Periodico di
aggiornamento e varie attualita' a cura di:
Daniele Zamperini md8708@mclink.it, Amedeo Schipani mc4730@mclink.it,
Responsabili della versione "illustrata"
visibile in parte su: www.pillole.it :
Massimo Angeloni mc1448@mclink.it
Maurizio Pino mpino@itelcad.it
Il file viene inviato gratuitamente
a chiunque ne faccia richiesta. Si invita ad attuare l'iscrizione anche alla lista"gemella" Med-News, di Enzo
Brizio (enzo.brizio@libero.it). Archivio COMPLETOdei numeri precedenti su: http://utenti.tripod.it/zamperini/pillole.htm
(Visitate anche le altre pagine, sono ricche di informazioni!)
INDICE GENERALE |
Il
miglior uso del PSA nella pratica medica (Traduzione
di Bruno Dell'Aquila )
MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Rubrica gestita dall' ASMLUC: Associazione Specialisti in
Medicina Legale Universita' Cattolica
Pillole di buonumore
I "tempi dell' amore" nel regno animale:
Scimpanze': 7-8 secondi | Microti della prateria (roditori): fino a 40 ore |
Gorilla: 1,5 minuti | Canguri: 30 minuti |
Orsi: 1 ora | Acrobati pigmei (marsup. australiani): fino a 12 ore |
Rinoceronti: 1-1,5 ore | Coccodrilli: 1 minuto |
Giraffe: 30 minuti | Rospi: fino a 12 ore |
Da: M.Miersch "La bizzarra vita sessuale degli animali" N&C ed.
PILLOLE |
La ricerca scientifica tra verità e menzogna
La polemica sulle frodi nella scienza
non sono nuove; diversi ricercatori hanno anche eccepito che perfino Charles Darwin abbia
in realta un po "spinto" i risultati delle sue osservazioni che,
sebbene risultate esatte, darebbero assai difficilmente risultati netti e precisi come
quelli esposti dallo scienziato. In epoca moderna il fenomeno si e' ampliato a dismisura
malgrado i controlli effettuati dai comitati redazionali delle riviste specializzate per
cui in diverse nazioni sono stati istituiti organismi appositi, destinati a controllare la
correttezza della ricerca che si svolge con fondi statali sul loro territorio. Sono
presenti, ad esempio, in Danimarca, Germania, Gran Bretagna, Francia e naturalmente Stati
Uniti. Una serie di episodi clamorosi hanno messo in luce come, in diversi casi, la
ricerca sia stata pilotata o addirittura falsificata da ricercatori o aziende che avevano
degli interessi nel settore. I ricercatori sono spinti soprattutto dallansia di
dover pubblicare per mantenere posizioni e posti di prestigio, le aziende da ovvi motivi
commerciali di mercato.
Tralasciando la notissima contesa tra Montagner e Gallo sulla poco chiara scoperta dell'
HIV, diversi casi di ricerche non proprio limpide sono stati portati allattenzione
del pubblico:
A fronte di questi "pubblici
peccatori" sembra amplissimo il fronte dei "falsificatori artigianali":
attualmente il fenomeno e favorito e ingigantito data lenorme mole delle
pubblicazioni scientifiche per cui i responsabili hanno maggiore possibilita di
mimetizzare le scorrettezze. Uninchiesta condotta nel 93 dall
"American Scientist" rivelava che circa il 7% dei lavoratori di un laboratorio
era a conoscenza di falsificazioni di dati, mentre una ricerca analoga condotta in
Norvegia nel 95 rilevava addirittura oltre il 20% di tali frodi conosciute dagli
operatori del settore.
Sono diverse le tipologie di frode piu comunemente riscontrate nelle revisioni e
molte di queste possono rientrare nella comune esperienza del lettore::
- Plagio.
- Falsa attribuzione del lavoro ad autori che in realta non hanno
partecipato, o esclusione di coloro che hanno veramente effettuato il lavoro. Tale
tipologia potrebbe essere riscontrata molto frequentemente nei lavori italiani. Chi non
ricorda certi ricercatori che arrivavano a pubblicare centinaia di lavori l' anno (con il
proprio nome su tutti i lavori pubblicati nell' Istituto di appartenenza)?.
- Presentazione di dati gia pubblicati come se fossero nuovi e
ripubblicazione degli stessi dati su riviste diverse con lieve cambiamento di prospettive
di presentazione in modo da "riciclare" un unico lavoro moltiplicandone il
valore. Tale tipologia puo' indirettamente falsare tutta la prospettiva di valutazione di
un fenomeno che risulterebbe percio' confermato da un numero di studi superiore a quelli
realmente effettuati. E' un comportamento molto frequente che puo' essere
giustificabile se finalizzata a diffondere i risultati dello studio in ambiti diversi, con
pubblicazione su riviste con tipologia e diffusione differente; andrebbe pero' sempre
citatolo studio di riferimento, senza simulare che si tratti di un lavoro originale.
- Conflitto o interferenza di interessi non dichiarato tra la
sponsorizzazione e leffettuazione del lavoro.
- Fabbricazione (o invenzione totale) di dati.
- Falsificazione bruta dei dati.
- Mancata adesione alle linee-guida etiche.
Sono poi arrivati all' attenzione del
pubblico episodi di ricerca "pilotata", se non falsificata deliberatamente dalle
aziende interessate. E stato pubblicato recentemente sul "Lancet", ad
esempio, il piano con cui la Philip Morris tentava scientificamente e metodicamente, con
una capillare azione di travisamento e disinformazione, di screditare gli effetti delle
ricerche sul danno da fumo. In particolare veniva programmata ad arte una produzione di
studi negativi sulla relazione tra fumo passivo e cancro da opporre ai dati della ricerca
IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) che aveva effettuato una ricerca
che dimostrava la dannosita del fumo passivo. La strategia di tali multinazionale
non si basava tanto sulla falsificazione dei dati quanto su una sottile campagna tesa a
screditare i dati e i metodi delle ricerche ufficiali. Venivano coinvolte agenzie di
relazioni pubbliche e prestigiosi giornali internazionali. Lo stesso "Lancet" ha
dovuto confessare mestamente di aver pubblicato inconsapevolmente una lettera sul fumo
passivo sponsorizzata da industrie del tabacco.
Il Saint Paul Pioneer Press aveva gia' riportato che, tra il 1992 e il 1993 il Tobacco
Institute (si tratta dell' Ente che gestisce la "comunicazione" delle
multinazionali del tabacco) ha pagato docenti universitari e ricercatori perche'
criticassero con articoli e lettere dirette alle riviste scientifiche il rapporto sul fumo
passivo dell' Agenzia per la protezione Ambientale. Uno degli accusati si e' difeso
sostenendo che anche i ricercatori di segno contrario venivano pagati per le loro
pubblicazioni.
Le multinazionali del tabacco sono poi state condannate ad una multa "storica"
di enorme entita' in base proprio al dolo che esse hanno dimostrato nella falsificazione
delle conoscenze in merito.
E evidente percio come lobiettivita nelle ricerche scientifiche
sia un aspetto altamente a rischio, sia per quanto riguarda leffettuazione vera e
propria della ricerca da parte degli studiosi, soggetti a pressioni di vario tipo, sia per
quanto riguarda linterpretazione dei dati che puo essere manipolata facilmente
da entita economiche abbastanza potenti. Ce anche il rischio pero
che le ricerche che presentino dati non allineati con studi precedenti vengano guardate
ingiustamente con sospetto e che i ricercatori possano tendere ad "adeguarsi"
alle ricerche precedenti onde non correre il rischio di sentirsi accusare di falso o di
sensazionalismo scientifico.
Daniele Zamperini. Fonti: varie.
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Vanno conservati i dati delle cartelle cliniche
Il Garante per la protezione dei dati
personali, con una decisione dellOttobre del 1999, ha dichiarato infondato il
ricorso di un cittadino che chiedeva la cancellazione dei propri dati personali conservati
nelle cartelle cliniche di una ASL.
Il ricorrente piu specificatamente sottolineava che i dati personali contenuti nella
propria cartella clinica sarebbe stati trasmessi in piu occasioni alla Procura della
Repubblica presso un Tribunale in occasione di alcuni procedimenti giudiziari che
prevedevano lo stesso signore come persona offesa. La ASL controbatteva che i dati
ricorrenti erano contenuti in una cartella clinica, su un carteggio epistolare intercorso
tra la ASL e il paziente stesso, e su un registro ad uso interno.
La ASL si dichiarava disponibile con il consenso dellinteressato a procedere alla
distruzione del carteggio intercorso e delle notizie riportate nel registro ma eccepiva di
non poter procedere alla distruzione della cartella clinica in quanto, sulla base della
vigente normativa, la stessa cartella doveva essere "conservata illimitatamente
poiche rappresenta un atto ufficiale indispensabile a garantire la certezza del
diritto" anche secondo le previsione della circolare del Ministero della Sanita
n. 900.2/AG .464/260 del 19/12/1986.
Il Garante respingeva la richiesta di cancellazione dei dati personali contenuti nella
cartella clinica in quanto tale richiesta, a suo parere, e infatti priva di valido
supporto giuridico non risultando che i dati siano trattati dalla ASL in violazione di
legge ne che siano conservati senza specifica motivazione. Ai sensi dellart.
13 comma 1 lettera C n.2 della legge 675/96, la cancellazione, il blocco o la
trasformazione in forma anonima dei dati possono essere chiesti solo quando i dati siano
trattati in violazione di legge o non risulti necessaria la loro conservazione in
relazione agli scopi della loro raccolta e trattamento. Il trattamento dei dati contenuti
nella cartella clinica sono invece avvenuti nellambito dellattivita
istituzionalmente affidati alla citata ASL e comunque in un arco di tempo temporale molto
ampio e anche antecedente alle disposizioni suddette e quindi non soggette a tali
disposizioni.
Considerando poi che il D.Lgs. 135/1999 ha reso ammissibile il trattamento dei dati
sensibili nellambito delle attivita rientranti nei compiti del SSN e degli
altri organismi pubblici, e osservando inoltre la divulgazione dei dati relativa e
ricorrente e stata posta in essere per corrispondere a richieste
dellautorita giudiziaria in relazione a indagini e procedimenti penali in
corso di svolgimento nei confronti dellinteressato e considerando che tali
operazioni di comunicazione dei dati anche sensibili derivano dalladempimento da
parte della ASL di obblighi previsti dal codice di procedura penale e non possono quindi
esser considerate come contrarie a disposizione di legge, peraltro non meglio precisate,
il garante respingeva la richiesta del paziente. Linfondatezza del ricorso non
pregiudicava tuttavia la possibilita per linteressato di esercitare nei
confronti del titolare e del responsabile del trattamento dei proprio dati personali altri
diritti previsti dallart. 13 della legge 675/96 ed in particolare la facolta
di ottenere eventuale aggiornamento o rettificazione oppure, per motivi legittimi e
oggettivi, lintegrazione dei dati riportati nei documenti.
Daniele Zamperini
Le decisioni del Garante sono reperibili sul sito ufficiale www.garanteprivacy.it o sul sito www.privacy.it
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Norme deontologiche per la presenza su Internet dei singoli medici
L' O.M. di Firenze, in
ottemperanza ad una circolare della FNOMCeO, ha pubblicato, forse prima in Italia, le
norme deontologiche che devono regolare i siti Internet dei Medici. Altre province hanno
espresso pareri in merito ma, data la particolare esaustivita' e precisione, puo' essere
presa a modello generale. Tale normativa e' vincolante per la sola Provincia di Firenze ma,
proprio per le sue caratteristiche, potrebbe servire da guida
"cautelativa" anche per i colleghi di altre province.
Si pubblica il testo integrale dell' Allegato "A" riguardante i singoli
professionisti, gentilmente inviato da Luca
Puccetti, MdF a Pisa.
"Il medico o lodontoiatra deve
innanzitutto indicare nella home-page del sito presso quale Ordine provinciale e
iscritto ed il relativo numero di iscrizione nellAlbo.
Il medico o lodontoiatra possono indicare tutto cio che e consentito
dalla Legge sulla pubblicita sanitaria (art. 1 L. 175/92).
Il medico o lodontoiatra puo presentare un proprio curriculum
professionale, nel quale indichi, ad esempio, gli estremi dei titoli accademici
conseguiti (laurea, abilitazione, specializzazione, libera docenza). Puo anche
indicare lattuale e le precedenti esperienze lavorative (es.: e stato dal
. al
. primario del reparto di
. presso lOspedale di ....).
Puo infine indicare ulteriori elementi circa il suo iter formativo e professionale
che comunque abbiano carattere di certezza obiettivita e verificabilita.
Allo stato attuale della normativa, non e consentito indicare la pratica di
medicine non convenzionali, in attesa di una regolamentazione specifica della materia.
Il sito, nello spirito di una corretta e doverosa informazione allutenza, deve
contenere indicazioni esaustive in merito alle modalita organizzative
dellattivita professionale. A titolo esemplificativo, cio si
sostanzia nellindicazione degli orari di accesso allo studio, delle modalita
di prenotazione delle visite, della eventuale presenza di personale ausiliario, dello
svolgimento delle visite domiciliari, ecc.
Il sito puo contenere pagine dedicate alleducazione sanitaria, anche
corredate di immagini, in relazione alla specifica professionalita del medico o
dellodontoiatra.
Il medico o lodontoiatra possono anche fornire consulenze agli utenti tramite
e-mail, con lavvertenza che una consulenza via e-mail non puo considerarsi
in alcun modo sostitutiva della visita medica, che, scientificamente, rappresenta il solo
strumento diagnostico. In proposito e necessario che nel sito compaia chiaramente
apposito avviso che puo avere il seguente tenore:
"Per doverosa informazione, si ricorda che la visita medica effettuata dal
proprio medico abituale rappresenta il solo strumento diagnostico per un efficace
trattamento terapeutico. I consigli forniti in questo sito devono essere intesi
semplicemente come suggerimenti di comportamento".
Il medico e lodontoiatra possono riportare sul sito le tariffe da loro
praticate nellesercizio della professione, fermo restando lobbligo del
rispetto del tariffario di cui al DPR del 17/02/1992.
Nel caso in cui il medico o lodontoiatra sia convenzionato con una associazione di
mutualita volontaria, ne puo dare informazione al pubblico.
E naturalmente possibile, per i medici o gli odontoiatri, partecipare via Internet a
forum di discussione su argomenti sanitari che si svolgono fra i medici. Se invece il
forum e libero (accessibile da chiunque), il medico che vi partecipa in
qualita di "relatore" deve pretendere che il soggetto che ospita il forum
abbia cura di avvertire lutenza che la consulenza telematica non sostituisce la
tradizionale visita medica (magari utilizzando la formula di avviso citata sopra)".
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Sorgenti di
toxoplasmosi in donne gravide
In Europa, la toxoplasmosi congenita colpisce da 1 a 10 su 10000 neonati, dei quali
tra l'1% e il 2% sviluppano difficoltà di apprendimento o muoiono, e tra il 4% e il 27%
sviluppano lesioni oculari che portano a riduzione unilaterale permanente della vista. Una
prevenzione efficace della toxoplasmosi congenita dipende dall'evitare l'infezione durante
la gravidanza. L'infezione si acquisisce ingerendo cisti tissutali vitali contenute nella
carne o oocisti eliminate dai gatti che contaminano l'ambiente.
Obiettivo di questo studio caso-controllo è l'identificazione delle principali
sorgenti di toxoplasmosi nelle donne in gravidanza.
Materiali e metodi. Sono stati esaminati i casi di toxoplasmosi acuta in
donne gravide diagnosticati tra gennaio 1994 e giugno 1995 in sei centri europei (Napoli,
Losanna, Copenaghen, Oslo, Bruxelles, Milano). Le donne sono state indagate mediante un
questionario riguardo età, parità, scolarità, viaggi all'estero, occupazioni a rischio
elevato, esposizioni ambientali, contatto con gatti, consumo di acque non trattate,
consumo di carni crude o poco cotte, verdure crude, carni stagionate, salumi, assaggio di
carne cruda durante la cottura, lavoro nei campi o nel giardino con le mani nel terreno.
Risultati. Sono state arruolate 252 donne infette e 858 controlli. I fattori di
rischio più fortemente predittivi di infezione acuta nelle donne gravide sono stati il
consumo di agnello, manzo o selvaggina poco cotti, il contatto col terreno, e i viaggi
all'estero al di fuori di Europa, Stati Uniti o Canada. Il contatto con gatti non era un
fattore di rischio. Per il 30 - 63% le infezioni nei diversi centri sono state attribuite
al consumo di carne poco cotta o affumicata, per il 6 - 17% al contatto col terreno.
Conclusioni. La carne poco cotta o affumicata è il principale fattore di rischio
per l'infezione da toxoplasma in tutti i centri. Le strategie preventive dovrebbero
cercare di ridurre la prevalenza di infezione nella carne, migliorare l'etichettatura
della carne con l'indicazione dei metodi di allevamento e produzione, e migliorare la
qualità e la quantità delle informazioni sanitarie date alle donne in gravidanza.
A. Schipani, da British medical
Journal, 15 luglio 2000
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Prevenzione primaria della cardiopatia
coronarica nelle donne mediante dieta e stile di vita
Premesse.
Sono stati identificati molti fattori di rischio per coronaropatia correlati allo stile di
vita, ma poco si conosce riguardo il loro effetto sul rischio di malattia quando sono
presi in considerazione insieme.
Metodi. Sono state seguite 84.129 donne del Nurses Health Study che,
allinizio dello studio, nel 1980, non erano affette da cardiopatie, cancro, o
diabete. Periodicamente sono state raccolte e aggiornate informazioni su dieta e stile di
vita. Nel corso di 14 anni di follow-up sono stati documentati 1128 eventi coronarici
maggiori (296 morti per cardiopatia coronaria e 832 infarti non fatali). Sono stati
definiti soggetti a basso rischio quelli non erano al momento fumatori, avevano un indice
di massa corporea inferiore a 25, consumavano una media di almeno mezzo drink al giorno di
una bevanda alcolica, praticavano attività fisica da moderata a vigorosa (per esempio
camminare a passo svelto) per almeno mezzora al giorno, in media, e consumavano una
dieta ricca in fibre, acidi grassi poliinsaturi e folati.
Risultati. Molti dei fattori erano correlati, ma ciascuno era predittore di rischio
in maniera indipendente e significativa, anche dopo ulteriore aggiustamento per età,
storia familiare, presenza o assenza di ipertensione o di colesterolo elevato, e
condizione di menopausa. Le donne nella categoria a basso rischio (che corrispondevano al
3% della popolazione) avevano un rischio relativo di eventi coronarici di 0.17 (IC 95% =
0.07 0.41) in confronto a tutte le altre donne. L82% degli eventi coronarici
nella coorte in studio (IC 95% = 58 93%) si poteva attribuire alla non aderenza a
questo profilo di basso rischio.
Conclusioni. Nelle donne, laderenza a uno stile di vita con linee guida
comprendenti dieta, esercizio fisico e astinenza dal fumo è associata con un bassissimo
rischio di cardiopatia coronarica.
A.
Schipani, da New
England Journal of Medicine, 6 luglio 2000
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Pillole di buonumore
Sesso: quante volte?
Scimpanze': 60 volte al giorno | Toro: circa 30 volte al giorno |
Leone: da 30 a 40 volte al giorno | Arieti: 50 volte al giorno |
Zibellino: 30 volte in 18 ore | Fagiano di monte: 100 volte in 12 ore |
Ratto delle chiaviche: fino a 500 volte in 6 ore. |
Da: M.Miersch "La bizzarra vita sessuale degli animali" N&C ed.
MINIPILLOLE |
Fattori genetici nell'evoluzione dell'epatite C
E ampiamente noto come le forme di epatopatia da HCV si siano enormemente diffuse in questi ultimi anni. Si calcola che nel mondo siano colpite circa 240 milioni di persone. Nei casi persistenti o cronici si puo sviluppare cirrosi epatica dopo un periodo medio di 20 anni e in periodi piu lunghi sembra che diventi frequente linsorgenza di cancro del fegato. Solo il 20% dei pazienti riesce a guarire eliminando il virus. E stata rilevata da piu parti limportanza di studiare questi soggetti che guariscono naturalmente al fini di individuare i fattori che consentono leliminazione del virus e che sono probabilmente rappresentati da caratteristiche virali (genotipo, carica virale) e da fattori ospite (stato immunitario, tipo di trasmissione ecc.). Alcuni studi hanno dimostrato una mancata associazione dal decorso della malattia e gli alleli HLA di classe I mentre invece sembra che esista un associazione con gli alleli HLA di classe II che presentano gli antigeni ai linfociti CD4. Sembra che i pazienti che hanno maggior probabilita di eliminare il virus siano quelli che sviluppano una forte persistente risposta immunitaria anti HCV da parte dei linfociti CD4. Con uno studio multicentrico effettuato in diversi centri europei da alcuni studiosi inglesi si e rilevata linfluenza del genotipo del sistema maggiore di istocompatibilita di classe II sullesito dellinfezione da HCV. Il lavoro dimostra che vi e uninfluenza di fattori genetici nella capacita di un individuo di rispondere allinfezione da HCV e questo fattore genetico e situato nella regione HLA di classe II. Queste molecole HLA di classe II presentano antigeni virali ai linfociti T-Helper CD4 positivi. E tuttavia anche ipotizzato che vi sia associato un qualche altro gene di tipo immunoregulatorio ancora da indentificare. E quindi importante sviluppare questi studi.
Daniele Zamperini, (Lancet 354, 2119, 1999) da "Scienza e Management" n. 2 Marzo-Aprile 2000
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Meno grave di quanto si pensasse l'evoluzione dell'epatite C
E' stato pubblicato un interessante studio, curioso nella concezione, con cui L.B. Seer e coll. hanno voluto studiare il decorso a lungo termine nellinfezione da HCV. E un problema molto importante per le implicazioni terapeutiche e, dato l' elevato costo dei farmaci in uso, economiche; non e' tuttavia di semplice soluzione pratica, sia per le difficolta di una diagnosi precoce che per quella della necessita' di un follow-up suffientemente lungo. Occorre considerare infatti che sono passati poco piu' di dieci anni dalla scoperta e dall' isolamento del virus C; impossibile quindi valutare l' evoluzione della malattia in tempi piu' lunghi. Per aggirare questo problema gli autori hanno avuto l' idea di utilizzare sieri prelevati nel periodo postbellico (seconda guerra mondiale) ai militari di leva in occasione di uno studio sulla febbre reumatica e conservati, fino ad ora, congelati. Su questi sieri e stata determinata la presenza di anticorpi anti HCV. Sono stati riscontrati oltre 8000 casi con positivita anticorpale e di questi soggetti e stata ricostruita la storia clinica. E stata rilevata solo una modesta progressione verso la malattia cronica del fegato; nei soggetti deceduti e stato stabilito che il 6% erano deceduti per una malattia epatica mentre il 29% erano deceduti per cause extraepatiche. Sembrerebbe quindi che solo una piccola parte dei soggetti affetti per HCV progrediscano verso malattie gravi del fegato e verso il decesso per malattie epatiche Gli autori sottolineano questo aspetto, evidenziando che questo studio mostra una incidenza piu bassa di quanto generalmente ritenuto in conseguenza dellinfezione di HCV per aspetti che riguardano l' evoluzione verso la cirrosi o il cancro del fegato. Viene ribadita limportanza di studiare i fattori dellospite che determinano il decorso a lungo termine della malattia, come alcuni fattori genetici ancora oggetto di studio. Anche l' eta giovanile e un noto fattore prognostico positivo e questo dato puo spiegare almeno in parte i dati ottimistici ottenuti in questo studio dato che la maggior parte dei casi inclusi nello studio avevano uneta inferiore a 25 anni.
Daniele Zamperini; fonte: Annals off Internal Medicine 132,105, 2000
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Le irradiazioni locali prevengono le recidive di angioplastica
E' noto come le restenosi costituiscano
una delle principali complicazioni e dei principali motivi di fallimento degli interventi
di angioplastica coronarica, malgrado vengano usate numerose metodiche finalizzate ad
impedire o almeno ritardare l' evento. Nel tentativo di individuare trattamenti efficaci a
impedire le restenosi in pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica alcuni
ricercatori hanno effettuato uno studio randomizzato per valutare se una irradiazione
locale intracoronarica potesse rallentare o impedire tale processo. Sono stati
percio esaminati in doppio cieco contro placebo 55 pazienti che, dopo un intervento
di angioplastica avevano avuto una restenosi.
E stata effettuata una irradiazione della durata da 20 a 45 minuti dopo
lintervento e i soggetti sono stati seguiti per tre anni successivi. E stato
rilevato come i soggetti trattati con irradiazioni hanno avuto meno episodi di stenosi e,
conseguentemente, un numero inferiore di interventi di rivascolarizzazione. I risultati
sono stati verificati da un esame angiografico che confermava la minore incidenza di
recidive stenotiche nei soggetti trattati con irradiazione. Tale dato, affermano gli
autori, confermano che lirradiazione intracoronarica riduce il rischio e i suoi
effetti permangono per lungo tempo.
Daniele Zamperini: fonte Teirsteine P.S. e al Circulation
2000; 101:360-5
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Asma, allergia, servizio militare
Come notato da tutti i Sanitari si e
osservato in questi ultimi anni un enorme incremento delle patologie respiratorie su base
allergica o comunque broncospastica.
In letteratura viene riportata una incidenza della rinite allergica, ad esempio, che va
dal 10 al 20% della popolazione globale con tendenza ad un aumento negli ultimi decenni.
Tale patologia viene ad assumere una notevole importanza in campo militare per quanto
riguarda il Servizio Militare da prestare da parte di questi soggetti. Un nuovo
"elenco delle imperfezioni e infermita causa di non idoneita al Servizio
Militare" (D.M. 26 Marzo 99-Gazzetta Ufficiale n. 86 del 14/04/99) include tali
patologie, in particolare asma e le allergie, incompatibili col Servizio Militare. Infatti
lart. 5 recita che "lasma bronchiale allergica e le altre gravi
allergie, anche in fase asintomatica, accertate con gli appropriati esami
specialistico-strumentali, trascorso ove occorra il periodo di inabilita temporanea.
Le gravi intolleranze idiosincrasiche a farmaci o alimenti anche in fase asintomatica,
accertate con gli appropriati esami specialistico-strumentali, trascorso ove occorra il
periodo di inabilita temporanea" costituiscono causa di inabilita al
Servizio Militare.
Ne sono state poi pubblicate le direttive tecniche attuative di tale legge (Gazzetta
Ufficiale n. 128 del 3/06/99) ove vengono specificate le procedure da seguire per
individuare i soggetti allergici ed asmatici da considerare inabili al Servizio Militare.
Vengono specificate una serie di indagini specialistico-strumentali tra cui la
determinazioni delle IGE specifiche con metodica RAST o immunoenzimatica e, soprattutto,
mediante il test di provocazione bronchiale con metacolina. In base a questi test vengono
considerati incompatibili con il Servizio Militare tutti i soggetti allergici che
manifestano una reattivita' bronchiale alla metacolina con PD 20 FEVI minore di 800 mcgr
di metacolina. Tale metodica offre una maggiore tutela ai soggetti asmatici in quanto
estende la non idoneita anche ai soggetti che abbiano una reattivita' bronchiale di
grado moderato evitando quindi la possibilita di episodi e manifestazioni asmatiche
nei giovani chiamati a compiere il Servizio Militare di leva. Sono anche esonerati dal
Servizio Militare in quanto rientrante nellart. 5 "i soggetti allergici
stagionali riscontrati negativi alle prove di funzionalita respiratoria e a test di
provocazione bronchiale con metacolina che risultino positivi allo stesso test durante la
stagione di pollinosi". Questa disposizione supera il problema dei soggetti che
presentavano periodiche riacutizzazioni non sempre strumentalmente rilevabili. Queste
specificazioni di legge tutelano da una parte lindividuo e dallaltra lo Stato
e dallaltra il medico militare consentendo di attuare dei criteri precisi e univoci
che liberano dalla responsabilita e permettono di diagnosticare correntemente in un
settore dove la simulazione e la dissimulazione possono essere facilmente attuate.
Daniele Zamperini. Fonte: Antiasma n. 10 Febbraio 2000
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Vengono correntemente usati, nel
trattamento dei pazienti affetti da BCO trattamenti di riabilitazione polmonare. Sono
pochi pero gli studi che confermino la reale efficacia di tale strategia
terapeutica. Al fine di valutarne leffettiva efficacia di una riabilitazione
ambulatoriale multidisciplinare, alcuni ricercatori britannici hanno effettuato uno
studio randomizzato su circa 200 pazienti basato su 18 incontri di riabilitazione
nellarco di 6 settimane e su normale trattamento medico standard. Per tutti i
pazienti e stato valutato lutilizzo dei Servizi Sanitari sulla base dei
rapporti redatti dai medici di medicina generale e dalle strutture sanitarie. I dati dello
studio hanno evidenziato che non esistono diversita sostanziali tra i due
trattamenti per quanto riguarda il ricorso al ricovero ospedaliero pero differiscono
notevolmente i tempi di degenza. Infatti il gruppo di pazienti trattati con riabilitazione
ha necessitato di ricoveri di lunghezza media di 10,4 giorni; il gruppo trattato con
trattamento medico standard ha avuto ricoveri mediamente di 21 giorni. E stata
evidenziata anche una sostanziale differenza per quanto riguarda le visite domiciliari che
nel gruppo trattato farmacologicamente sono stati circa il doppio rispetto al gruppo
trattato con riabilitazione ambulatoriale. Complessivamente percio nei soggetti del
primo gruppo si e registrato un miglioramento maggiore della sintomatologia, un
migliore stato di salute generale, un minor ricorso ai Servizi Sanitari. Gli autori
concludono percio che la riabilitazione polmonare sembra essere effettivamente una
strategia efficace nei soggetti con BCO; che un intenso programma di questo genere sembra
essere estremamente efficace sia nel breve che nel lungo termine e permette un notevole
risparmi ai Servizi Sanitari.
Daniele Zamperini. Fonte: Griffiths T.L. e al.Lancet 2000;
355:362-8)
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Uno studio italiano (Matricardi P.M. e
al.) sembra avvalorare la credenza popolare che, nellinfanzia, sia necessario
esporre i bambini agli agenti infettivi e agli stimoli ambientali per
"rinforzarli" di piu. Il senso popolare affermava infatti che tale
esposizione avrebbe aumentato gli anticorpi e quindi le difese dellorganismo contro
le patologie e le atopie in eta adulta. Lo studio citato, retrospettivo, e
stato condotto su oltre 1.600 soggetti di eta compresa tra i 17 e i 24 anni. E
stato osservato che individui che risultavano essere stati esposti, in eta
infantile, a microbi orofecali e a microbi veicolati dagli alimenti risultavano affetti in
percentuale significativamente minore da allergie respiratorie. E possibile
percio che ligiene ambientale e dietetica tipica della cultura occidentale
abbia contribuito, almeno in parte, alla diffusione ampia dellasma e delle riniti
allergiche che attualmente si osserva nei paesi industriali. Trattandosi di uno studio
retrospettivo sono necessari ulteriori studi ed ulteriori valutazioni, tuttavia i
risultati suggeriscono che potrebbero essere utilizzati in futuro determinati microbi o
derivati microbici per prevenire le malattie allergiche senza causare infezioni.
(B.M.J. 2000;320:412-7, scovato da DZ)
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Confermata l'efficacia dell'immunoterapia nella rinite allergica
Negli ultimi anni e stato osservato
un notevole incremento della rinite allergica nei paesi occidentali: tale patologia
affligge tra il 10 al 20% della popolazione ed inizia generalmente in eta pediatrica
intorno a 10 anni e puo essere scatenata da pollini o da allergeni presenti in casa
come la polvere. Contemporaneamente si e osservato un notevole incremento delle
terapie proposte per tale patologia come gli antistaminici e ad uso sistemico, di nuova
generazione, con limitati effetti secondari e i corticosteroidi per uso topico. Tali
terapie sono senzaltro molto efficaci e riescono a controllare unelevata
percentuale di soggetti allergici tuttavia alcuni di questi soggetti non rispondono ai
trattamenti farmacologici. Da molti anni e sempre stata usata limmunoterapia
desensibilizzante ma non tutti erano concordi nel considerarne positiva lefficacia e
soprattutto la permanenza nel tempo degli eventuali risultati positivi. E stato
percio condotto uno studio randomizzato in doppio ceco con placebo su circa 1000
pazienti (Durham e coll.) che hanno effettuato una terapia desensibilizzante effettuata ,
come noto, in periodiche iniezioni sottocutanee dellallergene a dosi
sempre piu elevate seguite da un periodo di mantenimento con iniezione alla dose
massima raggiunta. Non vi erano differenze significative tra chi sospendeva
limmunoterapia e chi la continuava. Secondo un editoriale commento sulla stessa
rivista viene dimostrato il fatto che limmunoterapia praticata per 3 o 4 anni
induce un miglioramento che persiste per almeno 3 anni dopo che il trattamento e
stato sospeso e che forse tale miglioramento persiste piu a lungo, addirittura in
via permanente. Gli autori hanno osservato anche modificazioni di alcuni parametri
immunologici che sono tuttavia ancora da valutare. La immunoterapia dovrebbe essere
consigliata in primo luogo ai pazienti che non tollerano interventi farmacologici o che
non possono evitare lesposizione agli allergeni. Esistono anche problemi di
compliance in quanto non tutti i pazienti sono disponibili a una terapia che per anni
comporta iniezioni a distanza di 1-6 settimana per alcuni anni. Non sono rari i casi in
cui la terapia immunologica puo essere utilmente associata alla terapia
supplementare farmacologica.
Daniele Zamperini, Fonte: NEJM 1 1999;341,468 e 522
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Interferenza fra piante medicinali e terapie farmacologiche
Sono documentate diverse possibili
interferenze tra piante medicinale e terapie farmacologiche. Prendendo in esame alcune
piante comunemente usate per il loro effetto sul sistema nervoso (sia esso ansiolitico o
sedativo o stimolante) si osserva una potenziale interferenza con farmaci usati per
disturbi neuropsichiatrici.
Ad esempio:
Interferiscono con le IMAO
Anice stellato e anice verde
Calamo aromatico (potenziante)
Fieno greco
Ginestra dei carbonai
Passiflora (potenziante)
Possibile interferenza con i sedativi:
Borsa pastore
Escolizia
Piscidia eritrina
Altre interferenze:
Biancospino: possibile potenziamento della digitale
ava-kava: possibile interferenza con i sedativi, alcool, barbiturici,
benzodiazepine, altri psicofarmaci.
Luppolo: interferenza con farmaci sedativi e alcool
Ginseng: induzione di manie in depressi che usano contemporaneamente antidepressivi
Gugulipid: interferisce col diazepam (diminuisce biodisponibilita')
Iperico: Lieve sindrome serotoninica nell' associazione con sertralina; aumenta la
concentrazione serica di teofillina, riduce la biodisponibilita' dell' Indinavir;
interferisce con la ciclosporina.
Ortica: puo' potenziare i farmaci depressivi sul SNC.
Salice bianco, Spirea: possibile interazione con alcool, barbiturici, sedativi che
aumentano tosicita' dei salicilati
Valeriana: potenziamento dei sedativi
Yoimbina: aumento di rischio ipertensivo se associata ai triciclici.
(Suozzi: Boll. O.M. Roma n.3 - 2000, riassunto da DZ)
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T3 elevato come
fattore di rischio per eventi coronarici
L'ipertiroidismo è spesso accompagnato da alterazioni della funzione cardiaca
quali aritmie e (in caso di preesistente cardiopatia) insufficienza cardiaca congestizia.
Resta tuttavia non chiaro se l'ipertiroidismo comporta un'aumentata suscettibilità
all'angina pectoris e all'infarto miocardico.
Metodi. Lo studio si basa sulla valutazione di 1049 pazienti della popolazione di
Lubecca e dintorni, in Germania, di età dai 40 anni in su, presentatisi al dipartimento
di emergenza tra l'1 gennaio e il 30 aprile 1995. Mediante prelievo di sangue è stata
valutata la funzionalità tiroidea, che è stata confrontata con la frequenza di angina
pectoris e infarto miocardico. Dopo 3 anni sono stati controllati 181 (= 98%) su 185
pazienti che inizialmente avevano presentato angina pectoris o infarto miocardico,
per verificare la comparsa di eventi coronarici successivi.
Risultati. All'ammissione in ospedale, angina pectoris e infarto miocardico erano
notevolmente più frequenti in pazienti con fT3 e T3 totale elevate
(Odds Ratio 0 2.6; 95% C.I. = 1.3 - 5.2; P = 0.007). Una fT3 iniziale
elevata era un fattore di rischio per ulteriori eventi coronarici nel follow-up di 3 anni
(Odds Ratio aggiustata = 4.8; 95% C.I. = 1.3 - 17.4; P = 0.02).
Conclusioni. Sembra che la Triiodotironina (= T3) elevata sia un fattore
associato con lo sviluppo e la progressione di ischemia miocardica acuta.
Archives of Internal Medicine, 10 luglio 2000 (trad. e sintesi: A. Schipani)
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Depressione e diabete
La depressione è comune nei pazienti diabetici, ma non è stata mai fatta una
revisione sistematica del rapporto tra depressione e controllo della glicemia. Obiettivo
di questo studio è stabilire se la depressione sia associata con uno scarso controllo
glicemico.
Materiali e metodi. E' stata effettuata una metanalisi di 24 studi che hanno preso
in esame l'associazione tra depressione e controllo della glicemia.
Risultati. La depressione negli studi esaminati era associata in modo significativo
con iperglicemia (P = 0.0001).
Conclusioni. La depressione è associata con uno scarso controllo della glicemia in
pazienti affetti da diabete di tipo 1 o di tipo 2. Sono necessari ulteriori studi per
valutare gli effetti del trattamento antidepressivo sul controllo glicemico e sul decorso
a lungo termine del diabete.
A. Schipani, da: Diabetes Care,
luglio 2000
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Pillole di buonumore
Il Macaone giapponese (farfalla) realizza il
sogno di alcuni maschi: esso e' infatti in grado di vedere con il suo organo genitale.
Cellule nervose sensibili alla luce, collocate sulla punta dell' addome, distinguono
luminosita' e buio. Gli e' pero' negata la possibilita' di riconoscere forma e colore, ma
questo straordinario dispositivo e' sufficiente per individuare l' orifizio femminile. Il
sensore ottico aiuta il macaone ad accoppiarsi con precisione nell' aria.
Da: M.Miersch "La bizzarra vita sessuale degli animali" N&C ed.
NEWS Scovate e raccolte da A. Schipani. |
In arrivo la super-vista 20 decimi e una nitidezza di visione finora sconosciute grazie all'ottica adattativa 20.06.2000 Le Scienze - L'ottica adattativa, una tecnologia utilizzata nell'ultima generazione di telescopi, promette di calarsi nel quotidiano di tutti noi, per aiutare chi ha problemi di vista e per portare le capacità visive normali a livelli finora sconosciuti. Uno studio sull'argomento è stato presentato all'ultimo congresso della American Astronomical Society da David Williams, ricercatore presso l'Università di Rochester, che da anni sta cercando il modo di realizzare quella che, adottando una terminologia da fumetti, potrebbe essere definita super-vista. Anche se le ricerche sono ancora in una fase preliminare, il mercato dimostra di prenderle molto sul serio. Infatti Bausch&Lomb, gigante industriale nel settore dell'ottica, sta affiancando a Williams un gruppo di lavoro che fa capo a Scott MacRae, specialista di fama mondiale di chirurgia rifrattiva e studi sulla cornea. In ambito astronomico, l'ottica adattativa è un sistema che permette rapidissime correzioni di focale, per compensare la turbolenza atmosferica che deteriora la luce proveniente dallo spazio. Il metodo sviluppato da Williams consiste nel dirigere un raggio, inoffensivo ed estremamente sottile, verso l'occhio umano per poi misurarne la luce riflessa. Se ne ricava una mappa oculare molto dettagliata; spezzata in 217 raggi laser, la luce viene poi inviata a un sensore che analizza le deviazioni di ogni singolo raggio e permette di rilevare le più piccole imperfezioni dell'occhio. L'ottica adattativa entra in gioco nel momento in cui queste misurazioni vengono utilizzate per deformare uno specchio flessibile, che è in grado di modificare forma e caratteristiche a seconda dello specifico occhio analizzato. Lo specchio utilizzato nella ricerca ha un diametro di due pollici e può curvarsi con la precisione di un paio di micrometri, grazie a 37 pistoni controllati da un computer. In tal modo le più piccole distorsioni dell'occhio possono essere compensate: oltre a misurare 65 diversi tipi di aberrazione e difetti tanto impercettibili che i medici non ne conoscevano neppure l'esistenza, il sistema può aumentare fino a 20 decimi l'acutezza dell'occhio umano e migliorare fino a sei volte la capacità di percepire i contrasti. Un ulteriore vantaggio è che le lenti più adatte a ciascuno potranno essere individuate in modo completamente automatico, eliminando quelle lunghe sedute da un oculista che chiede di provare decine di lenti diverse. Renato Torlaschi Torna alle news Torna all'inizio |
Un antibiotico per una malattia genetica Lantibiotico minociclina rallenta la degenerazione neuronale e la mortalità nei topi affetti dalla malattia di Huntington: nuove prospettive di terapia dellomologa malattia umana 28.06.2000 Le Scienze - Il concetto che gli antibiotici siano destinati soltanto alla cura delle malattie infettive sembra essere definitivamente sorpassato. Gli «effetti collaterali» indotti da alcune molecole antibiotiche possono infatti essere favorevolmente sfruttati per la terapia di malattie che non hanno origine infettiva. Dopo la gentamicina nella distrofia muscolare di Duchenne e le tetracicline nella terapia degli infarti è la volta della minociclina, testata per la prima volta su un modello murino della malattia di Huntington, che con i batteri non ha proprio niente a che fare. Si tratta di una malattia genetica caratterizzata da una mutazione nel cosiddetto gene di Huntington. La mutazione è dominante, che significa che anche una sola copia del gene mutato è sufficiente a scatenare la malattia, che si manifesta con una degenerazione progressiva dei neuroni di alcune zone cerebrali. Nonostante lo sforzo nella caratterizzazione dei meccanismi molecolari, per questa malattia non esiste una terapia efficace. Arriva oggi una speranza dallutilizzo dellantibiotico minociclina, testata per adesso soltanto sui topi dal gruppo di ricerca della Harvard Medical School di Boston diretto da Robert Friedlander, che ne riporta il successo su «Nature Medicine». Dopo alcune settimane di trattamento, la minocliclina si è dimostrata in grado di rallentare la degenerazione neuronale e di prolungare significativamente la sopravvivenza dei topi trattati con un meccanismo che sembra dipendere dalla inibizione del processo di «autodistruzione cellulare», tecnicamente definita come «apoptosi». Lapoptosi è un meccanismo naturale destinato a proteggere lorganismo dallo sviluppo di cellule anomale. Quando una cellula non è regolare, una serie di segnali chimici innescano una reazione a catena che induce la cellula ad autodistruggersi. Alcuni importanti enzimi che controllano questo meccanismo si chiamano «caspasi» e sono generalmente tenute sotto stretto controllo, ma in alcune malattie vengono accidentalmente attivate provocando una involontaria quanto dannosa degenerazione. La minociclina sembra capace di inibire lazione di questo pericoloso enzima e preservare lintegrità dei neuroni. Dato che la minociclina è un antibiotico sicuro e ben caratterizzato, cè da attendersi che questo studio, benché preliminare, apra la strada a una futura sperimentazione che potrebbe portare una luce di speranza ai pazienti affetti da questa inesorabile malattia. Barbara Bernardini Torna alle news Torna all'inizio |
La proteina dei ricordi Il suo ruolo potrebbe avere implicazioni anche in alcuni disturbi psichiatrici 29.06.2000 Le Scienze - I fenomeni come lapprendimento e la memoria sono determinati da fattori ambientali e genetici che sono ancora in gran parte sconosciuti. Un nuovo elemento per la comprensione di come funziona questo complesso sistema giunge da uno studio apparso nellultimo numero di «Science»: sarebbe la presenza di una proteina, chiamata NPAS2, a consentire la memoria a lungo termine e, secondo quanto sostenuto dagli studiosi, a influenzare anche altre importanti funzioni quali lapprendimento e alcune capacità cognitive. Lo studio giunge dallUniversità del Texas a Dallas, dove i ricercatori hanno osservato il comportamento dei topi in presenza e in assenza della proteina NPAS2, espressa nei tessuti cerebrali. «I topi che non hanno un normale livello della proteina NPAS2 mostrano una diminuita memoria a lungo temine per luoghi, odori o suoni associati a situazioni di pericolo» spiega Joseph Garcia, a capo dello studio. Per giungere a questa definizione, i ricercatori hanno insegnato a topi con e senza la proteina ad associare a un ambiente e a uno specifico suono una leggera scossa elettrica e osservando la loro capacità di ricordare lassociazione a distanza di tempo. In pratica, i topi venivano rimessi nello stesso ambiente, o in un ambiente diverso ma in presenza dello stesso suono, a distanze di tempo diverse dalla stimolazione iniziale: ebbene, 24 ore dopo la stimolazione i topi privi della proteina mostravano un comportamento molto meno reattivo rispetto ai topi che la esprimono; non apparivano invece differenze tra i due gruppi se lesperimento veniva effettuato solo 30 minuti dopo la stimolazione, a indicare che la presenza della proteina avrebbe effetto solo sulla memoria a lungo termine. «Questa situazione potrebbe avere implicazioni anche per luomo, nella capacità di apprendimento e memoria, ma anche per alcuni disordini psichiatrici, come lautismo, la depressione e il ritardo mentale» sostiene Garcia. Se si considera inoltre che NPAS2 sembra essere in qualche modo associata alla regolazione dei ritmi circadiani di sonno-veglia, secondo i ricercatori questo potrebbe significare che il ruolo svolto dalla proteina si realizzarebbe mediante la regolazione dellespressione ritmica di specifici geni implicati nelle funzioni cognitive. Patrizia Pisarra Torna alle news Torna all'inizio |
In arrivo la retina artificiale Inventata da Alan Chow, della Optobionics Corporation, è stata impiantata con successo a pazienti resi ormai ciechi dalla retinite pigmentosa 13.07.2000 Le Scienze - Fino a oggi chi soffriva di malattie degenerative della retina, come la retinite pigmentosa, era condannato a una progressiva cecità, via via che le cellule dello strato sensibile dell'occhio diventavano incapaci di trasformare la luce in impulsi nervosi destinati al cervello. Un gruppo di ricerca dell'Università dell'Illinois a Chicago hanno tentato un fantascientifico trattamento di questo tipo di malattia, facendo aiutare la retina malata da un dispositivo artificiale. La retina artificiale è stata inventata da Alan Chow, proprietario della Optobionics Corporation, mentre l'operazione per impiantarla è stata condotta da due oftalmologi di Chicago, Gholam Peyman e Jose Pulido. Il prototipo di retina artificiale consiste in un disco del diametro di tre millimetri e spesso un decimo di un capello, che contiene 3500 minuscole celle solari al silicio, in grado di trasformare la luce che le colpisce in un impulso elettrico. Attraverso una minuscola apertura nella cornea i chirurghi si sono fatti strada attraverso l'interno gelatinoso dell'occhio, aspirandone una minima parte con una pompa, fino a raggiungere il fondo del bulbo e la parte periferica della retina. Dietro alla retina è stata iniettata una piccola quantità di aria, sollevandola dal fondo, e nella bolla è stata introdotta la retina artificiale. La gelatina asportata dall'occhio è stata sostituita con soluzione salina e l'incisione di accesso medicata. L'operazione è stata condotta con tecniche così poco invasive che dopo un paio d'ore i pazienti che hanno ricevuto l'impianto, tre persone fra i 45 ed i 75 anni ormai rese cieche o semicieche dalla malattia, hanno potuto lasciare l'ospedale. Nei giorni successivi all'intervento l'aria e la soluzione salina immesse nell'occhio operato dovrebbero essere riassorbite ed entro un mese, sperano i ricercatori, la retina artificiale dovrebbe iniziare a stimolare elettricamente le cellule della retina malata, permettendogli di svolgere nuovamente il loro compito e le persone operate dovrebbero quindi ricominciare a vedere qualcosa con quella piccola porzione di retina. Secondo il chirurgo Peyman, ridare la vista alle persone rese cieche da una malattia degenerativa della retina era il Santo Graal degli oftalmologi, se l'impianto inventato da Chow funzionerà e dimostrerà di essere ben tollerato dall'occhio questo Santo Graal sarà stato finalmente trovato. Alessandro Saragosa Torna alle news Torna all'inizio |
Il «filo conduttore» della morte
neuronale La possibilità di recupero della funzionalità neuronale non diminuirebbe con letà 20.07.2000 Le Scienze - Ci potrebbe essere una strada comune alla base delle malattie degenerative del sistema nervoso. Benché Alzheimer e Parkinson siano infatti patologie ben distinte nel meccanismo biochimico e nel decorso, sono entrambe caratterizzate da una progressiva neurodegenerazione, ovvero dalla morte cellulare in alcune zone del sistema nervoso. Ma fino a che punto questa caratteristica può accomunare malattie così diverse? Alcuni scienziati dellUniversità di Toronto sono andati in cerca di un minimo comune denominatore che colleghi la malattia di Parkinson, lAlzheimer, la sclerosi laterale amiotrofica e altre malattie neurodegenerative. Lo studio, diretto da Geoff Clarcke, si basa sullelaborazione complessiva di dati provenienti da vari laboratori di ricerca ed è stato pubblicato su «Nature». I ricercatori spiegano che le mutazioni genetiche associate alle varie malattie sono in genere ben caratterizzate, così come le proteine anomale a cui questi errori genetici danno origine. In generale, in queste malattie si osserva l accumulo di una proteina, come nel caso dellamiloide nellAlzheimer, che si ritiene responsabile della morte cellulare. Finora, gli scienziati spiegavano questo fenomeno con la «teoria cumulativa», che prevede che il crescente accumulo di materiale tossico nelle cellule conduca progressivamente allinnesco della morte cellulare. Secondo questo modello, con lavanzare delletà, il numero dei neuroni perduti va mano a mano aumentando, seguendo un profilo sigmoidale. Clarcke e colleghi hanno invece ipotizzato che nella popolazione neuronale la probabilità di morte rimanga costante, il che comporta una perdita cellulare che segue un andamento esponenziale. Cioè se i neuroni muoiono in maniera casuale, indipendentemente dal materiale accumulato, se in un anno sono rimaste metà delle cellule, dopo due anni ne rimarranno un quarto e così via. Lelaborazione dei dati sembra avere dato loro ragione: in tutte le malattie degenerative analizzate, la morte neuronale sembra rispondere a perfette curve esponenziali, contraddicendo la teoria dellaccumulo. Questo elegante studio indica che tutte le malattie analizzate seguirebbero un profilo di neurodegenerazione simile, indipendentemente dal meccanismo biochimico che le caratterizza. Clarke definisce i neuroni ammalati in uno stato stazionario detto mutant steady state in cui la probabilità di morte è notevolmente aumentata, ma limplicazione più importante dello studio consiste nel fatto che, se i neuroni muoiono in maniera casuale ogni anno, letà del paziente avrebbe relativamente poco peso nella possibilità di recupero dei neuroni attraverso terapie farmacologiche, aprendo la strada a un dibattito sulle future strategie di intervento. Barbara Bernardini Torna alle news Torna all'inizio |
Fumo e tumori |
Morte in culla: scoperta causa
genetica responsabile Milano, 28 luglio (Adnkronos) - Si chiama SCN5A, e' un gene e la sua alterazione, responsabile di un'aritmia fatale, potrebbe essere coinvolta nella SIDS (Sudden Infant Death Syndrome), meglio nota come 'morte in culla'. Il contributo alla comprensione del 'killer' silenzioso, che solo in Italia uccide dai 400 ai 500 neonati ogni anno, viene da un'equipe di cardiologi del Policlinico S. Matteo e della Fondazione Maugeri di Pavia, coordinati rispettivamente dal professor Peter J. Schwartz e dalla dottoressa Silvia Priori. Dal tracciato elettrocardiografico di un bambino di 7 settimane 'strappato' alla Sids quando gia' era in stato di arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare, i ricercatori pavesi hanno evidenziato un intervallo Q-T (che indica la durata dell'attivita' elettrica cardiaca) piu' lungo del normale. Non solo: il bimbo mostrava anche un'anomalia a livello del gene SCN5A, gia' implicato nella sindrome del QT lungo, un disturbo cardiaco che rappresenta una delle principali cause di morte improvvisa nei primi vent'anni di vita. L'analisi del gene SCN5A, che e' risultato mutato nel bambino sopravvissuto alla SIDS, ha cosi' confermato l'origine comune delle due patologie. ''E' chiaro ora - ha commentato Schwartz - che la sindrome del QT lungo e una parte dei casi di SIDS non sono altro che manifestazioni piu' o meno precoci della stessa malattia. Mentre pero' la sindrome del QT lungo ha carattere familiare, nella SIDS le stesse mutazioni non vengono necessariamente ereditate dai genitori, ma possono comparire spontaneamente nel nascituro''. Torna alle news Torna all'inizio |
Alimenti: formaggio miniera di fosforo più del pesce Roma, 28 luglio (Adnkronos ) - Per fare il pieno di fosforo, meglio una bella fetta di formaggio piuttosto di un bel pesce fresco. Emmenthal, parmigiano e pecorino sono infatti piu' ricchi di questo minerale rispetto a tutte le varieta' ittiche marine e lacustri, nonostante le 'convizioni della nonna'. Lo rivela l'ultimo numero di ''Salve'', che fa il punto sul pesce e le sue virtu', sfatando il mito che indica nel pesce una vera 'miniera' di fosforo. In particolare, in 100 grammi di Emmenthal troviamo 810 mg di fosforo, contro gli appena 220 mg presenti in 100 grammi di sogliola. A parita' di peso, il primo pesce in classifica e' superato da parmigiano (770 mg) e pecorino (530 mg), oltre ad essere 'insidiato' dal tuorlo d'uovo (210 mg). Se il fosforo, che entra nella costituzione di componenti fondamentali delle membrane cellulari, e' utile per la memoria, ecco che fra le possibili 'fonti' non sfigurano carne bovina (200 mg) e pollo (200 mg), entrambi piu' ricchi di questo minerale rispetto al piu' celebre merluzzo (195 mg). Torna alle news Torna all'inizio |
Influenza: già pronto in vaccino per la prossima stagione Milano, 1 agosto - (Adnkronos) - E' pronto il vaccino contro l'influenza protagonista del prossimo inverno, la 'russocinese': stimolera' le risposte immunitarie dell'organismo contro antigeni dei ceppi virali A Mosca 10/99 (H3N2), A Nuova Caledonia 20/99 (H1N1) e B Pechino 184/93. A dare l'annuncio, come riporta il giornale online del portale saluteitalia.net, sono i Centers for Disease Control di Atlanta. Il vaccino, che comprende anche una piccola quota di antigeni individuati in Oceania, e' leggermente diverso da quello dello scorso inverno, visto che gli osservatori epidemiologici hanno rilevato casi di influenza causati da virus di origine diversa, come la 'russa'. Secondo le previsioni degli esperti, gli italiani vittime dell'influenza saranno circa 4 milioni e mezzo, come e' accaduto lo scorso anno. Il virus dovrebbe fare la sua comparsa nel nostro Paese fra la fine del 2000 e l'inizio del 2001: gli esperti consigliano di vaccinarsi fra meta' ottobre e fine novembre, per dare tempo al corpo di preparare gli anticorpi necessari a combattere il virus. Torna alle news Torna all'inizio |
Pelle: più trasparente e pura con impacchi di cocomero Roma, 1 agosto (Adnkronos) - Una pelle trasparente e priva di impurita' dopo i 'bagni di sole', grazie ad impacchi di cocomero. Per la bellezza del viso e del corpo si deve strofinare sulla pelle la parte bianca del frutto del cocomero (Cucumis citrullus), posta fra la polpa e la buccia. Coltivato fin dai tempi piu' antichi da molte popolazioni mediterranee tra cui egizi, greci e romani, il cocomero ha una polpa succosa e zuccherina, formata per il 90% di acqua, l'8% di zuccheri e una piccola quantita' di proteine. Una tentazione alla quale e' possibile arrendersi senza catastrofiche conseguenze sulla bilancia, nota per la sua azione diuretica e quella -attribuita dalla tradizione- di attivare la funzione intestinale. Torna alle news Torna all'inizio |
APPROFONDIMENTI |
Il miglior uso del PSA nella pratica
medica
Traduzione di Bruno Dell'Aquila
Il cancro della prostata è la più comune
forma di cancro non cutaneo nella popolazione maschile degli Stati Uniti. Nonostante
la sua elevata prevalenza, la storia naturale di questa malattia è molto eterogenea. In
molti pazienti il cancro progredisce lentamente, evolvendo in tumori scarsamente o
moderatamente differenziati che rimangono localizzati nella ghiandola prostatica.
Nonostante la loro potenziale pericolosità, tali cancri sono spesso curabili. In altri
pazienti, al contrario, la crescita tumorale è rapida e può estendersi oltre i confini
della prostata. In tali casi il cancro non è curabile, e la sopravvivenza a lungo termine
è compromessa. Le strategie di gestione del cancro prostatico sono state indirizzate
pertanto verso la diagnosi precoce e il trattamento locale. Lantigene specifico
prostatico (PSA) è un marker tumorale correntemente usato per diagnosi precoce del cancro
della prostata. Il dosaggio del PSA ha importanti applicazioni cliniche nella gestione di
altre malattie prostatiche, ma lo scopo di questo articolo è di fornire informazioni
aggiornate sulluso del PSA come test per: (1) valutazione degli uomini a rischio per
il cancro della prostata, (2) supporto nello staging prima del trattamento, e (3)
monitoraggio e gestione dopo il trattamento. Il testo seguente è basato su una revisione
della letteratura e sullopinione di esperti di un consesso multidisciplinare
convenuto presso lAmerican Urological Association (AUA). Si intende così fornire
una risorsa per specialisti e medici di medicina generale.
Introduzione
Lantigene specifico prostatico (PSA) è una glicoproteina prodotta principalmente
dalle cellule epiteliali che disegnano gli acini e i dotti della ghiandola prostatica. Il
PSA è concentrato nel tessuto prostatico, e il livello sierico è normalmente molto
basso. Lo sconvolgimento della normale architettura prostatica, quale si verifica in corso
di una malattia della prostata, permette a grandi quantità di PSA di raggiungere la
circolazione generale. Linnalzamento del livello sierico di PSA è divenuto un
importante marcatore di patologia prostatica che include liperplasia benigna
della prostata, la prostatite, e specialmente il cancro della prostata, che è
largomento di questo documento. La neoplasia intraepiteliale prostatica (PIN) non
sembra innalzare i livelli sierici di PSA. [1]
Luso del PSA per la diagnosi precoce del cancro prostatico.
Il cancro prostatico è la più comune forma di neoplasia non cutanea, e la seconda causa
di morte negli uomini degli Stati Uniti, facendo registrare oltre 30000 morti nel 1999
(American Cancer Society). La storia naturale di questa patologia è notevolmente
eterogenea e ancora non ben compresa. Studi autoptici hanno mostrato che circa un terzo
degli uomini oltre i 50 anni ha evidenza istologica di cancro prostatico, con oltre
l80% di questi tumori a livello microscopico, o insignificanti dal punto di vista
clinico. Fortunatamente solo il 3% circa degli uomini muore per questa malattia. [2-4]
Alcuni studi hanno mostrato che un gran numero di pazienti, con cancro prostatico
clinicamente localizzato alla diagnosi, che non riceve un trattamento precoce aggressivo
ottiene comunque buoni risultati e normale aspettativa di vita.[4] Molti di questi studi
includono una popolazione più anziana e una più larga proporzione di tumori di basso
grado che in quelli concernente soggetti sottoposti a trattamento. Questa disparità tra
lalto tasso di prevalenza del cancro prostatico e il rischio relativamente basso di
mortalità evidenzia la difficoltà nel distinguere tra i cancri pericolosi e quelli che
non lo sono. Il dosaggio del PSA è una delle numerose misure utilizzate per identificare
i tumori ad alto rischio (figura 1) Altre
strumenti comprendono: punteggio di Gleason, stadiazione clinica, e stima
dellaspettativa di vita del paziente.[5,6] Data la variabilità biologica del cancro
prostatico, e la mancanza di un trial attendibile, luso del PSA nella diagnosi
precoce rimane controverso.[7]
Lobiettivo della diagnosi precoce è di identificare quei pazienti che possono trarre vantaggio da un trattamento tempestivo. Il rischio di morte per cancro prostatico può essere significativo, specie nei pazienti più giovani con tumori di grado elevato o medio. Alcuni studi hanno mostrato che la sopravvivenza a lungo termine è considerevolmente diminuita in quei pazienti in cui il cancro si è diffuso oltre i confini della prostata ai linfonodi regionali, o in sedi più distanti.
Non cè attualmente una
definizione universalmente accettata sulla significatività o non significatività clinica
del cancro prostatico. Tale determinazione dovrebbe essere ottenuta in modo non invasivo,
permettendo una decisione accurata per evitare una terapia aggressiva in certi pazienti.
Studi precedenti hanno posto laccento sul volume tumorale, stato dei margini
chirurgici, staging patologico, grading istologico.[8-12] Il grado tumorale sembra essere
il più importante fattore prognostico, benché questo elemento di valutazione, anche se
determinato su più campioni bioptici è soggetto ad errori di campionatura.[8-9]
Il sistema più comunemente usato attualmente è il sistema di gradazione di Gleason
basato su criteri architetturali.[13] Gli anatomopatologi assegnano un grado primario da 1
a 5, con 5 indicante il più aggressivo, alla struttura che occupa la porzione maggiore
del campione. Un grado secondario è assegnato alla struttura occupante la seconda maggior
porzione. Questi due gradi sono sommati per determinare il punteggio di Gleason che può
andare da 2 a 10. Cè accordo generale che tumori con un punteggio da 2 a 4 hanno
bassa aggressività biologica, da 5 a 6 intermedia, e quelli da 7 a 10 sono tumori
biologicamente aggressivi.[14]
Un volume tumorale superiore a 0.5 mL (caratteristica di circa un quinto dei cancri
prostatici scoperti incidentalmente in corso di autopsia) è considerato da molti esperti
predittivo di significato clinico. I tumori tra 0.5 e 1.9 mL sembrano produrre sufficienti
quantità di PSA da eccedere i valori normali e iniziano a mostrare un estensione oltre la
prostata.[15-17] Nessun metodo diagnostico per immagini attualmente disponibile può
fornire una misura attendibile del volume tumorale.[18]
Numerosi studi hanno mostrato che una larga parte dei tumori indagati attraverso la
misurazione del PSA sono verosimilmente importanti dal punto di vista clinico, ma anche
che la misurazione del PSA è poco probabile che evidenzi i più frequenti cancri
istologici di piccolo volume [7-19-20] Solamente una piccola proporzione di tumori
prostatici diagnosticati con il PSA e trattati con prostatectomia radicale sono stati in
seguito trovati insignificanti dal punto di vista clinico (p.es. molto piccoli o di basso
grado).[9-19-22]
Circa un terzo dei tumori trovati attraverso gli sforzi di diagnosi precoce mediante il
PSA, e trattati chirurgicamente, hanno evidenza di estensione extracapsulare, istologia
mal differenziata, grosso sviluppo tumorale, o metastasi a distanza.[9-19-21] Ciò
nonostante, queste caratteristiche non sempre indicano un esito nefasto di questa
malattia, ma si correlano con una maggiore probabilità di progressione della malattia.
Inoltre, studi autoptici hanno riscontrato penetrazione capsulare, invasione linfonodale,
e tumori scarsamente differenziati in un limitato numero di pazienti senza sospetto di
cancro prostatico.[4] Dati recenti suggeriscono che una combinazione di dati preoperatori,
come i livelli di PSA, lo stadio clinico, e il punteggio di Gleason dalla biopsia, può
significativamente aumentare la capacità di predire il reale stadio patologico.[23] Il
valore di tale combinazione, comunque, per le decisioni cliniche per ogni singolo paziente
rimane incerto.
Prima delluso del PSA per la diagnosi precoce del cancro prostatico, lesplorazione rettale digitale indagava un numero molto inferiore di tumori. E generalmente riconosciuto che lenorme incremento (circa l82% negli uomini sopra i 65 anni di età) nella diagnosi di cancro prostatico tra il 1986 e il 1991è dovuto allincremento delluso del PSA.[24,25] Tra i cancri attualmente diagnosticati, circa il 75% ha un PSA anormale. Durante lera precedente il PSA (prima del 1986-1987) almeno il 35% di quei pazienti che si pensava avessero un cancro confinato alla prostata, in realtà avevano positività linfonodale, e i due terzi soffrivano di una malattia avanzata[26-27] Attualmente i coinvolgimento linfonodale è riscontrato in meno del 5% dei pazienti, e cè evidenza che la misurazione seriale del PSA (ad esempio annuale) ha portato ad una diminuzione del numero di pazienti con malattia allo stadio avanzato.[23-28].
La misurazione del PSA diagnostica
pertanto più tumori di quanto non faccia lesplorazione rettale, e li diagnostica
più precocemente. Anche se molti di questi tumori hanno caratteristiche aggressive,
alcuni possono crescere così lentamente da non costituire un rischio per il paziente.
Fino ad oggi non cè modo di distinguere con certezza quei tumori che non sono
pericolosi da quelli che lo sono.[21-29]
Il PSA è attualmente il miglior test per la diagnosi precoce del cancro della prostata,
ma la combinazione del PSA con la DRE è migliore, poiché la DRE può individuare alcuni
tumori in pazienti che hanno un cancro prostatico con PSA nella norma.[4-30]
Lultrasonografia transrettale non è un utile test per la diagnosi precoce del
cancro prostatico e aggiunge poco alla combinazione del PSA e della DRE.[4-30]
Tre diversi studi non controllati, che hanno permesso di avere un paragone diretto tra i
risultati del PSA e della DRE, suggeriscono che la combinazione di entrambi i test
migliora la diagnosi precoce del cancro prostatico rispetto a ognuno dei due test usati
isolatamente.[31-33] In questi studi dei volontari sono stati studiati uniformemente sia
con PSA che con DRE. Dal 18% al 26% dei pazienti erano positivi per un test. Il cancro fu
riscontrato nel 3,5-4,0% dei pazienti. Sebbene il PSA abbia identificato un maggior numero
di cancri della DRE, sia il PSA che la DRE hanno identificato cancri non rilevati
dallaltro test. Per inciso: circa il 20% dei cancri con caratteristiche aggressive
furono trovati in pazienti in cui i livelli di PSA erano inferiori a 4ng/mL.[31]
Cè una chiara evidenza che sia il PSA che la DRE devono essere inclusi in ogni
programma di diagnosi precoce del cancro prostatico. Comunque il valore di determinazioni
in serie di tali test in pazienti normali al primo esame è sconosciuto.[4] Cè
evidenza che la determinazione in serie del PSA ha ridotto il riscontro di cancri in
stadio avanzato[28]
Le tre più comuni malattie della
prostata (prostatite, ipertrofia prostatica benigna- BPH-, e cancro prostatico) possono
essere associate ad elevazione dei livelli di PSA. Altri fattori che causano un
innalzamento secondario dei livelli di PSA, includono: attività fisica, infezioni e/o
farmaci. Alcuni farmaci possono anche sopprimere i livelli di PSA. E perciò
importante raccogliere unaccurata anamnesi prima di determinare il valore del PSA
nei pazienti.[34-35] La castrazione chirurgica o farmacologica (con LHRH agonisti o
farmaci anti-androgeni) possono diminuire considerevolmente il PSA. La finasteride, usata
per il trattamento della BPH o dellalopecia androgenetica può abbassare il PSA in
media del 50%.[34]
Vari fitofarmaci possono modificare il PSA. Si ipotizza che lestratto di Serenoa
Repens, frequentemente usato per le affezioni prostatiche, possa inibire la
5-alfa-reduttasi, ma in un esteso trial randomizzato non è stato evidenziato alcun
effetto sul PSA.[35] Il composto erboristico PC SPES ha dimostrato di poter diminuire il
PSA in una piccola serie di pazienti. Dal momento che molti pazienti usano supplementi
erboristici, è bene che luso di tali prodotti sia rilevato anamnesticamente prima
di determinare il PSA. E stato riportato che sia la DRE che la eiaculazione possono
incrementare i livelli di PSA, ma alcuni studi hanno mostrato che tale effetto è
variabile e non significativo.[36] Per questa ragione la misurazione del PSA può essere
eseguita con ragionevole accuratezza anche dopo lesplorazione rettale.[37] La
biopsia prostatica e la cistoscopia, al contrario, possono causare elevazione del PSA, la
cui misurazione deve essere rinviata di 3 o 4 settimane.[37]
Dal punto di vista del paziente che deve sottoporsi alla misurazione del PSA per la diagnosi precoce del cancro prostatico, possono essere poste due importanti domande:
La misurazione del PSA (V.N.<4,0 ng/mL)
ha una sensibilità compresa tra il 67,5% e l80%.[38-39] In altre parole, circa il
20-30% dei tumori non sarà diagnosticato se il PSA è usato da solo. Un modo per
migliorare la sensibilità è di modificare il range dei valori normali a un valore più
basso per gli uomini più giovani (PSA correlato alletà). I quarantenni, ad
esempio, dovrebbero avere un valore di 2,5ng/mL o meno.[40] Un altro modo per migliorare
la sensibilità è di seguire landamento dei valori di PSA di un paziente nel tempo
(PSA velocity). Se si rileva un andamento crescente deve essere presa in considerazione
una biopsia prostatica. Alcuni studiosi hanno suggerito che un aumento di 0,75 ng/mL, o
più, in un anno è ragione di preoccupazione.[41] Sia il PSA correlato alletà che
la PSA velocity aumentano il numero di cancri diagnosticati, ma aumentano anche il numero
di persone sottoposte a biopsia.
La specificità del PSA è tra il 60% e il 70% quando i valori sono > 4,0 ng/mL.[39]
Molti metodi sono stati suggeriti per migliorare la specificità del PSA per il cancro
prostatico e ridurre il numero di biopsie non necessarie.(Solo una biopsia su quattro
attualmente è positiva per il cancro.[42]) Un metodo per migliorare la specificità è
laggiustamento per letà dei valori di riferimento. Usando valori più alti
per uomini più anziani si eseguono un minor numero di biopsie.[43] La tavola 1 mostra numerosi valori di
riferimento basati sulletà e sullorigine etnica. Un altro metodo per
migliorare la specificità del PSA, luso del rapporto PSAfree/PSAtotale, prende
origine dal fatto che il PSA circola nel sangue in due frazioni distinte una legata
alle proteine plasmatiche, e una libera. Per ragioni non chiare, i pazienti con cancro
prostatico tendono ad avere un rapporto più basso di quelli con affezioni benigne. Usando
il rapporto free/total si riduce il numero di biopsie negli uomini con valori di PSA
compresi tra 4,0 e 10,0 ng/mL.[44-45] Il valore ottimale del rapporto free/total, al di
fuori del quale è indicata la biopsia, è sconosciuto. Molti autori hanno raccomandato un
range compreso fra il 14% e il 28%.[46]
Cè un terzo metodo per migliorare la specificità: poiché prostate più grandi
producono più grandi quantità di PSA, la correlazione dei valori con la misura del
volume della prostata (PSA density= PSA/volume prostatico) riduce il numero di biopsie
eseguite.[47] Tutti questi metodi riducono il numero di biopsie eseguite in uomini senza
cancro prostatico, di contro aumentano il rischio che alcuni cancri sfuggano alla
diagnosi. A causa del potenziale contrasto tra sensibilità e specificità, non cè
attualmente consenso sulle strategie ottimali nelluso del PSA, anche se risolvere
questo dilemma è certamente auspicabile.
Sebbene la DRE o un PSA elevato possano suggerire la presenza di un cancro prostatico, tale diagnosi può essere confermata solo dallesame istopatologico del tessuto prostatico. Uno specialista urologo dovrebbe essere consultato per eseguire una biopsia prostatica quando una delle seguenti condizioni è presente:
Il tessuto prostatico può essere
prelevato in diversi modi. Il metodo più comune è mediante una biopsia transrettale
ecoguidata, che abitualmente è effettuata ambulatorialmente senza anestesia. Tali biopsie
sono raramente complicate da sanguinamento rettale, ematuria o infezione. Dopo la biopsia
il sangue nelle feci o nelle urine abitualmente scompare dopo pochi giorni. Ematospermia
può essere rilevata per numerose settimane dopo la biopsia. E importante mettere in
evidenza che lecografia da sola non può escludere la presenza del cancro
prostatico. Se la DRE o il PSA suggeriscono un sospetto diagnostico, la biopsia deve
essere eseguita anche a dispetto di unecografia "normale".
Occasionalmente, il cancro può essere diagnosticato su tessuto proveniente dalla porzione
centrale della prostata asportata abitualmente durante il trattamento chirurgico per
lipertrofia prostatica benigna sia per via transuretrale (TURP) che "a cielo
aperto". In questi casi si tratta di ritrovamenti accidentali insospettati prima
dellintervento. Per inciso, non ci sono dati che supportino lidea che una TURP
possa diminuire il rischio che si sviluppi un cancro prostatico.
Oltre alle domande precedentemente poste
(sezione 5) il nostro paziente potrebbe porci una terza basilare domanda:
"Qualè la possibilità che io abbia un carcinoma prostatico se ho un PSA
elevato?" La risposta dipende in larga misura dai livelli di elevazione del PSA. In
media gli uomini ultracinquantenni hanno dal 20 al 30% di probabilità di avere un cancro
prostatico se il PSA è superiore a 4,0 ng/mL. Comunque, se un paziente con PSA compreso
tra 2,5 e 4,0 si sottopone a biopsia prostatica, la probabilità di diagnosticare la
neoplasia è di circa il 27%.[48] Per livelli superiori a 10 ng/mL la probabilità sale a
valori compresi tra il 42% e il 64%.[4-7-31-32-33-49-50]
Lelevazione del PSA tra 4,0 e 10,0 ng/mL, se paragonata con i livelli inferiori a
4,0 ng/mL, aumenta la probabilità di significatività clinica di cancro prostatico
intracapsulare da 1,5 a 3 volte, e la probabilità di malattia extracapsulare da3 a 5
volte.[4-49]. Il dott. Partin ei suoi collaboratori analizzarono i dati clinici e
istopatologici di 4.133 uomini trattati con prostatectomia radicale per carcinoma
clinicamente localizzato.[23] Metà dei cancri con PSA preoperatorio compreso tra 4,0 e
10,0 ng/mL furono trovati essere extraprostatici. I livelli di PSA maggiori di 10,0 ng/mL
aumentano sostanzialmente il rischio che il cancro sia extraprostatico.[4] Nello studio di
Partin oltre l80% degli uomini il cui PSA preoperatorio era superiore a 20,0 che non
erano confinati allorgano. Approssimativamente il 5% degli uomini con PSA tra 4 e 10
avevano un coinvolgimento sia delle vescicole seminali che dei linfonodi, tale valore
aumentava a circa il 15% per gli uomini il cui PSA era compreso tra 20 e 30 ng/mL. Gli
autori di questo studio trovarono che integrando lo "staging" clinico e il
"grading" istologico affinava la capacità di predire quando un dato PSA
riflette una malattia anatomopatologicamente confinata. Per inciso, fra i 943 soggetti con
un PSA inferiore a 4, sebbene solo l1% aveva coinvolgimento linfonodale e il 3%
seminale, il 32% aveva evidenza di penetrazione capsulare e perciò con un rischio più
grande di ricaduta dopo il trattamento. Tali dati possono essere daiuto nel
"counseling" di uomini con carcinoma prostatico appena diagnosticato. Inoltre
bisogna essere coscienti che anche una normale DRE e un PSA<4,0 non garantiscono
lassenza del cancro prostatico.[38]
Lincidenza della mortalità per
il cancro prostatico è recentemente andata diminuendo negli Stati Uniti. Lanalisi
di questo e di altri dati suggerisce che un certo numero di fattori possono aver
determinato questa tendenza, uno di questi potrebbe essere la proliferazione degli
screening per la diagnosi precoce del cancro prostatico mediante il PSA.[51] Comunque,
finché non saranno stati completati studi controllati e randomizzati, non sarà possibile
stabilire con certezza se la diagnosi precoce del cancro prostatico e il suo trattamento
riducono il tasso di mortalità.[52/55] Due trials stanno attualmente esaminando la
questione, uno in Europa, e uno negli Stati Uniti. Schroder e collaboratori, nello studio
randomizzato europeo con base in Olanda, stanno arruolando 190.000 uomini tra i 55 e i 70
anni in 5 regioni europee, con i primi risultati previsti nel 2008.[56] Negli Stati Uniti,
il National Cancer Institute in uno studio per lo screening di numerosi tumori, sta
arruolando 74.000 uomini di età compresa tra i 55 e i 74 anni, con risultati previsti nel
2006.[57-58]
Finché questi studi controllati e randomizzati non saranno completati, non sarà
possibile affermare che la diagnosi precoce è accettabile in termini di costi e incidenza
di effetti secondari dovuti al trattamento (ad esempio: disfunzione erettile, incontinenza
ed ansietà).[59/66]
Il cancro prostatico avanzato è associato con una morbidità significativa. Dolore e
fratture ossee, cachessia, anemia, disfunzione sessuale, ostruzione ureterale, sono state
riscontrate in questa condizione. Inoltre alcuni trattamenti, usati per rallentare la
malattia o trattare le complicanze, possono essere tossici. Anche i trattamenti chirurgici
(prostatectomia radicale) e radioterapici per il cancro prostatico localizzato possono
condurre a complicazioni.
Le complicazioni potenziali della prostatectomia radicale comprendono i rischi chirurgici
e quelli di incontinenza e disfunzione erettile. Molti studi hanno valutato la funzione
sessuale dopo prostatectomia, ma a causa di una carente selezione dei pazienti e del loro
livello di funzione sessuale preoperatoria, linterpretazione dei dati è difficile e
variabile. I tassi di disfunzione erettile postoperatoria vanno dal 29% all80% dei
pazienti.[67/70] Il grado di incontinenza postoperatoria varia negli studi pubblicati da
lieve a severo. I tassi vanno da 0 al 30% dei pazienti.[68-69]
La radioterapia, anche senza rischio chirurgico, è associata con disfunzione erettile e
disturbi intestinali o vescicali. Sintomi cronici irritativi di svuotamento si sviluppano
in più del 5% dei pazienti.[49-66-69-71/73] Irritazione rettale compare in più del 10%
dei pazienti, e la diminuzione della funzione erettile in più del 50%.[49-66-69-71/73]
Le decisioni riguardo la diagnosi precoce del cancro prostatico dovrebbero essere
individualizzate, e i benefici e le conseguenze dovrebbero essere discussi con il paziente
prima di determinare il PSA. Non tutti gli uomini sopra i 50 anni sono candidati ideali
per gli sforzi legati a questo screening. Idealmente i medici dovrebbero considerare un
certo numero di fattori, inclusa letà del paziente, la sua comorbidità come pure i
suoi orientamenti per i potenziali risultati. Alcune organizzazioni hanno perfino
raccomandato di raccogliere il consenso informato prima di misurare il PSA.[49]
Se viene offerta la diagnosi precoce,
per molti uomini dovrebbe cominciare alletà di 50 anni, poiché la prevalenza della
malattia prima di questa età è bassa, e vi sono pochi studi in uomini con meno di 50
anni.[74/82] A causa della relativa lunghezza della storia naturale di molti cancri
prostatici, la diagnosi precoce potrebbe non dare beneficio a uomini con una limitata
aspettativa di vita. Il medico dovrebbe valutare lo stato di salute del paziente per
determinare lappropiatezza della misurazione del PSA a ogni data età.(Tavola 2). Per una review sulla stima dei benefici del trattamento nei più
anziani vedi Welch et al, 1996.[83]
Non sono state definitivamente stabilite le cause del carcinoma prostatico, ma studi
epidemiologici e di screening hanno suggerito un numero di eziologie e fattori che possono
essere presi in considerazione nel determinare lappropiatezza della misurazione del
PSA. Una più alta incidenza di carcinoma prostatico è stata trovata, ad esempio, fra i
parenti di primo grado di pazienti affetti da questa malattia.[81-84/89] Inoltre ampie
variazioni sono state riscontrate tra diversi gruppi etnici, con gli Afro-Americani a un
livello maggiore di rischio di sviluppare il tumore ad unetà più precoce rispetto
ad altri gruppi etnici.[81-86-90-93] Si dovrebbe considerare di sottoporre a test uomini a
più alto rischio di malattia ad unetà più precoce, come quelli con una storia
familiare di malattia e gli Afro-Americani.[81-84/93]
Luso del PSA nello staging del
cancro prostatico prima del trattamento
Lo staging radiologico di routine, come la scintigrafia ossea, la tomografia
computerizzata (CT), o la risonanza magnetica (MRI), e lo staging chirurgico come la
dissezione di linfonodo pelvico (Figura
2), non sono necessari in tutti i casi di cancro prostatico di nuova
diagnosi.[94-95] Lesame clinico può identificare i pazienti in cui tali esami sono
appropriati.
1.Il PSA sierico pretrattamento
predice la risposta del cancro prostatico alla terapia locale
Il PSA sierico pretrattamento è un predittore indipendente di risposta a tutti i tipi
di terapia.[94] I livelli di PSA si correlano con il rischio di estensione extracapsulare,
invasione delle vescicole seminali, e sia malattia regionale che a distanza. I pazienti
con livelli minori di 10 con maggiore probabilità risponderanno alla terapia locale.
2.luso routinario della
scintigrafia ossea non è necessario per lo staging di uomini asintomatici con cancro
prostatico clinicamente localizzato quando il loro PSA è inferiore o uguale a 20 ng/mL.
In una review della Clinica Mayo, su 852 pazienti con cancro prostatico di nuova diagnosi,
il 66% aveva una concentrazione di PSA inferiore o uguale a 10 e solamente 3 (0,8%) aveva
una scansione ossea positiva. Una scansione ossea positiva per metastasi è stata trovata
solo nello 0,6% dei pazienti con PSA compreso fra 10,1 e 15,0 e nel 2,6% degli uomini con
PSA compreso fra 15,1 e 20,0 ng/mL.[94] Questi risultati sono stati replicati in altri
studi.[95/97]
La scintigrafia ossea generalmente non è necessaria in pazienti con cancro prostatico di
nuova diagnosi con PSA inferiore a 20,0 ng/mL, salvo che lanamnesi o lesame
clinico non suggeriscano un coinvolgimento osseo. Poiché una malattia metastatica è
significativamente più comune se la malattia locale è avanzata o di alto grado, e alcuni
di questi cancri prostatici di alto grado sono PSA-negativi, è ragionevole considerare
luso della scintigrafia ossea alla diagnosi quando il paziente ha un cancro poco
differenziato o di alto grado (stage=>T3), anche se il PSA è <10,0 ng/mL.[98]
3.CT o MRI non sono generalmente
indicate nello staging di pazienti con cancro clinicamente localizzato se il PSA è
inferiore a 25ng/mL.
Una CT non è un utile procedura di staging per la grande maggioranza di pazienti con
cancro prostatico di nuova diagnosi nei quali lattuale incidenza di positività
linfonodale è <5%.[99-100]. Raramente risulta positiva quando il PSA è inferiore a
25ng/mL. In uno studio su 173 uomini, nessun paziente con PSA inferiore a 25 ebbe una CT
positiva. Lidentificazione delladenopatia pelvica mediante CT dipende
dallingrandimento linfonodale, e la correlazione tra la misura dei linfonodi e
linteressamento metastatico è scarsa.[101] Sebbene lincidenza di positività
istologica è sostanziosa quando i valori di PSA superano 25, la sensibilità della CT
nellindividuare i linfonodi coinvolti anche a questi livelli è solo del
30-35%.[103-104]. Unaltra metodica (Prostascint scan) che usa anticorpi marcati con
radioisotopi per diagnosticare e localizzare il carcinoma prostatico è di scarso valore
nello staging pretrattamento. Essa è stata usata principalmente per identificare una
malattia metastatica nei pazienti che mostrano un aumento del PSA dopo prostatectomia
radicale.[105-106]
4.La dissezione di linfonodi pelvici potrebbe non essere necessaria se il PSA è inferiore
a 10 o se il PSA è inferiore a 20 e il punteggio di Gleason è inferiore o uguale a 6.
Sebbene la dissezione di un linfonodo pelvico è spesso effettuata routinariamente in
corso di prostatectomia radicale, si dovrebbe valutarne la morbidità, specialmente nei
casi in cui offre poche informazioni addizionali.Il PSA pretrattamento, supportato da
stadiazione clinica e punteggio di Gleason, può identificare un sottogruppo di pazienti
in cui lincidenza di metastasi linfonodali è molto bassa (dal 3% al 5%). I pazienti
con un PSA <10 raramente hanno metastasi linfonodali, come nel caso si abbia un
punteggio di Gleason <=6 e un PSA <20. Queste osservazioni sono state fatte in
numerosi studi.[23-107/110]
Luso del PSA nella gestione post-terapeutica del cancro prostatico.
Determinazioni periodiche del PSA dovrebbero essere effettuate per individuare eventuali ricadute
La diagnosi biochimica precoce delle ricadute può condurre in tempo a ulteriori terapie (Figura 3). La strategia ottimale compreso lepoca di inizio, di tali terapie aggiuntive rimane controversa e costituisce argomento di nuovi trials clinici in via di sviluppo. Le opzioni terapeutiche per le ricadute dopo una prostatectomia radicale includono la radioterapia e la terapia antiandrogena. Le opzioni terapeutiche per le ricadute dopo la radioterapia comprendono la terapia antiandrogena, la crioterapia e, in pazienti selezionati, una prostatectomia radicale. Tali trattamenti possono essere più efficaci se iniziati precocemente, ma lefficacia complessiva di ognuna di queste forme di terapie di recupero è attualmente sconosciuta.[111]
2. Il PSA sierico dovrebbe decrescere e rimanere a livelli non misurabili dopo prostatectomia radicale.
Un PSA misurabile dopo prostatectomia radicale è associato con una possibile ricaduta in molti pazienti.[112-113] La mediana dintervallo tra la ricorrenza del PSA e la morte per cancro è compresa tra 5 e 12 anni, a seconda soprattutto del punteggio di Gleason.
3. Il PSA sierico dovrebbe scendere a bassi livelli dopo radioterapia e crioterapia e non dovrebbe risalire in successive misurazioni.
Quale sia un accettabile valore di PSA sierico dopo radioterapia e/o dopo crioterapia è materia di dibattito. Dopo radioterapia il PSA declina lentamente e il valore più basso (nadir) è raggiunto in una media di 17 mesi. Gli studiosi hanno generalmente scelto uno di due metodi per definire lassenza biochimica di malattia. Il primo metodo è di stabilire il nadir del PSA dopo il trattamento. Sebbene non vi sia consenso sul valore nadir ideale, sembra che i pazienti che raggiungono valori molto bassi (<0,5ng/mL) o non misurabili, meno probabilmente mostreranno una ricaduta clinica o biochimica, almeno non entro 5 anni dal trattamento.[114/118] Risultati simili sono stati riportati dopo crioterapia.[119-120]
Il secondo metodo, raccomandato dalla American Society for Therapeutic Radiology and Oncology (ASTRO), definisce una ricaduta biochimica sulla base di 3 aumenti consecutivi del PSA sopra il nadir. Questo gruppo raccomanda che il PSA non debba essere misurato più spesso di un intervallo compreso tra 3 e 6 mesi per individuare aumenti significativi oltre la variabilità intrinseca del test.[121-122]
più probabilmente hanno metastasi a
distanza.
I pazienti che che sviluppano una recidiva biochimica tardivamente (ad es.>24 mesi dopo
il trattamento locale) e che hanno un tempo di raddoppio del PSA che supera i 12 mesi, è
più probabile che abbiano una recidiva locale.[112-113-123/125]
I livelli di PSA sierico nei pazienti con cancro prostatico che ricevono un trattamento antiandrogeno dovrebbero diminuire. Sia il nadir del PSA che la percentuale di diminuzione a 3 e a 6 mesi predicono la sopravvivenza libera da progressione. I pazienti in cui il PSA sierico diviene non misurabile e quelli in cui il PSA diminuisce del 90% o più a 3 e 6 mesi avranno probabilmente una sopravvivenza migliore.[126/128] Molti studiosi considerano una caduta del PSA sierico come un end-point accettabile per la valutazione della risposta alla terapia in quei pazienti con cancro prostatico refrattario agli ormoni che vengono sottoposti a un ritrattamento. Una diminuzione del PSA sotto al 50% a 8 settimane dopo linizio del ritrattamento sembra essere associata con migliore sopravvivenza, rispetto a coloro con nessun cambiamento o con minor diminuzione.[128]
Metodi usati nello sviluppo del miglior
uso del PSA nella pratica medica.
LAmerican Urological Association (AUA) ha organizzato un gruppo di discussione allo
scopo di sviluppare un riferimento riguardo luso del PSA per gli urologi e i medici
generali. Il gruppo comprendeva un medico di medicina generale, 2 internisti, un radiologo
oncologo, e 4 urologi. I finanziamenti di supporto per le attività del gruppo sono state
fornite dallAUA. I membri del gruppo non hanno ricevuto nessuna remunerazione per i
loro sforzi, e ciascun membro ha fornito una dichiarazione relativa agli eventuali
conflitti dinteresse. Il gruppo ha formulato le sue raccomandazioni mediante
"consensus", basato sulla revisione della letteratura e sullesperienza
personale dei membri del gruppo. Il gruppo non ha usato alcuna metodologia particolare per
sviluppare il proprio documento, e non ha dato valutazioni di costo o di relazione
costo-efficacia.
Dopo il "consensus" iniziale raggiunto dal gruppo, 47 esponenti di varie
specialità (medici di famiglia, internisti, radiologi, oncologi ed urologi) hanno
riesaminato il documento determinando numerosi cambiamenti da parte del gruppo.
ONCOLOGY 14 (2): 267-286,2000
Bibliografia: 130 voci bibliografiche
Figura 1: Diagnosi precoce
Candidati per il test per la
diagnosi precoce
Uomini di 50 anni con aspettativa di vita di 10 anni o più
Uomini di 40-50 anni con storia familiare di cancro prostatico o etnia afro-americana
Quali test eseguire?
PSA E DRE
Risultati:
uno o più test sono anormali |
Entrambi i test sono normali |
|
Cause possibili: cancro,ipertrofia prostatica, prostatite |
Controlli periodici |
|
Diagnosi definitiva: biopsia prostatica |
> |
Biopsia negativa: controlli periodici |
Biopsia positiva: |
> |
Trattamento. |
Valori di riferimento correlati alletà e alle origini etniche [43]
Età | Asiatici | Afro-americani | Caucasici |
40-49 | 0-2,0 ng/mL | 0-2,0 ng/mL | 0-2,5 ng/mL |
50-59 | 0-3,0 | 0-4,0 | 0-3,5 |
60-69 | 0-4,0 | 0-4,5 | 0-4,5 |
70-79 | 0-5,0 | 0-5,5 | 0-6,5 |
Aspettativa di vita e percezione soggettiva dello stato di salute [83]
Età | Aspettativa media di vita (1991 US) | Aspettativa di vita con percezione soggettiva di salute da buona a eccellente | Aspettativa di vita con percezione soggettiva di salute da scarsa a discreta |
65 anni | 15 anni | 17-20 anni | 11-13 anni |
70 | 12 | 13-17 | 8-11 |
75 | 10 | 10-14 | 6-8 |
80 | 7 | 8-11 | 3-6 |
Figura 2: Staging post diagnostico
Determinazione del grado tumorale (basato sul sistema di Gleason) |
||
Gleason
score=2-4: bassa aggressività biologica |
||
\/ |
||
Test addizionali per la stadiazione preliminare: |
||
Stadiazione
radiologica: |
||
Stadiazione
chirurgica: |
||
Scintigrafia
ossea: |
||
Trattamento del cancro prostatico localizzato: |
Sorveglianza: |
|
Chirurgia |
Radioterapia |
\/ |
Figura 3: gestione post-trattamento
Obiettivo: riconoscere le recidive e trattarle se necessario
Dopo la chirurgia |
Dopo la radioterapia |
Sorveglianza |
Un PSA misurabile indica recidiva della neoplasia |
Probabile recidiva se il nadir del PSA>0,5ng/mL o se il PSA ha valori crescenti per 3 volte sopra il nadir |
In caso di progressione della malattia considerare: |
Radioterapia
di salvataggio |
Prostatectomia
radicale |
Prostatectomia
radicale |
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Pillole di buonumore
Le femmine di alcune specie di gabbiani
preferiscono rimanere tra loro. Nella specie Larus occidentalis una parte delle
femmine preferisce accoppiarsi con altre femmine, costruire insieme il nido e difendere il
proprio territorio comunemente. Una delle femmine assume il ruolo maschile, corteggia e
monta la compagna come un vero e proprio maschio. I maschi sono richiesti solo come
donatori di sperma. Ben conoscendo la debolezza maschile, una delle due partner della
coppia di femmine rapisce un maschi destinato alla scappatella. Unico scopo: far fecondare
le uova. Insieme poi le due amiche si occupano della covata.
Da: M.Miersch "La bizzarra vita sessuale degli animali" N&C ed.
MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA |
Una Nuova Arma Contro Gli Abusi delle Assicurazioni: Si Devono Fornire Agli Assicurati I Dati e Le Valutazioni Delle Visite Mediche. PAROLA DI GARANTE!
I soggetti che abbiano chiesto un risarcimento ad una Societa' Assicurativa possono pretendere di prendere visione dell' esito della visita e delle valutazioni effettuate dal Medico Fiduciario. In caso di diniego e' opportuno ricorso al Garante per la Privacy.
Fino al momento attuale le relazioni
presentate alle Assicurazioni dai loro medici fiduciari sono state considerate atti
"riservati" di cui il periziato non poteva venire a conoscenza.
La prassi vigente prevede infatti che linfortunato o il sinistrato (1) che debba
essere sottoposto a visita da parte del fiduciario delle Assicurazioni sia tenuto da parte
sua a presentare TUTTA la documentazione utile in suo possesso e a firmare una
liberatoria per il trattamento dei suoi dati personali da parte della Societa'
Assicurativa; questa invece considera atto dufficio riservato di cui il periziato
non deve venire a conoscenza ogni elemento ottenuto dal medico fiduciario: gli esiti della
visita, degli accertamenti da questi prescritti, le sue conclusioni diagnostiche, le sue
valutazioni.
Cio ha indotto l' abitudine a manovre poco corrette a danno degli infortunati:
spesso infatti i liquidatori interferiscono modificando (ovviamente in diminuzione) la
valutazione effettuata dal medico attribuendo ad esso, falsamente e a sua insaputa una
valutazione falsa e riduttiva del danno, con conseguente riduzione del risarcimento. Cio'
danneggia anche il prestigio professionale del Consulente, che tuttavia e' spesso indifeso
davanti agli abusi della Societa' che ne detiene i mezzi di sopravvivenza.
Il Garante si e espresso
sull' argomento i due occasioni, ritenendo tale prassi illegittima.
Infatti, a tale proposito, ha deciso che "le valutazioni e gli altri elementi di
giudizio contenuti nelle perizie medico-legali sono dati personali e, nel rispetto degli
espressi limiti previsti dalla legge n.675 del 1996, devono essere messi a disposizione
dellinteressato che ne faccia richiesta".
Si tratta di due diverse persone che avevano richiesto alla propria Assicurazione di poter
accedere ai dati che li riguardavano ed in particolare alle informazioni personali, anche
di tipo sensibile, contenute nella perizia medico-legale effettuata dai fiduciari
dell Assicurazione stessa.
Nel primo caso il Garante ha invitato lAssicurazione a fornire i dati richiesti;
lAssicurazione ha adempiuto solo in parte a tale invito escludendo sia le
valutazioni che gli altri elementi soggettivi contenuti nella relazione medico-legale.
LAssicurazione motivo la mancata comunicazione delle valutazioni contenute in
perizia sulla base della considerazione che esse rappresenterebbero " un
mero giudizio personale che, pur se basato su parametri medico-scientifici, resterebbe il
frutto di una elaborazione soggettiva e, in quanto tale, non potrebbe essere definito come
dato personale, anche perché suscettibile per la sua natura di contestazioni e di
valutazioni differenti".
Il Garante ha invece contestato tale affermazione ed ha sancito che anche le
valutazioni mediche devono essere ricondotte alla sfera dei dati personali, ribadendo
pure che "la nozione di dato personale, stabilita dalla legge sulla privacy,
include qualunque informazione che permetta di identificare una persona anche
indirettamente. Nel caso in esame i contenuti della valutazione riguardano la salute degli
interessati e sono ricavati da documenti sanitari e altri elementi contenuti nelle visite
a cui sono sottoposti gli assicurati".
Esaminando il ricorso, l'Autorità ha ricordato che nelle perizie medico legali si
ritrovano, normalmente, tre categorie di dati:
a) dati identificativi di tipo anagrafico;
b) dati riferiti allo stato di salute, con particolare riferimento all'anamnesi;
c) la valutazione peritale vera e propria che risulta dalla visita medica cui viene
sottoposto l'assicurato da parte del medico fiduciario dell'assicurazione, la parte della
perizia cioè nella quale il medico esprime appunto un giudizio sul rapporto tra sinistro
denunciato e patologie lamentate per le quali l'interessato chiede il risarcimento
nonché, spesso, valutazioni e giudizi sull'eventuale grado di genuinità delle istanze
presentate all'assicurazione.
Lautorita ha ritenuto percio' fondata la richiesta dellinteressato ad
accedere a questi dati e alle informazioni personali in forma anche di giudizi sul grado
di invalidita permanente conseguenti al sinistro e ha ordinato alla Societa
Assicuratrice di integrare la precedente risposta con tutti questi elementi.
Nel secondo ricorso e' stato pero specificato che il diritto di accesso e,
secondo la legge, "temporaneamente sospeso quando i dati sono raccolti ai fini di
indagini difensive o comunque per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria.
" Infatti "
quando c'è una causa in corso o ci si trova in
situazioni propedeutiche ad una controversia, all' istanza dell'interessato può non
seguire una immediata messa a disposizione di tutti i dati personali.
In ipotesi di questo genere, ha sottolineato l'Autorità, si può, infatti, far valere la
particolare norma della legge (art.14 primo comma lett.e) che prevede un differimento
temporaneo dell'esercizio del diritto di accesso qualora la conoscenza immediata, da parte
dell' interessato, di alcuni dati che lo riguardano, possa determinare un pregiudizio per
l'esercizio del diritto di difesa della controparte.
Il Garante ha precisato che il titolare del trattamento (nel caso, l'assicurazione) che
vuole avvalersi del differimento non deve però limitarsi a far riferimento alla norma che
lo prevede, ma deve fornire adeguate motivazioni che diano ragione del pregiudizio
effettivo cui si andrebbe incontro in caso di immediato accesso ai dati.
"
Tale interpretazione del Garante ha scatenato ovviamente le reazioni delle Societa'
Assicurative che, anche per bocca di alcuni medici (ma ricordiamo che molti operatori del
settore sono ad esse legati da pressanti vincoli economici) ne contestano la validita'.
C'e' infatti chi continua a sostenere che il Medico Fiduciario debba fornire al
paziente solo i dati che esso stesso ha fornito all' Assicurazione e non possa
venire a conoscenza di quanto altro riscontrato in quanto, ripetendo quasi letteralmente
le ragioni portate dalla Societa' e respinte dal Garante, il "parere e l'
interpretazione, proprio per essere "parere" e "interpretazione" sono
del tutto personali e opinabili; non costituiscono "elaborazioni" dei dati
personali dell' interessato, bensi' "interpretazioni", suscettibili quindi anche
di interpretazione diversa
". (G. Neri, Jura Medica n.1 anno 2000).
Queste affermazioni ci sembrano incredibili nella loro evidente strumentalita': e' bensi'
evidente che i pareri del fiduciario si basino sugli elementi classici della visita
medica: anamnesi, esame obiettivo, eventuali accertamenti clinici, radiologici, ecografici
sovente effettuati proprio su prescrizione della societa' Assicurativa. Alla valutazione
critica di tali elementi segue il giudizio medico che, come in qualsiasi visita medica ,
si esprime in una diagnosi. Questa e' tipicamente rappresentata, in sede medico-legale,
oltre che da elementi "qualitativi" (diagnosi "esplicativa") da
elementi "quantitativi" (gravita' della condizione morbosa espressa
numericamente secondo certi criteri scientifici) ed e' "opinabile" nella
stessa misura in cui lo sono tutte le diagnosi, necessariamente sempre soggettive.
Nulla di sostanzialmente differente, quindi, dai giudizi diagnostici effettuati in sedi
diverse. Sostenere, come incredibilmente viene fatto da certi autori, che il giudizio del
fiduciario "non costituisca elaborazione" bensi' solo "interpretazione
personale e opinabile" dei dati sanitari equivarrebbe a negarne la fondatezza e l'
attendibilita' riducendolo a mera espressione soggettiva avulsa dai presupposti
scientifici e dottrinari e quindi ininfluente per una corretta gestione del contenzioso.
Del resto in un rapporto onesto e trasparente tra Societa' ed Assicurato non
esisterebbero fondati motivi di rifiuto alla rivelazione di tali dati all' interessato.
Putroppo invece, come abbiamo detto, e' diffusa l' abitudine (da parte dei liquidatori) di
celare all' assicurato la reale valutazione del danno o addirittura di riferire
valutazioni false e riduttive attribuendole al fiduciario; si intuisce percio' come l'
opposizione alle decisioni del Garante intenda soprattutto perpetuare tale situazione di
ambiguita' e di scorrettezza nei rapporti.
I primi danneggiati vengono ad essere, spesso, proprio i medici fiduciari, ai quali
vengono quindi erroneamente attribuiti comportamenti scorretti o valutazioni fasulle. La
dipendenza economica dalle Societa' obbliga pero' sovente all' accettazione passiva di una
situazione professionalmente mortificante.
L' azione pressante dei cittadini e del Garante potrebbero percio' ottenere risultati
utili sia per i cittadini che per i medici.
SENTENZA CORTE DI CASSAZIONE, IV PENALE, N. 556
18/01/2000
AI FINI DELLA RESPONSABILITA DEL MEDICO OSPEDALIERO, LE DIRETTIVE TERAPEUTICHE DEL
PRIMARIO NON COSTITUISCONO MAI ORDINI DA ESEGUIRE ACRITICAMENTE
La normativa concernente
lattribuzione dei medici dipendenti USL (art. 63 D.P.R. n. 761/1979) non configura
affatto la posizione dellassistente come quella di un mero esecutore di ordini. Nel
caso in cui il medico in posizione inferiore non condivida le scelte terapeutiche del
primario o ritenga che il trattamento da questi disposto comporti un rischio per il
paziente e tenuto a segnalare quanto rientra nella sua conoscenza esprimendo il
proprio dissenso; diversamente, egli potra essere ritenuto responsabile
dellesito negativo del trattamento terapeutico non avendo compiuto quanto in suo
potere per impedire levento.
(Da: Mondo Sanitario n. 12/2000)
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E stata ribadita la distinzione tra
Studio Medico e Ambulatorio dalla sentenza 6 Luglio 95 Corte di Cassazione sez. III:
si considera Ambulatorio ogni struttura aziendale con compiti diagnostico-terapeutici per
cui si richiede lautorizzazione ai sensi dellart. 193 del R.D. n. 1265/1934,
mentre si intende per Studio la sede in cui si esercita una professione sanitaria in cui
il profilo professionale prevale assolutamente su quello organizzativo.
(Tale sentenza e riportata in Bilancetti M.; Responsabilita penale e civile
del medico, CEDAM Padova 98 pag. 616)
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NUOVE NORMATIVE PROTETTIVE PER IL LAVORO NOTTURNO
Il recepimento della direttiva
93/104/CE, prevista dalla legge comunitaria 1998, con D.Lgs 26 Novembre 1999 n. 532
(Gazzetta Ufficiale Gennaio 2000 n. 16) sono state dettate disposizioni in materia di
lavoro notturno.
Per quanto riguarda il campo di applicazione la disciplina prevista dal D.Lgs si applica a
tutti i datori di lavoro pubblici e privati che utilizzino i lavoratori e lavoratrici con
prestazioni di lavoro notturno. Ne sono del tutto esclusi soltanto il settore dei
trasporti, quello del lavoro marittimo e, nella Sanita le "attivita dei
medici in formazione".
Viene applicato parzialmente in speciali ambiti operativi (forze armate, polizia,
protezione civile ecc.). Per lavoro notturno si intende "lattivita svolta
nel corso di un periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti lintervallo tra la
mezzanotte e le 5 del mattino". Il "lavoratore notturno" e invece il
lavoratore che durane il periodo notturno svolga normalmente, in via non eccezionale,
almeno 3 ore del lavoro giornaliero o almeno una parte del suo orario del lavoro normale
secondo le norme del contratto collettivo nazionale. In mancanza di contratto collettivo
e giudicato lavoratore notturno chi svolge lavoro notturno per almeno 80 giorni
lavorati lanno.
Nella legge e innanzitutto sancito il principio di priorita, nel senso che al
lavoro notturno devono essere adibiti con "priorita assoluta" i lavoratori
e le lavoratrice che ne facciano richiesta, compatibilmente con le esigenze organizzative
aziendali. Vengono poi ribaditi i divieti di lavoro notturno posti a tutela delle
lavoratrici "madre" e dei giovani dalle norme delle leggi 903/77 e 977/67 e
successive modificazioni.
In particolare ne vengono confermati:
Lorario del lavoro notturno non
puo superare le 8 ore nelle 24 con facolta di cambiamenti in base ai contratti
collettivi di lavoro. Il datore di lavoro deve, a sua cura e sue spese, sottoporre i
lavoratori notturni, tramite un medico competente, ad accertamenti preventivi per
verificare lassenza di controindicazioni al lavoro notturno e ad accertamenti
periodici di controllo.
Deve garantire al lavoratore il trasferimento al lavoro diurno nel caso in cui
sopraggiungano condizioni di salute che comportino linidoneita al lavoro
notturno accertato dal medico competente, deve informare i lavoratori notturni, prima di
adibirli al lavoro, dei rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno deve
inoltre garantire un livello di servizi di mezzi di prevenzione o di protezione adeguate
alle caratteristiche del lavoro notturno e assicurare un livello di servizi equivalenti a
quelli previsti per il lavoro diurno.
Esistono ovviamente maggiorazioni economiche e incentivi per il lavoro notturno
determinati da contratti collettivi o aziendali. Linosservanza dellobbligo di
sottoporre il lavoratore notturno agli accertamenti sanitari e punita con
larresto da 3 a 6 mesi o con lammenda da 3 a 8milioni; il superamento dei
limiti di durata della prestazione notturna e punito con sanzione amministrativa.
(Daniele Zamperini. Fonte: Mondo Sanitario n.12/2000)
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Pillole di buonumore
Lunghezza del pene in erezione:
Gorilla: 3 cm | Cavallo domestico: 60 cm |
Orango: 4 cm | Giraffa: 100 cm |
Scimpanze': 8 cm | Elefante: 150 cm |
Tursiope troncato (delfino): 45 cm | Balenottera azzurra: 250 cm |
tapiro: 50 cm |
Da: M.Miersch "La bizzarra vita sessuale degli animali" N&C ed.