Marzo |
"PILLOLE"
|
Patrocinate |
Periodico
di aggiornamento e varie attualita' a cura di:
Daniele Zamperini dzamperini@bigfoot.com,
Amedeo Schipani mc4730@mclink.it,
Bollettino inviato gratuitamente su richiesta. L' archivio dei
numeri precedenti e' consultabile su: http://utenti.tripod.it/zamperini/pillole.htm
Il nostro materiale e' liberamente utilizzabile per uso privato. Riproduzione riservata.
INDICE GENERALE |
MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Pillole di buonumore
(oggi Pillole da: " Siamo tutti umoristi", a cura di U.Domina, ediz. MP)"Tassabili anche le cinture di castita': il fisco non le ha riconosciute come "congegni di sicurezza" definendole invece "capi di abbigliamento".
"Ex carabiniere, pensionato, ammobiliato, senza figli, cerca...."
"Acquisto occasione tomba famiglia, anche in parte occupata..."
PILLOLE
Tabella
sugli effetti degli antiipertensivi sul metabolismo glicidico e lipidico
Farmaci ipotensivi |
Sensibilita all insulina | Tolleranza al glucosio | Colesterolemia totale | Colesterolo LDL | Colesterolo HDL | Trigliceridi |
Diuretici Tiazidici |
- (?) |
- |
+ |
+ |
= |
+ |
Diuretici dell ansa |
= |
- |
+ |
+ |
= |
+ |
Diuretici risparmiatori K |
- (?) |
= |
= |
= |
= |
= |
Beta bloccanti selettivi e non |
- |
- |
= |
= |
- |
+ |
B-bloccanti con ISA |
- o = |
= |
= |
= |
= |
= |
Ca-antagonisti diidropiridinici |
+ o o = |
= |
= |
= |
= |
= |
Diltiazem |
= |
= |
= |
= |
= |
= |
Verapamil |
= |
= |
= |
= |
= |
= |
Ace-inibitori |
= 0 + |
= o + |
= |
= |
= |
= |
Alfa1-bloccanti |
+ |
= o + |
- |
- |
+ |
- |
(Fonte: M.M. Zanone, P.C.Perin -Metabolismo oggi, vol. 17, n.3, 2000)
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Diverse
strategie di screening del cancro prostatico basate sul PSA
Non e stata ancora pienamente valutata lefficacia delle strategie di diagnosi
precoce del cancro prostatico basata sul dosaggio del PSA pur essendo questo ampiamente
diffuso. Gli autori hanno tentato percio di valutare, in modo comparativo, la
mortalita da cancro prostatico, lesecuzione del test PSA con modalita
differenti e i tassi di positivita bioptica di cancro prostatico basandosi su
diverse strategie di screening. La strategia standard prevede lesecuzione del test
una volta allanno nei maschi di eta compresa dai i 50-75 anni; questa
strategia di base e stata messa in pratica variando gli intervalli di tempo
dellesecuzione della determinazione del PSA, leta di inizio della
misurazione stessa e variando la soglia dei livelli di PSA per la biopsia prostatica. Sono
stati calcolati il numero dei decessi da cancro prostatico prevenuti, il numero di test
del PSA e il numero di biopsie prostatiche per ogni mille soggetti di sesso maschile di
eta compresa tra i 40-80 anni. E stato verificato che, rispetto alla strategia
standard, la variazione strategica consistente nelleseguire il test del PSA a 40, a
45, e poi a cadenza biennali a partire dal compimento del cinquantesimo anno di eta,
e in grado di ridurre la mortalita derivante da cancro prostatico stesso ed
anche il numero complessivo di test di PSA e di biopsie prostatiche rapportate ai mille
soggetti. In particolare, rispetto a lipotesi di una mancata esecuzione allo
screening, la strategia standard e in grado di prevenire 3,2 decessi, con esecuzione
di 600 biopsie prostatiche e oltre 10.000 test di PSA; la strategia alternativa risultata
migliore, con inizio piu precoce ma con cadenze piu rarefatte, previene 3,3
decessi con 450 biopsie prostatiche e 7500 dosaggi del PSA. Altre strategie che utilizzano
diversi livelli di PSA o diversi livelli-soglia non sono risultate piu efficienti di
quelle che utilizzano un livello-soglia di 4 ng/ml. Questi dati hanno confermato la loro
validita nel corso di tutte le analisi statistiche di sensibilita. In
conclusione, pur ammettendo che lefficacia dello screening basato sul dosaggio del
PSA non e ancora dimostrato, e emerso che la strategia standard, che prevede
il dosaggio annuale a partire dalleta di 50 anni, sembra essere meno efficace
e piu dispendiosa di quella che prevede un inizio piu precoce ma una cadenza
biennale delle misurazioni.
Jama 2000;284:1399-1405 riportato su Jama edizione italiana Novembre 2000 vol. 12 n.8 pag.
365)
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Educazione
sanitaria e uso del preservativo negli ambienti a rischio
La comparsa dellHIV e la nuova diffusione delle malattie sessualmente trasmesse,
hanno indotto ad adottare una serie di strategie preventive sullargomento. Sono
state impostate in diversi paesi campagne di informazione ed educazione e diverse
associazioni hanno caldeggiato luso del profilattico come mezzo di prevenzione
migliore. Sono stati percio studiati gli effetti di diverse tecniche di preventive
applicate in ambienti ad alto rischio. In un gruppo di Motel del Nicaragua, (ambiente ad
altissimo rischio e diffusione di malattie sessualmente trasmesse) sono stati diffusi e
lasciati in loco opuscoli e altri materiali illustrativi ed educativi sulla prevenzione
delle malattie a trasmissione sessuale. Sono poi stati distribuiti agli utenti dei
profilattici ad uso gratuito. Il materiale illustrativi ed educativo ha dimostrato una
efficacia assai modesta mentre al contrario la distribuzione diretta dei preservativi ne
ha particolarmente incoraggiato luso, specie nel caso di rapporti occasionali o con
prostitute. Lautore ribadisce percio che rendere disponibili i preservativi in
ambienti a rischio elevato ne facilita luso e puo contribuire alla limitazione
del rischio di contagio della malattie a trasmissione sessuale.
Lancet 2000; 355:2101-5
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Origine etnica e fattori di
rischio vardiovascolare
Sono gia stati effettuati diversi studi circa linfluenza delle origine etniche
di un individuo sui fattori di rischio cardiovascolari. Tuttavia non e ancora chiaro
se e quanto questa incidenza possa essere modificata da fattori ambientali. In Canada si
e cercato di valutare quale fosse il ruolo dei diversi fattori di rischio per cui
venivano sottoposti a una indagine quasi mille pazienti provenienti da tre diverse
citta. Veniva effettuata unaccurata anamnesi e una serie di indagini
strumentali quali ecocardiografia cardiaca e vascolare. Si riscontrava come
allinterno di ciascun gruppo il grado di aterosclerosi carotidea era associata a una
incidenza piu elevata di malattia cardiovascolare. I risultati dello studio
evidenziavano che i pazienti di origine del Sud-Est Asiatico presentavano una maggior
incidenza di malattie cardiovascolari, seguiti da quelli di origine europea e quelli
cinesi. La frequenza delle lesioni ateromasiche era invece maggiore nel gruppo europeo e
cinese rispetto a quello asiatico. La diversa distribuzione epidemiologica delle malattie
cardiovascolari puo essere spiegata solo parzialmente da fattori etnici o razziali,
con il probabile influsso di fattori ambientali.
Lancet 200;356:279-84
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Inquinamento atmosferico in Europa
e mortalità
E stato effettuato uno studio multicentrico in diverse nazioni europee
(Austria, Svizzera, Francia) in cui si e tentato di stabilire quale sia
leffettiva influenza dei fattori ambientali, e particolarmente
dellinquinamento atmosferico, nellincidenza delle malattie respiratorie e di
morte. In effetti e noto come linquinamento atmosferico sia fortemente
sospettato di contribuire ad aumentare mortalita e morbilita nella popolazione
generale. Lo studio ha dimostrato un aumento del 6% della mortalita globale in
conseguenza di fattori da inquinamento. Gli autori hanno calcolato, per territorio di
Austria, Svizzera e Francia un aumento di 40mila casi lanno con insorgenza di 25mila
nuovi casi di bronchite cronica nelladulto, di quasi 300mila casi di bronchite acuta
tra i bambini, di oltre 500mila attacchi di male asmatico. E stato anche valutato
che la presenza di inquinanti atmosferici comporti limitazioni fisiche per oltre 16milioni
di persone. Gli autori propongono che i risultati del loro lavoro possono essere
utilizzati per stabilire nuove strategie e valutare le politiche ambientali.
Lancet 2000; 356:795-801
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Le infezioni infantili proteggono
dall'asma
E stato affermato che i bambini che frequentano un nido di infanzia o una
scuola materna, oppure che convivano con fratelli e sorelle di eta maggiore, sono
maggiormente soggetti a infezioni respiratorie e a contagi ambientali. Tali infezioni
svilupperebbero pero un effetto protettivo nei confronti del rischio di sviluppare
una malattia asmatica su base allergica. Per verificare queste affermazioni sono stati
studiati oltre mille bambini, seguiti fin dalla nascita, cercando di verificare le
eventuali correlazioni tra la composizione del nucleo famigliare, la frequenza negli
istituti scolastici o negli asili nido e la insorgenza di malattie allergiche. I risultati
di indagine hanno dimostrato che, sia la frequenza di asili nido durante i primi sei mesi
di vita, che la presenza di uno o piu fratelli maggiori in famiglia hanno un effetto
protettivo verso linsorgenza di fenomeni asmatici nelleta
tardo-infantile (6-13 anni). Verrebbe percio confermata lipotesi che le
infezioni delle vie respiratorie in eta molto giovane contribuiscano a una
desensibilizzazione del sistema immunitario in eta scolare.
N. E. J. M. 2000; 343: 538-43
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Mortalità
per asma e cortisone
La terapia inalatoria con cortisonici e ormai uno dei capi saldi delle terapie per
lasma in quanto ne arreca un documentato effetto benefico. Non e stato
chiarito pero se questo trattamento sia altrettanto efficace nel ridurre la
mortalita indotta da questa malattia. E stata effettuata percio una
indagine retrospettiva sui registri di un archivio regionale sanitario canadese per
individuare tutti i soggetti di eta compresa tra i 5 e i 44 anni che assumevano
farmaci antiasmatici nel periodo compreso tra il 1965 e il 1997. Ne e derivato un
gruppo di oltre 30.000 soggetti, 562 dei quali erano deceduti nel periodo osservato. In 77
di questi soggetti (circa il 15%), lasma era stata riconosciuta come causa
principale del decesso. Il 53% assumeva steroidi per via inalatoria contro il 46% dei
soggetti sopravvissuti. Lanalisi statistica dei dati confermava che il cortisone per
aerosol era associato a una riduzione del rischio di morte che arrivava al 21%. Tale
effetto protettivo scompariva in corrispondenza della sospensione della terapia.
Gli autori concludono percio che i cortisonici per via inalatoria, oltre
alleffetto benefico sintomatologico, sono anche capaci di ridurre la mortalita
nei pazienti affetti da asma. N.E.J.M. 2000; 343:332-6
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Neoplasie dopo tromboflebiti
e terapia anticoagulante
E documentato un aumento di neoplasie successive ad episodi di tromboembolismo
venoso. Non e tuttavia noto la durata dellaumento di questa incidenza ne se
una terapia anticoagulante possa prevenirne linsorgenza con un effetto
anti-neoplastico. E stato effettuato uno studio prospettico randomizzato su pazienti
trattati con anticoagulanti orali dopo un primo episodio di tromboembolia venosa per un
periodo variabile da sei settimane o sei mesi. Sottoposti a un follow-up di due anni sono
state diagnisticate 111 neoplasie di cui il 15% nei soggetti con profilassi breve e 10%
nei soggetti con profilassi lunga. La differenza tra i due gruppi e data soprattutto
dallinsorgenza di nuovi casi di cancro alle vie urogenitali. E stato rilevato
come la tromboembolia di tipo idiopatico e la presenza di eta avanzata alla diagnosi
costituivano fattori di rischio aggiuntivi per linsorgenza di una nuova neoplasia.
Gli autori concludono percio che nei due anni successivi a una tromboembolia venosa
ce una elevata probabilita di diagnosticare un cancro.
N.E. J. M. 2000; 342: 1953-8
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Quanti
infermieri per gli ospedali?
Raramente e stata studiata lincidenza del sovraccarico di lavoro del personale
sanitario sulla mortalita intraospedaliera. Nel Regno Unito e stata effettuata
una ricerca di questo genere nellambito di una terapia intensiva. E stato
esaminato il periodo del 1992-1995; gli autori hanno stimato il carico di lavoro per
paziente da parte del personale sanitario valutando la durata della degenza, il numero
medio di infermieri per paziente e il carico di lavoro globale misurato gli standard
stabiliti dalla U.K. Intensive Care Society. Sono stati riscontrati, durante il periodo in
esame, 337 decessi, 49 in piu rispetto a quelli previsti statisticamente da un
modello appositamente applicato (Apache II). E stata quindi calcolata una
necessita assistenziale pari a 1,6 infermieri a paziente, mentre quelli definiti
come rapporto ottimale erano 1,3. E stato percio dimostrato che una terapia
intensiva con elevati carichi di lavoro comporta una mortalita molto piu
elevata, quasi doppia, rispetto ad una equivalente terapia intensiva con un carico di
lavoro inferiore. Questi dati possono spiegare in parte le variazioni di mortalita
tra diverse unita di terapia intensiva e in diversi periodi, spiegandosi con un
impegno eccessivo da parte del personale.
Lancet 2000;356:185-9
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Una cura per
il raffreddore?
Da qualche tempo si e diffusa labitudine di trattare il raffreddore comune e
in generale le malattie da raffreddamento con somministrazione orale di zinco acetato. Non
sono stati pero effettuati finora studi randomizzati che dimostrino lefficacia
di questo trattamento. E stato percio effettuato uno studio randomizzato in
doppio ceco su 50 pazienti ambulatoriali che riportavano, da meno di 24 ore insorgenza di
sintomi di raffreddore comune. Al gruppo in terapia e stato somministrato zinco
acetato al dosaggio di 12,8 mg. al giorno; al gruppo di controllo e stato
somministrato invece del placebo. I pazienti trattati con zinco acetato hanno dimostrato
una netta riduzione della durata della malattia (4,5 giorni) rispetto ai pazienti del
gruppo di controllo (8,1 giorni). Gli esami ematologici hanno evidenziato una lieve
diminuzione dei livelli plasmatici delle citochine pro-infiammatorie (interleuchina 1).
Tale diminuzione non raggiungeva pero livelli di segnificativita statistica.
Gli autori interpretano leffetto terapeutico rilevato con una riduzione
dellattivita flogistica. Tuttavia questa interpretazione appare in contrasto
con i livelli delle citochine pro-infiammatorie rilevate.
Ann Intern Med 2000; 133:245-52
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E' utile la chirurgia nell'enfisema
polmonare?
Da alcuni anni e stata introdotta la terapia chirurgica di resezione polmonare per
enfisema grave. Malgrado tale intervento sia ormai affermato, non e stato ancora
chiarito se questa metodica sia in grado di offrire un reale beneficio. Sono stati
percio esaminati 44 pazienti randomizzati per continuazione del trattamento medico o
per intervento chirurgico di riduzione del volume polmonare. Venivano verificati a sei
mesi di distanza i parametri funzionali e respiratori: il gruppo in terapia medica
dimostrava un costante scadimento della funzione ventilatoria mentre, il gruppo trattato
con tecniche chirurgiche, mostrava un significativo miglioramento. Anche la qualita
della vita e lautonomia funzionale risultavano migliori nei casi sottoposti ad
intervento. In alcuni casi (5 su 19) dei soggetti sottoposti a trattamento chirurgico, non
venivano registrati tuttavia miglioramenti sensibili dei parametri considerati.
Gli autori concludono percio che, in pazienti selezionati e affetti da grave
enfisema polmonare, la riduzione chirurgica puo migliorare la funzione ventilatoria
e la qualita della vita ma, non e chiaro se la metodica comporti anche una
riduzione della mortalita.
N.E.J.M. 2000;343:239-45
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Fumo e pressione arteriosa
Due articoli pubblicati su Hypertension di febbraio si occupano del
rapporto tra fumo, cessazione del fumo e pressione arteriosa.
1. Nel primo articolo (Association between smoking and blood pressure),
partendo dal dato di fatto che il fumo di sigaretta provoca un aumento acuto della
pressione arteriosa, vengono analizzati i dati di tre anni dellannuale Health Survey
for England (1994, 1995 e 1996) per valutare le differenze nella pressione arteriosa di
soggetti adulti fumatori e non fumatori. Sono stati selezionati in modo casuale 33.860
soggetti (di cui il 47% uomini) con valori di BMI (Body Mass Index = indice di massa
corporea) e pressione arteriosa validi, che sono poi stati stratificati in rapporto
alletà (giovani = età dai 16 ai 44 anni; anziani = età dai 45 anni in su), al
sesso (uomini e donne) e al fumo (fumatori e non fumatori). Dopo aggiustamento per età,
BMI, classe sociale e consumo di alcool, è risultato che i fumatori del gruppo anziani
maschi avevano una pressione arteriosa sistolica superiore ai corrispondenti uomini non
fumatori. Tale differenza non è stata rilevata nel gruppo di uomini giovani, né in
entrambi i gruppi per quanto riguarda la pressione diastolica. Tra le donne, le fumatrici
moderate (da 1 a 9 sigarette/die) avevano valori pressioni più bassi rispetto sia alle
forti fumatrici che alle non fumatrici. Tra gli uomini, è stato rilevato un rapporto
significativo tra BMI e lassociazione fumo/ipertensione. Tra le donne, le differenze
nei valori pressori tra non fumatrici e fumatrici moderate erano più marcate in coloro
che non bevevano alcolici.
Questi dati dimostrano che un eventuale effetto cronico indipendente del fumo sulla
pressione arteriosa è di piccola entità. Le differenze tra uomini e donne sono
verosimilmente dovute a complesse interrelazioni tra fumo, consumo di alcool e BMI.
2. Il secondo articolo (Effects of smoking cessation on changes in blood
pressure and incidence of hypertension), studia gli effetti della cessazione del fumo
sulla pressione arteriosa e sullincidenza dellipertensione, con un follow-up
di 4 anni. Sono stati valutati 8170 uomini in buona salute impiegati presso una compagnia
manifatturiera siderurgica, che avevano fatto la visita medica di controllo presso la
compagnia nel 1994 e di nuovo nel 1998. Le variabili considerate sono state: età al
momento dellarruolamento, BMI, fumo di sigarette, consumo di alcool, esercizio
fisico, familiarità per ipertensione, pressione arteriosa sistolica e diastolica, e
variazioni nel BMI e nel consumo di alcool durante il periodo di follow-up. Risultati. I
rischi relativi (aggiustati) di ipertensione nei soggetti che avevano smesso di fumare da
< 1 anno, da 1 a 3 anni, e da > 3 anni sono stati rispettivamente di 0.6 (IC 95% =
0.2 1.9), 1.5 (IC 95% 0.8 2.8) e 3.5 (IC 95% 1.7 7.4), in confronto
ai soggetti tuttora fumatori. Non si sono osservate differenze nellaumento del
rischio di ipertensione tra soggetti che erano o non erano aumentati di peso dopo aver
smesso di fumare. Si è osservato un incremento progressivo della pressione arteriosa
parallelo al prolungarsi della cessazione del fumo negli uomini. Al momento attuale il
meccanismo eziopatogenetico è sconosciuto e deve essere chiarito. Conclusioni. La
cessazione del fumo può dar luogo ad un aumento della pressione arteriosa.
Commento un po qualunquistico e nostalgico del
recensore (ex-fumatore da oltre ventanni, in discreto sovrappeso, cultore del buon
vino e della buona cucina): vuoi vedere che il fumo ha degli effetti benefici?
Hypertension, febbraio 2001
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Gestione
della malattia da reflusso gastroesofageo in medicina generale
La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) è molto diffusa, riduce notevolmente la
qualità della vita e rappresenta un costo considerevole per il servizio sanitario. La
maggior parte dei pazienti affetti sono gestiti nellambito della medicina generale.
Il sintomo principale è la pirosi, e la qualità della vita è peggiorata in rapporto
alla frequenza e alla gravità di questa, indipendentemente dalla gravità
dellesofagite. La pirosi è dovuta allesposizione della mucosa esofagea
allacido e alla pepsina provenienti dallo stomaco. Unaccurata raccolta
dellanamnesi e dei sintomi del paziente è fondamentale per la diagnosi e la
successiva gestione della MRGE. Fondamentale è la ricerca di sintomi di allarme, che
rappresentano una indicazione per lesame endoscopico. La diagnosi di MRGE si basa
sulla presenza di pirosi per due o più giorni a settimana, sebbene una frequenza minore
non escluda la diagnosi. La diagnosi è principalmente clinica. Lesperienza dimostra
che tre quarti dei pazienti nei quali la pirosi è lunico sintomo o il principale
hanno una MRGE. La diagnosi è più accurata se la pirosi viene descritta come
sensazione di bruciore che sale dallo stomaco o dalla parte inferiore del torace
verso il collo.
Quando far eseguire una gastroscopia? Meno della metà dei pazienti affetti da MRGE
hanno lesioni visibili allesame endoscopico, pertanto lendoscopia ha un ruolo
limitato nella diagnosi di questa malattia. Lendoscopia è indicata nei seguenti
casi:
Il referto dellesame endoscopico devessere scritto con una terminologia
standard, chiara, non ambigua. Lesofagite deve essere descritta accuratamente e
stadiata, possibilmente secondo la classificazione di Los Angeles. La ripetizione
dellendoscopia è raramente giustificata in pazienti senza esofagite severa.
Terapia. E ormai dimostrato ampiamente che i farmaci più efficaci sono gli
inibitori di pompa protonica, a dosi che possono variare da elevate, a standard, a dosi
dimezzate, seguiti da H2-antagonisti e antiacidi. La cisapride, che ha effetti
paragonabili agli H2-antagonisti, non è più utilizzabile a causa degli
effetti collaterali cardiaci. (N.d.R.: gli altri farmaci
procinetici, quali il domperidone o la levosulpiride, sono nettamente meno efficaci della
cisapride).
Strategie per un trattamento iniziale. E importante spiegare i sintomi al
paziente e rassicurarlo. Bisogna inoltre dare consigli sullo stile di vita, come
levitare determinati cibi e bevande che possono esacerbare i sintomi. E
consigliabile iniziare una terapia con inibitori di pompa protonica a dosaggio pieno,
standard. A volte, con funzione di test, si può fare una terapia a dosaggio più elevato
per 1-2 settimane. Leradicazione dellHelicobacter pylori non guarisce
lesofagite e non previene le recidive della MRGE.
Strategie per la gestione a lungo termine. La maggior parte dei pazienti richiede
una terapia a lungo termine. Il principio guida è quello di utilizzare il dosaggio minimo
efficace. Gli unici pazienti nei quali la dose iniziale non devessere ridotta sono
quelli con esofagite severa (gradi C e D di Los Angeles). I pazienti nei quali i sintomi
non sono ben controllati dovrebbero eseguire una gastroscopia. La chirurgia antireflusso
può rappresentare unopzione attraente per alcuni pazienti, in quanto può eliminare
la necessità di assumere farmaci per tutta la vita. In un follow-up a cinque anni la
chirurgia antireflusso e la terapia con inibitori di pompa protonica a dosi standard hanno
dimostrato di essere ugualmente efficaci. Bisognerebbe tener conto delle preferenze dei
pazienti, informandoli adeguatamente sui rischi e i benefici delle due terapie. La
chirurgia antireflusso implica una probabilità di morte dello 0.2%, e una morbilità
maggiore.
British Medica Journal, 10 febbraio 2001
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Dispepsia non ulcerosa ed eradicazione dellHelicobacter pylori
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Mantenere la dignità e lautonomia delle persone anziane negli ambienti di cura
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Lappendicectomia protegge dalla colite ulcerosa
Scopo di questo studio è chiarire la relazione tra appendicectomia e colite ulcerosa, in quanto nellanamnesi dei soggetti con colite ulcerosa raramente è presente lappendicectomia. Sono stati presi in considerazione 212.963 pazienti che tra il 1964 e il 1993 erano stati sottoposti ad appendicectomia prima dei 50 anni di età, più un adeguato gruppo di controllo, seguito fino al 1995 per identificare successivi casi di colite ulcerosa.Torna alle Pillole
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Pillole di buonumore
"Collezionista di scatolette misteriose scambierebbe non importa che cosa con qualsiasi altra cosa. Purche' sia ben confezionata. Scrivere a...".
NEWS
Veleno di tarantola per prevenire la fibrillazione atriale
Western Medical Journal, 3 marzo 2001 In una ricerca, pubblicata su Nature
(2001; 409:35-36), un gruppo di ricercatori americani e tedeschi guidati dal prof.
Frederick Sacks della State University of New York a Buffalo ha scoperto che il veleno di
una tarantola cilena, la Grammostola spatulata, contiene un peptide, denominato
GsMtx-4, in grado di bloccare linsorgenza della fibrillazione atriale nei conigli. I
ricercatori hanno provocato laritmia nel cuore dei conigli mediante scosse
elettriche, quindi hanno usato estratti del veleno per sopprimere il ritmo anormale. Il
peptide si è dimostrato privo di effetti sul cuore normale, per cui gli effetti
collaterali dovrebbero essere minimi. Un ulteriore fattore di sicurezza deriva dal fatto
che il veleno di questa tarantola non è pericoloso per luomo. La proteina è quindi
molto promettente e può preannunciare una nuova classe di composti destinati a curare le
cause, invece che i sintomi, della fibrillazione striale. Ovviamente sono necessari
ulteriori studi.
Secondo la American Tarantula Society, la Grammostola spatulata è innocua, docile,
e facile da mantenere: un ideale primo animaletto da salotto. E disponibile in 2
colori, marrone o rosso, e può restare senza mangiare anche per un anno.
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Bevi che ti passa
Spiegati i benefici di un consumo moderato di alcool
Le Scienze, 9 marzo 2001 - Che bere un buon bicchiere di vino ogni tanto faccia bene
alla salute, e anche allo spirito, è una cosa che è già stata stabilita da tempo. Un
gruppo di scienziati dell'Università di Ulm, in Germania, ha ora anche scoperto come: in
un articolo pubblicato su «The Lancet», il professor Armin Imhof riferisce che gli
effetti benefici dell'alcool derivano dalla sua blanda azione antinfiammatoria. In
particolare, studi statistici hanno dimostrato che un moderato consumo di alcool riduce il
rischio di morte per malattie cardiovascolari molto più della completa astensione.
Gli scienziati hanno analizzato la correlazione fra il consumo di alcool e la presenza nel
sangue di sostanze associate normalmente a stati infiammatori, come la proteina C attivata
e l'albumina. Per lo studio, sono stati presi in considerazione 2006 uomini e donne di
età compresa tra 18 e 88 anni. I volontari sono stati studiati attentamente per una
settimana, durante la quale è stato registrato sia il consumo di cibo che quello di
alcool di ogni genere. Negli uomini si è riscontrato immediatamente un andamento a U
molto evidente, in cui la concentrazione dei marcatori dell'infiammazione era più elevata
in associazione a un consumo di alcool molto basso e molto alto. Nelle donne, che sono
comunque meno suscettibili alle malattie cardiovascolari, la correlazione è risultata
più debole, ma pur sempre presente.
Aldo Conti
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Epilessia: servono 10 mila
interventi chirurgici lanno, se ne fanno 150
Roma, 16 marzo (Adnkronos) - Sono 550mila gli italiani epilettici. Non tutti,
pero', rispondono bene ai farmaci. Ogni anno, infatti, 10mila persone necessitano di un
intervento chirurgico (risolutivo nel 50-70% dei casi), ma solo 150 riescono ad essere
operati, a causa della mancanza di strutture specializzate. ''E' un contrasto stridente
-sottolinea il professor Carlo Alberto Tassinari, primario neurologo dell'ospedale
Bellaria di Bologna- perche' l'Italia rappresenta in assoluto il Paese con il piu' alto
numero di specialisti e centri neurochirurgici pro-capite''. Proprio a Bologna oggi
debutta la nuova Unita' di Monitoraggio intensivo per la terapia chirurgica
dell'epilessia, terza in Italia dopo quelle del Niguarda di Milano e di Venafro (Isernia).
Per far funzionare questi centri, spiega Tassinari, non occorrono 'epilettologi' o
neurochirurghi, ''ma gruppi integrati di specialisti, fra cui anche neuroradiologi e
psicologi, formati presso centri clinici qualificati''. Fondamentale e' l'esplorazione
funzionale dell'area cerebrale sede della crisi, che deve essere asportata
nell'intervento. ''Occorre individuare con precisione l'area epilettogena -dice il medico
in una nota- attraverso l'impiego di moderne tecniche di monitoraggio e di apparecchi
sofisticati per immagini cerebrali, come quelli ad emissione di positroni; ma anche
valutare le funzioni in ogni singolo paziente, per prevedere il rischio di un deficit
conseguente all'asportazione del tessuto cerebrale''. Si tratta di interventi che arrivano
ad eliminare le crisi in 7 pazienti su 10.
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Cure palliative adeguate per 1 malato terminale su 5
Milano, 17 marzo (Adnkronos) - Ogni anno in Italia 180mila persone muoiono di cancro,
di cui meno del 20% riceve cure palliative adeguate. Trattare il dolore fisico; lenire le
sofferenze psicologiche; garantire il supporto sociale; migliorare la relazione
medico-paziente; ascoltare attentamente e giorno dopo giorno la persona malata: su questi
cinque punti si deve basare la sfida all'eutanasia e al suicidio, sfida che richiede
medici formati (devono sapere come agire) e cittadini informati (devono conoscere i propri
diritti). E' questo il messaggio emerso nell'incontro svoltosi oggi presso l'Istituto dei
Tumori di Milano.
''La gente pensa che tutti i malati terminali vogliono morire - afferma la dottoressa
Carla Ripamonti della Divisione Riabilitazione e cure palliative dell'istituto oncologico
milanese - ma la realta' non e' cosi'. I dati sono chiari: nel nostro reparto in vent'anni
sono stati cinque i pazienti che hanno chiesto l'eutanasia, ma solo in un caso si puo'
parlare di 'vera' richiesta di eutanasia (paziente cosi' determinata da tentare il
suicidio, e' stata poi seguita a domicilio) mentre altri tre pazienti avevano problemi di
dolore (risolto il quale la richiesta non e' stata ripetuta) e un quinto soffriva di gravi
disagi psicologici (risolti i quali anche in questo caso la richiesta non e' stata
ripetuta)''.
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Guerra agli
streptococchi
Le Scienze 20.03.2001 - La tecnica presenta enormi vantaggi rispetto ai trattamenti
a base di antibiotici Un gruppo della Rockfeller University ha messo a punto un metodo per
uccidere al solo contatto gli streptococchi, batteri che causano diverse infezioni negli
esseri umani. La tecnica, descritta in un articolo pubblicato sui «Proceedings of the
National Academy of Sciences», ha enormi vantaggi rispetto a quelle tradizionali, a base
di antibiotici.
Il sistema utilizza enzimi normalmente prodotti da virus batteriofagi, che infettano i
batteri, producono copie di se stessi e poi escono per andare a infettare nuovi batteri.
Questi enzimi provocano un vero e proprio dissolvimento della parete cellulare dei
batteri, per permettere al virus di sfuggire una volta sfruttata la cellula. Vincent
Fischetti ha pensato allora di provare a utilizzare l'enzima separatamente dal virus, con
risultati che hanno stupito gli stessi ricercatori. Non solo infatti l'enzima uccide i
batteri molto efficacemente, ma lo fa anche in un tempo molto breve. In coltura, una
piccolissima quantità dell'enzima è in grado di sterminare completamente i batteri in
soli cinque secondi, meglio di qualsiasi altra sostanza nota.
L'utilizzo degli enzimi promette anche di essere estremamente specifico, poiché ogni
batterio ha il proprio virus che lo attacca. Questo è un grande vantaggio rispetto agli
antibiotici, che invece tendono anche a uccidere la flora batterica che contribuisce alla
nostra salute.
Al momento, i ricercatori hanno usato l'enzima estratto da una colonia di batteri
infettata dal virus, ma in futuro non sarà difficile sintetizzarlo artificialmente a un
prezzo molto basso.
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Vitamine per
la radioterapia
Le Scienze, 21.03.2001 - In passato l'utilizzo delle vitamine si era dimostrato
utile per prevenire il danno da radiazioni Uno studio eseguito su 20 pazienti che
soffrivano di una prostatite cronica da radiazioni ha mostrato che un'integrazione di
vitamine E e C alla dieta quotidiana può ridurre o addirittura cancellare i sintomi della
malattia. Finora questa condizione è stata trattata con antinfiammatori, ma con un
successo molto modesto. I risultati di questo nuovo studio sono stati pubblicati su «The
American Journal of Gastroenterology».
La radioterapia viene utilizzata per curare alcuni tipi di tumori ma, nonostante siano
efficaci contro le cellule tumorali, le radiazioni danneggiano anche i tessuti
circostanti. Come risultato del trattamento di tumori nell'area pelvica, molti pazienti
sviluppano una patologia che ha gli stessi sintomi della prostatite acuta, che sono di
solito diarrea, dolori e incontinenza. Generalmente, i sintomi scompaiono entro poche
settimane dal trattamento, ma in una discreta percentuale di pazienti la condizione
diventa invece permanente.
Lo studio del professor Keith Bruninga, Rush-Presbyterian-St. Luke's Medical Center di
Chicago, mostra che le proprietà antiossidanti delle vitamine possono riparare le cellule
danneggiate e portare sollievo a questi pazienti. In passato l'utilizzo delle vitamine si
era dimostrato utile per prevenire il danno da radiazioni, ma questo è il primo studio
che ne investiga il potenziale per il trattamento delle prostatiti croniche da radiazione.
Il trattamento con le radiazioni fa sì che le cellule danneggiate liberino radicali
ossigeno liberi che, essendo molto reattivi, danneggiano la struttura di altre cellule. La
vitamina E è però un forte antiossidante, che può reagire con questi radicali
neutralizzandoli, e la vitamina C ne potenzia ulteriormente l'effetto.
I pazienti coinvolti nello studio, dieci uomini e dieci donne, hanno assunto tre volte al
giorno per otto settimane dosi di vitamine. I pazienti hanno poi stimato la gravità dei
loro sintomi prima e dopo il trattamento, utilizzando un questionario messo a punto dai
ricercatori. Dei pazienti, sette hanno riferito la scomparsa completa dei sintomi, e anche
gli altri hanno avuto notevoli miglioramenti. Al momento, comunque, i medici sono alla
ricerca di altri pazienti, per poter condurre una sperimentazione più vasta.
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Il gene del sesso
La scoperta, avvenuta in topi geneticamente modificati, è - come a volte accade - del
tutto casuale
Le Scienze, 23.03.2001 - Un gruppo di ricercatori della Washington University
School of Medicine di St. Louis ha identificato un gene fortemente collegato alla
determinazione del sesso. Gli scienziati hanno osservato che cancellando il per il fattore
di crescita dei fibroblasti 9 (Fgf9), si ottengono topi con un apparato riproduttivo
femminile, anche in presenza del cromosoma Y, che di solito determina il sesso maschile.
Questo gene potrebbe quindi svolgere un ruolo importante nella determinazione del sesso e
nello sviluppo dell'apparato riproduttivo, non solo dei topi ma anche di molti altri
animali, esseri umani compresi.
I fattori di crescita dei fibroblasti regolano la crescita delle cellule e i loro
spostamenti, e sono quindi fondamentali nello sviluppo degli organi. In realtà, spiegano
gli autori della ricerca in un articolo pubblicato su «Cell», i topi senza il gene Fgf9
erano stati prodotti per esplorare l'effetto della loro assenza su organi come i polmoni.
Poiché però tutti i topi sono morti immediatamente dopo la nascita, i ricercatori non si
sono presi subito la briga di controllarne il sesso e hanno quindi ritardato questa
scoperta puramente casuale. Quando hanno cercato la prostata degli animali, gli scienziati
sono rimasti sorpresi nel non trovarla, ma ancora più sorpresi sono stati nello scoprire
che dall'analisi genetica risultava che effettivamente la metà dei topi era maschio.
Questi risultati sono quindi sufficienti per stabilire che il gene in questione determina
il sesso maschile durante lo sviluppo dell'embrione, anche se i meccanismi non sono ancora
chiari.
La ricerca potrebbe poi avere ulteriori sviluppi, visto che sono noti agli scienziati 22
fattori di crescita dei fibroblasti, e per ora è stato studiato soltanto l'effetto della
mancanza del numero nove
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Anziani: 'caregiver' a rischio
aggressività e depressione
Milano, 28 marzo - (Adnkronos) - Il 'caregiver', ovvero chi si prende cura di una persona
malata, rischia fortemente di compromettere il proprio equilibrio psico-fisico: nell'arco
di 12 mesi, infatti, i casi di aggressivita' aumentano dal 37,8% al 74,5% e i casi di
depressione crescono dal 22,8% al 31,8%. E' quanto emerge da una ricerca condotta
dall'Universita' Cattolica di Milano, per conto dell'Associazione Ager, i cui dati
preliminari vengono presentati nell'ambito del convegno ''Condizione anziana e differenza
di genere'', in programma oggi alle 15.30 presso l'ateneo milanese.
Il profilo della 'persona che assiste', secondo la ricerca guidata dal professor Giancarlo
Tamanza su 136 coppie di caregiver di pazienti ospitati in tre day hospital lombardi (due
a Milano e uno a Brescia), ha un'eta' compresa tra i 40 e i 49 anni nel 30% dei casi e tra
i 50 e i 59 nel 40%, ed e' prevalentemente donna (figlie e nuore rappresentano insieme
quasi il 75% del campione).
''Facile immaginare - sottolinea Tamanza - che si tratti di persone che devono affrontare,
in aggiunta ai compiti assistenziali, altre impegnative incombenze, tra cui la cura di
figli adolescenti o giovani oppure l'attivita' lavorativa extra-familiare''.
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Italiani: il 32% soffre
dansia e disturbi affettivi
Roma, 28 marzo - (Adnkronos) - Sono 600 mila gli italiani con patologie mentali. Una cifra
che aumenta se consideriamo i problemi psichici meno gravi: secondo i dati dell'unico
studio italiano in materia, il 16,6% della popolazione va incontro, nel corso della vita,
a disturbi dell'affettivita', il 16,5% a disturbi d'ansia. Seimila ragazzi, ogni anno,
sono vittime di una crisi di dissociazione psicotica: 2 su tre potrebbero essere salvati
da una seconda crisi se fossero curati in maniera adeguata. Questi i numeri del disagio
nel nostro Paese ricordati in occasione della presentazione, oggi al ministero della
Sanita', della Giornata mondiale per la salute mentale, il 7 aprile, promossa
dall'Organizzazione mondiale della sanita'.
''Salute mentale: contro il pregiudizio, il coraggio delle cure''. Questo lo slogan scelto
dall'Oms contro la stigmatizzazione e l'isolamento dei malati e dello loro famiglie e per
sottolineare che le patologie mentali si possono guarire. Farmaci e trattamenti ci sono e
garantiscono percentuali di guarigione piu' elevate che per altre malattie: il 70-80% per
i casi di depressione, il 60-80% per i disturbi d'ansia, il 50-7'% per la schizofrenia, il
50-80% per anoressia e bulimia. Bisogna avere, pero', il coraggio di utilizzarli. ''La
pecentuale di malati che ricevono un trattamento adeguato - sottolinea il presidente della
Societa' italiana di psichiatria, Mario Maj - e' molto piu' bassa che per le altre
patologie''
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Le zecche e
l'immunità
Almeno un tipo di zecca effettua questo sabotaggio in un modo finora sconosciuto
Le Scienze, 30.03.2001 - Quando una zecca morde la pelle, essa rilascia una saliva
che sopprime la coagulazione del sangue e la risposta immunitaria che diversamente la
rigetterebbe. Almeno un tipo di zecca effettua questo sabotaggio in un modo che era
sconosciuto, secondo un articolo pubblicato sul «Journal of Immunology». La saliva
contiene infatti una proteina che assorbe interleuchina-2, un'altra proteina di cui hanno
bisogno alcune cellule del sistema immunitario per moltiplicarsi.
La maggior parte dei morsi di zecca non sono in sé pericolosi, ma spesso questi animali
trasportano agenti patogeni, come i batteri che provocanola malattia di Lyme. La
soppressione del sistema immunitario offre a questi parassiti un ambiente perfetto da dove
iniziare la loro invasione. Proprio questo effetto secondario ha spinto i ricercatori a
studiare come operino i trucchi delle zecche. Essi hanno scoperto, per esempio, che la
saliva di Ixodes scapularis impedisce la divisione dei linfociti T, ma il
meccanismo non era molto chiaro. Per comprenderlo, due professori della Colorado State
University hanno mischiato la saliva della zecca con cellule di milza, che contengono
linfociti T. Essi hanno così scoperto che la saliva non ha bisogno di interagire con i
linfociti per bloccare direttamente la loro crescita. Piuttosto, essa si lega
all'interleuchina-2, nota per stimolare la crescita dei linfociti T, sia nell'uomo sia nei
topi. Inoltre, questa proteina non influenza solo i linfociti, essa è necessaria anche ad
altre cellule del sistema immunitario.
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Pillole di buonumore
"Gemelle ventunenni corrisponderebbero scopo fidanzamento con gemelli eventualmente fratelli. Scrivere..."
"A. Mago Via Margutta guarisce, indovina, toglie iettatura perche' astromediumrabdomante dalle 10 alle 19. Tel...."
APPROFONDIMENTI
Benche esista da qualche tempo la facolta di Laurea in
Psicologia, destinata alla formazione di operatori e specialisti del settore, i medici si
sono sempre considerati un po psicologi e si sono serviti di tecniche piu o
meno empiriche per migliorare il rapporto con i pazienti, risolvere problemi relazionali o
fornire aiuto e supporto sul piano emotivo a chi ne avesse bisogno.
L abilita psicologica acquistata sul campo (ma spesso inconsapevole, e non
strutturata) e talvolta necessaria per riconoscere e contrastare le pressioni
psicologiche che, con sistemi istintivi ma non per questo meno efficaci, i pazienti
riversano sul medico, al fine piu o meno consapevole di sfuttarlo a proprio
vantaggio.
E utile, percio, rendersi consapevoli di alcune delle metodiche che i pazienti
usano per manipolare il sanitario e che esso sono spesso fonte di disagi e sofferenze
dalle origini indeterminate ma non per questo meno profonde.
Il medico, nella sua quotidianeita', opera nel convincimento che colui che si rivolge alla
sua opera intenda chiedere aiuto e consiglio, cosi come egli, di converso, agisce
secondo quanto ritenga meglio per il paziente. Opera cioe' con una presunzione di Buona
Fede Biunivoca.
L' anamnesi, percio', anche per la scarsezza di tempo a disposizione, viene solitamente
raccolta in base a questa presunzione di buona fede, senza un vaglio critico stringente e
senza filtri censori particolarmente efficaci. Quando nella storia esistono zone di
ambiguita', il medico tende a colmarle lui stesso basandosi sull esperienza
conseguita in casi consimili, dando per scontati e sottintesi alcuni elementi che in
realta non sono stati espressi.
Queto comportamento e' dettato sovente, oltre che dalla scarsita' di tempo a disposizione,
dalla presunzione di "conoscere bene " il paziente. Ma cio non e
sempre vero.
Esite infatti una tipologia di pazienti che, avendo sviluppato una naturale inclinazione
alla manipolazione delle persone, sanno servirsi delle debolezze altrui per i propri
scopi. Questi scopi spesso non hanno nulla a che fare con la ricerca della salute, ma
tendono piuttosto a gratificare altri bisogni intimi del paziente.
Anna e' una signora di mezza eta', sempre molto ossequiosa e deferente verso il medico. Non fa che ripetere che "si affida solo a lui, ascolta solo i suoi consigli, segue sempre alla lettera le sua prescrizioni". Pero' e' anche una delle persone piu' assidue nell' ambulatorio: spesso torna con aria vagamente disperata e sofferente, affermando che, purtroppo le terapie del suo medico non hanno sortito gli effetti sperati. Pero', aggiunge sempre un po' stoicamente, lei continua ad avere fiducia ed a fare tutto cio' che lui le dice. Poi aggiunge con timida vocina: dato che tutti i tentativi finora effettuati non hanno sortito effetto, non si potrebbe provare il farmaco XY, che ha fatto tanto bene alla sorella, e che certamente il medico stava per prescriverle?
Anna rientra tipicamente nel primo gruppo, basato sul "credito di fiducia".
Bruna riferisce con ricchezza di particolari una "terribile" sintomatologia dolorosa addominale, sentendosi certa di soffrire di ulcera e chiedendo una terapia specifica; il medico invece ritiene trattarsi di una diverticolosi riacutizzata, e prescrive farmaciantispastici e disinfettanti. Solo allora la paziente lo informa che "gia da tre giorni assume tali farmaci senza risultati" mettendo cosi in evidenza l "errore terapeutico" che si stava per compiere. Il medico propone allora di aggiungere dei farmaci antiacidi ma solo allora la paziente gli ricorda di aver avuto effetti collaterali da questi farmaci. Il medico non ricorda tale circostanza, ma intanto si sente in colpa sotto lo sguardo accusatore di Bruna che sembra dire"che razza di medico sei? se io non te lo avessi ricordato, mi avresti dato dei farmaci che mi fanno male". Il medico consiglia allora una dieta: "Ma come, dottore, e' la prima cosa che ho fatto". Il medico resiste ancora alla diagnosi precostituita dalla paziente e propone un approfondimento diagnostico. A questo punto Bruna si ricorda di riferire di aver gia consultato un gastroenterologo il quale aveva diagnosticato un ulcera, tanto tempo prima ("ma come, non se lo ricorda il dottore?"). E' quindi ritornata dallo stesso specialista il quale gli ha confermato la diagnosi e prescritto un apposito farmaco(e mostra una ricetta); lei certo non vuol fare di nuovo, inutilmente, quel terribile esame. A questo punto il medico cede e ripete la ricetta. Solo in seguito il medico viene a sapere che in realta' i sintomi erano molro meno importanti di quanto riferito, che la paziente aveva in realta assunto antispastici e disinfettanti solo in modo "virtuale" (una compressa o due), che i disturbi da antiacidi risalivano a vecchi farmaci non piu' in commercio, che il gastroenterologo aveva si' prescritto il farmaco antiulcera ma aveva pure avvertito la paziente che riteneva indispensabile un controllo endoscopico. Insomma, pur non dicendo nessuna vera bugia, con un attento stillicidio anamnestico la paziente aveva indotto il medico a seguire l' iter diagnostico e terapeutico da lei voluto.
Bruna e' una tipica paziente che sintetizza le caratteristiche del secondo e del terzo gruppo. La strategia iniziale consiste infatti nel far fare "brutta figura" al medico, che espone le sue ipotesi in base ad elementi volutamente lasciati incompleti e che viene per questo motivo sminuito; in questo modo viene spinto ad adeguarsi ad una soluzione "onorevole" presentata dalla paziente. Se il medico resiste a tale meccanismo, si passa alla alterazione e al sottacere deliberato e definitivo di alcuni elementi cruciali.
Mario e' un 50enne di livello culturale assai basso, convinto che "i fluidi del suo corpo si siano tutti mescolati dentro" e che "il suo corpo non assorbe piu' nulla di quanto gli viene somministrato, e si sta consumando". Cio' contrasta chiaramente con un fisico florido e sovrappeso, ma e' indubbio che egli creda fermamente in quanto afferma. Per questo motivo si presenta spesso con richieste di prescrizioni fantasiose per i farmaci piu' disparati, derivate da ardite estrapolazioni effettuate sul contenuto di articoli letti qui e li'. Per convincere il medico, secondo lui poco attento ai suoi problemi, inventa ogni volta una serie di sintomi sempre diversi e contraddicentisi tra loro. Il medico, che ormai si e' reso conto della cosa, ha provveduto ad attivare una idonea assistenza psichiatrica.
E' un paziente dell' ultimo gruppo, e l' ingenuita' con cui manifesta i suoi desideri ne fanno un soggetto innocuo, spinto dalla malattia piu' che da desideri illegittimi.
In conclusione: occorre che il medico sia piu' consapevole delle dinamiche relazionali che si instaurano con i pazienti "manipolatori" in modo da poter tenere attivo un sistema di "filtro critico" che evita l' itrappolamento negli schemi da essi creati.
POSSIBILI STRATEGIE DIFENSIVE:
Tutti questi meccanismi si basano, a ben vedere, sulla incompleta acquisizione di notizie
da parte del medico. Allorche il medico si accorga di venire spinto verso un
comportamento sgradito, e' fondamentale che egli provveda ad approfondire le informazioni
che l' hanno condotto a tale punto. Sara' con sorpresa che si accorgera', il piu
delle volte, che gli erano stati sottaciuti elementi cruciali. Questo sara' un elemento di
allarme per le occasioni successive e permettera' di mettere in moto dei meccanismi di
"filtro" e di difesa.
Le strategie difensive possono essere diversissime, in quanto dipendenti essenzialmente
dalla personalita' del medico. Le principali possono essere:
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Pillole di buonumore
" Da Piazza S. Bernardo, affitto signora/ina sola, bellissima, ammobiliata, soleggiatissima, escluso cucina. Telefonare...."
Da un cartello stradale su una strada di campagna: " Adagio! Allevamento rane nelle pozzanghere!"
MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Una pacca sul sedere è un atto di
libidine?
Atti di libidine - Prova dell'intento dell'autore (Sentenza)
Cassazione Penale, sez. V, n. 623 del 23 gennaio 2001
Il Giudice di Merito ha stabilito, mediante un esame approfondito delle modalita' concrete con cui si e' svolto il fatto, che una isolata, rapida e repentina pacca sul sedere non avesse avuto connotazioni sessuali tali da configurare reato; la Suprema Corte, chiamata a rivedere tale decisione, rilevando l' intrinseca logicita' della sentenza, ritiene non poter entrare nel merito, essendo suo compito valutare la legittimita' della decisione e l' esistenza o meno di motivazioni adeguate e coerenti.. (Riassunto di Daniele Zamperini. Testo completo su www.giustizia.it )
Il Tribunale di Venezia, nel 1994, condannava alla pena di un anno e sei mesi (piu'
interdizione ai pubblici uffici per un anno) il signor M. E., imputato di aver abusato
delle sue funzioni di amministratore straordinario della USSL e superiore gerarchico di
D.R. A., compiendo sulla predetta atti di libidine consistiti nel palpeggiare il sedere
della vittima contro la sua volontà (art.521, 61 n. 9 c.p) e inoltre di aver minacciato
ripetutamente D.R. A., nei giorni successivi, al fine di non essere denunciato, di valersi
delle sue prerogative e delle sue amicizie presso la USSL per danneggiarle la carriera.
L' imputato ricorreva in Appello ove, veniva assolto perche' il primo fatto non
costituisce reato, mentre il secondo reato veniva estinto per prescrizione.
Sia il Procuratore Generale che l' imputato ricorrevano in Cassazione.
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Violenza
sessuale - Nozioni di atti sessuali (Sentenza)
(C.Cassaz., III Penale, n. 3990 dell'1 febbraio 2001)
La violenza sessuale non si realizza soltanto allorche' si effettuino con la forza degli atti di congiungimento carnale, ma anche allorche' si attuino comportamenti che, valendosi della forza o minaccia, ma anche della repentineita' atta a precedere eventuali opposizioni, vadano a coinvolgere la sfera sessuale dell' individuo offeso. (Riassunto da Daniele Zamperini; testo completo su www.giustizia.it )
Il 29.11.1999 la Corte di Appello di Lecce confermava la condanna del Tribunale di
Brindisi che aveva affermato la penale responsabilità di I. G. (con conseguente condanna
di anni uno e mesi sei di reclusione) per avere, con violazione dei doveri inerenti alla
pubblica funzione di coordinatore amministrativo presso (omissis), con più
azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e con violenza, commesso atti di libidine
sulle alunne (omissis) alle quali palpava il seno, e dava anche un bacio sulle
labbra.
L' imputato proponeva ricorso in quanto:
a) la Corte territoriale - con argomentazioni anche superficiali ed inesatte - avrebbe
ritenuto attendibili le accuse formulate dalle denunzianti, senza procedere ad una
rigorosa valutazione delle stesse;
b) il reato era insussistente in quanto, mancando assolutamente alcun tipo di violenza (
intesa come esplicazione di una energia fisica atta a vincere la resistenza delle ragazze)
non sarebbero "idonei a varcare la soglia della rilevanza penale in relazione
all'art. 609 bis; cod. pen.".
La Cassazione respinge il ricorso in quanto:
1. Secondo la giurisprudenza di Cassazione in tema di valutazione probatoria, la deposizione della persona offesa dal reato, anche se quest'ultima non è equiparabile al testimone estraneo, può tuttavia essere da sola assunta come fonte di prova, ove venga sottoposta ad un'indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva di chi l'ha resa. Tale credibilita' era stata correttamente esaminata dai giudici di merito, che hanno sottoposto ad un controllo rigoroso le dichiarazioni accusatorie provenienti dalle giovani parti lese, evidenziandone anzitutto le caratteristiche peculiari di precisione, coerenza, ed uniformità nella loro reiterazione.
2. In relazione alla normativa precedente veniva considerato atto di libidine "lo
sfogo dell'appetito di lussuria diverso dalla congiunzione carnale" e venivano
ricondotte a tale figura criminosa in parola tutte le manifestazioni dell'istinto
sessuale, e cioè tutte le forme in cui può estrinsecarsi la libidine (ivi compresi i
semplici palpamenti), diverse dal coito, suscettive di dare sfogo alla concupiscenza,
anche in modo non completo e di durata brevissima. Tali atti venivano distinti in violenti
ed abusivi, perché dovevano essere compiuti mediante violenza o minaccia oppure con abuso
delle condizioni di inferiorità in cui le persone offese si trovavano per il proprio
stato fisico o psichico ovvero per il rapporto di soggezione intercedente con l'agente.
Dopo l'entrata in vigore della legge n. 66/1996, invece, l'individuazione della condotta
tipica del reato di "violenza sessuale" si riconnette alla definizione della
nozione, del contenuto e dei limiti della locuzione "atti sessuali", nella quale
sono state concentrate le ipotesi criminose previste dalla precedente normativa,
individuando quale unica condotta composita, idonea a ledere il bene giuridico della
libertà sessuale, in luogo della "congiunzione carnale" e degli "atti di
libidine violenti", il fatto di chi con violenza o minaccia o mediante abuso di
autorità "costringe" taluno a compiete o a subire "atti sessuali".
Le posizioni della dottrina, di fronte al problema dell'individuazione del minimum di
condotta penalmente rilevante perché resti integrato il delitto di violenza sessuale,
possono ricondursi a tre principali orientamenti:
a) la tesi della maggiore ampiezza dell'espressione "atti sessuali" rispetto a quella di "atti di libidine", che ricomprende nella nuova categoria, perlomeno in astratto, qualsiasi atto che sia comunque riconducibile (quanto ai motivi che lo ispirano, alle modalità di realizzazione, alle finalità perseguite) alla sfera della sessualità umana;
b) l'opinione che tra gli atti di libidine e gli atti sessuali vi è invece una fondamentale identità concettuale e che l'art. 609 bis, unificando i precedenti reati di violenza carnale e di atti di libidine nella figura unitaria della violenza sessuale, abbia lasciato sostanzialmente intatto il limite inferiore della tutela della libertà sessuale, costituito appunto dagli atti di libidine;
c) l'indirizzo secondo il quale la nozione di "atti sessuali" deve essere intesa in senso restrittivo rispetto a quella comunemente accolta in relazione agli atti di libidine e deve essere condotta in termini necessariamente oggettivi, senza che possano avere rilievo, nell'individuazione della condotta penalmente rilevante, "né l'impulso del soggetto attivo del reato, né la potenziale suscettibilità erotica del soggetto passivo, ma piuttosto l'oggettiva natura sessuale dell'atto in sé considerato", individuata "rifacendosi alle scienze medico psicologiche ed ancor più a quelle antropologico-sociologiche". In tale prospettiva, per potere qualificare un atto come "atto sessuale", si richiede necessariamente "il contatto fisico tra una parte qualsiasi del corpo di una persona con una zona genitale, anale od orale del partner". Restano pertanto fuori dalla nozione mini a di atto sessuale quelle condotte che, per quanto possano costituire espressioni di un impulso concupiscente o possano essere rivolti ad eccitare o a soddisfare la concupiscenza, siano però privi di quella oggettiva componente strettamente fisica (e non moralistica) nel senso dianzi enunciato.
Nella giurisprudenza della Corte Suprema è stato affermato che:
- va ricondotto alla definizione di atto sessuale "ogni comportamento che, nell'ambito di un rapporto fisico interpersonale, sia manifestazione dell'intento di dare soddisfacimento all'istinto, collegato con i caratteri anatomico-genitali dell'individuo", facendone derivare "che la condotta deve consistere, quanto meno, in toccamenti di quelle parti del corpo altrui suscettibili di essere - nella normalità dei casi - oggetto dei prodromi diretti al conseguimento della piena eccitazione o dell'orgasmo".
- "la nozione di atti sessuali, a differenza di quella di atti di libidine violenti, è disancorata dall'indagine sul loro impatto nel contesto sociale e culturale in cui avviene, in quanto punto focale è la disponibilità della sfera sessuale da parte della persona che ne è titolare l'aggettivo sessuale attiene al sesso dal punto di vista anatomico, fisiologico o funzionale, ma non limita la sua valenza ai puri aspetti genitali del rapporto interpersonale sicché deve includersi nella nozione di atti sessuali tutti quelli che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità del soggetto passivo e ad entrare nella sua sfera sessuale con modalità connotate dalla costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona ovvero abuso di condizioni di inferiorità fisica o psichica, sì da assumere un significato prevalentemente oggettivo e non soggettivo come, invece, avveniva per gli atti di libidine"
- l'antigiuridicità della condotta vietata dall'art. 609 bis cod. pen. resta connotata "da un requisito soggettivo (la finalizzazione all'insorgenza o all'appagamento di uno stato interiore psichico di desiderio sessuale) (che non va confuso con l'elemento soggettivo del rato, individuabile nel dolo generico) innestantesi sul requisito oggettivo della concreta e normale idoneità del comportamento a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale e ad eccitare o a sfogare l'istinto sessuale del soggetto attivo".
- "il concetto attuale di atti sessuali è semplicemente la somma dei concetti previgenti di congiunzione carnale e atti di libidine, sicché esso non comprende anche quegli atti o comportamenti che, pur essendo espressione di istinto sessuale, non si risolvano in un contatto corporeo tra soggetto attivo e soggetto passivo o comunque non coinvolgano la corporeità sessuale di quest'ultimo In tutti i casi, quindi, compiere o subire atti sessuali implica un coinvolgimento della corporeità sessuale della persona offesa".
Nel caso in esame, tenuto conto della oggettiva componente strettamente fisica dei comportamenti posti in essere dall'imputato, concretatisi essenzialmente in palpamenti ripetuti del seno delle alunne, si rileva che gli episodi contestati sono stati correttamente ricondotti alle previsioni sia dell'abrogato art. 521 sia del vigente art. 609 bis cod. pen., considerando pure che, in tutte le vicende in esame, gli atti sono stati posti in essere con modalità idonee a vincere la resistenza delle vittime mediante repentinità e imprevedibilità e
- sono in se stessi riconducibili alla sessualità umana;
- hanno fisicamente coinvolto, nella loro connotazione oggettiva, la corporeità sessuale delle persone offese;
- hanno compromesso la libertà di autodeterminazione delle giovani parti lese nella loro sfera sessuale.
Va ribadito altresì, in proposito, il principio secondo cui la
"violenza" richiesta dalla norma incriminatrice non è soltanto quella che pone
il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre tutta la resistenza voluta, tanto da
concretarsi in un vero e proprio costringimento fisico, bensì anche quella che può
manifestarsi nel compimento insidiosamente rapido dell'azione criminosa, consentendo in
tal modo di superare la contraria volontà del soggetto passivo.
Anche in tali casi, infatti, vi è "un'esplicazione di energia fisica diretta a
superare la contraria volontà del soggetto nei cui confronti viene esercitata"; la
repentinità insidiosa, anzi, viene scelta proprio allo scopo di sorprendere la vittima e
vanificarne ogni possibilità di reazione, incidendo sul tempo necessario all'impostazione
di una qualunque forma di difesa.
Per tali motivi il ricorso dell' imputato viene respinto.
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Pillole di buonumore
Biglietti da visita:
" Ristorante Giuliano Capriata. Servizio carri e auto funebri. Autonoleggio. Piazza Madonnina..."
" 13 persone su 17 consultano e scrivono al Veggente Sandris, diplomato in Chiromanzia, Astrologia e Scienze Occulte..."