Giugno |
"PILLOLE"
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Patrocinate |
Periodico
di aggiornamento medico e varie attualita' a cura di:
Daniele Zamperini dzamperini@bigfoot.com,
Amedeo Schipani mc4730@mclink.it,
Raimondo Farinacci raimondo.farinacci@tin.it
Iscrizione gratuita su richiesta. Archivio consultabile su:
http://utenti.tripod.it/zamperini/pillole.htm
e su www.edott.it Il nostro
materiale e' liberamente utilizzabile per uso privato. Riproduzione
riservata.
INDICE GENERALE |
- Ozono, le due facce di
una medaglia
- Utile la terapia eradicante anche nei sanguinamenti da aspirina
- Il pene
piccolo e l' intervento chirurgico
- Eritropoietina
utile nella terapia dell' ictus
- Quanto puo'
sopravvivere un seme?
- Sicurezza
stradale e alcool, un problema antico
- Il vino
riduce il rischio generico di morte
- Trattamento
con insulina dell' intossicazione da calcio-antagonisti
- Utilita' della sertralina nel disordine da stress post-traumatico (PTSD)
- Le visite di gruppo migliorano il controllo metabolico nel diabete di tipo 2
- Statine utili nella prevenzione della trombosi venosa profonda
- Esperienze dei familiari sullautopsia
- Autopalpazione utile o dannosa nello screening del
carcinoma mammario?
- Carvedilolo e insufficienza
cardiaca cronica severa
1: Il Viagra
(sildenafil) utile nellipertensione polmonare
2: Il Consumo di pesce può prevenire il cancro della
prostata?
3: Nuova cura genetica per
lemofilia
4: Nuovo test per la malattia di Lyme
5: Impatto
della terapia con interferone sulla cirrosi Epatite C correlata
- I problemi della nuova normativa sui famaci stupefacenti (Legge 8/2/2001 n. 12 G.U. n. 41 del 19/2/2001) (di D.Zamperini)
MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
- Il danno biologico
definito dalla legge 5 marzo 2001 N.57 e dal D.L. 23 febbraio 2000 N. 38 e identico
al danno biologico definito dalla sentenza 184/1986 della Corte Costituzionale?
(di Angelo Fiori)
-
Non viola la privacy raccogliere informazioni personali mediante cookies (Tribunale di
New York)
- I maltrattamenti sul lavoro equivalgono a
quelli familiari (Sentenza)
SCRIPTA MANENT
Segnaliamo un libro di Achille Martorelli, collega e amico "internettiano" dal titolo "L' arto fantasma e altri racconti". Il libro (una fiaba allegorica su un bambino dotato di una "gamba fantasma") gode di lusinghiere recensioni e di una presentazione di Francesco Pionati. Il ricavato dall' acquisto del volume (costo lire 20.000) verra' devoluto dall' Autore per un 'opera benefica in Burkina Faso (ospedale per i malati di lebbra). Per acquistarlo chiedere all'autore ( acmartor@libero.it )o all'editore : Alberti & C. editori -0575353532.
Pillole di buonumore
PILLOLE
Ozono, le due facce di una medagliaIn questi ultimi anni e' molto aumentato l'interesse verso l'ozono (O3,
ossigeno triatomico) con aspetti tuttavia ambivalenti, in quanto l' ozono viene
considerato, alternativamente, un amico o un nemico.
Infatti aumentano le preoccupazioni per lo strato di ozono dell'alta atmosfera, quella
compresa tra i 15 e i 30 Km. di quota che protegge il globo terrestre e la vita biologica
dai raggi ultravioletti solari e che viene progressivamente erosa da una serie di
inquinanti atmosferici soprattutto in corrispondenza del Polo sud, dove si e' verificato
il famoso buco che tende progressivamente ad allargarsi. La diminuzione di questa fascia
di ozono favorisce l'insorgenza nell'uomo di forme eritematose ma anche di melanomi,
cataratte, ecc. La molecola di ozono infatti e' capace di bloccare i raggi ultravioletti
solari in quanto, colpita da tali raggi, si spezza in due dividendosi in O2 (ossigeno
molecolare e O (ossigeno atomico). I raggi ultravioletti vengono bloccati da questo
procedimento, che ne assorbe l' energia.
Successivamente, attraverso nuove reazioni chimiche a cui partecipano altri componenti
(come l'azoto), dall'ossigeno atomico e da quello molecolare si riforma l'O3 (ozono).
Effetto negativo hanno i clorofluorocarburi come quelli utilizzati per esempio come
propellenti per aerosol in quanto i raggi ultravioletti spezzano le molecole di CFC
liberando cloro che si combina con una molecola di ozono sottraendo ad esso un atomo di
ossigeno. In questo modo la molecola di ozono (O3) torna ad essere una normale molecola di
ossigeno molecolare (O2) non in grado di bloccare i raggi ultravioletti solari. Il cloro,
dopo aver catturato l'atomo di ossigeno lo ricede a un altro ossigeno atomico
ricostituendosi come cloro libero e formando ossigeno molecolare. Il cloro libero
ricomincia il processo sopradescritto.
In questo processo a catena ogni molecola di cloro puo' arrivare a distruggere fino a
30-40mila molecole di ozono. Per questo motivo i propellenti a base di CFC sono stati
sostituiti da altri prodotti come l'idrofluoroalcani (HFA) che non hanno effetti
distruttivi sull'ozono stratosferico.
E' da sottolineare come i CFC sono in grado di sopravvivere in stratosfera anche oltre
cento anni continuando a degradare inesorabilmente l'ozono.
L'altra faccia dell'ozono e' quella invece costituita dall'ozono "cattivo",
quello aggressivo per l'apparato respiratorio, che colpisce coloro che vivono soprattutto
in citta' soleggiate e con intenso traffico veicolare. Il problema e' meno conosciuto
rispetto a quello di altri inquinanti atmosferici in quanto le ricerche in tale settore
tendono ad essere effettuate nei paesi nordici, ove gli inquinanti sono di altro genere
(SO2), mentre l'ozono come abbiamo detto tende a svilupparsi in zone soleggiate
mediterranee apparentemente non inquinate e quindi poco studiate da questo punto di vista.
L'ozono inquinante e' stato studiato in California in quanto questo agente chimico
costituisce lo smog fotochimico detto comunemente "smog di Los Angeles".
Ma come si forma l'ozono al suolo? Si tratta di un inquinante cosiddetto
"secondario" dal momento che deriva dalla trasformazione, per azione degli UV
solari del biossido d'azoto (NO2) immesso in atmosfera dagli scarichi dei veicoli a
motore. Poiche' la formazione di ozono necessita, oltre che dalla presenza di idrocarburi,
anche di radiazioni solari ne deriva che la sua concentrazione nelle citta' soleggiate si
verifica soprattutto in tarda mattinata e nel primo pomeriggio.
Viene a essere maggiormente soggetto a rischio quindi chi circola a piedi o in automobile
in queste ore rimanendo magari a lungo imbottigliato nel traffico. All'effetto flogistico
diretto dell'ozono sulle vie aeree occorre aggiungere l'effetto cosiddetto
"priming", di incremento della permeabilita' delle mucose con conseguente
facilitato passaggio di allergeni nella sottomucosa che possono interagire con le cellule
infiammatorie.
Bisogna quindi considerare l'ozono come un Giano bifronte che da un lato protegge la
nostra pelle ma da un altro lato puo' danneggiare il nostro apparato respiratorio.
(D.Z. Fonte: "Aria Ambiente Salute" anno 4, n.1 -
Febbraio 2001 - pag. 26-27).
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Alcuni ricercatori di Hong Kong hanno studiato quei soggetti che,
essendo stati affetti da ulcera ed essendo pure cardiopatici, assumono acido
acetilsalicilico o altri antiaggreganti piastrinici con conseguenti episodi di
sanguinamento. Questi soggetti vengono comunemente trattati con Omeprazolo o altri
inibitori di pompa protonica in quanto farmaci riconosciuti idonei alla prevenzione
secondaria delle emorragie da FANS.
Gli studiosi cinesi hanno voluto esaminare l'efficacia di una eventuale terapia eradicante
l'H.P. nei soggetti che, appartenendo a tale categoria, risultassero portatori di tale
infezione. Hanno esaminato 400 pazienti con storie di sanguinamento gastroenterico,
confermata con esame endoscopico e che avevano un reperto istologico di infezione da H.P.
Questi soggetti assumevano sistematicamente acido acetilsalicilico o altri fans. Dapprima
e' stata trattata l'ulcera con una terapia a base di Omeprazolo fino a cicatrizzazione;
poi veniva di nuovo somministrato acido acetilsalicilico o Naprossene a dosi
antiaggreganti. Venivano poi randomizzati per una terapia protettiva a base di Omeprazolo
per sei mesi oppure una terapia eradicante a base di tetraciclina, metronidazolo e
subcitrato di bismuto per una settimana, seguita da un placebo fino alla fine del sesto
mese. I risultati hanno evidenziato che i soggetti che assumevano aspirina avevano una
riduzione di rischio di emorragie analoga sia che fossero trattati con Omeprazolo che con
la terapia eradicante; i pazienti trattati con altri FANS (Naprossene) invece avevano un
beneficio 4 volte maggiore allorche' assumevano Omeprazolo rispetto alla semplice terapia
eradicante.
E' possibile ipotizzare l'esistenza di una azione sinergica negativa sulla mucosa gastrica
di H.P. e acido acetilsalicilico; tale azione non si verificherebbe pero' con altri fans.
I limiti di questo studio consistono essenzialmente nella mancanza di un gruppo di
confronto trattato unicamente con placebo e dal fatto che la categoria "altri
fans" era rappresentata dal solo Naprossene. Tuttavia si apre la possibilita' di
trattare profilatticamente le emorragie gastriche da acido acetilsalicilico con una
terapia eradicante che viene a essere breve e molto meno costosa di una terapia prolungata
con inibitori di pompa protonica.
(D.Z. Fonte: N.E.J.M. 2001;344:967-973)
E molto frequente in ambiente andrologico la richieste di
ingrandimento chirurgico di un pene ritenuto troppo piccolo. Questa richiesta e
spesso indipendente dalleffettiva lunghezza dellorgano genitale che
allesame clinico puo apparire nei limiti della norma. E ovvio che tali
pazienti siano affetti da un disturbo psicologico di stampo fobico-ossessivo centrato
sulla dismorfofobia genitale. I testi di andrologia valutano normale le dimensioni del
pene eretto dai 10 cm. in su anche se alcuni autori arrivano a definire normale il pene
fino a 7 cm.
E ovvio che lapproccio chirurgico non e indicato in soggetti aventi
genitali di dimensioni maggiori; risulta inoltre alquanto discutibile di per se, in
quanto si dovrebbe privilegiare un approccio psicoterapeutico. Puo esistere
pero una percentuale di pazienti in cui la tale psicoterapia puo risultare
inefficace; possono esistere inoltre soggetti che lamentino difficolta relazionali
anche dopo la psicoterapia, sempre attribuendole alle dimensioni del pene.
Un équipe chirurgica e percio intervenuta su tre popolazioni di pazienti
adulti che avevano indicazione ad un intervento sul pene: soggetti con pene curvo
congenito, con morbo di La Peyronie, pazienti dismorfofobici trattati con successo
mediante psicoterapia. E stata valutata la loro relazionalita con laltro
sesso prima e dopo la chirurgia mediante un colloquio sessuologico.
I sedici pazienti affetti da pene curvo congenito sono stati sottoposti ad intervento di
raddrizzamento del pene; i settanta pazienti affetti da morbo di La Peyronie sono stati
sottoposti ad intervento di raddrizzamento del pene secondo Naisbit; 22 pazienti affetti
da dismorfofobia genitale sono stati sottoposti, dopo il ciclo di psicoterapia, a sezione
del legamento sospensore del pene e falloplastica di ampliamento. Lallungamento
medio e risultato di 1,3 cm. con un aumento di circonferenza di 1 cm. E stata
valutata la soddisfazione dellintervento e la modificazione della
relazionalita con laltro sesso.
L esame dei risultati ha evidenziato che i pazienti affetti da pene curvo congenito,
pur dimostrandosi contenti dellintervento dal punto vista estetico, non hanno
modificato il proprio modo di relazionarsi con laltro sesso mantenendo le
difficolta relazionali recedenti. Altrettanto dicasi per i pazienti affetti dal
morbo di La Peyronie: malgrado il successo chirurgico ed estetico del raddrizzamento il
modo di porsi con laltro sesso non era modificato. Differente invece e stato
leffetto della chirurgia sui pazienti affetti da dismorfofobia e gia
sottoposti con successo a terapia psicologica. Ben 18 hanno modificato in positivo il
proprio accesso con laltro sesso nel senso di una maggiore disinvoltura nel
proporsi. Da qui si rileva come lefficacia della psicoterapia sia stata fondamentale
in questi soggetti; si rileva inoltre come leffettivo aspetto dei genitali non
incida che in minima parte sulla relazionalita dei pazienti quando non sia
supportato da una adeguata autostima. E ovvio che il ruolo che il maschio da
alle dimensioni dei propri genitali nel successo della sua vita di relazione va quantomeno
ridimensionato
Daniele Zamperini. Fonte: Rivista di Sessuologia - vol. 24 - n.3 - Luglio-Settembre 2000 pag. 243-245
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L'eritropoietina, fattore di crescita ematopoietico, e' da lungo tempo
usata con successo per curare l'anemia, soprattutto in soggetti nefropatici cronici o
dializzati. Diversi studi su animali avevano evidenziato come l'eritropoietina
avesse anche un'azione neuroprotettiva, non solo nel danno ischemico ma anche in quello
traumatico e infiammatorio, anche senza poterne chiarire le basi fisiopatologiche.
I ricercatori hanno proseguito le ricerche sull'animale provocando una occlusione
dell'arteria cerebrale media e una conseguente ischemia cerebrale dopo l'iniezione di 5000
unita' pro/Kg di eritropoietina. Il gruppo di ratti trattati veniva confrontato con un
gruppo equivalente di ratti non sottoposti a trattamento farmacologico preventivo.
Rispetto al gruppo di controllo gli animali trattati col farmaco presentavano un'area
ischemica cerebrale piu' piccola del 75% rispetto ai controlli ed era anche ridotto
sensibilmente il numero di neuroni positivi per il DNA danneggiato. L'eritropoietina
proteggerebbe quindi i neuroni dall' apoptosi attivando vie genetiche o metaboliche
(attivazione di proteinchinasi specifiche) e attraverso un'attivita' neurotrofica
intrinseca.
Questi dati indicherebbero come l'eritropoietina possa essere usata con successo nel
trattamento dell'ischemia cerebrale acuta. Per tale motivo sono in corso studi su soggetti
umani affetti da ischemia cerebrale e sottoposti a trattamento con EPO.
(Proc. Nat. Acad. Sci. 2001;98:4044 -4049 - Citato da "Tempo
Medico" 26 Aprile 2001)
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Quanto puo' sopravvivere un seme?
E' tuttora in corso negli Stati Uniti uno dei piu' lunghi esperimenti
di biologia vegetale effettuati nel mondo. Nel 1879 sono state preparate dal botanico
Willam Beal 20 bottiglie ermeticamente sigillate contenenti sabbia umida e i semi di 20
diverse piante infestanti. Il botanico si chiedeva quanto potessero rimanere vivi e
germoglianti tali semi. Aveva scelto per questo esperimento alcune piante particolarmente
resistenti e infestanti che si rivelavano immuni ad ogni trattamento diserbante. Le
bottiglie erano state sigillate e sepolte a testa in giu' e ogni 5 anni ne veniva
dissotterrata una e il suo contenuto veniva seminato su suolo sterile.
L'intervallo di tempo dell'apertura delle bottiglie (inizialmente di 5 anni) veniva poi
allungato a 10 e a 20 anni; infatti tuttora il contenuto di queste bottiglie continua a
produrre piante vive e vitali.
La bottiglia aperta nell'anno 2000 ha permesso ancora la crescita di una dozzina di
pianticelle della specie verbascum e una piccola malva. Le bottiglie non sono ancora
terminate: si prevede che l'ultima verra' aperta nel 2100, tuttavia gli scienziati si sono
gia' resi conto che i semi sono capaci di sopravvivere per tempi molto lunghi, in stato
quiescente, e riattivarsi con piena vitalita' quando le condizioni ambientali gliene
offrono l'occasione.
Questo esperimento pone una conferma indiretta dati esperimenti effettuati con semi
provenienti da antiche tombe o da antichi manufatti che hanno permesso la nascita di
piantine dopo uno stato di quiescenza durato addirittura secoli.
E' presumibile percio' che tutti i terreni, sia desertici che boschivi, costituiscano in
realta' una sorta di "banca del seme" di organismi pronti a crescere nel momento
piu' adatto. Certamente e tuttavia l'esperimento in corso non permettera' di stabilire il
limite massimo di sopravvivenza.
(D.Z. Fonte: "Scienze" 291:1884, 2001)
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"I progressi della biochimica permettono oggi di determinare
la quantita' di alcool introdotta nell'organismo operando su piccolissime quantita' di
sangue. Merce' microdosaggi effettuati secondo i metodi di diversi autori e' oggi
possibile determinare rapidamente e con notevole esattezza le concentrazioni di alcool nel
sangue: anche a distanza di parecchie ore dall'ingestione piu' o meno abbondante di
bevande alcoliche
.. fin dal 1926 in Svizzera l'Istituto di Medicina Legale dell'
Universita' di Zurigo si occupo' di tale questione; recentemente approfittando
dell'autonomia legislativa cantonale i Cantoni di Vaud e di Berna e di hanno dato facolta'
al Magistrato e all' Ufficiale di Polizia di ordinare ad un medico il prelevamento di una
piccola quantita' di sangue nelle persone sospette di ubriachezza che abbiano partecipato
in qualita' di autori o di vittime ad un infortunio stradale. Il prelevamento deve essere
fatto al piu' presto possibile dopo l'infortunio; si sa pero' che anche nelle 24 ore
successive a una soverchia libazione la diagnosi di ubriachezza con la determinazione
della concentrazione dell'alcool nel sangue e' resa possibile con semplici accorgimenti
tecnici. I prelevamenti di sangue devono essere fatti da medici autorizzati e naturalmente
con tutte le regole dell'arte sempre che cio' non sia nocivo alla salute del soggetto
Oltre al sussidio che possono fornire tali prove al Magistrato inquirente e' da
considerare anche l'efficacia preventiva che dovra' avere il timore, specialmente per chi
conduce automobili, di essere riconosciuto ubriaco in caso di infortunio: il che come e'
ovvio aggrava il reato. Non e' poi da credere che nelle persone appartenenti alle classi
piu' ricche l'ubriachezza sia rara; nell'America del Nord si sono dovuti lamentare molto
spesso numerosi infortuni stradali dopo grandi bevute collettive di liquori (cocktail
party). ("Sapere", 31 Gennaio 1936 pag.64).
[Commento: L' articolo qui riportato, a parte qualche
sottigliezza linguistica, potrebbe essere stato scritto in epoca attuale, tanto moderni
sono i concetti espressi in esso. E' incredibile e inconcepibile comunque osservare come
tali procedure, ampiamente note e attuabili addirittura negli anni '30, siano rimaste
lettera morta in Italia fino agli anni 90, con tutte le migliaia di morti che ne sono
conseguiti. D.Z.]
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E' ben noto come gli alcolici siano stati alternativamente esaltati o
demonizzati. L'abuso di alcolici e' ritenuto in molti Paesi un flagello sanitario ed era
considerato fino a pochi decenni fa come la causa principale delle cirrosi epatiche e
delle malattie epatiche in genere. L'alcool inoltre favorisce le morti accidentali ed i
suicidi. Non e' stato pero' studiato se i vari tipi di alcolici si differenzino tra loro
nel portare sia i benefici che i rischi riferiti. Sono stati percio' studiati circa 25
mila pazienti tra uomini e donne, di eta' compresa tra i 20 e i 98 anni indagando nelle
abitudini alimentari e seguendone il follow-up. Nel corso dell'osservazione sono deceduti
circa 5000 soggetti; l'analisi dei dati ha evidenziato come i moderati bevitori di bevande
alcoliche: birra, liquori, super alcolici in genere (escluso il vino) presentavano
un rischio relativo di morte pari a 0,90 rispetto ai non bevitori. L'assunzione di modiche
quantita' di vino riduceva questo tasso di rischio a valori ancora inferiori pari allo
0,66. A questa diminuzione di rischio corrispondeva una parallela diminuzione dei casi di
coronaropatia e di malattie neoplastiche.
Gli autori concludono percio' che l'assunzione di modeste quantita' di vino comporta una
riduzione del rischio generico di morte nonche' del rischio specifico di malattie
cardiovascolari o neoplastiche.
D.Z. Fonte: Ann Intern Med. 2000;133:411-9
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Trattamento con insulina dell' intossicazione da calcio-antagonisti
I calcio-antagonisti, in dosi eccessive, possono essere causa di intossicazione
potenzialmente letale. La manifestazione clinica più importante delloverdose con
questi farmaci e' legata direttamente alla sua indicazione terapeutica ed e' costituita da
ipotnsione grave.
La terapia convenzionale di questa overdose consiste nella somministrazione endovenosa di
liquidi, calcio, farmaci vasopressori (dopamina, dobutamina, etc), con risultati non
sempre positivi. Gli autori di questa pubblicazione hanno trattato in modo nuovo due
pazienti in condizione di intossicazione acuta da calcio-antagonisti mediante
somministrazione di insulina in dose tale da non indurre ipoglicemia ma una condizione di
"iperinsulinemia euglicemica".
Il primo soggetto aveva sviluppato ipotensione e bradicardia dopo aver ingerito 12
compresse di amlodipina di 2.5 mg. Il secondo caso aveva ingerito una quantità
imprecisata di diltiazem. Entambi i soggetti non avevano risposto al trattamento
convenzionale effettuato al Pronto Soccorso.
Veniva praticata, in entrambi i soggetti, una infusione di insulina alla dose di 0.5
U.I./Kg/ora. Nonostante lalta dose di insulina ricevuta, la prima paziente non ha
necessitato di glucosio supplementare EV, mentre tale somministrazione (al 10%, 100
ml/ora) e' stata necessaria nel secondo paziente. Linfusione di insulina ha risolto
con successo e rapidamente lipotensione e la bradicardia nei due pazienti.
Non e' chiaro il meccanismo con cui la terapia insulinica risolve linstabilità
emodinamica indotta dai calcio-antagonisti non è stato definito. Si ritiene che
linsulina abbia un effetto inotropico positivo a livello cardiaco e aumenti la
resistenze vascolari periferiche, in quanto promuove lassunzione di glucosio da
parte dei miociti e delle cellule muscolari lisce. Il rischio dell' ipoglicemia secondaria
e' facilmente risolvibile con la somministrazione di glucosio e.v.
D.Z. : N Engl J Med, 2001; 344:1721-2
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Utilita'
della sertralina nel disordine da stress post-traumatico (PTSD)
Il disordine da stress post-traumatico si associa generalmente ad una significativa
disabilita'. Si e' voluto indagare l' efficacia del trattamento con sertralina a confronto
con placebo, in uno studio multicentrico in doppio cieco della durata di 12 settimane..
Sono stati randomizzati 208 pazienti con forma moderata o severa, valutata con una serie
di scale (CAPS-2, IES, CGI-S, CGI-I).
L' analisi dei risultati ha evidenziato un significativo vantaggio della sertralina
rispetto al placebo; la sertralina si e' inoltre mostrata ben tollerata, con il 9% di
interruzioni del trattamento secondarie ad effetti collaterali, rispetto al 5% del
placebo. Gli effetti collaterali consistevano essenzialmente in insonnia, diarrea, nausea,
inappetenza.
Gli autori concludono che la sertralina si e' mostrata utile, efficace e ben tollerata nel
trattamento della sindrome da stress post-traumatico.
Arch Gen Psychiatry. 2001;58:485-492
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Le visite di gruppo migliorano il controllo metabolico nel diabete di tipo 2
Il
controllo ottimale del diabete mellito richiede un approccio multidisciplinare,
nellintento sia di ottenere un controllo metabolico, sia di modificare lo stile di
vita, sia di gestire i problemi medici intercorrenti. La maggior parte dei pazienti con
diabete di tipo 2 non in terapia insulinica sono sottoposti a visite individuali, insieme
con un supporto educazionale discontinuo, quando disponibile. Ciò provoca difficilmente
modifiche comportamentali, in quanto le informazioni e le raccomandazioni ricevute durante
le visite vengono recepite come contrastanti con le proprie abitudini e le proprie azioni
quotidiane, pertanto vengono ignorate o dimenticate dai pazienti. Gli autori di questo
lavoro (tutto italiano, N.d.R.) hanno voluto verificare
se è possibile e utile sostituire le visite individuali con visite interattive di gruppo,
come modalità principale di gestione dei pazienti diabetici ambulatoriali. Durante le
visite di gruppo i pazienti beneficerebbero di una maggiore esposizione a tecniche di
interazione, dinamiche positive, identificazione con gli altri membri. Le visite
individuali potrebbero essere riservate al controllo delle complicanze e dei problemi
medici intercorrenti.
E stato pertanto effettuato uno studio clinico randomizzato e controllato con 112
pazienti diabetici di tipo 2. Di questi pazienti, 56 sono stati suddivisi in gruppi di 9 o
10 persone che venivano sottoposte a visite periodiche di gruppo; gli altri 56, utilizzati
come gruppo di controllo, sono stati sottoposti a controlli periodici individuali, più un
supporto educazionale. Le visite hanno avuto una periodicità trimestrale, per una durata
di due anni. Dopo due anni, i pazienti visitati in gruppo avevano, rispetto ai controlli,
livelli di HbA1c più bassi (P = 0.002), colesterolo HDL più elevato (P =
0.045), trigliceridi e indice di massa
corporea più bassi (rispettivamente P = 0.053 e P = 0.06); inoltre erano migliorate la
loro conoscenza del diabete (P = 0.001) e la loro qualità di vita (P = 0.001), e
praticavano comportamenti più appropriati per la salute (P = 0.001). I medici avevano
impiegato meno tempo per le visite di gruppo rispetto alle visite individuali, mentre i
pazienti avevano avuto una interazione più prolungata con i loro operatori sanitari.
Conclusioni. Le visite di gruppo per pazienti diabetici di tipo 2 non in terapia
insulinica sono praticabili nella pratica clinica quotidiana senza aumentare le ore di
lavoro; in più, possono migliorare il controllo metabolico del diabete a breve termine,
inducendo comportamenti più appropriati per la salute.
Diabetes Care, giugno 2001
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Statine utili nella prevenzione della trombosi venosa profonda
Lefficacia
delle statine nella prevenzione delle patologie cardiovascolari può essere in parte
dovuta alle loro proprietà antitrombotiche. Si conosce però ben poco riguardo agli
effetti di questi farmaci sullevoluzione della trombosi venosa profonda. Gli autori
di questo lavoro hanno effettuato uno studio retrospettivo di coorte, per un periodo di
otto anni, prendendo in considerazione tutta la popolazione residente dellOntario,
Canada, di età superiore ai 65 anni; circa 1.4 milioni di persone. Sono stati esclusi i
soggetti con storia documentata di aterosclerosi, tromboembolia o cancro nei 36 mesi
precedenti larruolamento, come pure coloro ai quali era stato prescritto warfarin
nei 12 mesi precedenti larruolamento. Sono state selezionate due coorti. Nella prima
coorte, composta da 125.862 uomini e donne, sono stati distinti tre sottogruppi: soggetti
in terapia con ormoni tiroidei, soggetti in terapia con statine, soggetti in terapia con
farmaci ipocolesterolemizzanti non del gruppo delle statine (fibrati, niacina, resine
sequestranti gli acidi biliari). La seconda coorte, composta da 89.508 donne, comprendeva
anche un sottogruppo in terapia con estrogeni, oltre agli stessi sottogruppi della prima
coorte. Laggiunta di questo sottogruppo era dovuta al fatto che si prevedeva una
associazione positiva tra estrogeni e trombosi venosa profonda. Risultati. Nella
prima coorte, dopo aggiustamento per vari
fattori (età, sesso, precedente ospedalizzazione, cancro di nuova diagnosi, o
prescrizione di aspirina, warfarin o estrogeni), i soggetti del gruppo statine hanno
presentato una riduzione del rischio di trombosi venosa profonda rispetto al gruppo in
terapia sostitutiva tiroidea: indice di rischio aggiustato = 0.78 (IC 95% = 0.69
0.87). Questa riduzione, rapportata al gruppo in terapia tiroidea sostitutiva, non si è
avuta nel gruppo in terapia con farmaci ipolipemizzanti non del gruppo statine: indice di
rischio aggiustato = 0.97 (IC 95% = 0.79 1.18). Nella seconda coorte, dopo
aggiustamento per i vari fattori già enunciati, i soggetti del gruppo
estrogeni hanno presentato un aumento del rischio di trombosi venosa profonda
rispetto al gruppo terapia tiroidea sostitutiva: indice di rischio aggiustato
= 1.16 (IC 95% = 1.01 1.33). Il gruppo statine ha presentato una
riduzione del rischio di trombosi venosa profonda (indice di rischio = 0.68; IC 95% = 0.59
0.79). Il gruppo ipolipemizzanti non statine non ha presentato
differenze nel rischio di trombosi venosa profonda rispetto al gruppo terapia
tiroidea sostitutiva: indice di rischio aggiustato = 0.84; IC 95% = 0.63
1.12). Conclusioni. Nei soggetti selezionati di età uguale o maggiore di 65 anni
le statine sono state associate ad una riduzione del rischio di trombosi venosa profonda
del 22%. Si ritiene necessario un trial clinico randomizzato per valutare lefficacia
delle statine nella prevenzione primaria e secondaria della trombosi venosa profonda.
Archives of Internal Medicine, 11 giugno 2001
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Esperienze dei familiari sullautopsia
Unautopsia
è certamente lestremo mezzo per valutare la qualità dellassistenza fornita.
Le esperienze dei familiari dei soggetti sottoposti ad autopsia possono insegnare ai
medici come gestire unautopsia. Sette general practitioners (= medici di medicina
generale) hanno preso contatto con alcuni familiari di soggetti sottoposti ad autopsia,
chiedendo loro di collaborare con unintervista sulle loro esperienze.
Lintervista, effettuata da un intervistatore (non un general practitioner) esperto
di eventi luttuosi e di counseling per il lutto, mediante un set di domande parzialmente
strutturato, ha avuto luogo da 6 mesi a un anno dopo lautopsia, nellabitazione
dei familiari. Complessivamente sono stati intervistati dodici parenti: sei partners, tre
madri, un nipote e due sorelle. In un caso lautopsia era stata richiesta dal
giudice, in otto casi lautopsia era stata richiesta dal general practitioner.
E evidente che cè spazio per migliorare la gestione dellargomento
autopsia da parte dei general practitioners. Il modo migliore per spiegarla è
di paragonare lautopsia ad una operazione chirurgica. Diversi familiari erano
particolarmente preoccupati riguardo laspetto che i loro congiunti avrebbero avuto
dopo lautopsia. Molti parenti hanno riferito di essere stati rassicurati dai
risultati dellautopsia. E stata considerata molto importante la chiarezza
sulle cause della morte. Infine, la rassicurazione sul fatto che essi non avevano
trascurato eventuali sintomi importanti ha
aiutato molto i familiari nel corso del loro lutto.
Conclusioni. Richiedere unautopsia è una delle cose più difficili da fare,
in un momento molto difficile. I familiari vogliono una risposta a tre domande
fondamentali: Cè qualcosa che ho trascurato?, Come è potuto
succedere questo? e Ci sono fattori ereditari che potrebbero avere conseguenze
per il resto della famiglia?. Il general practitioner è il professionista ottimale
per discutere i risultati di unautopsia con i familiari sopravvissuti.
Lapproccio migliore per il medico è un atteggiamento aperto, curando di fornire
informazioni alla famiglia e di aiutarli nel loro dolore.
Family Practice, giugno 2001
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Autopalpazione utile o dannosa nello screening del carcinoma mammario?
Lautoesame
della mammella (BSE, da Breast Self
Examination) è un metodo sistematico di autoispezione e autopalpazione della mammella e
dellascella. Non ci sono evidenze conclusive su quale sia la tecnica più efficace,
il metodo migliore per insegnarla e rafforzarla o la frequenza ottimale. La frequenza
mensile, attualmente consigliata, non è stata stabilita con rigore scientifico. Questa
tecnica è molto diffusa tra le donne del
Nordamerica come mezzo di screening non costoso e non invasivo per il cancro della
mammella, inoltre è raccomandata dalle più importanti organizzazioni per il cancro.
Nel 1994 la Canadian
Task Force on the Periodic Health Examination, dopo aver esaminato la letteratura
scientifica allora disponibile,
concludeva che non cerano evidenze sufficienti per pronunciarsi pro o contro
lutilizzo della BSE nello screening del cancro mammario (raccomandazione di grado
C). Gli autori di questa review (Nancy Baxter con la Canadian
Task Force on Preventive Health Care,
che è il nuovo nome della precedente Canadian
Task Force on the Periodic Health Examination) esaminano la letteratura pubblicata dal
1994 in poi e fanno raccomandazioni sul valore dellinsegnamento di routine della BSE
in vari gruppi di età. Vengono esaminati due ampi trials randomizzati e controllati (uno
cinese, il migliore, e laltro russo), un trial quasi randomizzato, un grosso studio
di coorte e parecchi studi caso-controllo. Nessuno degli studi esaminati ha dimostrato un
beneficio derivante dalla regolare pratica della BSE o dellinsegnamento di questo,
in confronto allassenza della BSE. Per contro, cè una buona evidenza di danno
derivante dallinsegnamento della BSE, compresi un significativo aumento del numero
di visite mediche per la valutazione di lesioni mammarie benigne e una frequenza
significativamente aumentata di risultati benigni delle biopsie. Raccomandazioni.
Per i gruppi di età dai 40 ai 49 anni e dai 50 ai 69 anni cè una sufficiente
evidenza di nessun beneficio, e una buona evidenza di danno; pertanto cè una
evidenza sufficiente per raccomandare che la tecnica della BSE non venga insegnata nel
corso delle visite mediche periodiche in queste classi di età (raccomandazione di grado
D). Per i gruppi di età sotto i 40 anni e sopra i 70 non ci sono evidenze sufficienti per
fare raccomandazioni riguardo linsegnamento della BSE. Peraltro, nelle donne di età
inferiori ai 40 anni, essendo lincidenza di cancro della mammella piuttosto bassa,
il rischio di danni derivanti dallinsegnamento della BSE è ancora più probabile. Nota
importante. Sebbene levidenza indichi che linsegnamento routinario
dellautoesame della mammella non porti benefici, alcune donne chiederanno di
apprendere la tecnica. In questo caso il medico discuterà con la donna i benefici e i
rischi possibilmente derivanti dallapprendimento della BSE e, se la tecnica viene
insegnata, curerà che venga praticata in modo corretto.
In un editoriale dello stesso numero della rivista, dal titolo Is it time to stop
teaching breast self-examination? (= E ora di smettere di insegnare
lautoesame della mammella?) lautore, pur concordando con i risultati della
review, mette in guardia riguardo le possibili reazioni delle donne, che per un trentennio
sono state abituate a considerare lautopalpazione come un valido strumento di
screening e un mezzo per mantenere in parte il controllo sulla gestione della propria
salute. Inoltre lo stesso autore ritiene che i 5 anni di follow-up dello studio migliore
disponibile (quello cinese) sono un periodo troppo breve per spostare il grado di una
raccomandazione da C a D.
Canadian Medical Association Journal, giugno 2001
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Carvedilolo e insufficienza cardiaca cronica severa
Si
sa bene che i beta-bloccanti riducono il rischio di ricovero e la mortalità nei pazienti
con insufficienza cardiaca lieve e moderata, ma si sa poco riguardo i loro effetti
nellinsufficienza cardiaca di grado
severo. Questo lavoro, un trial randomizzato, in doppio cieco, controllato versus placebo,
ha valutato 2289 pazienti con sintomi di insufficienza a cardiaca a riposo o per sforzi
minimi, con una frazione di eiezione cardiaca inferiore al 25%. I pazienti sono stati
seguiti per un periodo medio di 10.4 mesi, durante i quali hanno seguito la terapia
standard per linsufficienza cardiaca; in aggiunta, a 1133 pazienti è stato
somministrato placebo, mentre agli altri 1156 è stato dato carvedilolo. Sono stati
esclusi dal trial pazienti che presentavano marcata ritenzione idrica, o che erano in
terapia con vasodilatatori per via endovenosa o con farmaci ad azione inotropa positiva. Risultati.
Ci sono state 120 morti nel gruppo carvedilolo, contro 190 nel gruppo placebo. Ciò
corrisponde ad una riduzione del rischio di morte del 35% nel gruppo trattato con
carvedilolo rispetto al gruppo placebo (IC 95% = 19 48) un risultato significativo
(P = 0.0014). Il numero complessivo dei ricoverati e dei morti nel gruppo placebo è stato
di 507 pazienti, contro 425 nel gruppo carvedilolo. Ciò corrisponde ad una riduzione del
24% del rischio combinato di ospedalizzazione e morte per i pazienti del gruppo
carvedilolo. Questi effetti favorevoli sono stati riscontrati in tutti i sottogruppi
esaminati. Il numero di pazienti ritiratisi dalla sperimentazione per effetti avversi o
per altri motivi è stato inferiore nel gruppo carvedilolo che nel gruppo placebo.
Conclusioni. I benefici, già riportati, del carvedilolo in relazione alla
morbilità e mortalità nei pazienti con insufficienza cardiaca da lieve a moderata, sono
stati riscontrati anche nei pazienti con insufficienza cardiaca severa valutati in questo
trial.
New England Journal of Medicine, 23 maggio 2001
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Pillole di buonumore
Cara Emily, in quanto uomo vorrei sapere quale atteggiamento e' opportuno adottare nei confronti delle donne presenti sulla Rete.NEWS |
Il Viagra (sildenafil) utile nellipertensione polmonare
La notizia giunge dal 3° Congresso Mondiale di Cardiologia Pediatrica.I ricercatori del
Royal Brompton Hospital di Londra hanno usato il sildenafil in pazienti affetti da
ipertensione polmonare resistente alla terapia convenzionale con prostacicline .I casi
trattati sono 2 .Una bambina di 4 anni con ridotta gettata cardiaca, ipotensione sistemica
ed elevata pressione polmonare trattata senza successo con ossido nitrico e prostacicline.
Il trattamento con 2 mg /Kg 4 volte al giorno ha ottenuto un immediato e sensibile
miglioramento dei parametri dellemogasanalisi con un aumento della percentuale di
ossigeno nel sangue venoso del 10%.Le condizioni della piccola paziente sono
progressivamente migliorate fino a consentire alla paziente dopo più di 2 anni di terapia
con sildenafil di sospendere la terapia con ossigeno e prostacicline e di riprendere la
deambulazione autonoma e la frequenza a scuola.
Il secondo paziente trattato è stato un uomo di 21 anni affetto da 3 anni da ipertensione
polmonare con massiva dilatazione dei vasi polmonari e una pressione polmonare pari 128
mmHg.Dopo 5 mesi terapia con 100 mg di Viagra 5 volte al giorno il paziente ha potuto
riprendere gli esercizi fisici aerobi.Il sildenafil agisce bloccando la 5-fosfodiesterasi
presente sia a livello del pene che del polmone in quantità rilevanti ed in inducendo
vasodilatazione per effetto miorilassante sulle cellule muscolari lisce de vasi.Il costo
della terapia con Viagra anche a dosaggi inusuali come quelli riportati nella
comunicazione è più basso del costo della terapia con prostacicline, daltro canto
gli autori dello studio affermano che pochi sono i casi di ipertensione polmonare che non
rispondono alla terapia classica.
R.F.( Fonte Doctors guide)
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Il consumo di pesce può prevenire
il cancro della prostata?
Uno studio condotto dal Karolinska Institut di Soccolma ,nel periodo compreso dal 1967 al
1997, su una coorte di 6.272 uomini residenti in una regione della Svezia con
tradizionalmente alto consumo di pesci grassi come salmone , aringhe e maccarelli ha
aggiunto nuove evidenze alla ipotesi che il consumo di acidi grassi omega 3 possa
rappresentare un fattore protettivo contro il ca della prostata.
Durante il follow up durato 30 anni 460 uomini ammalarono di cancro alla prostata e di
questi 340 ne morirono.Gli uomini che consumarono pesce in quantità modeste o rilevanti
ebbero un rischio da 2 a 3 volte inferiore rispetto a coloro che non consumarono pesce.
Lipotesi è che il consumo di pesce riduca il rischio di cancro alla prostata
attraverso inibizione della biosintesi degli eicosanoidi derivati dallacido
arachidonico.
Lo studio European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC) ha
evidenziato alti ( fino a 3 o 4 volte la norma) livelli di EPA ( acido eicosapentanoico)
tra gli uomini di Svezia e Danimarca che consumano pesci grassi.
LEPA compete con lacido arachidonico come substrato per la sintesi di
prostaglandine ,così alte concentrazioni di EPA possono produrre importanti modificazioni
sulle concentrazioni delle prostaglandine capaci di promuovere la crescita tumorale.
R.F.(Fonte :Lancet 2001;357:1764-65)
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Nuova cura
genetica per lemofilia
Utilizzato un nuovo e più sicuro metodo non virale di trasferimento dei geni.
Un test preliminare del Beth
Israel Deaconess Medical Center ha dimostrato che una terapia genetica
basata sul fattore VIII per i casi più gravi di emofilia A è sicura e ben tollerata. I
risultati mostrano inoltre che il trattamento può essere efficace nel ridurre le
emorragie spontanee. I risultati di questa sperimentazione sono descritti sulla rivista
"New England Journal of Medicine".
Questo primo studio ha riguardato sei pazienti affetti da una grave forma del morbo.
Nonostante lobiettivo fosse la semplice verifica della sicurezza della terapia,
quattro pazienti hanno mostrato un netto aumento del fattore VIII nel sangue. Inoltre, in
nessun paziente sono stati osservati effetti secondari o reazioni immunitarie.
La novità più interessante riguarda la tecnica non virale in vivo utilizzata per
trasferire il gene per il fattore VIII nelle cellule prelevate dai pazienti, tecnica che
presenta pochi rischi poiché non coinvolge virus come vettori. Il processo inizia con
l'isolamento di fibroblasti dalla pelle. Il gene viene poi introdotto nelle cellule
mediante brevi scariche elettriche. In seguito, le cellule vengono iniettate nel tessuto
adiposo dell'addome del paziente.
R.F. Fonte www.lescienze.it
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Nuovo test per la
malattia di Lyme
Con il finanziamento del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) è
stato messo a punto un nuovo test per la determinazione degli anticorpi contro la Malattia
di Lyme.Il test si è rivelato altamente specifico e sensibile.Prodotta da Immunetics,Inc.
di Cambridge, Massachusetts la nuova metodica ha ottenuto lapprovazione della FDA.
Si tratta del primo supporto diagnostico che sfrutta una sostanza sintetica chiamata C6,
un marker chimico ibrido derivato da un componente della superficie della Borrelia
Burgdorferi,lagente etiologico della malattia di Lyme.
Il test al C6 è specifico per gli anticorpi prodotti durante la fase attiva
dellinfezione. La malattia di Lyme infatti presenta spesso difficoltà diagnostiche
a causa del basso titolo di anticorpi riscontrabile nelle fasi tardive della malattia. Il
test oltre a permettere di testare gli anticorpi in tutte le fasi della malattia presenta
il vantaggio di essere sensibile sia nei confronti di ceppi europei che dei ceppi
statunitensi della Borrelia.
R.F. Fonte:www.niaid.nih.gov
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Impatto
della terapia con interferone sulla cirrosi Epatite C correlata
Uno studio prospettico controllato (non randomizzato) condotto da ricercatori italiani ha
preso in considerazione limpatto della terapia con interferone sulla cirrosi Epatite
C correlata.
72 pazienti trattati con interferone furono paragonati con 72 pazienti non trattati in un
follow up di circa 5 anni.
Nei due gruppi morirono rispettivamente 7 e 9 pazienti e 20 pazienti del gruppo trattato
con interferone svilupparono complicanze contro 32 del gruppo di controllo.
Il carcinoma epatocellulare è insorto in 6 pazienti del gruppo trattato e in 19 controlli
(p=0.018).
Linsorgenza di complicazioni cliniche è stata significativamente associata a bassi
livelli di albumina, alla bilirubina e al tempo di potrombina, mentre linsorgenza di
epatocarcinoma è stata correlata significativamente con varici esofagee, mancanza di
trattamento con intrferone, alfafetoproteina plasmatica. In particolare lefficacia
dellinterferone sembra essere statisticamente significativa solo nei pazienti con
alfa fetoproteina basale maggiore o uguale a 20 ng/ml.
In conclusione linterferone non sembra capace di modificare la sopravvivenza in toto
o la sopravvivenza libera da complicanze nei pazienti affetti da cirrosi Epatite C
correlata, sembra però capace di prevenire linsorgenza dellepatocarcinoma.
R.F. Fonte: Gut 2001;48:843-848 (June)
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Pillole di buonumore
Cara Emily, anchhe se o una laurea, non sonno propio capacie a schrivvere bene. Forse potrebbi dirmi ceh cosa devo fare?APPROFONDIMENTI
I problemi della nuova normativa sui famaci stupefacenti (Legge 8/2/2001 n. 12 G.U. n. 41 del 19/2/2001)
La legge n. 12 del 8/2/2001 esprime espressamente, nel titolo, il suo campo di azione,
limitato alla nuova regolamentazione dell uso degli oppioidi nel dolore severo
(particolarmente nei pazienti neoplastici terminali). Tale aspetto pero non e
stato ben recepito da molti operatori del settore, che hanno invece interpretato la norma
in senso ben piu ampio, come una semplificazione "generale" nella
prescrizione della morfina. Non e stato evidenziato, percio, come in
realta molti aspetti prescrittivi restino legati alla vecchia normativa e anzi, in
certi casi, si possa creare un intreccio e una sovrapposizione di norme alquanto
disturbante.
La prescrizione dei farmaci "stupefacenti" era finora regolata dal D.L. 539 del
30/12/92, rimasto praticamente immodificato fino all epoca attuale.
Nel 2000 la Commissione Centrale Stupefacenti del Ministero della Sanita aveva
emanato alcune circolari interpretative tendenti ad incentivare, secondo le linee guida
attuali, l uso della morfina nei pazienti neoplastici; non essendosi potuta
modificare la norma fondamentale, le circolari avevano potuto agire solo su qualche
aspetto secondario, apportando lievi e non significative modifiche. E stato
necessario un ampio movimento di opinione (che ha interessato in primo luogo tutte le
categorie mediche) e la forte volonta di un Ministro particolarmente attento al
settore perche fosse approvata dal Parlamento una normativa veramente nuova e,
almeno in parte, semplificativa.
La Legge n. 12 dell 8/2/2001 ha apportato in effetti alcune sostanziali modifiche,
adottando la tecnica di sostituire alcune frasi della precedente legge con altre frasi di
piu ampio respiro. Pero questa tecnica comporta il fatto che, trattandosi di
correzioni ad un testo preesistente che non viene quindi annullato o sostituito, le parti
non modificate restano tuttora vigenti nello stesso modo del periodo precedente.
E proprio alcune norme ivi contenute devono essere portate all attenzione di tutti.
Le modifiche apportate dalla nuova legge:
D.L. 539 del 30/12/92. | G. U.- N. 41 DEL 19/2/01. L. 8/2/2001, N. 12. |
PRESCRIZIONE: La prescrizione dei farmaci stupefacenti va fatta su ricetta speciale predisposta dal Ministero della Sanita e distribuito dagli Ordini dei Medici compilata in triplice copia in base ai criteri dell articolo 43 (mezzo indelebile, generalita del paziente, dose in lettere, modalita di somministrazione, data, firma del prescrittore con indirizzo e numero telefonico). |
PRESCRIZIONE. Le ricette per i farmaci di cui all allegato III bis sono compilate in duplice copia a ricalco (per i farmaci non forniti dal Servizio sanitario nazionale), ed in triplice copia a ricalco per i farmaci forniti dal Servizio sanitario nazionale, su modello predisposto dal Ministero della sanità, completato con il timbro personale del medico. . La ricetta deve contenere l'indicazione del domicilio professionale e del numero di telefono professionale del medico chirurgo da cui è rilasciata". |
La copia della ricetta va conservata per due anni. | Invariato |
La ricetta e valida per 10 giorni | Ha validita limitata a trenta giorni. |
La prescrizione deve contenere un solo farmaco (portato a due, nel 2000, in base ad una nuova interpretazione della norma avanzata dalla Commissione Stupefacenti del Ministero, ma con limitazioni legate al dosaggio) in quantita limitata per otto giorni. | La prescrizione puo contenere fino a due preparazioni o dosaggi per cura di durata non superiore a trenta giorni |
ACQUISTO DA PARTE DEI MEDICI: I titolari di studi medici possono acquistare tali sostanze dalle farmacie per la quantita occorrente alle normali necessita usata nello studio medico. Va effettuata una richiesta in triplice copia su ricettario personale del medico. | I medici chirurghi e i medici veterinari sono autorizzati ad approvvigionarsi, a detenere nonché a trasportare la quantità necessaria di sostanze di cui alle tabelle I, II e III (allegato III-bis) per uso professionale urgente mediante autoricettazione. Copia dell'autoricettazione è conservata per due anni a cura del medico. |
DETENZIONE degli stupefacenti acquistati: il medico deve attivare un registro di carico e scarico dove va registrato anche l impiego fatto dei farmaci acquistati (art. 64: generalita, indirizzo del paziente, diagnosi e quantita usata. Da notare l estrema facilita di possibili errori formali). Il registro deve essere vidimato dal sindaco o dal responsabile del settore farmaceutico della ASL e controllato ogni anno | Il medico tiene un registro delle prestazioni effettuate, per uso professionale urgente, con i farmaci di cui all'allegato III-bis. |
USO: e limitato alla terapia degli stati dolorosi e, con particolari modalita (certificazione e piano terapeutico col SERT) al recupero e alla riabilitazione dei tossicodipendenti | E esclusa la possibilita di trasporto e consegna a domicilio nel trattamento domiciliare degli stati di tossicodipendenza da oppiacei |
TRASPORTO per attivita professionale: e possibile il trasporto di stupefacenti da parte del medico per quantita terapeutiche necessarie in caso di intervento domiciliare. Comunque e necessario avere i documenti giustificativi del regolare possesso degli stupefacenti trasportati. | Il personale dei distretti sanitari di base, dei servizi territoriali e degli ospedali pubblici o accreditati, è autorizzato a consegnare al domicilio di pazienti affetti da dolore severo in corso di patologia neoplastica o degenerativa, ad esclusione del trattamento domiciliare degli stati di tossicodipendenza da oppiacei, le quantità terapeutiche dei farmaci di cui all'allegato III-bis, accompagnate dalla certificazione medica che ne prescrive la posologia e l'utilizzazione nell'assistenza domiciliare. |
La consegna di sostanze sottoposte a controllo può essere fatta anche da parte di operatori sanitari, per quantità terapeutiche di farmaci di cui all'allegato III-bis, accompagnate da dichiarazione sottoscritta dal medico di medicina generale, di continuità assistenziale o dal medico ospedaliero che ha in cura il paziente, che ne prescriva l'utilizzazione anche nell'assistenza domiciliare di pazienti affetti da dolore severo in corso di patologia neoplastica o degenerativa, | |
ALLEGATO III bis: Farmaci che usufruiscono delle modalità
prescrittive semplificate: Buprenorfina; Codeina; Diidrocodeina; Fentanyl; Idrocodone; Idromorfone; Metadone; Morfina; Ossicodone; Ossimorfone". |
E importante sottolineare che tutte le modifiche apportate dalla nuova legge ed esposte nella tabella riguardino unicamente i farmaci iscritti nell allegato III bis. Si tratta di un ambito piuttosto ristretto, e non giustifica il clima di esultanza; soprattutto non giustifica l opinione di poter finalmente abbandonare il vecchio e insufficiente ricettario speciale (quello giallo, in triplice copia, con gli spazi assolutamente insufficienti, da ritirarsi presso gli Ordini dei Medici). In realta questo, allo stato attuale e fino ad auspicati chiarimenti ministeriali, mantiene tutta la sua validita per la prescrizione dei farmaci esclusi dall allegato III bis o per malattie diverse dal dolore cronico neoplastico o degenerativo.
E quindi importante sottolineare:
- Le prescrizioni di stupefacenti non compresi nell allegato III bis soggiacciono
alle vecchie regole: vecchio ricettario, durata del trattamento per otto giorni, ecc.
- I farmaci dell allegato III bis, qualora utilizzati per indicazioni diverse da
quelle del "dolore severo in corso di patologia neoplastica o degenerativa"
dovrebbero soggiacere essi stessi alle vecchie regole. Cio puo valere, ad
esempio, per la morfina usata per la "dispnea dovuta ad edema polmonare acuto
cardiogeno" e, volendo attenersi strettamente alla lettera della norma, anche nella
prescrizione per dolore acuto (infarto del miocardio, coliche renali gravi,
politraumatismi). La cosa appare del resto ragionevole, in quanto nelle patologie acute
non sarebbe giustificata una prescrizione eccessivamente prolungata.
- La nuova normativa non prevede piu l obbligo del registro di carico per gli
stupefacenti, tuttavia prevede ancora un registro delle prestazioni effettuate, per uso
professionale urgente, con i farmaci di cui all'allegato III-bis. Cio equivale a
dire che il medico che si approvvigiona di farmaci analgesici stupefacenti per uso
ambulatoriale dovra ugualmente soggiacere all obbligo di tenere il registro
dove non dovra piu annotare l acquisto, ma il solo luso. Non sono
specificate le caratteristiche di questo registro, per cui e presumibile che
dovrebbe ricalcare quanto previsto precedentemente (vidimazione annuale da parte delle
ASL, dati del paziente ecc. ). Dovrebbero percio rimanere parimenti invariate le
sanzioni (assai pesanti) previste per l irregolare tenuta del registro stesso.
TABELLA ESEMPLIFICATIVA (limitata ad alcuni stupefacenti di tab. I) DEI FARMACI AMMESSI ALLA PRESCRIZIONE SEMPLIFICATA
Principi attivi ammessi alla prescrizione semplificata (all. III B) | Principi attivi classificati in tab. I (estrapolato da Giofil) (*) |
BUPRENORFINA CODEINA |
SODIO OSSIBATO (ACIDO 4 IDROSSIBUTIRRICO)
(GHB) MORFINA + ATROPINA FENTANIL METADONE (CLORIDRATO) ALFENTANILE (CLORIDRATO) SUFENTANIL (CITRATO) FENTANIL (CITRATO) KETAMINA (CLORIDRATO) FENTANIL+DROPERIDOLO MORFINA CLORIDRATO MORFINA SOLFATO PETIDINA (CLORIDRATO) BUPRENORFINA (CLORIDRATO) REMIFENTANIL (CLORIDRATO |
(*) In grassetto i farmaci ammessi; in corsivo i farmaci dubbi (derivati del Fentanil
ma non espressamente elencati); in carattere normale i farmaci esclusi dalla prescrizione
semplificata
Come si puo vedere, diversi farmaci restano esclusi dalla nuova normativa.
Un vecchio problema: lo smaltimento degli stupefacenti:
Nessuna semplificazione, invece, nel settore dello smaltimento: come abbiamo segnalato in
un articolo precedente, le modalita previste per lo smaltimento degli stupefacenti
sono molto indaginose, in quanto si tratta di rifiuti "pericolosi", che devono
seguire un iter diverso da quello dei rifiuti "speciali" ormai normalmente
smaltiti da tutti gli studi medici.
Occorre: Comunicare per iscritto alla AUSL di riferimento territoriale il quantitativo di stupefacenti scaduto. La ASL inoltra la richiesta di termodistruzione al Ministero della Sanita che a sua volta invia comunicazione ai NAS . Il Responsabile del Servizio Farmaceutico della AUSL stende il verbale di constatazione del quantitativo di sostanze da avviare alla termodistruzione, attribuendo un numero identificativo progressivo che seguira tali sostanze per tutto l iter; si reca sul posto e sigilla con piombino o ceralacca gli stupefacenti; Prenota mediante fonogramma il forno inceneritore prendendo contatto con una ditta autorizzata al trasporto e comunicando ai NAS la data e l ora stabilita; rilascia le eventuali autorizzazioni per conservare il farmaco in attesa di distruzione). Il giorno stabilito il Responsabile Farmaceutico provvede personalmente alla raccolta (insieme alla Ditta idonea incaricata dell' atto) dei farmaci sigillati, compila un Verbale di Presa in Consegna, provvede alla termodistruzione in presenza sia dei NAS che del responsabile dell inceneritore. A quel punto si stende verbale di avvenuta distruzione, una copia del quale va inviata al medico, in modo che possa scaricarli, mentre una copia va alla ASL, che la ritrasmette al Ministero. |
Si tratta, evidentemente, di una procedura molto indaginosa, che non e stata
presa in considerazione dalle nuove norme semplificative, ma che puo creare
difficolta ai medici di famiglia, da sempre "allergici" alla burocrazia,
ed attualmente particolarmente vessati.
Le segnalazioni contenute in questo articolo non hanno intento "terroristico"
verso la categoria: e sperabile che, venendo messi in evidenza alcuni aspetti
evidentemente sfuggiti all attenzione del legislatore, il Ministero possa provvedere
(in occasione magari dell emanazione delle norme regolamentari) a programmare
eventuali modifiche o a fornire adeguati chiarimenti interpretativi, possibilmente in
senso semplificativo.
Nel frattempo e necessario che il medico si muova con cautela, conservando (anche in
occasione dell uscita del nuovo modello) il vecchio ricettario per gli stupefacenti
e facendo attenzione a differenziare i farmaci ammessi alla prescrizione semplificata da
quelli non ammessi, nonche le condizioni patologiche che rientrano nella nuova
normativa da quelle che ne esulano.
Speriamo che nelle Autorita il buon senso (e la volonta di una effettiva
semplificazione) prevalgano!
IN CONCLUSIONE, in attesa di provvedimenti:
- Prescrivere con le nuove regole e col nuovo ricettario solo i principi attivi previsti
nell allegato III bis, per la sola terapia del dolore cronico.
- Prescrivere gli stessi farmaci con il vecchio ricettario (e con le vecchie norme)
qualora la prescrizione riguardi altre patologie.
- Prescrivere i farmaci non inclusi nell allegato III bis sul vecchio ricettario e
con le vecchie norme.
- In caso di approvvigionamento per uso ambulatoriale di emergenza, munirsi ugualmente di
registro ove annotare lo "scarico".
- Attenzione alle procedure previste per lo smaltimento degli stupefacenti scaduti!
Daniele Zamperini ("Doctor", n. 8, maggio 2001 )
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Pillole di buonumore
D: Cara Emily, sono in forte disaccordo con un utente della Rete. Mi sono lamentato di lui presso il suo sysadmin, ho lanciato campagne di mailbombing ai suoi danni, ho proposto di espellerlo dalla Rete e mi sono addirittura rivolto al suo datore di lavoro chiedendo che lo licenzi. Purtroppo tutte queste mie iniziative mi hanno trasformato nello zimbello della Rete senza ottenere alcun risultato pratico. Come posso fare per risolvere il mio problema?MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Il danno
biologico definito dalla legge 5 marzo 2001 N.57 e dal D.L. 23 febbraio 2000 N. 38 e
identico al danno biologico definito dalla sentenza 184/1986 della Corte Costituzionale?
( di Angelo Fiori, Direttore Istituto Medicina Legale
U.C.S.C.; per gentile concessione del Prof. Francesco Introna,
Direttore della Rivista Italiana di Medicina Legale, ed. Giuffre'; articolo in anteprima
assoluta, di prossima uscita sulla Rivista)
1. Il quesito contenuto nel titolo di questa nota ci sembra
giustificato. Ci si deve infatti chiedere, dopo che il legislatore è intervenuto due
volte con il D.L. 38/2000 e con la Legge 5 marzo 2001 n. 57 con definizioni
normative di danno biologico quasi uguali, se siano sopravvenuti elementi tali da
indurre a mutamenti interpretativi del concetto di tale danno che in precedenza era stato
elaborato esclusivamente dal cosiddetto "diritto vivente".
La parola-chiave sulla quale si deve concentrare lattenzione interpretativa, ai fini
del confronto, è senza dubbio il sostantivo "integrità" associato
allaggettivo composto "psicofisica". Il contenuto concettuale di
tale locuzione deve riflettersi sul metodo di quantificazione percentuale
dellinvalidità permanente che si avvale di Tabelle orientative già pubblicate o in
corso di elaborazione secondo la previsione normativa.
Lart. 13 del D.L. 23 febbraio 2000 n. 38 emanato in attuazione della Legge
delega n. 144 del 17.5.1999 - recita, al n. 1, "In attesa della definizione di
carattere generale del danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo
risarcimento, il presente articolo definisce, in via sperimentale, ai fini della
tutela dellassicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali il danno biologico come lesione dellintegrità psicofisica,
suscettibile di valutazione medico-legale, della persona. Le prestazioni per il
ristoro del danno biologico sono determinate in misura indipendente dalla capacità di
produzione del reddito del danneggiato".
Lart. 5 della Legge n. 57 del 5 marzo 2001, a sua volta,, pur nella sua dichiarata
provvisorietà fornisce la seguente definizione al comma n. 3: "Agli effetti di cui
al comma 2, per danno biologico si intende la lesione allintegrità psicofisica
della persona, suscettibile di accertamento medico-legale. Il danno biologico è
risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito
del danneggiato". Ed al comma n.4 aggiunge: "Fatto salvo quanto previsto
dal comma 2, il danno biologico viene ulteriormente risarcito tenuto conto delle
condizioni soggettive del danneggiato".
2. Varie sono state le precedenti definizioni di danno biologico, formulate dalla
giurisprudenza e dalla dottrina giuridica e medico-legale e a ciascuna di esse, invero
simili tra loro, si potrebbe risalire per il confronto che qui ci proponiamo di
effettuare. La scelta più opportuna è peraltro quella di tornare alla nota sentenza
della Corte Costituzionale 30 giugno 1986 n. 184 con la quale i Giudici delle Leggi hanno
collocato il pilastro portante nella evoluzione del diritto giurisprudenziale concernente
il danno alla persona da responsabilità civile.
In quella sentenza, infatti, sono state fornite chiare precisazioni concettuali e
semantiche distinguendo tra "danno biologico" e "lesione della
salute". La giurisprudenza e la prassi degli anni successivi hanno privilegiato
luso dellespressione "danno biologico", includendo in essa, di
fatto, anche la "lesione della salute" e differenziando peraltro,
allinterno del "danno biologico", laspetto statico e laspetto
dinamico.
Le due nuove norme sopra citate hanno di fatto cristallizzato questa semplificazione
semantica, per cui si deve ora accettarla ed interpretarla. Ai fini di questa
interpretazione appare utile tornare a riflettere sulla formulazione iniziale della
Consulta, perché in essa si rinviene una parte della terminologia impiegata sia dal D.L.
38/2000 che dalla Legge 57/2001. Su questa identità terminologica riteniamo debba
fondarsi la lettura interpretativa delle due norme e la conseguente rinnovata riflessione
sul metodo di quantificazione percentuale medico-legale del danno.
La Consulta, che in quella sentenza ha distinto tra danno-evento e danno-conseguenza
(distinzione che molti giuristi hanno invero messo in discussione e che non figura più in
successive sentenze), ha incluso nel concetto di "danno-evento" il danno
biologico e nella categoria dei "danni conseguenza" il danno morale
subiettivo ed il danno patrimoniale in senso stretto.
Scrive testualmente la Corte al par.4: "La menomazione dellintegrità
psico-fisica del soggetto" è "evento, naturalistico,
effettivo, da provare in ogni caso" "che trasforma in patologica la stessa fisiologica
integrità (e che non è per nulla equiparabile al momentaneo, tendenzialmente
transeunte, turbamento psicologico del danno morale subiettivo)". Questo, secondo la
Corte è il "danno biologico" o "danno fisiologico",
espressioni entrambe che "pongono laccento sullevento, naturalistico,
interno al fatto lesivo della salute".
Per quanto riguarda invece il "danno-conseguenza" scrive la Corte che "il
termine salute evoca, in questa sede, primariamente il bene giuridico,
costituzionalmente tutelato dallart. 32 della Costituzione, ed offeso dal fatto
realizzativo della menomazione dellintegrità psicofisica del soggetto
passivo. In questo senso, la lesione della salute, del bene-giuridico salute, è
lintrinseca antigiuridicità obiettiva del danno biologico o fisiologico: essa
appartiene ad una dimensione valutativa, distinta da quella naturalistica, alla quale
fanno riferimento le locuzioni danno biologico e danno
fisiologico".
3. Risulta dunque evidente che la sentenza-base 184/1986 della Consulta cui gli
studiosi continuano a fare riferimento anche se successive sentenze della Corte hanno
operato alcune diversificazioni indicava come danno-base quello naturalistico
espresso dalla locuzione "danno biologico", ed individuava tale danno nella
"menomazione dellintegrità psicofisica " del soggetto passivo.
Il sostantivo "integrità" era dunque il punto di riferimento della Corte
ed è lo stesso utilizzato dallart. 13 del D.L. 38/2000 e dallart. 5 della
Legge 57/2001.
Riandando ai precedenti di rilievo possiamo limitarci a citare la nota sentenza del
Tribunale di Genova il quale ha il merito di aver raccolto, nel 1974, loriginale
proposta di Cesare Gerin ed ha definito il danno biologico come "la lesione
dellintegrità fisica in sé e per sé considerata", includente
implicitamente, come osserva Busnelli, il danno psichico. Lo stesso Busnelli, nella sua
riflessione sulla distinzione concettuale tra le due figure di danno alla persona (fisico
e psichico), "troppo spesso inopportunamente confuse tra loro", scrive
conclusivamente distinguendo il danno biologico "che si identifica con la
menomazione somato-psichica, e che si presta a una valutazione, per così dire,
standardizzata e condotta alla stregua di parametri in cui lequità tende a
coincidere con lautomatismo" e il danno alla salute", che ha per
oggetto la lesione della salute (intesa nel suo ampio significato costituzionale) e che
"deve essere valutato caso per caso alla stregua di criteri in cui lequità
implica un attento contemperamento tra esigenze di uniformità nella valutazione
dellevento lesivo ed esigenze di concretezza nella valutazione delle conseguenze
pregiudizievoli di tale evento sullequilibrio psico-fisico del danneggiato".
La lettura di tante sentenze, sia della Corte Costituzionale che della Corte di Cassazione
ed anche dei Giudici del merito, rischierebbe di farci perdere il filo del nostro
discorso, inteso ad individuare, nellattualità, il concetto di danno biologico
introdotto di recente nellordinamento con particolare riguardo al significato
della integrità psicofisica e alle relative conseguenze nella valutazione
percentuale medico-legale delle menomazioni permanenti. Infatti molte sono le
sfumature che si incontrano nelle numerose definizioni, e molte di esse potrebbero
apparire non coincidenti con la lesione dellintegrità e più vicine invece ad un
concetto che sta alla base del dommage corporel dei francesi sul quale abbiamo di
recente già scritto ma cui dobbiamo qui ritornare.
Pertanto è da ritenere sufficiente avvalersi della definizione proposta nel 1997 da
Petti, giurista che, già nelle prime righe della sua monografia, offre una definizione
dottrinale che si può ritenere conclusiva ed appieno coincidente con quella che oggi si
deve accettare in relazione alle nuove norme oggetto di questa nota: "Il danno
biologico, in senso medico legale, consiste nella lesione della preesistente integrità
psicofisica del soggetto, e rappresenta il presupposto naturalistico di qualsiasi tipo di
risarcimento del danno, patrimoniale o non, o di qualsiasi altra provvidenza legislativa o
privatistica che lo contempli come fatto giuridico rilevante".
Scrive più avanti Petti, in modo del tutto condivisibile: "Lintegrità
psicofisica rappresenta la condizione basilare per il godimento di un normale stato di
salute e per la estrinsecazione di una normale efficienza psicofisica. Tale integrità è
diminuita anche quando si abbia un pur minimo danno anatomico (cd. lesione lieve) in
quanto essa integrità, per sua natura ed essenza (è la salute della persona) richiede il
mantenimento di tutti gli attributi fisici e psichici. Non è dunque costituzionalmente
ammissibile una franchigia per il danno biologico".
4. La definizione di "danno biologico" come lesione dellintegrità
psicofisica - che dalla storica sentenza del Tribunale di Genova (la quale ha rielaborato
la validità psicofisica di Gerin), è passata attraverso la definizione di
Franchini di danno biologico di rilevanza patrimoniale, è giunta alla sentenza
184/986 della Consulta ed infine è stata tradotta nel D.L. 38/2000 e nella Legge 57/2001,
e coincide ora di fatto con la definizione dottrinale di Petti del 1997 richiede, a
questo punto, un chiarimento interpretativo se possibile definitivo ed inequivoco,
attraverso il confronto con alcune espressioni del linguaggio medico corrente. Se
non si opera questo chiarimento, possono rimanere zone dombra e di confusione
concettuale che, alla fine, potrebbero rendere difficile lormai indispensabile
concezione unitaria imposta dalle nuove norme, pur ancora incomplete.
Si deve anzitutto sottolineare che la definizione di danno biologico contenuta nelle due
norme qui esaminate, cioè la lesione dellintegrità psicofisica, si avvale
di termini di provenienza giuridica, e non medica in senso stretto. Non a caso abbiamo
ritenuto (cfr. par. 3) di dover accettare la definizione anticipatrice del giurista Petti
la quale precede di alcuni anni (1997) le norme in esame, ricollegandosi nel contempo ai
precedenti dottrinali e giurisprudenziali più rilevanti.
Tuttavia laccertamento (art. 5 della Legge 57/2001) e la valutazione (art.
13 D.L. 38/2000), da ritenere peraltro sostanzialmente coincidenti, sono di spettanza
medico-legale - come le due norme stabiliscono esplicitamente, e per la prima volta
ed è pertanto indispensabile effettuare la conversione del concetto-base in termini
medici affinché nel passaggio da una disciplina (il diritto) allaltra (la
medicina) non avvengano delle distorsioni e degli errori di "traduzione" causati
dalla differenze dei linguaggi specifici.
Gli equivoci interpretativi, ed i conseguenti errori nella metodologia valutativa
medico-legale, possono originare e di fatto originano dal possibile
inquinamento dellespressione integrità psicofisica ad opera di due aggettivi
sostantivati di comune impiego in medicina, organico e funzionale, connessi
al sostantivo invalidità.
Nel corrente linguaggio medico si è soliti distinguere con uno schematismo invero
convenzionale ed impreciso tra malattie organiche e malattie funzionali.
Alle malattie cosiddette organiche si riconosce una base di accertabile alterazione
anatomo-patologica, istopatologica o anche soltanto citopatologica, oggi anche genomica,
che può produrre sintomi morbosi attraverso lalterazione di varie funzioni. Molte
di tali malattie, malgrado la loro organicità, sono ad eziologia ignota: lo sono,
tipicamente, molte malattie croniche del sistema nervoso. Alterazioni organiche, anche di
natura malformativa interna (cioè non visibile sulla superficie esterna del corpo),
possono essere clinicamente silenti, cioè non tradursi in uno stato di malattia percepita
dallindividuo che ne è portatore, e ciò a causa dei compensi funzionali di cui
lorganismo è capace, temporaneamente, ovvero per lungo tempo od anche per tutta la
vita. In questi casi le funzioni relative allorgano interessato possono essere apparentemente
normali: perché percepite come tali, ovvero perché i pur avanzati strumenti di
indagine funzionale attualmente disponibili non sono in grado di cogliere eventuali,
intime disfunzioni.
Queste forme organiche di alterazione, sia che si esprimano in funzioni palesemente
alterate, ovvero rimangano silenti, rappresentano comunque una deviazione dalla normalità
"media" cioè da quella integrità che può considerarsi patrimonio
di ciascun individuo pur nelle sue particolarità individuali che, comè noto, sono
uniche ed irripetibili per ciascun individuo di ieri, di oggi e di domani. Se tali
alterazioni organiche sono prodotte da agenti morbosi esterni, esse sono denominate
"acquisite" e costituiscono fattori esogeni di menomazione
dellintegrità fisica e/o psichica dellindividuo anche in assenza, lo
ripetiamo, di una disfunzione apprezzabile da parte di chi ne è portatore, e dal medico.
Si denominano comunemente malattie funzionali quelle per le quali non si riesce ad
individuare, con i mezzi attuali, una base organica. Si tratta spesso di sintomi a
carattere soggettivo non oggettivabili (cefalee, nevralgie, dolori localizzati o vaganti,
alterazioni psichiche soggettive, ecc.) altre volte oggettivabili mediante lesame
clinico e strumentale (così le aritmie cardiache) ma spesso non dimostrabili nella loro
causa organica. Luso non infrequente dellaggettivo "funzionale",
utilizzato per designare il disturbo in assenza di riscontro oggettivo di qualche
alterazione organica, nasconde in genere linsufficienza delle conoscenze e degli
strumenti della medicina nei confronti di molte patologie di questo tipo.
La distinzione che abbiamo ricordato non ha precisi confini ed anzi il progredire delle
conoscenze mediche tende ad aumentare il campo delle malattie su base organica
comprendendo sempre di più anche molte malattie psichiatriche giungendo ad
individuarne lorganicità biologica anche a livello di alterazioni molecolari.
Bisogna a questo punto aggiungere che in ambito clinico si tende comprensibilmente
a sottovalutare determinate alterazioni organiche compensate e silenti dando valore
soprattutto alle alterazioni funzionali, anche a quelle prive di base organica conosciuta.
Tale tendenza ha una sua precisa ragione nel fatto che il clinico ha come compito
principale quello di eliminare od attenuare i sintomi, abbiano essi una base organica
ovvero anche meramente funzionale.
Ne consegue che per determinate alterazioni anatomiche il clinico si pone lobiettivo
di verificarne le conseguenze accertabili attraverso un eventuale monitoraggio periodico,
non ricorrendo a terapie se queste non risultano necessarie e confortando il paziente che
viene in genere incoraggiato a non preoccuparsi della menomazione silente di cui è
portatore. In altri termini vi è la tendenza a dare un peso modesto o nullo a menomazioni
dellintegrità apparentemente prive di effetti nellattualità e, sperabilmente,
nel futuro (cioè con un atteggiamento di ottimismo che deve essere trasmesso al
paziente per doverose ragioni psicologiche).
Queste considerazioni spiegano la ragione della scelta esplicita operata da correnti di
pensiero medico-legale che privilegiano, ai fini della quantificazione percentuale del
danno, quelle menomazioni che abbiano influenza funzionale, cioè producano sintomi,
specie se oggettivamente accertabili: tra i quali si possono annoverare anche i
"sintomi" visibili costituiti dalla alterazione estetica.
E quanto avviene nella vicina Francia dove, come abbiamo recentemente ricordato, le
tabelle percentuali per la quantificazione del dommage corporel en droit commun (cioè
in diritto civile) sono esplicitamente costruite sulla base del principio della incapacité
fonctionnelle.
Tale principio, applicato in Francia, utilizza dunque il criterio clinico che abbiamo
sopra sommariamente richiamato, e non coincide con il principio della lesione
dellintegrità psicofisica contenuto nelle due norme italiane qui commentate: il
quale prescinde dalla necessità di un corrispettivo disfunzionale o ipofunzionale
accertabile e che inoltre, come afferma Petti, non tollera una "franchigia".
La lesione dellintegrità psicofisica che nelle nuove norme costituisce il
danno biologico è dunque sostanzialmente diversa da quella ancorata allentità
delle conseguenze funzionali cui si attengono la dottrina e la giurisprudenza francese.
Si deve sottolineare, a questo punto, quanto di recente abbiamo già rilevato, cioè che
il concetto civilistico di danno biologico finisce di fatto con lessere
sovrapponibile a quello di integrità che designa il bene protetto dalle norme penali
concernenti le lesioni personali. Lindebolimento permanente di senso e di organo ex
art. 583 c.p., che si ricava dalla dottrina e, soprattutto, dalla giurisprudenza di merito
e di legittimità, è riconosciuto anche per postumi permanenti minimi purché
apprezzabili (nel senso di accertabili obiettivamente) e quindi corrispondenti
essenzialmente alla lesione dellintegrità psicofisica: la perdita di un dente,
lanchilosi di unarticolazione interfalangea, la perdita di 2/10 del visus o di
pochi decibel di udito. Talune sentenze della Corte di Cassazione che hanno riconosciuto
alla asportazione della milza la dignità di perdita di organo, cioè di
lesione personale gravissima, obbediscono allo stesso criterio interpretativo della norma
penale.
Questa concezione unitaria deve costituire il criterio di base per la costruzione delle
Tabelle orientative per la quantificazione percentuale del danno biologico.
E ovvio che alla costruzione delle tabelle in perfezionamento di quelle già
esistenti in Italia, per molti versi pregevoli si dovrà operare con il massimo
buon senso ricordando il carattere convenzionale del sistema di quantificazione in
percentuale ed evitando gli eccessi in meno ed in più. Ma nel contempo ci si dovrà
avvalere in modo più aggiornato delle conoscenze scientifiche attuali, ricordando che le
percentuali di invalidità permanente contengono una rilevante quota prognostica
che deve far parte della quantificazione.
In questo nodo si ritrova la differenza tra la clinica e la medicina legale. Infatti
se il clinico di fronte ad un nefrectomizzato può limitarsi al monitoraggio periodico
della funzione renale, per intervenire in caso di evoluzione disfunzionale, il medico
legale deve invece formulare una valutazione che si proietta nel futuro, non di rado per
molti decenni, in relazione alletà del leso. Per cui solo menomazioni organiche
sicuramente statiche per tutta la vita possono giustificare percentuali definitive: come
ad esempio lamputazione di un dito, includenti contestualmente la evidente perdita
anatomica e funzionale, ed implicitamente certe sul piano prognostico. Ma non così è per
organi ad alta qualificazione funzionale come i reni, i polmoni, lencefalo,
ludito e la vista, lorgano dellequilibrio, lapparato digerente, il
pancreas, arterie importanti, e così via. Per tali lesioni dellintegrità
psicofisica le conoscenze scientifiche circa linvecchiamento delle strutture residue
e delle disfunzioni subcliniche devono suggerire percentuali valutative che includano -
con prudenza, ma senza superficiali ottimismi anche una quota percentuale che tenga
conto della prevedibile evoluzione peggiorativa nel lungo periodo.
5. I barèmes di lingua francese hanno costituito in passato un utile riferimento
per lItalia, specie per la quantificazione del danno in casi in cui mancavano voci
analitiche nelle guide tabellari italiane, le quali attualmente sono ormai dotate di una
articolazione di voci così ampia da rendere in genere inutile la consultazione di tabelle
straniere.
Lesame comparativo di detti barème di lingua francese dimostra chiaramente la
distanza concettuale che esiste tra il concetto di danno biologico italiano - che trova
sostanzialmente concorde la dottrina e la giurisprudenza prevalenti e le due norme recenti
inducendo ad una preoccupata riflessione circa le possibilità di costruire un
comune barème europeo.
Minori preoccupazioni possono emergere nel frattempo a causa dellannunciata
creazione di un barème ufficiale italiano dedicato al danno alla persona da
responsabilità civile (che per ora, sorprendentemente, dovrebbe riguardare soltanto le
menomazioni tariffabili dall1 al 9%). Infatti le guide orientative attuali e quella
pubblicata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale nel luglio 2000 in
applicazione del D.L. 38/2000, non si sono allineate alla posizione francese se non per
qualche aspetto. Malgrado ciò è da ritenere che per lItalia siano comunque
opportuni - nella prospettiva di un barème ufficiale per la responsabilità civile, e di
modifiche previste per le cosiddette Tabelle INAIL - un ulteriore approfondimento e dei
ritocchi che rendano le voci chiave più aderenti al concetto di lesione
dellintegrità psicofisica. E una tesi che abbiamo recentemente
sostenuta e che la legge 5 marzo 2001 n. 57 ci induce a riproporre con ancora maggiore
convinzione.
La recentissima (2001), sesta edizione del Barème indicatif dévaluation des
taux dincapacité en droit commun (cfr. nota 14 ) de Le Concours
Médical, contiene cinque note introduttive nelle quali si potrebbero invero cogliere
alcune differenze relativamente al concetto di incapacité permanente: dubbi fugati
peraltro dalle percentuali che il barème propone per alcune voci emblematiche. Mentre
Patrice Jourdain afferma che la tabella fornisce tassi percentuali per misurare una incapacité
fonctionnelle,la nota introduttiva redatta dal Comité scientifique du Centre de
Documentation sur le Dommage Corporel fornisce una definizione di "incapacité
permanente" che può essere così tradotta in italiano: "la riduzione definitiva
del potenziale fisico, psico-sensoriale o intellettuale risultante da una lesione
allintegrità anatomo-fisiologica; medicalmente constatabile e quindi apprezzabile
mediante un esame clinico adeguato, completato dallo studio degli esami complementari;
alla quale si aggiungono i fenomeni dolorosi e le ripercussioni psicologiche normalmente
legate alle conseguenze menomative descritte, così come le conseguenze abitualmente e
oggettivamente legate a tale lesione nella vita di ogni giorno".
Questa seconda definizione sembrerebbe dunque più vicina a quella italiana in quanto vi
figura il concetto di integrità anatomo-fisiologica ed anche quello di potenziale
fisico, psicosensoriale o intellettuale. Ma se questa è la definizione, riesce allora
difficile comprendere il significato, scientifico ancor prima che applicativo
medico-legale, di alcune voci che a titolo di esempio possiamo citare.
In realtà il concetto che domina è quello di incapacité fonctionnelle e ciò
può spiegare, ma senza convincere, le ragioni di alcuni parametri percentuali. Il
più sconcertante di questi parametri tabellari è da ritenere la nefrectomia monolaterale
tariffata con il 3%. Tra le altri voci citiamo: la splenectomia valutata "fino al
5%" (nella prassi, ci viene riferito, potrebbe esserle assegnato anche lo 0%); la
dispnea da sforzi importanti con alterazioni minori di una prova di funzionalità
respiratoria: dal 2 al 5%; lasma che non necessita di trattamento "de
fond": "fino al 5%"; ledema permanente misurabile di un arto
inferiore che necessita delluso continuo di fascia contentiva ed è associato a
dermatite: dal 4 al 10%; la cirrosi post-epatitica con buona funzione epatica: dal 10 al
20%; la perdita di 2/10 di visus: 0%.
E opportuno prendere come esempio il paradossale 3% assegnato alla nefrectomia
monolaterale che implicitamente il barème intende assegnare ad a un soggetto
diventato monorene ma che non presenta alcun segno di insufficienza della funzione renale
- per porlo a confronto con il 20% che lo stesso barème attribuisce invece alla perdita
del pollice dellarto dominante. Tale scelta, del tutto inapplicabile al concetto
italiano di lesione dellintegrità psicofisica, appare incomprensibile anche
se confrontata con la definizione del comitato scientifico francese sopra citata, specie
in relazione al problema della potenzialità dannosa della menomazione. Ed appare
scientificamente insostenibile anche alla luce delle considerazioni in precedenza svolte
circa i possibili equivoci sulle comuni espressioni mediche di danno organico e di danno
funzionale di cui abbiamo detto al par 4.
In altra sede affronteremo più sistematicamente il problema del valore di lesioni
organiche apparentemente prive di valore funzionale attuale. Per ora, al fine di
completare lesempio, ci limitiamo a menzionare alcune voci della letteratura
corrente nefrologica le quali dimostrano non solo lipertrofia compensatoria cui va
incontro il rene superstite segno per proprio conto di un aumento non fisiologico
della funzione di un organo sul quale viene a gravare tutta una fondamentale funzione che
nel soggetto normale è provvidenzialmente ripartita su due parallele strutture
anatomo-funzionali ma anche altri aspetti poco conosciuti e che sono stati
indagati, ad esempio, per stabilire a quali possibili conseguenze negative possono andare
incontro i donatori di rene da vivente, specie se di sesso femminile. Si tratta di
conoscenze scientifiche che sono ovviamente disponibili, in varia misura, anche per altri
apparati e che rendono perfino paradossali le proposte del barème francese.
In Spagna, paese che sempre più attivamente partecipa in sede comunitaria allo studio
della valutazione medico-legale del danno alla persona, il barème attualmente in vigore
per una norma di legge si attesta spesso su valori tariffari percentuali che chiameremo
"tradizionali", altre volte coincide con valori dei barèmes francesi e
italiani. La nefrectomia monolaterale è valutata dal 20 al 25%, la splenectomia senza
alterazione ematologica dal 5 al 10%. Daltro canto la perdita del visus di un occhio
è tariffata dal 23 al 25%, la cecità completa dall82 all85%.
In Italia, le proposte tabellari sono state, analogamente alla Spagna, molto moderate pur
implicando talune riduzioni dei valori percentuali di alcuni importanti organi. Esse sono
state quindi più aderenti al concetto di lesione dellintegrità psicofisica.
Ci limitiamo a ricordare la perdita di un rene tariffata con il 25% da Luvoni et al., con
il 15% nella Guida di Bargagna et al., con il 18% nella Tabella INAIL; la splenectomia
tariffata rispettivamente con il 10%, il 5-10% e "fino a 9"% in caso di
"necessità di accorgimenti terapeutici" (voce 109 della Tabella INAIL).
In queste voci esemplificative la quantificazione è dunque intermedia rispetto al passato
ed alle riduzioni estreme del recente Barème francese. Tuttavia, nel rispetto del
concetto di lesione dellintegrità psicofisica, dobbiamo ancora una volta
segnalare lo squilibrio esistente rispetto alle voci relative allapparato locomotore
che, per un retaggio dellevoluzione storica del sistema tabellare, mantengono una
supremazia a scapito di lesioni permanenti di organi che, per la loro importanza
funzionale e levoluzione nel lungo periodo, meritano invece un diverso
apprezzamento. Di ciò riteniamo si dovrà tenere conto nella future elaborazioni e
correzioni tabellari per le quali uno sforzo comune potrà portare alle soluzioni più
soddisfacenti ed adeguate allattuale concezione italiana di danno biologico.
6. La risposta al quesito che ci siamo proposti nel titolo di questa breve nota
se il danno biologico definito dalla legge 5 marzo 2001 n.57 sia o meno identico al
danno biologico definito dalla sentenza 184/1986 della Corte Costituzionale - è dunque
sostanzialmente positiva ma richiede una precisazione semantica ed impone delle coerenti
decisioni nella rielaborazione delle guide-tabelle di valutazione percentuale delle
lesioni dellintegrità psicofisica.
La definizione di danno biologico normativamente fissata dal D.L.38/2000 e
dalla Legge 5 marzo 2001 n. 57 è indubbiamente quella lesione dellintegrità
psicofisica (in sé e per se considerata) che la Corte Costituzionale aveva
qualificato "danno-evento", sottolineandone laspetto naturalistico. Ciò
che è intervenuto in questi quindici anni è stata peraltro la sostanziale scomparsa,
nella terminologia corrente, della più corretta espressione di danno alla salute che
la Consulta aveva utilizzato per indicare laspetto giuridico del danno. In altri
termini la locuzione danno biologico, oggi introdotta nellordinamento, si
è estesa a rappresentare unitariamente sia laspetto naturalistico che quello
giuridico di questo danno non economico, compreso nellart. 2043 c.c., che la
Corte aveva invece designato con due espressioni diverse.
Laspetto dinamico di tale danno, enucleato dalla dottrina e dalla
giurisprudenza, è oggi accolto anche dalla Legge 57/2001 la quale allart. 5 n. 4
stabilisce che "il danno biologico viene ulteriormente risarcito tenuto conto
delle condizioni soggettive del danneggiato". In ambito INAIL, invece,
lart. 13 del D.L. 38/2000, al n. 2 lettera a) stabilisce che le menomazioni
conseguenti alle lesioni dellintegrità psicofisica sono valutate in base
alla specifica Tabella delle menomazioni "comprensiva degli aspetti
dinamico-relazionali". Tale inclusione è giustificata dalla natura indennitaria
della tutela e potrà senza dubbio creare dei problemi in sede di rivalsa.
Lasciando per ora da parte molte considerazioni critiche circa il metodo di traduzione in
moneta dei danni biologici (produttivi di invalidità permanenti comprese tra l1 ed
il 9%) previsto dallart. 5 della Legge 57/2001 - sul quale il dibattito avviato in
varie sedi si è già chiaramente espresso - si può motivatamente affermare che la
giurisprudenza non dovrebbe trovare, nelle nuove norme, alcun motivo di deviare dal lungo
ed importante percorso finora compiuto dal diritto vivente nel novellare i principi ed il
metodo di risarcimento del danno alla persona da responsabilità civile. La definizione
di danno biologico di recente approvata dalla SIMLA l11 maggio 2001 si è posta su
questa stessa linea interpretativa, ispirata alla continuità dei principi.
Il consolidamento dei concetti che deriva dalle due nuove norme, impone oggi con maggiore
forza il dover trarre coerenti conseguenze applicative medico-legali dalla natura del
danno biologico considerando definitivamente comprese nella categoria delle lesioni
dellintegrità psico-fisica anche lesioni di tale integrità prive talora -
nellattualità od anche per molti anni, o addirittura per sempre - di sintomi
disfunzionali od ipofunzionali clinicamente evidenti: purché esse siano accertabili
obiettivamente con i vari mezzi di cui la moderna medicina dispone.
Il concetto medico-legale di integrità psicofisica che si deve evincere oggi dalle
norme, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, appare dunque ancora più esteso di quello
pur ampio di salute che è espresso dalla nota definizione coniata
dallOrganizzazione Mondiale della Sanità (WHO): "Health is a state of
complete physical, mental, and social well-being and not merely the absence of disease or
infirmity" il quale fa riferimento al concetto funzionale di benessere, non di
integrità.
Tale ampiezza del concetto di "lesione dellintegrità psicofisica", che
sta alla base del danno biologico normativamente definito, impegna i medici legali ad una
costruzione tabellare medico-legale molto diversa da quella francese, nella quale i valori
percentuali di base attribuiti ai singoli organi ed apparati siano proporzionali al loro
valore organo-funzionale. Leventuale sintomatologia clinica disfunzionale prodotta
dalla lesione non può che costituire elemento suppletivo di accertamento e
quantificazione del danno biologico non economico cui aggiungere quindi, se
sussistente, anche lulteriore quota dinamico-relazionale.
Le tabelle italiane recenti sono in linea di massima aderenti ai concetti che abbiamo
analizzato ma richiederanno nel vicino futuro dei ritocchi intesi a riequilibrare, in
senso maggiorativo, le lesioni di organi di essenziale importanza per lintegrità
della persona per tutto il corso della sua vita.
RIASSUNTO
La definizione di danno biologico come lesione dellintegrità psicofisica contenuta
nellart. 13 del D.L. 23 febbraio 2000 n. 38 e nellart. 5 della legge 5 marzo
2001 n.57 coincide sostanzialmente con il concetto a suo tempo formulato nella sentenza
della Corte Costituzionale 30 giugno 1986 n. 184. Tuttavia la prassi, ed ora le due
recenti norme di legge, hanno attribuito alla locuzione di danno biologico il doppio
significato, naturalistico e giuridico, decretando la scomparsa della espressione
"danno alla salute".
Il risarcimento della lesione dellintegrità non richiede necessariamente
lesistenza di sintomi clinicamente accertabili. Pertanto il sistema tabellare
italiano deve differenziarsi da quello francese e le future rielaborazioni eventuali delle
attuali guide tabellari dovranno rivalutare i danni dorgano riequilibrandoli
rispetto ai danni allapparato locomotore.
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Il Tribunale
di New York ha stabilito, in una sentenza del 28 marzo 2001, che e' lecito servirsi dei cookies ("marcatori" elettronici che raccolgono informazioni sulle rotte seguite dagli utenti Internet) per registrare i dati sulle preferenze dei navigatori ai fini pubblicitari, assolvendo la Double Click, societa' americana di advertising on line, citata in giudizio da diversi ricorrenti con laccusa di violazione del diritto alla privacy e ingiusto arricchimento personale. L'accusa aveva contestato alla Double Click lutilizzo dei cookies, attraverso i quali dal 1996 la societa' pubblicitaria aveva raccolto informazioni personali dei navigatori assemblando dossiers completi sui gusti e le abitudini degli utenti da utilizzare successivamente per inviare loro pubblicita' mirata.Malgrado i richiami allElectronic Communications Privacy Act (Ecpa), la legge americana che proibisce l'intercettazione, la Corte ha stabilito che lutilizzo dei cookies da parte di unagenzia di pubblicita' on line non costituisce violazione della privacy. (D.Z. da: www.internetlex.kataweb.it)La convivenza sul luogo di lavoro e' equiparabile a quella familiare per cui i maltrattamenti sul lavoro equivalgono a quelli familiari
(Cassazione 10090/2001)La Sesta Sezione Penale della Corte di
Cassazione ha confermato (con sentenza 10090/2001) le condanne per maltrattamenti e
violenza privata inflitte ai responsabili di una ditta di vendite porta a porta che
avevano sottoposto i giovani addetti alle vendite ad ogni serie di vessazioni e
maltrattamenti, con minacce, insulti e violenze fisiche e morali, e massacranti turni lavorativi. La Corte ha riconosciuto la
responsabilita' inerente il reato di maltrattamenti in famiglia in quanto il dipendente e'
appunto assimilabile ad un membro della famiglia. Infatti la legge estende
l'applicabilita' del reato di maltrattamenti in famiglia anche alle persone conviventi o
sottoposte all'altrui autorita'. Nel caso in esame, rileva
la Suprema Corte, non vi e' dubbio che il rapporto intersoggettivo che si instaura tra
datore di lavoro e lavoratore subordinato, essendo caratterizzato dal potere direttivo e
disciplinare che la legge attribuisce al datore nei confronti del lavoratore dipendente, pone questultimo nella condizione,
specificamente prevista dalla norma penale, di persona sottoposta alla sua autorita' per
cui non vi e' dubbio sulla sussistenza, da parte del datore di lavoro, del reato di maltrattamenti in danno dal lavoratore dipendente. Nel caso
specifico, poi, si veniva a realizzare tra le parti un' assidua comunanza di vita in
quanto essi viaggiavano spesso insieme, nel corso delle lunghe trasferte,
viaggiando su un unico pulmino, consumando insieme i pasti e alloggiando nello stesso
albergo.
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Pillole di buonumore
Cara Emily, che tipo di computer devo acquistare? Un Atari ST oppure un Amiga?