
del corpo di combattere le malattie. In passato, alcuni modelli animali
avevano mostrato un bilanciamento fra gli sforzi riproduttivi e
l'estensione della vita, ma un fenomeno simile negli esseri umani era
sempre stato oggetto di controversie. Utilizzando dati storici ricavati
dai registri ecclesiastici finlandesi del diciottesimo e del
diciannovesimo secolo, Samuli Helle dell'Università di Turku e colleghi
hanno analizzato i tassi di sopravvivenza delle donne che avevano dato
alla luce una coppia di gemelli oppure un solo figlio. I risultati
indicano che, delle donne che sono sopravvissute oltre i 65 anni, quelle
che avevano avuto gemelli avevano sei volte più probabilità di morire per
una malattia infettiva (soprattutto tubercolosi). I ricercatori ipotizzano
che, con il passare del tempo, il sistema immunitario delle madri dei
gemelli si sia indebolito più in fretta rispetto alle madri di figli
unici, rendendole più suscettibili alle
infezioni. www.lescienze.it Torna
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L - La velocità di incremento del PSA e'predittiva della
mortalità nel K prostata Un incremento di 2 o pù mg/ml
nell'anno precedente alla diagnosi è un fattore correlato con la
diminuzione della speranza di vita nei soggetti con K prostata sottoposti
a prostatectomia. Sono stati studiati 1905 pazienti con carcinoma
localizzato alla prostata. I pazienti sono stati prostaectomizzati e
seguiti per 7 anni. I fattori correlati con la mortalità specifica e
generale sono risultati: una velocità di incremento del livello del PSA
plasmatico pari a 2 o più mg/ml nell'anno precedente la diagnosi, il
livello del PSA, uno score di Gleason di 8-10 ed uno stadio T2. NEJM,
351:125-135 July 8, 2004 Torna
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M - L'alta tecnologia in medicina:
mandibola nuova da midollo omologo. Costruita con successo
mediante un impianto nel latissumus dorsi una mandibola partendo da un
modello di titanio riempito di osso e di midollo omologo.
Ad un
uomo che soffriva per una neoplasia mandibolare destruente è stata
costruita una mandibola partendo da un modello in maglia di titanio
conformato su misura mediante tecniche computerizzate. Lo stampo è stato
riempito di osso omologo e infiltrato con 20 ml di midollo e 7 milligrammi
di proteina morfogenetica ossea umana. La mandibola è stata
successivamente impiantata nel latissimus dorsi dell'uomo. Dopo 7
settimane la mandibola è stata posizionata a reintegrare il difetto
mandibolare originario. Studi scintigrafici e TAC hanno dimostrato
rimodellamento osseo e calcificazione sia durante la fase di impianto nel
muscolo che dopo il posizionamento nella sede mandibolare. La qualità
della masticazione è stata ritenuta soddisfacente dal paziente ed è stato
ottenuto anche un buon risultato estetico. Lancet 2004; 364:
766-70
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N - Ancora conferme: l'
allattamento al seno protegge dal cancro della mammella L'allattamento al seno per un periodo
cumulativo di almeno 12 mesi riduce significativamente il rischio di
insorgenza di carcinoma mammario nelle donne portartrici del gene BRCA1
che le espone ad un altissimo rischio di sviluppare una una neoplasia
della mammella. E' stato effettuato uno studio caso controllo su 965
donne provenienti da una coorte internazionale portatrici di mutazioni dei
geni BRCA1 (n=685) e BRCA2 (n=280) e 965 donne senza mutazioni. Le
informaioni sono state raccolte da un questionario compilato in occasione
di consulenze genetiche. La durata dell'allattamento al seno è risultata
significativamente associata con una riduzione dell'incidenza di neoplasie
mammarie indipendentemente da ogni altro fattore (per ogni mese di
allattamento OR = 0.98, 95% CI = 0.97 - 0.99; P<.001). Le donne
portatrici della mutazione BRCA1 che hanno allattao al seno per dodici o
più mesi presentano un rischio significativamente ridotto di circa il 60%
di incidenza di carcinoma mammmario rispetto alle donne con BRCA1 che non
hanno allattato al seno (OR = 0.55, 95% CI = 0.38 - 0.80; P = .001),
mentre questa associazione non è stata osservata nelle donne con mutazioni
BRCA (OR = 0.95, 95% CI = 0.56 - 1.59; P = .83). Tuttavia il rischio
rimane alto in paragone alle donne senza mutazioni BRCA. fonte :
Journal of the National Cancer Institute, Vol. 96, No. 14,
1094-1098 Torna
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O - E' un enzima il
responsabile della tolleranza alla Nitroglicerina Studi hanno dimostrato che
l’aldeide-deidrogenasi mitocondriale ( ALDH-2 ) svolge un ruolo centrale nel
processo di biotrasformazione in vivo della
Nitroglicerina ( GTN ) e che la sua inibizione è responsabile della
tolleranza.Tuttavia rimane da chiarire il grado con il qaule ALDH-2 contribuisce alla tolleranza ai nitroderivati e alla tolleranza incrociata. Ratti
sono stati trattati per 3 giorni con Nitroglicerina.Le infusioni sono state seguite da una diminuzione
dell’attività vascolare dell’ALDH-2, della biotrasformazione della Nitroglicerina e dell’attività
della chinasi cGMP-dipendente.Inoltre, la Nitroglicerina ha
aumentato la produzione di specie reattive di ossigeno ( ROS , reactive oxygen species ) da parte dei mitocondri. Gli
antiossidanti / riducenti hanno ridotto la produzione mitocondriale di ROS ed hanno ripristinato l’attività
di ALDH-2.Questi dati
suggeriscono che la tolleranza ai nitrati è mediata, almeno in buona
parte, dall’ inibizione dell’ALDH-2 vascolare e
che le specie reattive di ossigeno mitocondriali
possono contribuire a questa inibizione. La tolleranza alla
Nitroglicerina può essere vista come una sindrome metabolica,
caratterizzata da disfunzione mitocondriale. J Clin Invest 2004 ; 113 :
482-489
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P - Il Darusentan non funziona nell' insufficienza cardiaca
cronica Lo studio EARTH ( Endothelin-A Receptor Antagonist
Trial in Heart Failure ), coordinato da Ricercatori dell’Ospedale
Universitario di Zurigo, ha valutato gli effetti del blocco
dell’endotelina a lungo termine sul rimodellamento ventricolare sinistro e
sugli outcome clinici nei pazienti con insufficienza cardiaca
cronica. Hanno partecipato allo studio 642 pazienti affetti da
insufficienza cardiaca cronica, ai quali è stato somministrato Darusentan,
un antagonista dell’endotelina-A, in dosi pari a 10mg/die, 25mg/die,
50mg/die, 100mg/die o 300mg/die, o placebo, per un periodo di 24 settimane
in aggiunta alla terapia standard. L’endpoint primario era rappresentato
dal cambiamento nel volume telesistolico ventricolare sinistro a 24
settimane dal basale, misurato mediante risonanza magnetica Non è
stata osservato alcun cambiamento significativo valutato sul 76% dei
pazienti, tra placebo e ciascun dosaggio di Darusentan. L’11.1% ( n=71 )
dei pazienti ha presentato un peggioramento dell’insufficienza cardiaca ed
il 4.7% ( n = 30 ) è deceduto durante lo studio clinico, senza
l’evidenziarsi di alcuna differenza tra i gruppi. Il blocco
dell’endotelina-A con Darusentan non migliora il rimodellamento cardiaco o
i sintomi clinici o gli outcome nei pazienti affetti da insufficienza
coronarica cronica, che assumono gli Ace inibitori, i beta-bloccanti o gli
antagonisti dell’aldosterone.
E' interessante osservare come, solitamente, gli studi con
risultati negativi abbiano un bias di pubblicazione, ma non in questo
caso:Lancet ha infatti dato ampio spazio a questo studio, forse per le
implicazioni fisiopatologiche dei risultati. Lancet
2004; 364: 347-354
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Q - Anche i virus sviluppano
resistenze Nel 18% dei bambini sono stati scoperti ceppi di
virus influenzale resistenti all'oseltamivir che possono essere una fonte
di contagio anche dopo 5 giorni di terapia con oseltamivir.
Sono
stati analizzati nello studio i virus influenzali (H3N2) isolati da 50
bambini prima e dopo un trattamento con oseltamivir. I geni della
neuraminidasi e dell'emogglutinina sono stati sequenziati e le forme
mutanti di quelli dell'emoagglutinina sono state valutate in riferimento
alla resistenza ad oseltamivir. Sono state trovate mutazioni dei geni
della neuraminidasi in virus isolati da nove pazienti (18%), sei di questi
avevano mutazioni alla posizione 292 (Arg292Lys) e 2 alla posizione 119
(Glu119Val), posizioni che conferiscono resistancza agli inibitori della
neuraminidasi. E' stata identificata anche un'altra mutazione (Asn294Ser)
in un paziente. Le neuraminidasi dei virus con mutazioni Arg292Lys,
Glu119Val, o Asn294Ser sono risultati rispettivamente 104-105-, 500-volte,
o 300-volte più resistenti ad oseltamivir rispetto a quanto osservato
prima del trattamento. Virus resistenti all'oseltamivir sono stati
identificati fin dal quarto giorno di trattamento. Più di 103 unità
infettanti di virus per mL sono state identificate in alcuni dei pazienti
con virus resistenti, anche dopo 5 giorni di trattamento. Lancet 2004;
364: 759-65
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Q1-
Statine: trattamento precoce e prolungato
Un'estensione dello studio 4S ha dimostrato che i pazienti
con malattia cardiovascolare trattati con statine per 5 anni e che poi
hanno intrapreso una ulteriore terapia ipolipemizzante protratta per
ulteriori 5 anni presentano una mortalità globale significativamente
ridotta rispetto ai pazienti trattati con la sola terapia ipolipemizzante.
Non ci sono studi sull'effetto a lungo termine delle statine circa la
mortalità globale e l'insorgenza di neoplasie. Pertanto in questo studio
sono stati seguiti i pazienti che avevano preso parte allo studio 4S che è
terminato nel 1994. Il periodo di trattamento in cieco è stato pari a 5,4
anni. Al termine dello studio quasi tutti i pazienti hanno assunto terapie
ipolipemizzanti in aperto. 414 patienti originariamente trattati con
simvastatina e 468 che avevano assunto placebo sono morti durante i 10,4
anni di follow-up (rr 0,85 [95% CI 0,74-0,97], p=0,02), la differenza è
per la maggior parte dovuta ad una più bassa mortalità coronarica
osservata nel gruppo simvastatina (238 vs 300 morti; 0,76 [0,64-0,90],
p=0,0018). 85 morti per cancro sono occorse nel gruppo simvastatina contro
le 100 del gruppo placebo (0,81 [0,60-1,08], p=0,14), e 227 nuovi casi di
cancro sono stati osservati nel gruppo simvastina contro i 248 del placebo
(0,88 [0,73-1,05], p=0,15). In conclusione la terapia con statine
sembra maggiormente efficace nei pazienti con malattia cardiovascolare se
iniziata precocemente e/o continuata a lungo senza rischi di insorgenza di
neoplasie. Lancet 2004; 364: 771-77 Torna
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R - News prescrittive
(dalla Gazzetta Ufficiale) Zitromax,
Azitrocin - Modificato lo schema posologico per il
trattamento dell'otite media acuta nei bambini. Nureflex
- Approvato l'uso pediatrico nei bambini a partire dai tre mesi di
età.
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CASI CLINICI
S - I CASI DEL DOTT.
CRETINETTI: di Giuseppe Ressa) [Continua la presentazione di casi clinici basati su esperienze
concrete, che possono offrire lo spunto a utili considerazioni
metodologiche e pratiche. I personaggi di Cretinetti e Falchetto sono
stati ideati dal Dott. Giuseppe Ressa, che ha curato anche la scelta e
l'esposizione dei casi. Il dottor Cretinetti è un medico che fa
anamnesi approssimative, esami obiettivi volanti, prescrive montagne di
analisi ed esami strumentali; il dottor Falchetto è il suo opposto:
anamnesi ed esami obiettivi maniacali, connessioni diagnostiche
mirabolanti, scorciatoie fulminanti, esami diagnostici centellinati; a
volte cerca diagnosi rarissime mancandone altre più probabili e giuste.
Capita che Cretinetti e Falchetto coesistano schizoidamente nella
stessa persona.]
Quel buio
ingannatore
Cretinetti, tra i vari pazienti, ha anche dei colleghi, e
si sa che sono i peggiori, sempre pronti a mettersi in cattedra e a
contestare le diagnosi. Questa volta la collega paziente lo chiama
addirittura a casa perche' ha febbre e astenia, Cretinetti e' furibondo
perche' alle prese con centomila visite domiciliari, a causa dell’epidemia
influenzale, e pensa tra se' e se' che la novellina poteva curarsela pure
da sola questa influenza.
Ci va di sera tardi, dopo sette ore di studio, e' esausto
e isterico, suona alla porta, apre la madre della paziente perche' dice
"la figlia e' a letto e non ce la fa ad alzarsi"; Cretinetti pensa che e'
stata sempre una mollacchiona lamentosa fin da quando era studente, adesso
che e' medico poi!!!
La stanza e' semibuia perche' la luce da' fastidio alla
malata, egli si siede al suo fianco e la interroga, riferisce di accusare
una astenia intensissima e un’anoressia completa piu' qualche colpetto di
tosse; gli dice che beve pochissimo perche' ha nausea e quindi le urine
sono scure perche' concentrate. Cretinetti la visita in maniera
completa e non rileva nulla di particolare, redige una prescrizione di
"antibiotici di copertura", cosi' per sicurezza ("cosi' me la levo di
torno", pensa tra se' e se'). Il giorno dopo riceve una telefonata
dalla paziente collega la quale, non trovandolo, in mattinata ha chiamato
il dott. Falchetto il quale, appena entrato in stanza ha formulato la
corretta diagnosi senza nemmeno toccare la paziente.
Commento: La diagnosi era : epatite acuta da virus B. Cretinetti aveva
visitato la paziente, come descritto dalla storia, in una stanza semibuia
perché la luce dava fastidio alla paziente; Falchetto, al contrario, la
mattina successiva, in pieno giorno; entrando in stanza aveva esclamato:
"Ma non lo vedi che sei GIALLA?" e la diagnosi era praticamente fatta. La
paziente collega aveva chiamato di nuovo perché le urine erano "ancora più
scure". Insegnamento: l’ITTERO va visto a luce piena, ma magari
un’occhiatina alle sclere con una piletta da un euro non faceva male e
poteva evitare la grezza!! All’epoca Cretinetti era un giovane medico
e Falchetto un supermassimalista che magari non sapeva quali betabloccanti
fossero senza ISA o con ISA o altre menate del genere, però gli itteri li
vedeva o li cercava. Cretinetti aveva ascoltato acriticamente il
discorso della collega che parlava di urine "scure" perché "concentrate"
in quanto ella non beveva perché le veniva da vomitare. Non si è
chiesto perché la paziente con 38 gradi di temperatura stesse confinata a
letto, perché avesse un’astenia così marcata ecc. ecc. Ma gli errori
servono: ricordiamo che anni dopo, in un’altra circostanza, Cretinetti
riusci a fare analoga diagnosi in una 30 enne "a letto da giorni per
influenza". Erano le 21,30 e Cretinetti, DOPO aver visto
il colorito delle sclere, si fece portare una TORCIA per illuminare la
cute del corpo; era itterica, diagnosi: epatite da virus A. Due ore
prima era passato un amico medico della paziente, Cretinetti di turno, con
prescrizione di antibiotici per una "bronchite"; anche stavolta l’ex
Cretinetti, ora Falchetto, era andato di gran malavoglia a casa della
paziente per i soliti motivi di stanchezza feroce dopo la solita giornata
infernale, eppoi era già stata vista da un collega !!! Non so perché
gli scattò la molla, riuscendo così a pareggiare i conti.
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APPROFONDIMENTI
AA1 -
Il certificato malattia ai fini lavorativi in assenza del medico di
famiglia: a chi tocca? Una panoramica del problema (
comportamenti difformi per un problema frequente)
La certificazione di malattia, soprattutto se ai fini del
riconoscimento del diritto all' indennita' di malattia, costituisce da
sempre un problema abbastanza spinoso per i medici. Non sono rare le
polemiche e le contestazioni insorgenti tra pazienti che accusino malattie
e, dall' altra parte, i medici curanti che debbano stilare i certificati.
I problemi si complicano quando il paziente pretenda una
certificazione da un medico diverso dal suo medico di famiglia, assente
per motivi diversi (festivita', orario notturno, patologia acuta che abbia
richiesto intervento di Pronto Soccorso ecc.). In questi casi possono
insorgere problemi rilevanti sia sugli aspetti "formali" che su quelli
"sostanziali" della certificazione, nonche' sui vari obblighi e
responsabilita' interessanti le diverse categorie mediche.
Riteniamo utile percio’ effettuare una panoramica generale della
situazione della certificazione medica (per motivi di inabilita’
lavorativa) in assenza del medico di famiglia.
Certificazione di malattia per dipendenti pubblici e
privati non soggetti a INPS Per quanto riguarda i dipendenti
pubblici (ma alcuni aspetti di quanto diremo possono essere applicabili
anche ad alcune categorie di lavoratori privati (1) ) la Legge
(art. 30 DPR 686/57) prevede che il dipendente interessato a collocamento
in aspettativa per infermita’ debba presentare un certificato medico sul
quale debbono essere specificate l’infermita’ e la presumibile durata di
questa (2). La legge non richiede altro; in base a tali norme
e’ sufficiente quindi che il certificato venga stilato secondo le
regole generali di ogni certificato (contenendo quindi: -
generalita' del paziente, - generalita' del medico (identificabile da
un timbro o da un' intestazione) - luogo e data del rilascio - firma
del medico
A questi requisiti "generali" devono essere aggiunti,
perche' il certificato sia valido ai fini del congedo per malattia: a)
la diagnosi b) la prognosi
Non viene richiesto nessun modulario particolare, ne'
alcuna dicitura specifica: puo’ essere stilato su carta privata del medico
o su carta intestata dell’Ente Sanitario che lo rilascia, purche’ siano in
esso indicate le informazioni elencate sopra. Puo' accadere che il
medico, non essendo perfettamente a conoscenza dell' attivita' lavorativa
svolta dal paziente, rilasci per errore il certificato al dipendente
statale su modulario INPS; in questo caso il medico non commette alcun
reato, ne' il certificato verrebbe a perdere di validita’, in quanto
verrebbe a contenere ugualmente i dati indispensabili richiesti dalla
legge. E’ da sottolineare come la Legge non chieda una particolare
specificazione della prognosi: qualora non specificato, la prognosi ivi
espressa e’ ritenuta "presumibilmente lavorativa" pur rimanendo
soggetta a verifica degli Enti di controllo. Questo aspetto si
differenzia sostanzialmente da quanto previsto dalla normativa per i
dipendenti soggetti a INPS.
Certificazione di malattia per dipendenti privati
soggetti a INPS Le norme riguardanti questa categoria di lavoratori
risalgono al 1979 e precisamente al D.L. 30 Dicembre 1979 n. 663
(3). Tale decreto prevede, all’art. 2, che "nei casi di
infermita’ comportante incapacita’ lavorativa, il medico curante redige in
duplice copia e consegna al lavoratore il certificato di diagnosi e
l’attestazione sull’inizio e la durata presunta della malattia secondo gli
esemplari definiti nella convezione nazionale unica per la disciplina
normativa il trattamento economico dei medici generici e pediatri
stipulata ai sensi dell’art. 9 della Legge 29 Giugno 1977 n. 349 e
successive modificazioni e integrazioni".
Alcune osservazioni preliminari: - La norma esprime
un obbligo - Va applicata solo (e sempre) nei casi con
infermita' comportanti incapacita' lavorativa - Riguarda i
medici curanti - Questi sono tenuti a certificare la
diagnosi, l' inizio della malattia e la presunta durata della prognosi
lavorativa - Il certificato va stilato sugli appositi moduli.
Sono necessari pero' alcuni chiarimenti: Cosa
intende la legge quando parla del "medico curante" ? E’ concetto
pacifico, in base ad una giurisprudenza consolidata, che vada inteso come
"medico curante" (ove non diversamente specificato) il medico che abbia
prestato la sua opera professionale nel caso in esame, a qualunque
categoria professionale appartenga. Le leggi, i Decreti, e ancor piu'
le sentenze delle Corti di vario tipo e grado, usano tale terminologia
verso ogni categoria: con il termine di "medico curante" viene infatti
chiamato, volta per volta, il medico ospedaliero, il medico di Continuita'
Assistenziale, perfino il medico privato che presti la sua opera
libero-professionale. Il "medico curante" quindi, come pacificamente
assodato e confermato da diverse Autorita' (v. note successive) non
coincide necessariamente col medico convenzionato con il SSN (4).
Cio' comporta che qualunque medico, sia esso medico di famiglia,
che ospedaliero in fase di dimissione, che medico di Pronto Soccorso o
addirittura medico privato in visita urgente, debba, a norma della legge
33/80 e degli obblighi deontologici (5) certificare (ovviamente solo se ne
riscontri la sussistenza) l’eventuale incapacita’ lavorativa.
La legge, confermata poi da successive disposizioni (6)
prevederebbe che tale certificazione venga stilata, in ogni caso, sul
modulario INPS previsto nella convenzione dei medici di famiglia.
Tale modulario, pero’, non e’ in libera distribuzione per tutti i
medici, ma e' di uso limitato ai medici convenzionati col SSN e agli altri
medici operanti in strutture pubbliche e convenzionate: a questi i
modulari vengono distribuiti (o dovrebbero esserlo) tramite i Direttori
Sanitari (7).
Il problema del modulario E' osservazione comune,
pero', che tali strutture siano quasi sempre sprovviste di tali moduli:
durante la sua pratica professionale trentennale, chi scrive non e' mai
venuto a diretta conoscenza di un certificato-malattia rilasciato su
modulario INPS da un Pronto Soccorso o da altra struttura ospedaliera.
Infatti l' obbligo di uso del modulario INPS e' stato poi inserito nel
contratto collettivo dei medici di famiglia, ma non in quello dei medici
ospedalieri; questi ultimi, considerando il "vuoto contrattuale" e il
fatto che il DL 663/79 (e modificaz.) non prevede esplicite sanzioni per
l' omesso uso di tale modulario, hanno generalmente respinto l' ulteriore
aggravio burocratico. Attenzione, pero', perche' le disposizioni di
legge hanno un valore superiore a quelle pattizie derivate dai contratti:
l' obbligo stabilito dalla legge resta pertanto in vigore. Per quanto
riguarda i medici privati, poi, non sono state nemmeno studiate o previste
procedure che consentano loro di detenere tale modulario. Si e’ posto
quindi il problema di come potessero questi sanitari certificare una
inabilita’ lavorativa valida ai fini INPS. Onde evitare infiniti
contenziosi, l' Ente si rendeva disponibile ad accettare certificati "non
regolamentari" purche' riportanti le informazioni obbligatorie per legge
(8).
La "prognosi lavorativa" I certificati stilati su
modulario non regolamentare (vale a dire su carta intestata del medico o
dell' Ospedale) riportano generalmente (benche' la legge, come abbiamo
visto, richieda una "specifica" certificazione) una prognosi non
esplicitamente determinata: non e' possibile, cioe', riconoscere
presuntivamente se su un certificato "bianco" la prognosi indicata sia
"lavorativa" o esclusivamente "clinica". Trattandosi di
certificazioni effettuate in deroga alla norma generale, esse vengono
quindi considerate dall' INPS, salvo diversa specificazione,
"presuntivamente cliniche". L' Ente richiede quindi, per una
"validazione automatica", che gli estensori (ad es. le strutture di P.S.)
completino i certificati di loro pertinenza (9) specificando se
venga ravvisata un' eventuale prognosi lavorativa. Poiche' anche
tali disposizioni vengono, per abitudine, ignorate, sono state adottate
una serie di misure vicarianti: l' INPS ha stabilito di riconoscere
comunque come valida, ai fini lavorativi, la certificazione di P.S. per il
giorno della prestazione, purche' contenente le generalita' dell'
interessato, la data, la firma leggibile del medico e la diagnosi
(10). Non e' necessario, per il solo giorno della
prestazione, che sia riportata una prognosi: il certificato di PS e'
comunque valido per un giorno ai fini lavorativi.
Qualora il certificato di PS indichi invece una prognosi
successiva ( non specificandone la tipologia) sara' incarico del medico
dell' INPS valutarne, in base alla diagnosi, la congruita' ai fini
lavorativi (11). Qualora poi il certificato sia manchevole di
alcuni dei dati essenziali, la sua correzione e/o integrazione va
richiesta direttamente ed esclusivamente al medico compilatore (12).
La pretesa di esigere la compilazione (nei giorni successivi) di un
certificato da parte del Medico di Famiglia che sostituisca e integri
quello del P.S. appare palesemente illegittima ( anche a non voler
considerare la circolare INPS 99/96) a norma della legge 33/80, che
verrebbe violata nel suo enunciato " il medico curante redige in
duplice copia e consegna al lavoratore il certificato di diagnosi e
l’attestazione sull’inizio e la durata presunta della malattia.
E' evidente come non sia possibile per un medico che intervenga in
tempi successivi, all' oscuro dell' obiettivita' e degli eventuali
accertamenti effettuati in Pronto Soccorso, certificare correttamente e
con cognizione diretta "la diagnosi, l' inizio e la durata presunta della
malattia" come comparivano dal primo giorno. Questo medico puo'
legittimamente certificare solo quanto derivi dalla sua visita diretta,
restando il periodo precedente solo nell' ambito delle nozioni "riferite"
e quindi certificabili solo come tali. Per alcune categorie di lavoratori
(ad es. i turnisti) questo aspetto porta una serie di complicazioni non
indifferenti.
Obblighi e sanzioni per i medici inadempienti Da
quanto detto si rileva come ogni medico che constati la presenza di una
inabilita’ lavorativa sia sempre tenuto a specificarlo in sede di
certificazione. L' omissione di questo obbligo puo' essere sanzionata
amministrativamente nei confronti dei medici di famiglia, per i quali puo'
rilevarsi un' inadempienza contrattuale; non esistono invece norme
contrattuali da invocare nel caso di altre categorie mediche, come ad es.
i medici ospedalieri. Trattandosi pero' di una violazione di legge,
essa puo' rientrare in un ambito sanzionatorio piu' generale. Per i
medici operanti in struttura pubblica potrebbe infatti essere ipotizzata
l’ipotesi, ad esempio, di una "omissione d' atti d' ufficio" o addirittura
un "falso per omissione" (13). E' possibile inoltre ravvisare un
illecito disciplinare. Sebbene alcune di tali ipotesi possano
apparire francamente eccessive, va considerato che la legge 33/80 ha
stabilito un preciso obbligo, a cui sono tenuti, in particolare,
soprattutto i sanitari che rivestano qualifica di pubblico ufficiale.
Per quanto riguarda l' aspetto disciplinare, e’ anche da tener
presente la posizione presa dalla FNOMCeO sulla materia, (come citata in
precedenza). Tali aspetti non vanno percio' assolutamente
sottovalutati.
In realta’ non abbiamo rinvenuto precedenti
giurisprudenziali su tale specifico argomento; cio' puo' essere dovuto
(oltre che a lacune nella nostra ricerca) al fatto che tali figure di
reato non vengono direttamente contestate, ma occorre che vengano portate
all' attenzione dell' Autorita' Giudiziaria attraverso una denuncia o una
segnalazione (cosa che certamente non avviene in assenza di
conflittualita' o per casi che vengano in qualche modo risolti). Cio'
infatti viene quasi sempre evitato, a nostro parere, sia per le autonome
procedure decisionali stabilite dall' INPS, che per i comportamenti
concilianti dei medici di famiglia i quali hanno sempre tenuto
precipuamente conto degli interessi del paziente, adoperandosi per
minimizzare gli effetti negativi delle certificazioni incomplete di altre
categorie. I medici di famiglia hanno percio' provveduto sovente,
seppure non tenuti a farlo, a regolarizzare e a validare i certificati
incompleti di altre categorie sanitarie, evitando cosi', in nome di un
diverso rapporto medico-paziente, innumerevoli contenziosi
giudiziari. E’ illusoria pero' la convinzione che omettendo la diagnosi
"lavorativa" si possa essere esentati dalle eventuali responsabilita’
connesse a questo aspetto: nelle vesti di P.U. (e quindi tenuto, per
obbligo del suo ufficio, al rispetto delle leggi vigenti) il medico
"pubblico" puo' essere, al contrario, particolarmente vulnerabile, anche
in seguito alla mutata consapevolezza degli utenti circa i propri diritti,
e al clima conflittuale che puo’ venirsi a creare in caso di contenziosi.
E' facilmente ipotizzabile poi che da una "cattiva" certificazione
ospedaliera o di P.S. possa scaturire in alcune situazioni, per l' utente,
un "danno ingiusto" che richiamerebbe, senza dubbio, la responsabilita'
del medico certificatore, anche in ambito civilistico. Questo
puo' verificarsi, a puro titolo esemplificativo, nei casi di negato
pagamento della diaria da parte dell' Ente assistenziale, oppure nel caso
di contratti o di polizze che comprendano il risarcimento di una diaria
giornaliera solo nel caso di espressa "inabilita' lavorativa": la mancata
certificazione di una prognosi lavorativa in caso di patologia che
certamente la comporti, qualora provochi un danno al paziente, puo' essere
senza dubbio perseguibile (14). Molto opportunamente
diversi Enti Ospedalieri, pur continuando ad usare un modulario non
regolamentare, appongono una doppia prognosi: clinica e lavorativa. Questa
procedura appare senza dubbio ottima, tale da evitare qualsiasi dubbio
interpretativo. E' necessario pero' che non venga vanificata dal
comportamento dei singoli medici che ritengano di non doversi adeguare.
Dovrebbe essere cura delle Direzioni Sanitarie curare il rispetto di
tali norme; puo' essere inoltre opportuno in simili casi avviare (da parte
degli interessati) quei procedimenti che, attraverso decisioni o sentenze
ufficiali prese dalle competenti Autorita', possano finalmente sancire l'
effettiva soluzione di questo problema.
Quanto scritto circa l' obbligo di certificazione ha poi
valore, a maggior ragione, per altre categorie di medici deputati all'
intervento di "urgenza" festiva, come i sanitari di Continuita'
Assistenziale. Per essi (come gia' esposto) oltre alla norma
generale, e' valida anche una specifica norma contrattuale, che
stabilisce, tra i loro doveri, che " Il medico
utilizza, solo a favore degli utenti registrati, anche se privi di
documento sanitario, un apposito ricettario, con la dicitura "Servizio
continuità assistenziale", fornitogli dalla Azienda per le proposte di
ricovero, le certificazioni di malattia per il lavoratore per un massimo
di 3 giorni..." (15) . Questi sanitari, analogamente ai
Medici di Famiglia, sono quindi vincolati da una specifica norma
amministrativa che li obbliga a certificare la condizione di
inabilita' lavorativa, e impone l' uso dello specifico ricettario; queste
incombenze rientrano senza dubbio anche negli obblighi d' ufficio
della categoria, con tutto cio' che ne consegue. La comune pratica
clinica ci informa pero' che spesso questo non accade. E' evidente
come, in attesa di qualche sentenza chiarificatrice, ciascuno sia libero
di dissentire dalle nostre conclusioni, e di regolarsi come crede, ma sia
consapevole di assumersi la completa responsabilita' delle proprie scelte.
Daniele Zamperini (pubblicato su Doctor, maggio
2004)
NOTE 1) Le categorie dei
lavoratori per i quali va stilato il certificato su ricettario privato non
avendo diritto alle indennita’ INPS, sono, salvo omissioni: gli
apprendisti, le domestiche, i dipendenti di partiti politici e
associazioni sindacali, impiegati dipendenti da proprietari di stabili,
impiegati di credito, assicurazioni e servizi tributari appaltati,
impiegati dell’agricoltura, dell’industria, lavoratori autonomi, portieri,
pubblici dipendenti, viaggiatori e piazzisti. In seguito alle recenti
privatizzazioni alcune categorie che prima rientravano tra i pubblici
dipendenti, ora fanno parte del comparto privato. Per esse non valgono
pero' le norme specifiche per il P.I. 2) Tale orientamento e’
stato poi confermato dalla circolare n. 161.111/10 del 30/10/84 della
Presidenza del Consiglio che riporta un parere del Consiglio di Stato
dell’11/10/84. Viene specificato che l’art. 5 della Legge 300 del 1970
(Statuto dei Lavoratori) non e’ applicabile al rapporto di lavoro
dipendente allo Stato ne' e’ stato esteso dalla Legge a tali categorie. La
normativa sulla privacy, finora, fa salve le disposizioni di leggi
precedenti. Sono state studiate diverse soluzioni, nel caso di un
esplicito rifiuto alla esplicitazione della diagnosi, riportate in altri
articoli (ad esempio: aggiungere la dicitura "Omessa diagnosi per espressa
volonta' del paziente" (controfirmata da quest' ultimo); oppure rilasciare
la certificazione in duplice copia, una delle quali riportante la diagnosi
ed una senza diagnosi, in modo analogo al modulario INPS). 3)
(G.U. 31 Dicembre 79, n. 355) convertito in Legge con modificazioni con la
Legge 29 Febbraio 1980, n. 33. 4) "Si precisa che, se pure, di
massima, il sanitario preposto al compito in questione e' quello di libera
scelta, l'espressione letterale "curante" utilizzata dal legislatore,
porta a dover attribuire validita', ai fini erogativi di cui trattasi,
anche alle certificazioni rilasciate, pure su modelli non "standard" (ad
es. ricettario privato), da medici diversi, ai quali l'assicurato si sia
rivolto per motivi di urgenza ovvero comunque per esigenze correlate alle
specificita' della patologia sofferta.... Il criterio vale anche per i
certificati rilasciati all'atto della dimissione dagli ospedali o dalle
strutture di pronto soccorso..." (Circolare INPS n. 99 del
13/5/1996) 5) "I criteri che precedono risultano del resto
condivisi dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi ed
Odontoiatri (F.N.O.M.C.e O.)". (Circolare INPS n. 99 del
13/5/1996) 6) Decreto Ministero Sanita’ e del Ministero del
Lavoro 30 Settembre 91; Legge 29 Febbraio 80 n. 33, Legge 23/04/81
n.55 7) "Ad evitare possibili riflessi negativi sui lavoratori,
sara' cura da parte dell'INPS fornire a tutti i direttori sanitari delle
strutture sanitarie pubbliche e convenzionate il predetto modulario, da
affidare al Primario responsabile del reparto e da usare, ovviamente, nei
confronti dei soli aventi diritto all'indennita' di malattia erogata da
questo Istituto." (Circolare INPS n. 99 del 13/5/1996) 8) "La
certificazione sanitaria rilasciata, anche su modulario non regolamentare,
da medici diversi da quelli di "libera scelta", compresa quella emessa
dagli ospedali e dalle strutture di pronto soccorso all'atto della
dimissione, e' da ritenere valida ai fini dell'erogazione dell'indennita'
di malattia a condizione che contenga i requisiti sostanziali richiesti
(intestazione, nominativo del lavoratore, data, firma, diagnosi e prognosi
di incapacita' al lavoro). " (Circolare INPS n. 99 del
13/5/1996) 9) "[ Mentre l' Istituto]... riconosce validita' alla
certificazione di incapacita' al lavoro rilasciata su ricettario privato
(v. circ. n. 134368 AGO/14 del 28.1.1981), purche', ovviamente, dalla
stessa siano rilevabili i dati richiesti dalla normativa vigente, si
osserva che i referti di pronto soccorso ne sono spesso carenti, mancando
talvolta perfino l'indicazione della prognosi." (Circolare INPS n. 145 del
28 giugno 1993). 10) " Limitatamente alle giornate di ricovero
e/o alla giornata in cui e’ stata eseguita la prestazione di pronto
soccorso cosi’ documentata, agli effetti del riconoscimento del diritto
della prestazione, e’ sufficiente che la certificazione suddetta sia
redatta su carta intestata e riporti le generalita’ dell’interessato, la
data del rilascio, la firma leggibile del medico e l’indicazione della
diagnosi." (Circ. INPS n. 136 del 25 Luglio 2003) 11) "...
pertanto qualora sul modulo di pronto soccorso non compaia la dicitura
esplicita di "incapacita’ lavorativa" esso andra’ sempre e comunque
sottoposto alla valutazione del centro medico legale, essendo precisa
competenza del dirigente medico stabilire se sul piano legale, la
"prognosi clinica" espressa e' congrua con la patologia accertata in
diagnosi e assumere le successive azioni di diretta validazione del
certificato o richiederne eventuale integrazione e/o controllo" (Messaggio
INPS 07/11/2003 n. 968) 12) "Resta ferma in ogni caso che,
qualora la certificazione redatta su modulari non regolamentari pur
presentando gli elementi essenziali, senza i quali l’atto non e’ neppure
qualificabile come "certificato" (e, cioe’, nominativo, intestazione e
prognosi) manchi di altri requisiti rilevanti ai fini di interesse
(diagnosi data e firma), la necessaria regolarizzazione della stessa
dovra’ essere, operata tramite l’interessato, dai medesimi redattori; in
particolare non deve essere richiesta, come talvolta e’ stato lamentato,
autonoma tempestiva certificazione del periodo come sopra documentato al
medico di famiglia, che tra l’atro, potrebbe anche non essere in grado di
formulare, nel caso in specie, una corretta prognosi" (Circolare INPS n.
99 del 13/5/1996) 13) "Omissione d' atti d' ufficio": art. 328
C.P. La fattispecie del "falso per omissione" e’ stata indicata dalla
Giurisprudenza come "omissione di un dato che l’atto pubblico sarebbe
obbligato a contenere" (p.es., a proposito di cartelle cliniche: " È
configurabile il falso anche nel caso della omessa indicazione di una
circostanza se questa doveva essere indicata nell’atto." Trib. Messina
sezione II – sentenza 31/3/2003". 14) E’ esperienza di chi
scrive (anche se di puro valore aneddotico) il caso di un soggetto
riportante, in seguito ad un sinistro, una grave lesione temporanea a
carico dell' arto superiore destro. Il soggetto, oltre alla possibilita'
di risarcimento in ambito R.C., aveva anche stipulato una polizza che
comprendeva una diaria giornaliera a fronte di specifica inabilita'
lavorativa. Il medico di P.S. aveva pero' in un primo tempo rifiutato di
certificare questo aspetto (prognosi clinica gg. 20, prognosi lavorativa:
zero), ricredendosi pero' frettolosamente (e rettificando il certificato)
quando gli fu comunicato che sarebbe stato citato in
giudizio. 15) D.P.R.
28 luglio 2000, n. 270 (1) "Regolamento di esecuzione dell'accordo
collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di
medicina generale" art. 52 Daniele Zamperini (pubblicato su
Doctor, maggio 2004)
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AA2 Perche’ va abolito l’ obbligo di contributo
ONAOSI
Come ormai tutti i medici sanno, un nuovo balzello e' venuto ad
incidere sui compensi dei medici convenzionati, aggiungendosi ad una
miriade di altri pagamenti, tale da decurtare pesantemente l' effettivo
reddito residuo: il contributo obbligatorio all' ONAOSI.
Un po’ di storia:
L’ ONAOSI nacque come Convitto per gli orfani dei Sanitari nel 1899 a
Perugia. Venne riconosciuto come Ente morale con Legge 7/7/1901 n. 306. In
tale legge veniva disposto l’ obbligo di contribuzione a tale Ente per
tutti i professionisti (Medici, Farmacisti, Vetrinari) iscritti agli
Ordini Professionali. Occorre sottolineare immediatamente come in tale
epoca (siamo nel 1901!) non esistessero le strutture assistenziali e
previdenziali odierne, ne’ un Servizio Sanitario Nazionale. I medici, all’
epoca, lavoravano per la maggior parte in regime libero-professionale, non
avevano adeguata protezione pensionistica per cui la premorienza di un
sanitario comportava spesso una condizione di disagio economico per i
familiari. Sotto questo aspetto, la funzione svolta allora dall’ ONAOSI
rivestiva una importanza sociale indubbia e benemerita. Con il
progredire delle strutture sociali, anche i medici hanno pero'
potuto godere, sia attraverso i contratti di dipendenza che quelli di
Convenzione con il SSN, di strutture assistenziali e previdenziali tali da
garantire (tranne medeste eccezioni) un sicuro sostegno ai familiari
superstiti. Ricordiamo, a puro titolo esemplificativo, come, intorno agli
anni Ottanta, i medici di famiglia arrivarono a godere di pensioni (o di
capitali liquidati in unica soluzione) spesso superiori ai compensi
percepiti lavorando, di un’ entita’ attualmente del tutto
insperabile. Anche il diritto allo studio si e’ ormai affermato
attraverso un sistema normativo di tutela al punto da rendere quasi
inutile l’ assistenza integrativa fornita dall’ Ente.
Viene quindi assolutamente a cadere, in tal modo, il sinonimo
orfano=indigente. L’ orfano del Sanitario (come pure il
figlio del Sanitario vivente) viene gia’ a godere di capitali o di redditi
che, a volte, possono essere superiori a quelli dei professionisti in
attivita’ lavorativa. Siccome erano venute a cadere le motivazioni
assistenziali che avevano portato alla creazione dell’ ENTE (che si
limitava ormai a svolgere azione di semplice "integrazione") l’ ONAOSI
(che nel frattempo aveva cambiato nome in ANAOSI) venne incluso nella
lista degli Enti Inutili da sottoporre a liquidazione coatta.
Per evitare cio’, cambio’ nuovamente nome e statuto: non si tratto’
pero’ di un semplice cambiamento di ragione sociale, trattandosi invece di
cambiamenti sostanziali che portarono, ad esempio, alla cessazione dell’
obbligo contributivo per i sanitari che non godessero di un rapporto
lavorativo dipendente. La nuova ONAOSI viene ad essere ente giuridicamente
diverso dal precedente, con diritti e obblighi differenti, e
contribuzioni, da parte dei liberi professionisti, su base esclusivamente
volontaria. La legge Finaznziaria 2003 ha reintrodotto l’ obbligo di
contribuzione all’ Ente da parte di tutti i Sanitari (Medici, Odontoiatri,
Farmacisti, Veterinari) iscritti agli Albi professionali, sollevando
contestazioni e proteste da parte delle categorie interessate. (V.
note).
Le proteste appaiono del tutto giustificate: a nostro parere la
reintroduzione dell’ obbligo e’ ingiusta e ingiustificata, e va abolita,
per i motivi che esponiamo di seguito:
- L' assistenza prestata dall’ Ente non e' piu’ essenziale e
vicariante:
oggigiorno tutti i sanitari, anche
libero-professionisti, godono di tutele previdenziali.
- Le prestazioni fornite non sono, per tipologia, essenziali ma solo
integrative.
- Dallo statuto e’ scomparso il riferimento agli orfani "bisognosi"
contenuto nella legge del 1901, per cui possono accedere alle
prestazioni anche soggetti economicamente benestanti (come e' la maggior
parte degli anziani medici dipendenti o convenzionati).
- Si osservano situazioni di disparita’ nella gestione dell’ Ente:
restano dei posti riservati nel Consiglio di Amministrazione a
rappresentanti degli Ordini di Perugia, cosa che puo’ essere normale in
un Ente a contribuzione volontaria ma che non appare equa per un Ente
"universale" sostenuto dal contributi di tutti.
- Si osservano situazioni di disparita’ nel godimento delle
prestazioni:
lo Statuto prevede ad esempio che anche medici viventi
possano usufruire delle prestazioni dell’ Ente purche’ iscritti da
almeno 30 anni. Cio’ comporta che tutti i sanitari iscritti
coattivamente in epoca attuale dovranno pagare i contributi senza poter
godere di tali prestazioni, ne’, in gran parte, potranno goderne
in futuro per ovvi motivi anagrafici. Si viene a verificare,
insomma, una trattamento privilegiato di pochi, sostenuto dai contributi
di tutti.
- L’ estensione della contribuzione appare ingiustificata dal punto di
vista del bilancio,
in quanto lo stesso Presidente Paci, in un'
intervista pubblicata sul sito della FNOMCeO a firma di C.F. (1)
confermava le ottime condizioni economiche dell’ Ente, tali da
garantire le prestazioni per i prossimi quindici anni.
Il fatto che il Consiglio di Amministrazione abbia gia’ deliberato una
riduzione della contribuzione, indica chiaramente come la cifra deliberata
in un primo momento non si basasse su corretti calcoli di fabbisogno ma
sulla volonta' di accumulare ulteriori capitali. Un eventuale allargamento
delle prestazioni, oltre ad essere inutile, appare essere essenzialmente
una "pezza giustificativa" applicata a posteriori. Va assolutamente
sottolineato il fatto che, a fronte del contributo obbligatorio, le
prestazioni non vengono elargite con criterio uniforme, bensi' selettivo,
con evidenti disparita’: un medico non coniugato o senza prole, o quello
con figli gia’ laureati, paghera’ per gli altri ma non potra’ usufruire;
invece i medici iscritti da 30 anni potranno far studiare i propri figli a
spese altrui, pur non versando in condizioni di bisogno, e cosi’ via.
Ci chiediamo: perche’ l’ assistenza agli studi deve essere considerata
tanto importante da imporre "per legge" un contributo generalizzato?
Ci si risponde: per un criterio di solidarieta’. Ma la
solidarieta’, secondo noi, deve essere diretta a coprire situazioni di
bisogno in aspetti di fondamentale sopravvivenza, non per permettere lussi
inutili o privilegi. Inoltre L'ONAOSI - per ribadire quanto
pubblicato dall' ANMVI (associazione di Veterinari)- è una fondazione
privata e, come tale, non può obbligare i liberi professionisti ad una
contribuzione che, per quanto lodevole e nobilissima nelle sue finalità,
non può che passare per decisioni di tipo esclusivamente volontario. (2)
Ci si risponde anche: per unificare il trattamento dei
liberi-professionisti con quelli dei dipendenti, gia’ sottoposti a
contribuzione obbligatoria. Ma la situazione e’ del tutto diversa,
perche’ i dipendenti godono in ogni caso di una retribuzione netta non
riducibile, mentre i libero-professionisti (e i convenzionati)
percepiscono invece una somma lorda a cui vanno sottratte tutte le cifre
dipendenti da obblighi legali o organizzativi: imposte, tasse, spese per
adeguamento alla legge 626, acquisto e manutenzione degli estintori,
rifiuti speciali, aumenti contrattuali del personale, ONAOSI, eccetera.
Paradossalmente un medico convenzionato potrebbe giungere ad avere il
proprio reddito praticamente azzerato. In ogni caso, volendosi
perequare, perche’ non abolire l’ obbligo anche per i dipendenti?
E’ fondamentale poi che lo Stato, in un momento di difficili trattative
contrattuali, eviti di imporre spese non necessarie, in quanto aumentano
le tensioni verso le Autorita’. Si', quindi, alle contribuzioni
volontarie, moralmente stimabili, no all’ obbligatorieta’.
Il nostro timore (e, temo, saremo facili profeti) e’ che mentre vengono
chiamati a contribuire tanti medici che vivono attualmente al limite della
decorosa sopravvivenza, delle prestazioni verranno a godere invece,
prevalentemente, solo medici privilegiati (per situazioni effettive o
perche’ piu’ "furbi"), anche se danarosi e piu’ facoltosi degli altri.
Sono assolutamente necessari, quindi, alcuni provvedimenti: -
Abolizione dell' obbligo di contribuzione per tutte le categorie sanitarie
- Modifica dello statuto per quanto riguarda gli aspetti
che creano privilegi o disparita' nell' erogazione delle prestazioni -
Limitazione delle quote contributive a cifre idonee al sostegno dei
soli soggetti effettivamente bisognosi.
Diversi Ordini (ad esempio quello di Milano e quello di Padova) e
diverse categorie (Farmacisti (3) e Veterinari in primis) hanno
meritoriamente espresso il loro dissenso, anche mediante ricorsi ai
Tribunali Amministrativi; alcuni politici hanno avanzato proposte di
abolizione. C'e' da sperare che il Parlamento, evidentemente gia'
disattento, si renda conto dell' errore commesso, e provveda in tal
senso.
Note: 1) http://www.fnomceo.it/Onaosi%20un%20istituzione%20che%20guarda%20al%20futuro.htm
2) @nmvi Oggi, 10/01/2004 3) http://www.mnlf.it/Onaosi No
Grazie.htm Daniele Zamperini
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MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA Rubrica gestita da D.Z. per
ASMLUC:
Associazione
Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica
ML1 -
La prescrizione, per le accuse di
Malpractice, si ferma a dieci anni.
(Sentenza) Il termine di prescrizione per le
richieste di risarcimento e’ decennale, e decorre dal momento in cui e’
stata effettuata la prestazione (Cass., II Civ., n. 1547 del
28/1/2004)
Dopo anni di contrastanti decisioni da parte delle Corti di Merito, la
Cassazione ha posto un punto fermo su un problema piuttosto spinoso che
coinvolgeva molti medici accusati di malpractice. Per diversi Giudici
di merito la decorrenza per la richiesta di un risarcimento da parte dei
pazienti era effettivamente decennale, ma tale termine doveva decorrere
dal momento in cui il paziente "si fosse accorto" delle lesioni subite a
seguito di un intervento chirurgico o di una prestazione medica in
genere. Questa giurisprudenza comportava, di conseguenza, che il
paziente poteva di fatto adire le vie legali ed avanzare una richiesta di
risarcimento anche molti anni dopo che il termine decennale fosse
trascorso, affermando di aver preso coscienza del danno ricevuto solo in
epoca successiva. In altre parole per la precedente giurisprudenza non
aveva rilievo giuridico il periodo in cui l'intervento era stato
effettuato, ma il momento della "presa di coscienza del danno", il che
rendeva possibile iniziare un procedimento civile in qualsiasi momento,
con conseguente mancanza di certezze e deterioramento nei rapporti
sociali, anche in quelli fra medico e pazienti. L’ Alta corte ha fatto
giustizia di tale interpretazione giurisprudenziale affermando che la
decorrenza del termine decennale per avanzare una richiesta risarcitoria
nei confronti dei medici inizia invece proprio dal momento in cui è stata
effettuata la prestazione, e ciò perché un diverso termine di inizio
produrrebbe l'effetto di inficiare gravemente la certezza dei apporti
giuridici fra cittadini. E questo in quanto il dedotto rapporto derivante
dalla pretesa responsabilità del medico per errore professionale o per
imprudenza e negligenza resterebbe di fatto indefinitivamente in vita, con
tutte le conseguenze giuridiche ipotizzabili, contro ogni logica e contro
l'esigenza di definizione dei rapporti entro un tempo ragionevole e
determinato, sottese all'istituto della prescrizione. I fatti: Un uomo
di 44 anni, sottoposto ad intervento chirurgico 15 anni prima, faceva
causa affermando che vi era stato errore chirurgico, ma che gli effetti
patologici (e conseguentemente la consapevolezza del danno) si erano
manifestati solo dopo 13 anni. La Cassazione rigettava la richiesta di
risarcimento stabilendo che la prescrizione per i danni da colpa medica
non può decorrere dal momento in cui il paziente destinatario della
prestazione ha avuto conoscenza delle lesioni, ma deve essere fatto
risalire alla data in cui è stata effettuata la prestazione. La Corte,
inoltre, detta i principi a cui si devono attenere i pazienti: essi devono
essere diligenti e attenti anche nell'attivarsi per effettuare in fretta
tutti gli accertamenti e gli esami diagnostici al fine di verificare e
documentare l'esistenza del presunto danno alla salute conseguente
all'opera del sanitario del quale essi intendono essere risarciti. La
Cassazione ha inteso tutelare soprattutto la certezza dei rapporti
giuridici, ma certamente questa sentenza potra’ porre un punto fermo alle
richieste risarcitorie, sempre piu’ forsennate e spesso pretestuose, di
tanti pazienti. Daniele Zamperini
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ML1/b La prescrizione, per i medici specializzandi
83/91, non e' automatica!
Come da noi anticipato in alcuni precedenti articoli, uno
dei problemi piu' spinosi per gli specializzandi 1983/91 che avanzano il
diritto alla corresponsione della borsa di studio per il periodo di
specializzazione, e' quello della prescrizione del diritto. Tale
prescrizione puo' essere, a seconda dei settori, quinquennale o decennale;
il TAR Lazio, investito del problema, stabiliva con sentenza n. 5927/02, e rifacendosi a precedenti sentenze ( n. 640 del
1999 e n. 6691 del 2001) che tale termine, nel caso in questione, fosse
quello piu' breve, e che quindi il diritto decadesse dopo cinque anni dal
momento in cui la somma dovesse essere riscossa. Su tali basi, il
Ministero rifiutava i rimborsi affermandone l' avvenuta prescrizione.
Una recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 4945/04)
pero' ha rigettato l' eccezione di prescrizione opposta dal Ministero per
evitare i rimborsi. Afferma il Consiglio di Stato:
"- La discrezionalità dell’Amministrazione va riconosciuta
per l’organizzazione, la programmazione e la gestione dei corsi di
specializzazione, ma non può riguardare il limite temporale di
applicazione delle direttive che dalle norme nazionali di recepimento
viene fissato ai corsi di specializzazione iniziati nell’anno accademico
1991/92, senza considerare quelli iniziati prima e in corso di
svolgimento. - Va respinto il rilievo della Amministrazione - secondo
il quale, in difetto di atti interruttivi, il diritto a percepire somme
sostitutive dell’adeguata remunerazione prevista dalle direttive CEE
dovrebbe ritenersi soggetto alla prescrizione quinquennale o decennale,
laddove non vengono forniti elementi precisi, circa l’asserita inesistenza
di atti interrutivi da parte dell’istante, anteriormente alla proposizione
dell’originario gravame, non indicando la esatta avvenuta decorrenza del
termine prescrizionale che si assume genericamente, non
rispettato...".
A differenza di quanto diffuso da parecchi mezzi di
informazione, va specificato quindi che il Tribunale non ha sancito, sic
et simpliciter, il diritto al risarcimento: ha piuttosto affermato alcuni
importanti principi: - Che si debba tener conto anche dei corsi posti
"a cavallo" della soglia temporale 1991/92 - Che non si possa dare per
scontato il decorso dei termini di prescrizione, presentandolo in forma
generica, ma che questo vada dimostrato, specificando (da parte dell'
Amministrazione) sia quale sia il termine preso in considerazione, sia l'
assenza di eventuali atti, da parte degli specializzandi, aventi il potere
di interrompere il decorso della prescrizione stessa.
E' probabile, quindi, che vengano attivate nuove procedure
idonee a verificare, caso per caso, i requisiti delle richieste, onde
individuare i casi che rientrino nei parametri fissati dal Consiglio di
Stato. Daniele Zamperini. fonte della massima:
http://www.dirittosanitario.net
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ML2 - Responsabilita'
professionale: nuove controindicazioni per l' Acido
Acetilsalicilico agli adolescenti
Il DECRETO Ministeriale 24 giugno 2004 (GU
n. 165 del 16-7-2004) ha comportato una serie di sostanziali modifiche
alla prescrivibilita’, tali da modificare sostanzialmente le abitudini dei
medici e dei pazienti, specificamente per i soggetti di eta’ inferiore ai
16 anni.
Riassumiamo sinteticamente:
- Le confezioni che riportino indicazioni
consentite per i soggetti di eta’ inferiore a 16 anni devono essere
prescrivibili solo dietro presentazione di ricetta medica.
- Le indicazioni consentite per i soggetti di eta’
inferiore ai 16 anni sono:
artrite reumatoide
infantile; malattia reumatica; malattia di
Kawasaki; antiaggregante piastrinico.
Le confezioni devono inoltre riportare l’ avvertenza: "Questo
medicinale non va utilizzato in corso di affezioni virali, come ad
esempio varicella o influenza, a causa del rischio di sindrome di
Reye". E’ molto importante che i medici si adeguino a queste
nuove disposizioni, in quanto potrebbero dover rispondere, altrimenti,
per responsabilita’ professionale. Daniele
Zamperini
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ML3
-
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BIOETICA
ML4 -
Una ancor piu’ modesta proposta per prevenire... ... le
malattie, la vecchiaia, la morte! (di Daniele Zamperini)
Ill.mo Onorevole,
Le scrivo in qualita’ di Presidente della " Interclone
S.P.A." in quanto Ella, persona di grande intelligenza e di lodevole
iniziativa, e’ certamente tra i pochi in grado di capire l’importanza e la
possibilita’ di sviluppo delle nostre proposte. La nostra Societa’,
come Lei ben sa, opera da anni nel campo delle cellule staminali e della
Clonazione. Tale pratica, com’e’ noto, viene fortemente avversata da
numerosi individui che, privi della necessaria cultura, intelligenza e
informazione, non riescono a intenderne le effettive potenzialita’.
Vorrei introdurre i miei argomenti con una domanda: "Sono
utilizzate nella misura ottimale le odierne tecniche basate sulle cellule
staminali? ". Evidentemente no! Come Ella certamente sa, con le
odierne tecniche mediante le cellule staminali i nostri concorrenti
promettono di porre un freno a numerose malattie, sostituendo i tessuti
alterati o malati con nuovi tessuti costituiti da cellule sane. Ma
come sono incomplete e deludenti, a ben vedere, queste tecniche! In
effetti, come Ella ha certamente compreso, i nostri concorrenti, alla fin
fine, si limitano a introdurre nei tessuti malati alcune cellule sane che
col tempo dovrebbero sostituire quelle patologiche, limitandosi a
"rattoppare" alla meglio il danno ma senza poter sostituire effettivamente
un organo sano. Neanche con le odierne tecniche possono essi
sostituire, ad esempio, un arto perduto in quanto non sono in grado di
organizzare una coerente crescita dei vari tessuti (ossei, muscolari,
nervosi, vascolari) ricostituendo una piena e integrata funzionalita'.
Sono quindi queste tecniche deludenti e incomplete.
Per questo la nostra Societa’ ha lanciato un progetto
innovativo che Le sottoponiamo in anteprima, in via ovviamente molto
riservata, in quanto Ella ne potra' costituire beneficiario privilegiato.
Ella, persona di grande intelligenza e di grandi
capacita’ manageriali, giovane e sicuramente intenzionato a generare una
numerosa discendenza, puo’ agevolmente afferrare il nocciolo della nostra
proposta, che e' in grado di eliminare tutti i rischi a cui la vita puo'
esporre la Sua privilegiata progenie: noi Le proponiamo in estrema sintesi
questo progetto: Allorche’ Ella potra’ godere della nascita di un
figlio, noi provvederemo ad asportare al neonato, in modo assolutamente
non traumatico e indolore, una serie di cellule da cui ricavare cellule
staminali che poi verranno sottoposte a un processo di clonazione. I
meccanismi studiati nei nostri laboratori permetteranno di rigenerare da
queste cellule un individuo completo esattamente identico al figlio da Lei
naturalmente avuto. La nascita di questo clone (o come noi
preferiamo chiamarlo, di questa "copia carbone") potra’ avvenire in modo
naturale tramite un cosiddetto "utero in affitto" (reperito dalla nostra
Societa') o addirittura in vitro, tramite provetta.
La nostra Societa' ha attentamente studiato una serie di
meccanismi che possano ridurre i costi, rendendo in futuro questo progetto
diffusibile in una larga fascia di utenti, ma anche ora e' certamente alla
Sua portata: possiamo usufruire di una elevata offerta di uteri in Paesi
del terzo mondo dotati di norme piu' aperte ed illuminate. Tra questi
verrebbero selezionati soggetti assolutamente sicuri dal punto di vista
della salute e della idoneita’ fisica. Questi soggetti, dopo la nascita
della copia stessa, ne cureranno la crescita e l’assistenza in cambio di
una rendita periodica (uno stipendio, paragonabile a quello della Sua
segretaria) che permetta loro di vivere agiatamente. Dato i bassi
livelli di reddito del terzo mondo Lei comprende come la spesa di questo
progetto possa essere assolutamente alla Sua portata.
La nostra Societa’ curerebbe inoltre l’assistenza medica
della copia-carbone in modo da mantenerla esente da malattie particolari
che possano ridurne l' utilita'. Non sara' necessario impegnare risorse
economiche per l' istruzione scolastica della copia, in quanto totalmente
inutile: la copia potrebbe non risultare nemmeno all’anagrafe dei Paesi
ospiti, il che renderebbe le spese particolarmente contenute. Inutile dire
che, all' occorrenza, la nostra Societa' ha studiato una serie di
meccanismi idonei a mantenere la copia sotto il nostro totale controllo:
e' possibile ad esempio, mediante piccoli ritocchi genetici che non
influiranno assolutamente sulla sua utilita' complessiva, rendere la copia
mentalmente deficitaria, totalmente dipendente dalla nostra assistenza.
A questo punto Lei avra' gia' compreso il valore di
questo progetto: qualora il Suo figlio naturale dovesse essere colpito
da malattia o da lesioni accidentali, egli avrebbe a disposizione,
immediatamente, un organo di sostituzione assolutamente compatibile e allo
stesso stadio di sviluppo dell’organo originale: sia che si tratti di
organi vitali (come il cuore, il fegato, i polmoni), o di organi accessori
(un occhio, una gamba perduta in un incidente, una milza traumatizzata)
essi possono essere sostituiti in modo perfettamente idoneo con sicura
garanzia di successo e di totale recupero.
Ovviamente l’entita’ dell’intervento potrebbe
condizionare la sopravvivenza stessa della copia la quale potrebbe in
effetti sopravvivere tranquillamente alla perdita di un occhio o di un
arto ma non all’asportazione di un organo come il cuore o il fegato. Per
questo motivo potrebbe essere anche organizzato, come da noi consigliato e
offerto a Lei a condizioni di assoluto favore, lo sviluppo contemporaneo
di due copie-carbone tali da mettere al riparo da qualsiasi evento
dannoso, ben oltre gli antiquati metodi di conservazione criogenica
proposti dai nostri concorrenti!
Ma la nostra proposta non si esaurisce qui: perche’ una
persona come Lei, solo perche’ piu' avanti negli anni, non dovrebbe
usufruire di tali metodiche? Siamo tranquillamente in grado di
effettuare lo stesso procedimento creando una Sua copia mediante prelievo
delle Sue cellule, ma ci sarebbe, ovviamente, uno sfasamento di eta’ tra
Lei e la copia-carbone che renderebbe inutilizzabili, per eccessiva
differenza di sviluppo e di dimensione, un certo numero di organi: sarebbe
impossibile trapiantare ad esempio l’arto di un bambino piccolo nel corpo
di un adulto pienamente sviluppato. Queste limitazioni possono invece
essere facilmente superate per quanto riguarda numerosi organi vitali in
quanto sia il cuore che i reni o il fegato di organismi ancora giovani e
in sviluppo, se adeguatamente supportati, sono ugualmente in grado di
sopperire alle necessita’ di un individuo gia’ adulto. Lei quindi
potra’ recuperare la sua piena funzionalita’ dopo un infarto che in altre
circostanze l’avrebbe uccisa, o dopo una insufficienza renale che
l’avrebbe condotta alla dialisi. Tenga presente che con il nostro sistema
viene garantito un rifornimento di organi sempre freschi, totalmente
compatibili, del tutto funzionali, per un costo che e’ di poco superiore a
quella di una normale assicurazione contro le malattie. Confidiamo
nella Sua opera perche’ la conoscenza delle nostre potenzialita’ venga
diffusa tra i Suoi colleghi piu’ illuminati, sia del Suo che degli altri
partiti. Confidiamo anche in un sostegno da parte Sua (e di coloro che
Lei vorra’ individuare come illuminati) perche’ le odierne leggi cosi'
retrograde e restrittive, che tanto limitano la nostra attivita’
costringendoci ad una antipatica clandestinita’, possano essere superate o
annullate nel nome della liberta’. Che’ di questo si tratta: di
una elementare regola di liberta’ e di autodeterminazione
! Quando mai si e’ rivelato lecito o utile inibire i progressi
scientifici in nome di una morale e di un' etica ormai sorpassate dai
tempi? E’ l' etica che va adeguata alla scienza, e non il contrario!
Le nostre offerte, i nostri risultati, sono concreti, visibili,
attuali, e salveranno la vita di decine o centinaia di persone. E tutto
questo puo' essere inibito da leggi fatte da persone che non sono in grado
di capire le possibilita' salvifiche della scienza.
Confidiamo quindi in Lei perche’ questi principi vengano
ribaditi in nome dei valori fondamentali che sono :
LIBERTA’ e AUTODETERMINAZIONE.
Liberta’ di autodeterminarsi, e’ il
nostro scopo, liberta’ e’ il valore che Lei potra’ aiutarci a
difendere mediante il suo ruolo in Parlamento. Noi, da parte nostra,
possiamo assicurarle un appoggio ed un rapporto assolutamente
privilegiato. Attendiamo con fiducia Sue notizie e porgiamo distinti
saluti.
"Interclone S.P.A."
La Direzione
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ML6 - LE NOVITA'
DELLA LEGGE (Di Marco Venuti)
PRINCIPALI NOVITÀ IN
GAZZETTA UFFICIALE mese di agosto-settembre
2004 |
La consultazione
dei documenti citati, come pubblicati in Gazzetta Ufficiale, è
fornita da "Medico & Leggi" di Marco Venuti: essa è libera fino
al giorno 23.10.2004. Per consultarli, cliccare qui |
DATA GU |
N° |
TIPO DI DOCUMENTO |
TITOLO |
DI CHE TRATTA? |
26.08.04 |
200 |
Decreto del
Ministero della Salute del 04.08.04 |
Norme in
materia di procreazione medicalmente assistita |
............. |
21.09.04 |
222 |
Legge n. 243
del 23.08.04 |
Norme in
materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della
previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e
all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza
ed assistenza obbligato |
............. |
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