Periodico di aggiornamento medico e varie attualità
di: Daniele Zamperini,
Raimondo
Farinacci e Marcello Gennari
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INDICE
GENERALE
PILLOLE
APPROFONDIMENTI
MEDICINA LEGALE E
NORMATIVA SANITARIA
Rubrica gestita da D. Z. per
l'ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica
PILLOLE
ACE
inibitori e proteinuria: conseguenza dell'effetto ipotensivo?
Gli aceinibitori
possono ridurre la proteinuria in pazienti affetti da malattie renali. Questa azione è
conseguenza del solo abbassamento di pressione?
In questo studio venne somministrato l'aceinibitore spirapril a 23 pazienti affetti da
proteinuria da patologia renale non diabetica.
Al momento del reclutamento la proteinuria media era di 2.56 g al giorno e il livello
medio di creatinina 1.42 mg/dL.
Il dosaggio di spirapril adottato fu quello che abbassava la pressione di una percentuale
oltre la quale non era possibile andare aumentando ulteriormente il farmaco.
A questo dosaggio la riduzione media della proteinuria fu di 1.43 gr.
L'aumento di dosaggio di spirapril oltre il valore che rendeva massimo l'abbassamento
della pressione non portava a ulteriore diminuzione della proteinuria.
Sembra dunque che, almeno in questo caso, la proteinuria sia correlata all'abbassamento
della pressione.
Però gli stessi autori puntualizzano che esistono studi che non sono giunti alle medesime
conclusioni: sono stati dimostrate infatti correlazioni diverse tra gli effetti ipotensivo
e anti proteinurico, a seconda dell'aceinibitore usato, della patologia renale, della
pressione del paziente e del grado di proteinuria.
Am J Kidney Dis 2002 Sep; 40:
458-63
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Artrite reumatoide: colpevoli le mastcellule?
Nell'artrite reumatoide si ha un
processo flogistico immunologicamente mediato, diretto contro la sinoviale, che coinvoge
complemento, autoanticorpi e recettori Fc. Citochine vengono secrete contro la sinovia.
quali sono le cellule che le producono e le secernono? Da lungo tempo i sospetti si
accentravano sulle mastcellule, che sono notoriamente produttrici di grandi quantità di
citochine, e in particolare del fattore di necrosi tumoralea e dell'interleuchina-1.
La conferma di questi sospetti, per quello che riguarda l'uomo, è stata difficoltosa.
Gli autori di questo lavoro hanno impiegato un ceppo di ratti con una mutazione che causa
spontaneamente lo sviluppo di artrite infiammatoria.
Prelevando il siero da questi ratti e iniettandolo in altri ratti sani si induce artrite
nei riceventi.
Tuttavia, iniettando invece il siero in ratti appartenenti a due ceppi che avevano la
caratteristica di avere poche mastcellule, non si manifesta sviluppo di artrite.
Trapiantando poi mastcellule in questi ratti e somministrando il siero, si ebbe nuovamente
lo sviluppo di artrite.
Lo studio istologico in questi casi dimostrò che le mastcellule trapiantate avevano
invaso le articolazioni e secreto i loro granuli.
Science 2002 sep 6; 297: 1689-92
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Cerotto contraccettivo
La Commissione Europea ha rilasciato
l'autorizzazione all'immissione in commercio di Evra, un cerotto contraccettivo combinato
fisso, contenente Norelgestromina ed Etinilestradiolo, e con durata d'azione di 7 giorni.
La sicurezza e l'efficacia di questo contraccettivo è stata valutata in donne d'età
compresa tra i 18 ed i 45 anni. L'Evra contiene un nuovo progestinico , Norelgestromina, e
l'estrogeno Etinilestradiolo. Evra deve essere applicato per 3 settimane consecutive,
seguite da una settimana d'intervallo senza cerotto. In studi clinici, Evra ha dimostrato
un'efficacia contraccettiva comparabile a quella dei contraccettivi orali combinati (COC)
ed in particolare dei COC contenenti Desogestrel (150 microg) + Etinilestradiolo (20
microg), e dei COC trifasici contenenti Levonorgestrel + Etinilestradiolo. Gli effetti
indesiderati più comuni dell'Evra sono: sintomi mammari, cefalea, reazioni al sito
d'applicazione del cerotto, nausea. Poiché dopo l'uso sul cerotto possono rimanere
residui di ormoni, è opportuno seguire in modo scrupoloso le istruzioni sul corretto
smaltimento del cerotto in modo da evitare che possa raggiungere l'ambiente acquatico.
www.e-ginecologia.it
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Epatite C: chi andrà incontro a cirrosi o fibrosi? (1)
Gli autori di questo studio hanno
esaminato combinazioni di variabili cliniche in grado di predire l'evoluzione istologica
del fegato ammalato di epatite C.
I dati di 264 pazienti sono stati esaminati e a tutti è stata praticata la biopsia
epatica.
I migliori fattori predittori di cirrosi epatica si sono dimostrati: poche piastrine
(140.000 mmc o meno), spider nevi, AST > 40IU/L e sesso maschile.
Un soggetto che presenti tutte queste caratteristiche ha il 99% delle probabilità di
avere una cirrosi.
Al contrario, l'assenza di queste caratteristiche conferisce una probabilità di avere una
cirrosi minore del 2%.
Am J Gastroenterol 2002 Oct; 97:
2623-8
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HGF
(Hepatocyte Growth Factor) e Holter Pressorio
Recentemente molte citochine e
fattori di crescita e sono stati correlati con l'aterosclerosi ed è stata riportata una
associazione tra HGF (Hepatocyte Growth Factor) e Ipertensione. In questo studio gli
Autori hanno indagato sulla relazione tra HGF e Ipertensione misurando le concentrazioni
sieriche di HGF e sottoponendo i paziente ad Holter pressorio in 47 soggetti ( maschi e
femmine) randomizzati tra coloro che si sottoponevano a visita medica per controllo
cardiovascolari.
I risultati sono stati i seguenti: La concentrazione sierica di HGF si è dimostrata
positivamanete correlata con i valori notturni della PA Sistolica e Diastolica. Nessuna
correlazione è stata dimostrata, invece, con i valori diurni della PA.
Suddividendo i pazienti in 2 gruppi basati sulla differenza trai valori della PA sistolica
diurna e notturna, nei soggetti con una differenza di 10 mmHg o più tra i valori notturni
e diurni si è riscontrata una concentrazione significativamente più alta di HGF. Simili
risultati sono stati ottenuti prendendo in considerazione i dati relativi alla PA
diastolica.
Gli Autori concludono che esiste una correlazione tra HGF e pressione arteriosa e
suggeriscono che questa relazione potrebbe essere un riflesso del danno a livello dei vasi
sanguigni prodotto dalla Ipertensione.
Hypertens Res 2002; 25(5):
655-660
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Identificato Gene del carcinoma della prostata
È stata sviluppata recentemente una
tecnica che consente di studiare simultaneamente alcune migliaia di geni presenti in una
cellula o frammento di tessuto. La tecnica si chiama, in inglese, gene expression
profiling.
Mediante questa nuova tecnica alcuni ricercatori hanno identificato un gene, denominato
EZH2 che si è dimostrato importante nel carcinoma della prostata invasivo.
I ricercatori hanno dimostrato che il gene EZH2 (mediante la sua espressione, una
proteina, ovviamente) sono evidenziabili con intensità via via crescente nelle seguenti
patologie: ipertrofia prostatica benigna, neoplasia intraepiteliale, carcinoma localizzato
e carcinoma metastatico refrattario alla terapia ormonale.
In 64 casi di carcinoma della prostata, l'espressione del gene EZH2 si è dimostrata il
miglior fattore predittore di fallimento terapeutico rispetto allo score di Gleason, allo
stadio della neoplasia o alle condizioni dei margini chirurgici.
Scoperta ancora più interessante: una molecola studiata per interferire con l'espressione
del gene EZH2 si è dimostrata in grado di inibire la crescita delle cellule neoplastiche
in vitro.
L'attivazione indotta sperimentalmente del gene EZH2 provocò l'inibizione della
espressione di altri 163 geni, inclusi alcuni geni deputati alla soppressione della
crescita neoplastica.
Nature 2002 Oct 10; 419: 624-9
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L'"Hygiene
hypotesis" guadagna terreno: l'esposizione ai batteri riduce l' asma
L'"Hygiene ipotesis" delle
malattie allergiche, e quindi anche dell'asma allergico, dice che l'esposizione precoce
nella vita ad antigeni batterici infettivi diminuisce la tendenza del sistema immunitario
alla reazione contro allergeni.
Per confermare questa ipotesi sono state misurati i livelli di endotossine batteriche
nella polvere di materasso di 812 bambini, di età media di 9.5 anni.
Si è trovato che i livelli di endotossine erano inversamente proporzionali alla
probabilità di essere affetti da febbre da fieno e asma atopico, ma non erano correlati a
asma non atopico.
In particolare, il gruppo di bambini esposti ai maggiori livelli di endotossine
manifestavano una riduzione maggiore dell'80% nel tasso di malattie allergiche rispetto ai
bambini esposti a livelli minori.
L'esposizione ad endotossine inoltre era inversamente correlata alla produzione di
citochine di vario tipo, indicando una retroregolazione del sistema immunitario.
NEJM 2002 Sep 19; 347: 869-77
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Malattia celiaca: identificata la molecola responsabile
La prevalenza della malattia celiaca
varia, nella nostra popolazione, dall'0.5% all'1%.
Le proteine del glutine innescano la risposta infiammatoria, ma non erano stati ancora
identificati i peptidi specifici responsabili.
In questo lavoro si descrive un peptide isolato dal glutine che sembra possedere tutte le
caratteristiche per essere ritenuto responsabile del processo infiammatorio nella malattia
celiaca.
Questo peptide è in grado di resistere alla degradazione da parte delle proteasi
nell'intestino tenue ed è quindi in grado di stimolare una risposta immunitaria. Esso
contiene da 6 a 10 epitopi che si sono dimostrati in grado di indurre una risposta da
parte dei linfociti T. Mettendo a contatto in vitro linfociti T provenienti da 14 pazienti
con malattia celiaca e il peptide, si è assistito ad una proliferazione vivace delle
cellule linfocitarie di tutti i pazienti.
Inoltre, in tutti i tipi di cereali che si sono dimostrati capaci di poter innescare la
cascata infiammatoria, si sono dimostrati analoghi del peptide in esame, mentre esso non
è stato trovato nei cereali che non danno alcuna reazione infiammatoria.
Science 2002 Sep 27; 297: 2275-9
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Peginterferone Alfa-2a e ribavirina per l'epatite cronica C
In questo studio multicentrico, 1121
adulti affeti da epatite cronica C correlata furono trattati per 48 settimane con
peginterferone Alfa-2° e ribavirina, interferone alfa-2b e ribavirina o peginterferone
alfa-2° e placebo.
Una condizione di remissione virale sostenuta (assenza di HCV RNA dopo 24 settimane dalla
cessazione della terapia) fu ottenuta in una percentuale significativamente più alta nei
pazienti trattati con peginterferone e ribavirina rispetto agli altri due gruppi di
trattamento (rispettivamente 56%, 44% e 29%). Tra i pazienti trattati con pegineterferone
e ribavirina, remissioni sostenute si ottennero nel 65% dei pazienti che avevano
presentato risposta a 12 settimane (diminuzione di almeno due logaritmi nella
concentrazione di HCV RNA), ma solo nel 3% degli altri pazienti. Sintomi similinfluenzali
e depressione furono leggermente più frequenti nel gruppo trattato con interferone.
N Engl J Med 2002 Sep 26; 347:
975-82
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Perché
gli uomini sono protetti dal tumore al seno
Anche se gli uomini ereditano gli
stessi geni mutanti delle donne, semplicemente non sviluppano mai tumori del seno
ereditari, e una nuova ricerca sembra aver suggerito una spiegazione. Una mutazione che
porta allo sviluppo di tumori del seno e delle ovaie nelle donne potrebbe infatti causare
problemi nel secondo cromosoma X, che gli uomini non hanno. Circa dal 5 al 10 per cento
dei tumori al seno e alle ovaie ereditari sono dovuti a mutazioni del gene BRCA1, la cui
proteina normalmente ripara il DNA danneggiato. Sebbene anche gli uomini siano portatori
di queste mutazioni, i tumori al seno maschili sono estremamente rari. In passato i
ricercatori avevano notato che le cellule in divisione nei testicoli dei topi producono
molto RNA messaggero del BRCA1. I cromosomi in quelle cellule sono strettamente
impacchettati, come i cromosomi X nelle cellule delle donne. Questo impacchettamento
serve, nelle donne, a disattivare il secondo cromosoma X, per impedire la produzione di
una dose doppia dei geni da esso codificati; il singolo cromosoma X degli uomini è invece
sempre attivo.
Per capire se il BRCA1 aiuta a disattivare il cromosoma X nelle donne, un gruppo guidato
da David Livingstone, del Dana-Farber Cancer Insitute di Boston, ha esaminato cellule non
tumorali di tessuti mammari in coltura, usando anticorpi per etichettare il BRCA1 e
molecole di RNA, note come XIST, che coprono e disattivano i cromosomi X. I ricercatori
hanno scoperto che le due molecole si legano l'una all'altra e si fermano sul cromosoma X
disattivato. Nelle cellule tumorali di cinque tumori di pazienti a cui manca il BRCA1,
tuttavia, non si è trovata una copertura di XIST su nessun cromosoma, suggerendo che la
perdita del BRCA1 potrebbe permettere l'attività del secondo cromosoma. Quando il gene è
stato aggiunto in queste cellule, XIST ha di nuovo inattivato il cromosoma X. I risultati
della ricerca sono stati descritti sulla rivista "Cell".
www.lescienze.it
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Pillola e cancro della mammella
Una ricerca afferma che, nelle donne
soggette al rischio di tumore del seno, la pillola contraccettiva aumenta la probabilità
di sviluppare la malattia.
La disposizione genetica al tumore può dipendere da mutazioni nel gene BRCA1. Le donne
che presentano mutazioni a questo gene costituiscono il 5 per cento di tutti i casi di
tumore del seno e hanno già almeno il 50 per cento di probabilità di sviluppare la
malattia nel corso della loro vita.
L'uso di contraccettivi orali, tuttavia, aumenterebbe questa probabilità di un terzo. Il
medico Steven Narod dell'Università di Toronto ha esaminato più di 2600 donne di 11
paesi e ha scoperto che coloro che avevano usato la pillola per più di cinque anni
avevano maggior rischio di sviluppare il tumore.
Lo studio ha tuttavia mostrato anche che questo dato varia a seconda del luogo in cui
vivono le donne. Le pazienti del Nord America e di Israele sono più a rischio di quelle
che risiedono in Europa. Per spiegare questo strano risultato, i medici ipotizzano
differenze nella composizione chimica delle pillole.
www.lescienze.it
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Chronic Prostatitis Cohort Study (SPCS): primi risultati
Nel 1998 il National Institute of
Health varò lo studio CPCS in cui vennero arruolati 488 uomini di età mediadi 43 anni
affetti da prostatite cronica o da sindrome dolorosa cronica della pelvi.
Lo studio aveva le caratteristiche di studio prospettico.
Vengono ora pubblicati i primi dati che descrivono le caratteristiche di base della
coorte.
Tutti gli uomini accusavano sintomi dolorosi o di fastidio nella regione pelvica per
almeno 3 dei 6 mesi precedenti. I sintomi erano localizzati nel 68% dei casi nell'area tra
il retto ed i testicoli, nel 60% dei casi sotto la cintura nell'area pubica corrispondente
alla vescica, e nel 48% nei testicoli.
Durante o dopo un rapporto sessuale nel 52% dei casi veniva accusato dolore o fastidio e
nel 40% dei casi durante la minzione.
Alla palpazione della prostata, nel 38% dei casi si evocò dolore. La maggior parte dei
pazienti aveva sperimentato trattamenti diversi con poco beneficio.
Di ogni paziente vennero esaminati campioni di urina, di secrezione prostatica e liquido
seminale.
Vennero raccolti campioni di urina e nel 50% dei campioni di mitto iniziale, nel 43% dei
campioni dal mitto intermedio e nel 77% dei campioni post massaggio prostatico venne
rilevato uno o più leucociti per campo.
Impiegando un cutoff di 5 leucociti per campo, un numero elevato di leucociti venne
rilevato nel 49% di campioni di secrezione prostatica e nel 16% di campioni di liquido
seminale. tuttavia non venne evidenziata correlazione tra gravità della sintomatologia e
conta leucocitaria in questi campioni.
Inoltre, nell'8% di questi campioni le colture per germi risultarono positive, ma senza
alcuna correlazione con la sintomatologia.
J Urol 2002 Aug: 168: 593-8
J Urol 2002 Sep:168: 1048-53
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La
sincope: incidenza, cause e prognosi
Sono stati inclusi in questo studio
7814 adulti, di età media di 66 anni, seguiti per un periodo medio di 17 anni.
L'incidenza cumulativa di sincope a 10 anni è stata del 6%. Tra i 727 pazienti che
riportarono episodi sincopali, il 78% presentò un episodio e il 22% due o più episodi.
Fra le cause più comuni: fattori vasovagali (21%), cardiopatie (10%), ortostasi (9%) e
farmaci (7%). Nel 37% dei pazienti le cause rimasero sconosciute. A confronto dei pazienti
che non riportarono episodi sincopali, quelli affetti da sincope di origine cardiologica
presentarono un incremento di 2 voltenella mortalità per tutte le cause e un incremento
di circa 3 volte del rischio di andare incontro ad infarto o morte per causa coronarica.
I soggetti con sincope di origine sconosciuta presentarono un incremento del 32% nella
mortalità per tutte le cause e un 31% di incremento del rischio per infarto miocardico o
morte per causa coronarica.
I pazienti con sindrome da causa vasovagale, ortostatica o indotta da farmaci non
presentarono aumento del rischio di morte o di infarto.
N Engl J Med 2002 Sep 19; 347:
878-85
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Sopravvivenza a lungo termine dei malati di cancro nel 20°
secolo: studi di coorte o analisi di periodo?
La sopravvivenza a lungo termine di
molti tipi di cancro è notevolmente aumentata nelle decadi passate per effetto della
diagnosi precoce e del trattamento.
Molti di questi miglioramenti vengono osservati solo molti anni dopo se valutati con i
classici metodi di analisi basati su metodi di coorte. Esiste tuttavia un metodo
alternativo di analisi della sopravvivenza, conosciuto come analisi di periodo, che
produce stime più attuali della sopravvivenza a lungo termine.
Fino ad ora le percentuali di sopravvivenza a lungo termine per il cancro sono sempre
state calcolate su coorti di pazienti diagnosticati molti anni prima e quindi esse
potrebbero essere non più attuali quando usate per proiezioni future.
L'idea di usare il principio del periodo al posto di quello di coorte fu proposta pochi
anni fa. Nel frattempo alcuni studi hanno dimostrato che l'analisi di periodo permette
stime più aggiornate della sopravvivenza a lungo termine, inoltre le stime di
sopravvivenza di periodo sembrano predire abbastanza accuratamente la sopravvivenza a
lungo termine dei pazienti diagnosticati nel periodo in esame.
Fino ad oggi questo metodo di valutazione della sopravvivenza a lungo termine dei pazienti
affetti da cancro è stato usato solo in alcuni registri tumori europei che coprono una
popolazione limitata per numero e range di età.
In questo studio è stata applicata la metodica dell'analisi di periodo per la valutazione
della sopravvivenza a lungo termine dei malati di cancro degli USA.
Tutti i dati sono stati ottenuti dal database del SEER (Surveillance, Epidemiology, and
End Results programme of the US National Cancer Institute) relativo al periodo 1973- 1998.
Risultati:
Le stime relative si sopravvivenza per tutti i tipi di cancro invasivi a 5 -10-15 -20 anni
sono state rispettivamente più alte di quelle calcolate col metodo di coorte del
1%-7%-11%-11%. Le percentuali di sopravvivenza di coorte erano molto più basse per gli
uomini rispetto alle donne.Una delle ragioni per cui la sopravvivenza era peggiore per gli
uomini nelle decadi passate va ricercata nella grande incidenza di cancro del polmone
negli uomini(generalmente con prognosi molto infausta).
Ma se si escludono i cancri del polmone e dei bronchi le percentuali di sopravvivenza per
tutti i tipi di cancro diventano molto simili tra uomini e donne. Lo studio dimostra che
le coorti di pazienti diagnosticate molti anni fa hanno una prognosi peggiore rispetto ai
pazienti diagnosticati più recentemente. Tra i 24 tipi di cancro esaminati con il metodo
dell'analisi di periodo Il cancro della prostata ha mostrato il miglior incremento in
termini di guadagno percentuale di sopravvivenza a 20 anni rispetto agli studi di coorte
pari al 37.2 %, mentre un guadagno del 10% o più è stato osservato per il cancro del
retto, della mammella e dell'ovaio, per il melanoma e per il linfoma di Hodgkin, una
miglioramento del 5% o più per il cancro della vescica, del rene, del colon, del sistema
nervoso centrale e delle leucemie. Con questo metodo di analisi la sopravvivenza relativa
a 20 anni è vicina al 90% per i tumori della tiroide e dei testicoli, supera l'80% per i
tumori della prostata e per il melanoma, è circa 80% per il cancro dell'endometrio,
almeno del 70 % per vescica e Hodgkin.il Cancro della mammella ha una sopravvivenza
relativa a 20 anni pari al 65% il cancro della cervice uterina pari al 60%, colon, ovaio e
rene circa il 50%.
Per contro i pazienti affetti da cancro del fegato, dell'esofago, pancreas, polmone, e
mieloma multiplo continuano ad avere una prognosi sfavorevole e una ridotta sopravvivenza.
Lancet 2002; 360:1131-35
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Statine anche per i più piccini?
Nuovi dati indicano che la
simvastatina riduce significativamente ed in maniera sicura il colesterolo LDL nei bambini
eterozigoti per Ipercolesterolemia Familiare. Saskia de Jongh e il "Simvastatin in
Children Study Group" hanno riportato che in tali bambini il colesterolo LDL si è
ridotto del 41% dopo 48 settimane di trattamento con simvastatina senza che si
evidenziassero problemi per la sicurezza di impiego del farmaco. Non ci sono state
significative modificazioni delle concentrazioni degli ormoni ipofisari,gonadici e degli
altri steroidi con l'eccezione di un piccolo decremento del deidroepiandrosterone solfato.
Circa 1 persona su 500 nelle società occidentali è eterozigote per Ipercolesterolemia
Familiare, un disordine del metabolismo lipidico che causa un aumentata sintesi di
colesterolo. L'Ipercolesterolemia Familiare è associata con un alto rischio di eventi
coronarici prematuri, alcuni soggetti di sesso maschile eterozigoti per questa forma
morbosa possono subire il primo evento coronarico già prima dei 30 anni di età.
Questo suggerisce che l'inizio della terapia antidislipidemica a 18 anni potrebbe essere
tardivo, soprattutto in considerazione dei dati che dimostrano che dimostrano la presenza
di alterazioni delle arterie carotidi negli eterozigoti già dall'età di 8-10 anni.
Le attuali linee guida per il trattamento dei bambini eterozigoti per Ipercolesterolemia
Familiare fanno riferimento soprattutto alla terapia dietetica, arma che non è mai
sufficiente. Le statine potrebbero essere un approccio alternativo al controllo della
colesterolemia ma gli studi precedenti sulla sicurezza e l'efficacia di questi farmaci sui
bambini sono troppo piccoli e troppo corti.
Anche se 48 settimane sono ancora un periodo abbastanza breve e sarebbe meglio avere i
dati a 2 anni, la mancanza di effetti avversi sulla crescita e sullo sviluppo puberale è
un dato preliminare importante.
Nondimeno, prima che le statine possano essere prescritte routinariamente ai bambini, ci
sarà bisogno che vengano pubblicati studi di evidence based medicine che dimostrino
l'efficacia e la mancanza di effetti avversi soprattutto sulla crescita e sullo sviluppo
puberale in trials più lunghi e su bambini più giovani. Molti di questi dati potranno
essere dedotti da un trial che è prossimo al completamento.
Lancet 2002; 360: 1077
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Gioie
e dolori per le statine: rischio di neuropatia periferica?
Le statine sono sempre più soggette
all'attenzione e all'osservazione da parte degli studiosi: mentre aumentano le loro
indicazioni, si fanno anche più frequenti le osservazioni sui possibili effetti
collaterali. In Danimarca è stato condotto uno studio caso-controllo su oltre 460.000
residenti. Gli studiosi hanno esaminato tutto è il i pazienti che riportassero diagnosi
di polineuropatia.
Sono stati esclusi i soggetti portatori di patologie tipicamente associate con questa
condizione patologica. Sono poi stati esaminati i restanti casi di neuropatia periferica
(diagnosi basata su criteri critici e neurofisiologici).
L'esame statistico dei dati evidenziava una forte correlazione tra impiego di statine e
neuropatia periferica, altamente significativa. I rischi sono apparsi più elevati nei
pazienti in trattamento con questi farmaci per oltre due anni.
I risultati di questo studio non sono conclusivi, malgrado gli autori abbiano usato
diverse tecniche per minimizzare possibili errori statistici, tuttavia resta assai
probabile una correlazione positiva.
Il rischio assoluto è apparso molto basso, tuttavia è importante tenere presente questa
possibilità in quanto le statine sono tra i farmaci più ampiamente utilizzati.
Neurology 2002; 58:1333-7
riportato su bollettino informazione farmaci n. 1-2 2002.
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Trials
sul carcinoma della mammella: risultati doppo follow-up a lungo termine (1)
Uno studio italiano cominciato nel
1973 riporta i risultati del follow-up medio di 20 anni di neoplasie di dimensioni
inferiori a 2 cm operate con mastectomia radicale o quadrantectomia più radioterapia
ipsilaterale. Le pazienti con linfonodi positivi di entrambi i gruppi erano poi state
trattate anche con chemioterapia.
Dopo appunto un follow-up medio di 20 anni le mortalità sia per tutte le cause che la
mortalità specifica per tumore della mammella risultarono identiche nei due gruppi.
N Engl J Med 2002 Oct 17; 347:
1227-32
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Trials sul carcinoma della mammella: risultati doppo follow-up a lungo
termine (2)
In un altro grande trial partito nel
1976, vennero incluse 1851 donne con tumore della mammella di dimensioni fino a 4 cm che
vennero trattate con mastectomia totale, nodulectomia, o nodulectomia più terapia
radiante.
Tutte le donne con linfonodi positivi furono anche trattate con chemioterapia.
Dopo 20 anni di follow-up non risultò differenza significativa tra i gruppi nella
sopravvivenza totale, nella sopravvivenza libera da malattia e nella sopravvivenza libera
da replicazioni a distanza.
Si ebbe una minore percentuale di recidive locali nel gruppo trattato con nodulectomia
più terapia radiante.
N Engl J Med 2002 Oct 17; 347:
1233-41
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APPROFONDIMENTI
Il medico e i problemi sessuali dei minori
Un problema
particolarmente delicato che si pone spesso al medico di famiglia è quello della gestione
dei pazienti di minore età.
Benchè questo aspetto sia maggiormente di pertinenza dei pediatri, tuttavia anche i
medici di famiglia possono trovarsi (e spesso si trovano) a dibattersi in problematiche di
tale tipo in quanto una larga fascia di minori può optare per l'iscrizione negli elenchi
dei MMG.
La Legge, com'è noto, stabilisce il termine della minore età al compimento del 18esimo
anno di età, tuttavia tale termine non è valido per tutte le circostanze della vita: si
è ritenuto di poter graduare tale limite a seconda dei settori di pertinenza.
È da rilevare, tanto per fare un esempio, come l'art. 591 del Codice Penale, limiti la
protezione ad un'età nettamente inferiore e definisca il reato di abbandono di persone
minori o incapaci come "chiunque abbandoni una persona minore degli anni
14...".
Peculiare è poi la figura del Minore Emancipato (art. 390 e seg. C.C.), a cui
vengono riconosciuti alcuni (ma non tutti) dei diritti tipici della maggiore età: una via
di mezzo tra il minorenne e il maggiorenne.
La complessità della normativa può provocare diversi problemi al medico che abbia in
cura un minore. Alcuni di questi problemi, di frequente riscontro, sono ad esempio:
- qualora il minore chiedesse una
prestazione in contrasto con quella dei genitori, il medico è tenuto a ottemperare alla
volontà del minore o a quella dei genitori?
- qualora il minore chieda una
prestazione da effettuarsi all'insaputa dei genitori, è obbligo del medico informarli?
- Qualora il medico venga a conoscenza
di atti sessuali compiuti dal minorenne (che magari chiede al medico la prescrizione di
anticoncezionali), è facoltà del medico stilare tale prescrizione o è tenuto a
rifiutarla e a chiedere il consenso dei genitori?
In linea generale, il medico è
tenuto a rispondere delle proprie azioni nei confronti di un minore ai genitori di questo.
Deve chiederne il consenso prima di un qualsiasi atto terapeutico, deve fornire loro le
necessarie informazioni utili alla tutela della salute del minore. Sono i genitori che
prendono le decisioni, assumendosene la responsabilità, su ciò che il medico può e non
può compiere nei riguardi del minore stesso. La potestà dei genitori può essere
superata (ma questo è un argomento particolare, che esula dalla normalità) dalle
decisioni del Magistrato, che può, in certi casi, sottrarre ai genitori la patria
potestà.
La sessualità dei minorenni
Particolarmente frequenti e acute
sono le problematiche legate alla sessualità dei minori.
- Sempre più spesso i minori assumono
atteggiamenti sessualmente disinvolti, chiedendo al medico informazioni e supporto.
- Il medico inoltre, per la sua
peculiare attività, può essere coinvolto (come accusato o come testimone) in episodi di
molestie sessuali in confronto di minori. Vittime privilegiate sono stati i ginecologi,
che ormai hanno imparato a cautelarsi opportunamente, anche mediante la presenza continua
alle visite di un'infermiera, ma possono essere coinvolte parecchie categorie.
- Il medico può essere depositario di
segreti e informazioni assai delicate, concernenti appunto la sessualità dei minori da
lui curati, che spesso non sa se classificare come lecite oppure no.
Il problema non è di poco conto, in
quanto il medico ha obbligo di referto all'Autorità Giudiziaria per tutti i casi che
possano costituire reato; qualora sia Pubblico Ufficiale ha anche obbligo di denuncia;
l'omissione di questi adempimenti costituisce a sua volta reato.
La conoscenza parziale ed incompleta della normativa del settore accresce quindi la
confusione ed espone il medico, anche inconsapevolmente, ad accuse penalmente rilevanti.
In realtà sulla problematica della sessualità dei minorenni si incrociano diverse
normative:
- Il Codice Penale, come modificato
dalla Legge 15 Febbraio 1996 n. 66 "Norme contro la violenza sessuale"
- La Legge 3 Agosto 1999 n. 269
(cosiddetta legge antipedofilia).
Dall'incrocio di queste due norme
deriva una serie di aspetti molto articolati e differenziati. Il minore viene, per alcuni
aspetti legati alla sessualità, considerato capace di autodeterminazione anche prima di
superare la soglia della maggiore età; tale concezione va a scontrarsi però con le
esigenze di protezione e di tutela del minore stesso.
Vediamo i dettagli normativi:
- Gli atti sessuali per i minori sono
vietati in ogni caso al disotto dei 10 anni. Al disotto di questa età si parla sempre
di violenza sessuale presunta (con ulteriore aggravante per l'età particolarmente bassa
della vittima) e una pena prevista dai 7 ai 14 anni. Questo comportamento è perseguibile
d'ufficio per cui il medico che ne venisse a conoscenza ha obbligo di presentare il
referto all'Autorità Giudiziaria.
- Qualora il medico si trovi a curare
un minore di età che abbia compiuto i 13 anni e non abbia ancora compiuto i 14,
deve sapere che a questo soggetto sono consentiti gli atti sessuali con altro soggetto
minorenne avente differenza di età non superiore a tre anni, purchè entrambi
consenzienti. È invece previsto espressamente come reato l'effettuazione di atti sessuali
in presenza di minore di anni 14 al fine di farlo assistere. Entrambi i reati sono
perseguibili d'ufficio con obbligo di referto.
- Nel caso si tratti di un minore di età
compresa tra i 14 e i 16 anni, ad esso sono consentiti atti sessuali volontari e
disinteressati anche con adulti con l'eccezione di quegli adulti che abbiano con esso
rapporti di tutela o di custodia (ascendenti, genitori anche adottivi, tutori o altre
persone "affidatarie"). Ad essi sono invece inibiti atti sessuali con
soggetti di qualsiasi età in cambio di denaro o di altra utilità economica, in quanto si
verrebbe a configurare il reato di prostituzione di minore ("legge
antipedofilia"). Le evenienze qui indicate costituiscono reati perseguibili d'ufficio
con obbligo di referto da parte del medico. Il medico che venisse a conoscenza di un
minore che praticasse la prostituzione deve inoltre darne immediata notizia alla
Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni. La pena per la corruzione
di minorenne è ridotta di 1/3 (ma non annullata) se il corruttore è anch'egli minore di
anni 18.
In altre parole quindi il
minore che sia compreso tra i 14 e i 16 anni può effettuare lecitamente atti sessuali con
persona estranea purchè non ne abbia in cambio denaro o altra utilità. In questo
caso il medico non deve presentare referto. Il passaggio di denaro trasforma invece
il comune atto sessuale, lecito, in corruzione di minorenne, illecito e reato.
- Per minori di qualsiasi età
inferiore a 18 anni costituisce reato l'atto sessuale effettuato con abuso di
autorità o delle condizioni fisiche o psichiche quando il colpevole è un genitore anche
adottivo, convivente, tutore o altro affidatario. Anche questo reato è perseguibile
d'ufficio.
- La legge 269 del 1998 persegue anche l'induzione
alla prostituzione di minore inferiore agli anni 18. Tale condotta va immediatamente
segnalata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni; stessa condotta
da seguirsi in caso di sfruttamento al fine di esibizione di materiale pornografico, di
consapevole cessione anche gratuita di materiale pornografico prodotto mediante lo
sfruttamento sessuale dei minori di anni 18, e tratta o commercio dei minori di anni 18 al
fine di indurli alla prostituzione.
È importante osservare come
in caso di atti sessuali su minori di anni 14 o in caso di atti sessuali in presenza di
minori degli anni 14 viene espressamente esclusa dalla Legge la scusante della ignoranza
dell'età della persona offesa.
In definitiva quindi come deve
regolarsi il medico?
Qualora si tratti di minore degli
anni 10, o di minore degli anni 14 che compie atti sessuali con un adulto egli deve
quindi, in ogni caso, presentare il referto all'Autorità Giudiziaria.
Qualora si tratti di atti sessuali consensuali compiuti da un minore che abbia compiuto
gli anni 14 e che non siano effettuati con le persone espressamente citate dalla Legge
questi atti sono da ritenersi leciti, rientranti nella sfera di autodeterminazione
sessuale del minore, e quindi non esiste obbligo di referto.
Schema riassuntivo
Età |
Atti sessuali permessi |
Comportamenti vietati (costituiscono reato, con obbligo di referto) |
Fattispecie penale |
TUTTI I
MINORI DEGLI ANNI 18: |
V. sotto,
in base all'età. Dopo i 16 anni sono permessi tutti gli atti eccetto quelli elencati qui
a fianco nella colonna 3 |
- Atti sessuali effettuati con
violenza o minaccia oppure abusando di autorità o delle condizioni di inferiorità
fisica o psichica del minore, quando il colpevole è il genitore anche adottivo, o il
convivente, o il tutore, o altro affidatario, o un pubblico ufficiale o un incaricato di
pubblico servizio nell'esercizio delle proprie funzioni.
- Induzione o sfruttamento della
prostituzione di persona inferiore agli anni 18
- Sfruttamento al fine di esibizioni
o produzione di materiale pornografico
- Consapevole cessione anche
gratuita di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei
minori degli anni 18.
- Tratta o commercio di minori degli
anni diciotto al fine di indurli alla prostituzione
|
- Art. 609-bis C.P. (come modif. dalla
Legge 66/96): da 5 a 10 anni
- L. 3/8/98, n. 269 art.2. Da sei a
dodici anni e multa da lire 30 a 300 milioni.
- Da sei a dodici anni e multa da lire
50 a 500 milioni.
- Reclusione fino a tre anni o multa da
lire tre milioni a lire dieci milioni.
- Art. 600 ter C. P. Reclusione da sei
a venti anni
|
Meno di
10 anni |
Nessuno,
in nessun caso |
Ogni
atto sessuale costituisce sempre violenza sessuale presunta, con aumento della pena
per l'età così bassa. |
Art. 609
quater C.P.: da sette a quattordici anni |
Meno di
13 anni |
Nessuno
|
Ogni
atto sessuale costituisce violenza sessuale presunta |
Art. 609
ter: da 6 a 12 anni. |
Meno di
14 anni |
Con
altro minore che abbia una differenza di età inferiore a 3 anni (non punibile). |
- Atti sessuali compiuti da soggetto
avente differenza di età superiore a 3 anni.
- Atti sessuali effettuati in
presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere
|
- (Art. 609 quater). Pena prevista: da
6 a 12 anni.
- Corruzione di minorenne: Art.
609-quinquies:da sei mesi a tre anni
|
Tra i
14 e i 16 anni |
Atti
sessuali volontari e disinteressati, tranne i casi specificati nella colonna 3. |
- Atti sessuali con l'ascendente, il
genitore anche adottivo, il tutore, o altra persona cui il minore venga affidato, ne abbia
custodia o conviva con lui.
- atti sessuali (con chiunque) in
cambio di denaro o di altra utilità economica
|
- Art. 609-quater: Da 5 a 10 anni
- Legge 3/8/98, n. 269 art. 2. Da 6
mesi a 3 anni o multa non inf. a lire dieci milioni. Riduzione di un terzo se il
corruttore è persona minore degli anni 18.
|
L'omissione e il ritardo della
denuncia sono un fatto penalmente rilevante, che costituisce reato ed è punito con le
pene previste dagli artt. 361 e 362 c.p.
Atti sessuali compiuti con violenza, inganno, abuso o minaccia su soggetti maggiorenni,
sono perseguibili a querela e quindi non soggetti a obbligo di referto. La querela è
irrevocabile.
Anticoncezionali e minorenni
Un altro problema di frequente
riscontro è quello della richiesta di anticoncezionali da parte dei minori.
In questo settore la Legge non fornisce espresse direttive, ma si ritiene dai più che,
essendo sancita l'autodeterminazione sessuale da parte del minore ultraquattordicenne,
tale autodeterminazione vada ad estendersi anche nel settore della prevenzione di
gravidanze indesiderate.
In effetti la Legge 22/05/1978 n. 194, all'art. 2, stabilisce che sia consentita anche ai
minori, su prescrizione medica, la somministrazione nelle strutture sanitarie e nei
consultori "dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in
ordine alla procreazione responsabile".
Esiste quindi un riconoscimento implicito del diritto di autodeterminazione del minore
nell'ambito della procreazione responsabile; bisogna però osservare come il legislatore
operi una distinzione tra la prescrizione e la somministrazione dei prodotti
anticoncezionali.
La prescrizione è, ovviamente, preliminare alla somministrazione.
La Legge 194 non esprime limitazioni circa la prescrizione medica del farmaco mentre
limita la sua somministrazione alle strutture sanitarie e nei consultori.
Da ciò deriverebbe che anche il medico di famiglia, ovviamente dopo averne valutato
l'indicazione e l'assenza di controindicazioni, abbia facoltà di prescrivere
l'anticoncezionale, mentre la successiva somministrazione di quest'ultimo dovrebbe
avvenire esclusivamente sotto il controllo da parte dei consultori.
Il medico di famiglia è quindi legittimato, ad esempio, a ripetere la prescrizione
iniziata da un Consultorio mentre non potrebbe gestire autonomamente l'intero processo.
Un consiglio di comportamento pratico quindi per il medico di famiglia potrebbe essere
quello di inviare la minore che chiede un trattamento contraccettivo a un consultorio che
possa assumersi la responsabilità prima di di accertare l'assenza di controindicazioni, e
poi di verificarne il corretto uso da parte della minore. Al medico di famiglia resterebbe
quindi il ruolo di "prescrittore", liberamente ammesso dalla Legge.
La verifica di eventuali controindicazioni è molto importante in quanto, qualora una
prescrizione effettuata con leggerezza e all'oscuro dei genitori provochi poi dei danni
alla salute alla minore, il medico (sia il prescrittore che il Consultorio) potrebbe
essere chiamato a risponderne.
Daniele Zamperini (Doctor, n. 13,
settembre 2002, modificato)
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Approfondimenti
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MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Rubrica
gestita dall'ASMLUC:
Associazione Specialisti in Medicina Legale Università
Cattolica (a cura di D. Z.)
Come organizzare e
custodire i dati dei pazienti (per i medici informatizzati)
Per evitare problemi in
caso di controlli o ispezioni, è necessario che il medico osservi una serie di regole
stabilite dalle varie leggi. Si tratta per lo più di incombenze puramente burocratiche,
noiose e sgradite al medico, tuttavia la loro osservanza, a ben vedere, non è
particolarmente gravosa (in genere si tratta di riempire periodicamente qualche foglio di
carta), e permette di operare con maggiore tranquillità.
Uno dei principali problemi è quello della sicurezza dei dati. La norma prevede che
chiunque raccolga dati personali e/o sensibili debba mettere in atto tutti quei
provvedimenti necessari ad evitare che questi dati siano danneggiati o che ad essi possano
accedere persone non autorizzate. L'inosservanza delle norme è penalmente sanzionabile.
Esaminiamo i singoli casi.
Medico che usa
cartelle cliniche cartacee
Se ai locali accedono persone diverse dal medico titolare (anche solo l'addetto alle
pulizie o parenti del medico) le cartelle devono essere chiuse a chiave in uno schedario o
in un cassetto dotato di serratura. La chiave deve essere custodita dal titolare.
Per quanto riguarda la segretaria o eventuali sostituti, questi devono essere autorizzati
per scritto, specificando per quali competenze sono autorizzati a consultare le cartelle
(la/e lettera/e deve essere conservata dal titolare e dagli interessati, senza ulteriori
incombenze, ed essere disponibile nello studio per eventuali controlli).
Su un altro foglio conservato nello studio devono essere identificate le altre persone che
accedono ai locali dopo l'orario di chiusura (ad es. la donna delle pulizie).
Medico che usa
cartelle cliniche informatizzate su PC singolo (non collegato ad alcuna rete)
Contro danneggiamenti o perdita dei dati: deve essere previsto un salvataggio
periodico dei dati; deve essere utilizzato un programma antivirus aggiornato. L'accesso ai
dati deve essere protetto almeno da una password. Se più soggetti accedono allo stesso
computer, ciascuno deve avere una password personale.
Non devono essere attivi, nel computer di studio, programmi "pirata".
Medico con
segretaria
Valgono le stesse regole delle cartelle cartacee: autorizzazione scritta e specifica delle
competenze per cui è autorizzata a consultare le cartelle.
Rapporti con medici
sostituti
Valgono le regole descritte per il personale di studio. Il collega va autorizzato per
iscritto, il foglio va tenuto presso lo studio e rifatto ogniqualvolta cambi il collega
sostituto.
Medico che usa
cartelle cliniche informatizzate su PC collegati ad una rete locale
Le stesse regole dette sopra (salvataggio periodico dei dati, software antivirus
registrato, aggiornato almeno ogni sei mesi, parola chiave diversa per ogni persona
autorizzata a collegarsi alla rete). Uno dei titolari deve assumere il ruolo di
amministratore di sistema che assegna e conserva le parole chiave di accesso di tutte le
persone autorizzate.
L'amministratore di sistema deve provvedere a rimuovere la parola chiave e
l'autorizzazione all'accesso qualora il soggetto non sia più autorizzato o non acceda
all'elaboratore per più di sei mesi.
Il titolare dei dati (in pratica ciascun medico per le sue cartelle) deve autorizzare per
scritto la altre persone che devono trattare i dati, specificando per quali competenze
sono autorizzati). In caso di più medici nello stesso studio, ciascun medico deve
autorizzare gli altri con la stessa procedura.
Medico che usa
cartelle cliniche informatizzate su PC collegati ad una rete di telecomunicazioni
accessibile al pubblico (per intendersi coloro che usano programmi di cartelle cliniche
che trasmettono dati per telefono)
Oltre a ciò che è stato specificato per i medici che lavorano in rete locale, i
colleghi che si trovano in questa condizione devono predisporre e aggiornare con cadenza
annuale un documento programmatico sulla sicurezza dei dati per definire:
i criteri tecnici e
organizzativi per la protezione delle aree e dei locali interessati dalle misure di
sicurezza nonché le procedure per controllare l'accesso delle persone autorizzate ai
locali medesimi.
I criteri e le
procedure per assicurare l'integrità dei dati
I criteri e le
procedure per la sicurezza delle trasmissioni dei dati, ivi compresi quelli per la
restrizione dell'accesso per via telematica.
L'elaborazione di un
piano di formazione per rendere edotti gli incaricati del trattamento dei rischi
individuati e dei modi per prevenire i danni.
Il
documento programmatico deve essere conservato presso lo studio, non deve essere spedito
al garante.
La stesura di questo documento è abbastanza standardizzata (seppure da adattare ai
singoli studi) e lo schema-base è reperibile presso i commercialisti, diversi siti
Internet e presso quasi tutte le Associazioni.
Protezione dei
lavoratori
Il personale che operi al computer più di venti ore settimanali deve essere assicurato
presso l'INAIL.
Gli obblighi di sorveglianza sanitaria almeno biennale scattano al compimento dei 50 anni.
Resta fermo il fatto che il lavoratore, ogni volta che sospetti una sopravvenuta
alterazione agli occhi, debba essere sottoposto a controllo oculistico a sua richiesta.
I posti di lavoro: Distanza dallo schermo di almeno 50-70 centimetri, sedie con schienale
regolabile, fonti luminose fuori dal campo visivo dell'operatore. Le postazioni dei
lavoratori devono essere conformi alle Linee guida d'uso dei videoterminali, predisposte
dal ministero del Lavoro con il decreto 244, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 18
ottobre 2000.
Daniele Zamperini:
"Lodicelafimmg", novembre 2002
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Il Comune è tuttora responsabile, insieme alla ASL, dei danni
patiti dai cittadini per danni alla salute pubblica.
(Cassazione, III civile n. 10638)
I fatti
Nicola C., mentre passeggiava per una via centrale di L'Aquila, veniva aggredito e morso
da un cane randagio.
Il giovane si era rivolto al giudice di pace chiedendo un risarcimento dei dannio subiti,
concesso dal Giudice di Pace, che assegnava l'onere, metà per ciascuno, al Comune e alla
ASL. La responsabilità del Comune veniva individuata nel fatto che quest'ultimo non aveva
controllato che la ASL avesse attuato il programma di prevenzione contro il randagismo. La
responsabilità della ASL era individuata nel fatto che ad essa spettava di tenere sicure
le strade dai cani abbandonati.
Il Comune dell'Aquila, proponeva ricorso sostenendo che i cani randagi sono "res
nullius", (ovvero non sono di nessuno) per cui l'Amministrazione comunale non può
essere chiamata a risarcire i danni da essi provocati.
La Cassazione respingeva il ricorso confermando la responsabilità solidale di Comune e
Asl quando non attuano correttamente le campagne antirandagismo.
"La distribuzione dei compiti in materia di assistenza sanitaria fra enti centrali
e locali" determinatasi attraverso l'evoluzione legislativa," afferma la
Suprema Corte "se ha trasformato l'originario ruolo delle Usl da articolazioni
periferiche del servizio sanitario nazionale, poste alle dipendenze del governo locale, in
quello di vere e proprie persone giuridiche pubbliche, dotate di autonomia amministrativa
con legittimazione sostanziale e processuale, inserite nell'organizzazione sanitaria
regionale, tuttavia non ha completamente reciso il legale con l'ente territoriale locale
nel cui ambito esse operano, residuando in capo al comune, la definizione delle linee di
indirizzo, nell'ambito della programmazione regionale e la verifica dell'andamento
generale dell'attività delle Usl, attraverso l'attività di vigilanza del sindaco, il
quale opera quale rappresentante dello stesso ente territoriale e non quale ufficiale di
governo (articolo 3 comma 14 decreto legge 502/92). Bene a ragione risulta, quindi,
affermata la responsabilità del comune di L'Aquila accanto a quella della Asl."
(La sentenza, come
riportato, esce dal caso specifico del morso canino, enunciando invece un principio
generale: il Comune resta corresponsabile delle mancanze delle ASL in caso di inadempienze
di queste ultime circa gli adempimenti sanitari che la legge attribuisce loro.
L'importanza di questo concetto, in caso di contenziosi che riguardino anche altri
contenuti, è evidente. DZ)
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Contrordine al contrordine: quasi una farsa sui cortisonici topici
Il problema dei
cortisonici topici sta assumendo toni quasi farseschi.
Come i lettori ricorderanno, abbiamo recentemente pubblicato un articolo che riassumeva le
normative emesse fino a quel momento, che si concludevano con l'annullamento delle
primitive disposizioni in materia e quindi il ritorno alla libera prescrizione di tali
farmaci.
Riassumiamo il travagliatissimo iter:
L' allegato 6 del
D.M. 27 settembre 2002 (G.U. Suppl. Ord. n. 200) riportava l'obbligo di piano terapeutico
per i cortisonici topici, senza obbligo di apporre alcuna nota CUF.
Il testo della nota
faceva riferimento ai soli principi attivi: poichè alcuni di questi cortisonici sono
utilizzati anche per via inalatoria (anch'essa classificabile come "uso topico")
si creavano problemi interpretativi: le confezioni inalatorie, sono o no comprese in
questa disposizione?
Il Ministero emanava
perciò una successiva disposizione che chiariva come il provvedimento si riferisse
esclusivamente a prodotti dermatologici.
Veniva poi emanato un
successivo Decreto Ministeriale (D.M. 21/11/2002 "Modificazioni ed integrazioni al
decreto 27 settembre 2002 "Riclassificazione dei medicinali ai sensi dell'art. 9,
commi 2 e 3 della legge 8 agosto 2002, n. 178", GU n. 280 del 29-11-2002) che
sostituiva l'allegato 6 del primitivo decreto con altro allegato che non riportava più la
disposizione sui cortisonici. Ne derivava l'annullamento di tale disposizione. Ci
esprimemmo in tal senso seppure con una formulazione prudenziale: " Salvo ulteriori
pronunciamenti ministeriali".
La nostra prudenza è
stata premiata: la G.U. n. 291 del 12/12/2002, nel "Comunicato relativo al decreto
del Ministro della salute 21 novembre 2002 "Modificazioni ed integrazioni al decreto
27 settembre 2002 "Riclassificazione dei medicinali ai sensi dell'art. 9, commi 2 e
3, della legge 8 agosto 2002, n. 178" riporta che al posto della dizione
"L'allegato 6 del D.M. 27 settembre 2002, è sostituito dal rispettivo
allegato 6 del presente decreto di cui costituisce parte integrante", vada letto
"L'allegato 6 del decreto ministeriale 27 settembre 2002 solo nella parte relativa
alla nota 66 è sostituito dal rispettivo allegato 6 del presente decreto di cui
costituisce parte integrante".
In altre parole il comunicato ministeriale modifica sostanzialmente il Decreto dello
stesso Ministero, reintroducendo l'obbligo di piano terapeutico per i cortisonici.
Riteniamo
che la questione possa essere considerata ancora non definitivamente conclusa, in quanto
da diverse parti si è commentato il fatto che una semplice "comunicazione" non
possa modificare nella sostanza un Decreto Ministeriale.
Questo problema, tipicamente giuridico, potrà essere affrontato e risolto definitivamente
soltanto in sede giudiziaria; nel frattempo, ai medici, non resta che adeguarsi,
prudenzialmente, all'ultima normativa, sperando che, in futuro, venga prestata maggiore
attenzione all'emanazione di nuove normative interessanti una platea tanto vasta di
cittadini e di professionisti.
Cortisonici col Piano Terapeutico, dunque! E speriamo bene!
Daniele Zamperini
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Legale
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Un dossier critico sui consulenti del tribunale
È interessante leggere
il dossier pubblicato su www.criminologia.it
e riportato sulla Riv. It. Di Med. Legale n. 3 del 2002 a cura di F. Introna e L. Rubini.
Il dossier vorrebbe esaminare analiticamente le problematiche connesse alle attività dei
Consulenti Tecnici D'Ufficio (cosiddetti CTU). Le problematiche riguardano però (lo si
vedrà) non solo le attività proprie del CTU, ma anche le organizzazioni dei tribunali e,
più in generale, l'intero pianeta giudiziario.
La raccolta di informazioni ha interessato:
35 uffici giudiziari
98 operatori di cui
78 avvocati
11 consulenti (10
medici legali e 1 tecnico-agrario)
9 magistrati
L'albo dei Consulenti
In tutte le sedi giudiziarie esiste un albo a cui i consulenti si iscrivono facendo
domanda al presidente del tribunale e corredandola dei documenti previsti.
In realtà le cose sembrano essere più complicate. Si è riscontrato, ad esempio,
l'assenza di un albo a Modena; l'aggiornamento degli albi, inoltre, previsto dalla norma
ogni 4 anni, risulta essere fatto in maniera e con criteri molto variabili e irregolari:
dagli aggiornamenti in tempo reale di Catanzaro, annuali di Milano e Roma, ai 4 anni
regolamentari di Taranto e Parma, ai 5-10 anni di Catania, alla mancanza di ogni
aggiornamento a Foggia.
Scelta dei Consulenti
Anche per quanto riguarda la scelta dei consulenti la variabilità sembra la regola:
Alcuni giudici si scelgono propri consulenti "di fiducia" che utilizzano sempre,
altri utilizzano come criterio quello del rapporto di conoscenza pregressa, altri si
basano sulle competenze e le qualità professionali indicate dall'albo.
Vengono riferiti casi paradossali:
- un pretore del lavoro di Roma
individua i consulenti tecnici secondo il nome di battesimo e non controlla né le
competenze né le qualifiche cosicché può accadere che in un caso di quantificazione di
una pensione di casalinga venga scelto un medico legale;
- a Napoli - non è accaduto una volta
sola - sono stati nominati quali CTU specialisti in malattie veneree per decidere su
questioni inerenti ai minori.
Per quanto riguarda l'area medica,
non sempre i consulenti sono medici legali, ma anzi spesso vengono scelti dei non
specialisti. L'utilizzazione di consulenti non medici legali, tuttavia, è stato rilevato
da vari intervistati come un problema, in quanto la consulenza sarebbe spesso carente
sotto il profilo medico legale che è quello che unisce due discipline (giuridica e
medica) ed è in grado di individuare il nesso di causalità, il soggetto responsabile e
la gravità della colpa.
Le incompatibilità
Un altro problema rilevante, frequente e fonte di ambiguità o di "scorrettezza"
è quello della incompatibilità (per motivi professionali, di amicizia, ecc) che non
vengono quasi mai controllate dal giudice come sarebbe necessario.
Alcuni episodi illuminanti:
- A Napoli, nell'ambito penale, un
medico legale è consulente di parte (di una USL) in un processo che vede una USL sotto
giudizio ed allo stesso tempo è anche consulente tecnico d'ufficio (per cui si richiede
la massima imparzialità e correttezza) in un altro processo in cui è coinvolta è sempre
la stessa USL.
- In un processo penale che si celebra
in provincia di Roma è stato nominato consulente del giudice un medico legale dipendente
della stessa USL nei confronti della quale si chiede la condanna dei medici e della
struttura ospedaliera. Il PM, avvertito del problema, finora non ha ritenuto di procedere
alla sostituzione.
- A Sassari, è stata decisa una causa
civile sulla base di una relazione di un CTU che nel precedente giudizio penale era stato
consulente di parte. La richiesta di ricusazione è stata rigettata perché il giudice ha
reputato essere tardiva.
- In un processo penale celebrato in
provincia di Roma, il medico che era intervenuto per salvare un bambino nato in un altro
ospedale e con problemi di sofferenza fetale, si è trovato nominato consulente del GIP.
Nessuno dei due - medico e GIP - hanno pensato che potesse esserci una incompatibilità
oggettiva data dal fatto che il medico aveva curato la "parte lesa" del processo
e quindi non poteva essere indifferente al caso.
- A Taranto, l'avvocato è riuscito a
ottenere la ricusazione del CTU il quale era incompatibile in quanto fiduciario
dell'assicurazione della azienda ospedaliera parte nel processo civile.
La standardizzazione dei quesiti
e le consulenze erronee
Un dato preoccupante che sembra riguardare soprattutto i grandi uffici giudiziari è la
cosiddetta standardizzazione dei quesiti, vale a dire l'utilizzazione di moduli
precompilati. La standardizzazione dei quesiti fa ritenere che i giudici non abbiano avuto
modo di studiare il fascicolo e quindi di comprendere appieno i nodi della questione.
Diretta conseguenza di ciò è la necessità di ulteriori valutazioni e di chiarimenti,
strumento a disposizione della parte per contestare punti della consulenza che si
ritengono non esaustivi o erronei.
All'udienza in cui è convocato il CTU per chiarimenti è quasi sempre ammessa la presenza
dei consulenti di parte e normalmente avviene una discussione. Anche questo aspetto,
però, mostra una serie di gravi limiti, con situazioni paradossali:
- A Milano, in un caso di
responsabilità medica in ambito civile per ritardo diagnostico, il CTU prima ha accertato
la sussistenza senza alcun dubbio del ritardo ma poi, in sede di conclusioni, ha affermato
per attenuare la responsabilità del collega che il ritardo poteva essere giustificato
dalla rarità della malattia.
- A Roma, il giudice delle indagini
preliminari ha archiviato un caso nonostante 6 consulenze di specialisti di rilievo
contrarie alla perizia del consulente del pubblico ministero, portate dalla parte civile.
Il pubblico ministero, inoltre, non ha allegato nel fascicolo da inviare al GIP l'ultima
perizia, sempre a suo sfavore.
- Sempre a Milano, in una questione
relativa a un brevetto, oggetto di una causa civile, la CTU depositata è palesemente
erronea poiché si poggia su un sbagliata traduzione dall'inglese. Gli avvocati di una
delle parti dimostrano l'errore attraverso consulenti e manuali. Ma questo per il giudice
istruttore non è sufficiente.
- A Roma, in sede civile: concorso di
colpa in un incidente stradale. Il giudice si avvale per la decisione della consulenza di
un perito che afferma testualmente: "l'attore (il pedone) attraversava la strada
senza cinture di sicurezza allacciate".
Il ritardo nel deposito delle
consulenze
Un problema grave è costituito dai frequenti ritardi nel deposito delle consulenze; tali
ritardi variano mediamente dai 2 mesi di Verona ai 15 e più di Trieste, con ampio
ventaglio intermedio.
Per quanto riguarda le sanzioni ai ritard, esse sono rare e consistono quasi sempre nella
revoca dell'incarico e nella riduzione dell'onorario.
Qualche esempio:
- A Savona, in un processo civile di
"malpratica", il CTU non presenta da oltre 8 mesi la sua relazione. Il giudice
lo ha sollecitato 3 volte e ha deciso di dimezzare l'onorario. Il consulente continua a
non presentarsi. Non si è proceduto con la sostituzione.
- A Reggio Calabria, in ambito penale,
dopo due anni di mancato deposito della consulenza tecnica d'ufficio, l'avvocato difensore
della parte civile chiede al magistrato un intervento per sollecitare il CTU e
l'applicazione della la sanzione, ma il giudice tentenna perché ha timore di non poterlo
più utilizzare.
- A Roma, in un processo civile, 4
udienze sono andate a vuoto (due anni di ritardo) perché il CTU non si presenta nemmeno
per il giuramento. L'avvocato della parte attrice ha chiesto la sostituzione e la
cancellazione dall'albo e il giudice ha accolto le richieste.
- A Pesaro, in sede penale, dopo due
proroghe andate a vuoto senza deposito della perizia, l'avvocato ha chiesto e ottenuto dal
giudice la riduzione di 1/4 dell'onorario del consulente medico.
- Innanzi alla 4° sezione civile del
Tribunale di Napoli in un caso avente ad oggetto danni per lesioni per un soggetto
invalido totalmente, da circa 2 anni e mezzo il collegio dei periti non deposita la
perizia e il giudice istruttore non prende alcun provvedimento.
(Questo dossier (di cui abbiamo
stralciato solo alcuni aspetti) è stato raccolto da "Giustizia per i diritti",
la rete di professionisti del diritto di Cittadinanzattiva onlus (ex Movimento federativo
democratico).
Certamente i Consulenti, e specialmente i medici, non fanno una bella figura. È
innegabile che certi comportamenti scorretti vadano evidenziati e prevenuti, chè il
punirli "a posteriori" non può sanare il danno che nel frattempo si è creato;
tuttavia non sarebbe possibile nè corretto voler addossare ad una categoria la
responsabilità del dissesto delle strutture giudiziarie, in quanto questa categoria si
trova ad essere, essa stessa, vittima di una serie di disfunzioni che possono riguardare
(e riguardano) l'intero complesso giudiziario, comprese le cancellerie e i magistrati
stessi.
Contributo personale: mi è stato riferito come in un processo celebrato in Sardegna,
finito in appello con pesanti contestazioni all'opera del Consulente di primo grado, i
Magistrati non avessero pensato di meglio che affidare la nuova consulenza allo stesso CTU
del primo grado.
C'è da chiedersi quale "imparzialità " e "terzietà" possa
presentare un Consulente nel fornire un giudizio sul proprio stesso operato. D.Z.)
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