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INDICE GENERALE PILLOLE
APPROFONDIMENTI
MEDICINA LEGALE E
NORMATIVA SANITARIA Rubrica gestita da D. Z. per l'ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica
L'Acido Valproico potrebbe favorire la proliferazione dei tumori estrogeno-dipendentiUno studio compiuto da Ricercatori
del Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Roma "Tor Vergata" ha
dimostrato che l'Acido Valproico potrebbe favorire la proliferazione dei tumori
estrogeno-dipendenti. Endocrinology 2003; 144: 2822-2828 Torna alle Pillole
I livelli plasmatici di aldosterone sembrerebbero non rappresentare un importante marker di progressione dell'insufficienza cardiacaL'aldosterone è ritenuto avere un
ruolo nella progressione dell'insufficienza cardiaca. Circulation 2003; 108: 1306-1309 Torna alle Pillole
Apolipoproteina A a basso peso molecolare nuovo fattore di rischio per il cuoreGrazie a una ricerca pubblicata
sulla rivista "BMC Cardiovascular Disorders", i medici possono ora individuare i
pazienti sovrappeso che hanno maggiori rischi di sviluppare una malattia cardiaca. Questi,
infatti, producono con maggiore probabilità una versione più piccola di una proteina
chiamata apolipoproteina(a). BMC cardiovascular Disorders 2003, 3: 12 Torna alle Pillole
L'Aspirina riduce il rischio di morte perinatale e di preeclampsia nelle donne con fattori di rischio storiciLa revisione degli studi ha avuto
come obiettivo quello di verificare l'efficacia dell'Aspirina nel prevenire la morte
perinatale e la preeclampsia nelle donne con fattori di rischio storici, come storia di
preeclampsia, ipertensione cronica, diabete e malattia renale. Obstet Gynecol 2003; 101:
1319-1332 Torna alle Pillole
AACR-NCI-EORTC 2003 International Conference on Molecular Targets and Cancer Therapeutics, BostonNel corso dell'International Conference on Molecular Targets and Cancer Therapeutics, tenutosi a Boston sono stati presentati diversi studi sperimentali riguardo a due nuovi approcci alla terapia anti-tumorale: 1. Inibizione delle vie di
trasduzione del segnale 2. Inibizione dell'angiogenesi Studi su animali hanno dimostrato che ZD6474 è in grado di inibire la crescita di 3 tumori cerebrali: glioblastoma, medulloblastoma ed ependinoma. Fonte. AARC / American Association for Cancer Research, November 2003 Torna alle Pillole
Infezioni da ureaplasma: la Claritromicina presenta un miglior passaggio placentare rispetto ad altri antibiotici macrolidiL'infezione da Ureaplasma della
cavità amniotica rappresenta ancor oggi una sfida terapeutica. Am J Obstet Gynecol 2003; 188:
816-819 Torna alle Pillole
Dislessia: nuovi studiGrazie a immagini ad alta precisione
del cervello al lavoro, un team di psicologi dell'Health Science Center dell'Università
del Texas di Houston ha raccolto nuove prove del legame fra problemi di lettura e anomala
elaborazione dei suoni. Torna alle Pillole
Glitazoni e rischio di insufficienza cardiaca congestiziaUna dichiarazione congiunta
dell'American Heart Association (AHA) e dell'American Diabetes Association (ADA)
raccomanda di non prescrivere i glitazoni, anche conosciuti come tiazolidinedioni, nei
pazienti a rischio di insufficienza cardiaca congestizia. Circulation 2003; 108: 2941-2948 Torna alle Pillole
Ipertensione e comorbilitàSecondo le nuove linee guida Usa
sull'ipertensione, il farmaco di prima scelta nei pazienti ipertesi è il diuretico
tiazidico eventualmente associato ad un farmaco di differente classe. Ipertensione + Cardiopatia ischemica Nei pazienti con ipertensione ed
angina pectoris stabile, il farmaco di prima scelta è un beta bloccante. Nei pazienti con sindrome coronarica acuta (angina instabile o infarto miocardico), l'ipertensione dovrebbe essere trattata inizialmente con beta-bloccanti ed Ace inibitori, con l'aggiunta di altri farmaci se necessari a controllare la pressione sanguigna. Nei pazienti post-infartuati, gli Ace inibitori, i beta-bloccanti egli antagonisti dell'aldosterone hanno dimostrato di essere maggiormente benefici. Sono anche indicati i farmaci per il trattamento delle dislipidemie e l'Aspirina. Ipertensione + Insufficienza cardiaca Nei pazienti ad alto rischio di insufficienza cardiaca, il trattamento della pressione sanguigna e dell'ipercolesterolemia rappresentano misure preventive importanti. Nei soggetti asintomatici con dimostrata disfunzione ventricolare sono raccomandati gli Ace inibitori ed i beta-bloccanti, mentre nei pazienti con disfunzione ventricolare sintomatica o malattia cardiaca ad ultimo stadio, trovano indicazione gli Ace inibitori, i beta-bloccanti gli antagonisti del recettore dell'angiotensina (sartani), gli inibitori dell'aldosterone, assieme ai diuretici dell'ansa. Ipertensione + diabete È generalmente necessario associare
2 o più farmaci per raggiungere valori pressori inferiori a 130/80 mmHg. Ipertensione + malattia renale cronica L'obiettivo terapeutico nei pazienti
con malattia cronica renale è quello di rallentare il deterioramento della funzione
renale e prevenire la malattia cerebrovascolare. 1) ridotta funzione escretoria con GFR (frazione di filtrazione glomerulare) al di sotto di 60 ml/min per 1,73 m(2) (che corrispondono approssimativamente a livelli di creatinina superiori a 1,5 mg/dL negli uomini, o superiori a 1,3 mg/dL nelle donne); 2) presenza di albuminuria (superiore a 300 mg/die o 200 mg albumina / g creatinina).
Ipertensione + malattia cerebrovascolare I rischi ed i benefici della
riduzione della pressione sanguigna nel corso di un ictus in fase acuta non sono ancora
ben chiariti. Fonte: NHLBI (National Heart,
Lung, and Blood Institute) / NIH (U.S National Institutes of Health) Torna alle Pillole
Effetti benefici della Metformina nel trattamento delle donne non obese con sindrome dell'ovaio policisticoLa Metformina, un farmaco
insulin-sensitizing, ha dimostrato di migliorare la funzione ovarica ed il metabolismo del
glucosio nelle donne obese con sindrome dell'ovaio policistico, ma non sono ben noti i
suoi effetti riguardo alle donne con sindrome dell'ovaio policistico, non obese. J Clin Endocrinol Metab 2003; 88:
148-156 Torna alle Pillole
Il Misoprostolo per os riduce l'impiego dell'Ossitocina nelle donne con rottura delle membrane senza travaglio di parto a termineI Medici del Dipartimento di
Ostetricia e Ginecologia dell'University of Texas Southwestern Medical Center a Dallas
(USA) hanno valutato se il Misoprostolo per os potesse sostituire l'Ossitocina nello
stimolare il parto nelle donne con rottura delle membrane e senza travaglio di parto. Obstet Gynecol 2003; 101: 685-689 Torna alle Pillole
Nuovi farmaci per l'artrite?Un team di ricercatori del
Southwestern Medical Center dell'Università del Texas di Dallas ha sperimentato alcune
nuove proteine, create da una azienda californiana di biotecnologie, in grado di bloccare
l'attività di una molecola che regola l'infiammazione. La scoperta potrebbe tradursi in
nuove possibili terapie per coloro che soffrono di artrite reumatoide. Torna alle Pillole
Aumento del rischio di carcinoma mammario dopo trattamento chemioterapico e radioterapico in giovani donne con malattia di HodgkinL'obiettivo dello studio è stato
quello di quantificare il rischio nel lungo periodo del carcinoma mammario associato
all'impiego della radioterapia e della chemioterapia nel trattamento della malattia di
Hodgkin in giovani donne. JAMA 2003; 290: 465-475 Torna alle Pillole
Rischio di emorragia intracranica con la terapia combinata Reteplase + Abciximab nei pazienti con infarto miocardico acutoLa riperfusione con fibrinolitico in
corso di infarto miocardico è limitata dal possibile presentarsi di emorragia
intracranica. Eur Heart J 2003; 24: 1807-1814 Torna alle Pillole
Rischio di malattia di Creutzfeldt-Jakob tra i pazienti trattati con l'ormone pituitario della crescita umanoLo studio ha valutato i fattori di
rischio per la malattia di Creutzfeldt-Jakob nei pazienti trattati con l'ormone pituitario
della crescita umano (hGH) in Gran Bretagna. Neurology 2003; 61: 783-791 Torna alle Pillole
Studio PRISMS: Interferone beta-1a ad alta dose nella sclerosi multipla recidivante-remittenteNel corso del 19th Congresso
dell'ECTRIMS (European Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis) che si
è concluso a Milano il 20 settembre sono stati presentati i dati dello studio PRISMS ad 8
anni. Fonte: 19th Congress/ECTRIMS,
Milano 2003 Torna alle Pillole
Il nuovo caso del dottor Cretinetti-Falchettoa cura del dottor Giuseppe Ressa, medico di famiglia e specialista internista [Continua la presentazione di casi clinici basati su esperienze concrete, che possono offrire lo spunto a utili considerazioni metodologiche e pratiche. I personaggi di Cretinetti e Falchetto sono stati ideati dal Dott. Giuseppe Ressa, che ha curato anche la scelta e l'esposizione dei casi.] Il dottor Cretinetti è un medico
che fa anamnesi approssimative, esami obiettivi volanti, prescrive montagne di analisi ed
esami strumentali; il dottor Falchetto è il suo opposto: anamnesi ed esami obiettivi
maniacali, connessioni diagnostiche mirabolanti, scorciatoie fulminanti, esami diagnostici
centellinati; a volte cerca diagnosi rarissime mancandone altre più probabili e giuste. [I casi Cretinetti non sono un
ennesimo irritante quiz e sopratutto non vogliono insegnare nulla a nessuno, vogliono solo
banalmente rimarcare le QUATTRO regole auree del ben operare nella professione: Quegli strani testicoli Cretinetti riceve, con fastidio, un paziente 60enne a lui noto essere un tenace assertore dei check up semestrali. Cretinetti aveva, all'inizio, tentato di opporsi, rimarcando l'inutilità di questa procedura ma poi, fiutando aria di revoca, ha, oramai da anni, docilmente obbedito. Questa volta però il paziente non
viene per questo motivo ma per una dolenzia ai testicoli; Cretinetti lo visita e rileva un
bel varicocele bilaterale. Cretinetti nega e il paziente si ritiene soddisfatto; il medico però insiste e dopo molte resistenze riesce a imporre la prescrizione di una ecografia rene vescica scroto prostata che conferma il varicocele bilaterale senza nient'altro. Passa un anno e il paziente ritorna lamentando per la ennesima volta un dolore lombare continuo, fa dei movimenti con la schiena toccandosela "mi fa tanto male, dalla mattina alla sera"; Cretinetti già da anni aveva documentato (con Rx e TC) una spondiloartrosi lombare con protrusioni e anche un'ernia del disco, neanche si alza dalla sedia, prescrive la ennesima fisiokinesi terapia e fans Terminato il primo ciclo il paziente
torna alla carica lamentando, in maniera decisa, l'inefficacia delle cure, Cretinetti si
arrocca, prescrive secondo ciclo e visita ortopedica. Il paziente scompare e si ripresenta
dopo 2 mesi, è stato da 3 ortopedici che hanno prescritto ulteriori fisiochinesiterapie,
cortisonici ecc. ecc.ma senza risultati. Era appena uscita la Risonanza
magnetica e Cretinetti, tronfio tronfio, la consigliò al paziente per "controllare
meglio la colonna", il radiologo vide un'ombra a piastrone in sede retroperitoneale
con aspetto "a ragno" che nei due punti più distanti arrivava a 9 centimetri;
fu eseguita biopsia, l'esame istologico orientò la diagnosi per: CARCINOSI
retroperitoneale a piccole cellule. Esaminiamo gli errori metodologici
di Cretinetti: NESSUNO degli ortopedici si è chiesto il perché della resistenza alla terapia, il dolore era "continuo"; Cretinetti finalmente alza il deretano dalla sedia, palpa e percuote la zona lombare, il paziente NON riferisce riacutizzazione dei sintomi, può effettuare torsioni del tronco ed anche flessioni senza grosso peggioramento del dolore; NESSUNO degli ortopedici lo ha visitato; segue il resto già detto con exitus. Poco dopo la morte del paziente, il figlio ventenne ebbe un dolore lombare continuo, Cretinetti fece SUBITO eseguire una RM convinto però che a quell'età nulla potesse venir fuori. Risultato: GROSSA ernia del disco che fu operata immediatamente. Torna ad
Approfondimenti
Epatite DeltaQuesta volta, quando il signor Antonio, mio vecchio e affezionato paziente ormai settantenne, venne in studio lamentando i soliti vaghi disturbi (stanchezza, sonnolenza, difficoltà digestive) mi resi conto che, una volta tanto, poteva avere qualche serio motivo. Il fegato appariva infatti leggermente ingrossato, e dolente, la lingua patinosa e soprattutto le sclere erano di un bel colore giallino. Ovviamente feci effettuare di urgenza le consuete analisi del sangue: bilirubinemia, enzimi epatici, markers delle epatiti A, B, C. Gli enzimi mostravano alterazioni abbastanza tipiche dell'epatite, però i markers erano tutti negativi. L'ecografia escluse patologie neoplastiche, ma allora da cosa derivava il quadro in esame? Feci effettuare un controllo dell'HbsAg, dell'HCVab, ai quali aggiunsi la ricerca degli anticorpi per altri virus che mi sembrava di ricordare come possibili cause di epatite: cytomegalovirus, mononucleosi, ma erano tutti negativi. Prima di arrendermi, feci effettuare un ultimo controllo affidando le analisi ad un diverso laboratorio della vicina università, e finalmente si osservò una positività degli anticorpi IgM per l'epatite B in assenza di HBsAg. Una strana infezione, che mi mise un pò in difficoltà finché non decisi di consultare un testo aggiornato di Malattie Infettive. L'evoluzione anomala dei markers sierologici dell'epatite, riportata dal collega, potrebbe derivare da un errore di laboratorio o da una variabilità cronologica dell'espressione anticorpale verso il virus dell'epatite B, ma può essere spiegata anche dall'insorgenza di una patologia epatica quasi mai presa in considerazione dai medici: l'Epatite Delta. Si tratta infatti di un agente virale relativamente "nuovo" e dalle insolite caratteristiche. La scoperta del virus dell'epatite Delta (Hepatitis Delta Virus= HDV) può essere fatta coincidere con la scoperta dell'antigene Delta nel 1977. L'antigene Delta venne inizialmente considerato un epifenomeno della infezione da virus B (HBV) con la quale era costantemente associato. Successivi studi dimostrarono invece che si trattava di un nuovo agente virale dipendente, per la sua espressione, dalla concomitante infezione da HBV; di questo nuovo virus fu successivamente isolato il virione e ne fu estratto il genoma. Una singolare struttura: Il virus Delta è una particella sferica di circa 36 nm di diametro avvolta in un involucro costituito dall'antigene di superficie dell'HBV (HBsAg). All'interno è contenuta una ribonucleoproteina senza che sia identificabile una struttura capsidica rigida. Il genoma dell'HDV è una molecola singola di RNA a struttura circolare; sono stati identificati numerosi ceppi di HDV. È stato poi identificato un antigene specifico (antigene Delta: HD-Ag); la sua localizzazione intra-epatocitaria è principalmente nucleare ma può essere presente anche nel citoplasma. Un virus vegetale trasmissibile all'uomo? L'HDV ha evidenziato sin dall'inizio la singolare caratteristica di essere incapace di infezione autonoma ma potesse replicarsi solo in presenza di infezione da HBV. Era quindi un virus "difettivo", la cui infezione dipendeva da funzioni biologiche complementari fornite esclusivamente dall'HBV. Una volta attecchita la sua infezione, però. l'HDV (RNA-virus) era capace di inibire la replicazione dell'HBV (DNA-virus) con meccanismo inusuale, in quanto generalmente tali interferenze si verificano solo tra virus aventi analogo genoma. Una simile dipendenza biologica tra virus geneticamente eterogenei, inusitata nel regno animale, è invece nota e frequente in virologia vegetale, per cui si ipotizzò, clamorosamente, che l'HDV fosse in realtà analogo ad un "viroide" vegetale (termine con il quale si definiscono alcuni agenti patogeni similvirali che finora erano ritenuti capaci di infezione solo nel mondo vegetale). Tale ipotesi (avanzata all'inizio degli anni 80) ha trovato poi conferma negli studi di biologia molecolare. Le caratteristiche strutturali del genoma dell'HDV non sono proprie, infatti, dei virus ad RNA animali ma sono invece tipiche dei viroidi delle piante: le sue dimensioni, ad esempio, sono molto più piccole dei virus animali; la conformazione di RNA in forma circolare non appartiene al regno animale ma è invece propria di molti viroidi; la localizzazione endonucleare dell'HDV all'interno dell'epatocita è simile alla localizzazione prevalentemente nucleare dei viroidi nelle piante, contrariamente alla localizzazione citoplasmatica dei virus animali ad RNA. È dunque verosimile che l'HDV sia originato in parte da queste molecole simil-virali, finora ritenute infettive solo per i vegetali. Strategia replicativa: L'analogia con i viroidi ha permesso di predire per l'HDV un modello replicativo particolare, a "cerchio rotante", tipico degli pseudovirus vegetali, sperimentalmente confermato. Per la replicazione virale sarebbe normalmente necessaria la trascrizione dell'RNA in DNA, cosa però non riscontrata, per cui è verosimile che il virus si serva per la sua replicazione degli enzimi cellulari dell'ospite, similmente ai viroidi che si replicano sovvertendo a proprio vantaggio il normale meccanismo replicativo delle piante. L'HDV-RNA, insomma, ingannerebbe il normale meccanismo replicativo dell'epatocita costringendolo a riprodurre la sua molecola. Ruolo dell'HBV La sola funzione richiesta dall'HDV all'HBV consiste solo nel fornire al virus difettivo il mantello di HbsAg con cui esso penetra negli epatociti e dai quali viene esportato in circolo. Una volta penetrato nella cellula, l'HDV si replica autonomamente. L'epatotropismo dell'ADV è probabilmente conseguente solo all'epatotropismo del suo vettore. Storia naturale Per instaurare infezione "in vivo" l'HDV richiede obbligatoriamente un'infezione concomitante da HBV. I soggetti immuni all'HBV sono quindi immuni anche all'HDV. 1) Coinfezione HDV/HBV: Trasmissione contemporanea dell'HDV insieme all'HBV (coinfezione). L'HDV, in questo caso si esprime in funzione della virulenza dell'HBV: quanto più il virus B diffonde negli epatociti, tanto più numerosi saranno epatociti infettabili dall'HDV. 2) Sovrainfezione: Un soggetto già portatore di HbsAG viene successivamente infettato da ADV. Poiché l'HBV ha già precedentemente colonizzato gli epatociti del portatore, il virus D può rapidamente replicarsi in modo massivo. La preesistente infezione da HBV è risultata idonea ad attivare quantità infinitesimali di HDV, di per sé non sufficienti per infettare un soggetto sano. La sovrainfezione evolve, nella maggioranza dei casi, verso l'infezione cronica da HDV. Patogenesi e forme cliniche La patogenesi dell'epatite Delta è discussa, ma si opta per un effetto citopatico diretto, anche se alcuni studi hanno suggerito un possibile meccanismo indiretto, attraverso una risposta immunitaria citotossica. È possibile che coesistano contemporaneamente i due meccanismi patogenetici. Sierologia I marcatori dell'HDV vengono normalmente ricercati, ovviamente, solo nei soggetti positivi per l'HBsAg. Per una diagnosi specifica vengono determinati il genoma virale, (HDV-RNA), la sua espressione antigenica (HDAg) e l'anticorpo prodotto dall'ospite (anti-HD). Sono state anche introdotte delle sonde genetiche capaci di misurare direttamente la viremia; le metodiche RIA ed EIA disponibili in commercio invece determinano gli anticorpi contro l'HDV totali (anti-HD), e gli anticorpi della classe IgM (IgM anti-HD). Nel caso di coinfezione HBV/HDV si osserva il comune profilo sierologico dell'infezione HBV con possibile assenza di HbsAg conseguente all'inibizione sulla replica dell'HBV esercitata dall'HDV. Questa eventualità deve essere tenuta presente nel caso di un'epatite acuta negativa per HBsAg ma positiva per IgM anti-HBc; questo è stato, probabilmente, ciò che si è verificato nel caso esposto dal collega. I marcatori di replicazione dell'HDV (HD Ag e HDV-RNA) compaiono tra 1 e 4 settimane dall'esordio clinico, mentre gli anticorpi antiHD-IgM compaiono in genere dopo 2-5 settimane; le IgG possono comparire dopo altre 1- 2 settimane oppure, a volte, alcuni mesi dopo l'infezione acuta Nel caso di sovrainfezione si assiste ad una rapida e violenta moltiplicazione dell'HDV: il quadro sierologico si manifesta col rapido comparire della batteria completa dei marcatori dell'HDV (HDAg, HDV-RNA seguiti da IgM ed IgG anti-HD) oppure dalla comparsa di anti-HD di tipo IgM ed IgG ad alti titoli. Nei casi che risolvono in guarigione l'antiHD-IgM declina rapidamente mentre l'anticorpo di tipo IgG rimane determinabile per vari mesi. Nei casi ad evoluzione cronica la replicazione virale continua ed entrambi gli anticorpi persistono a titolo elevato. Sono stati osservati profili sierologici atipici (assenza di anti-HD in presenza costante di HD Ag) in pazienti con infezione da HIV simultaneamente infettati con l'HDV, a causa dell'immunodepressione che abolisce la risposta anticorpale all'HDV. Epidemiologia L'infezione da HDV è ubiquitaria; sembra presente in non meno del 5% dei portatori di HBsAg nel mondo, per un totale di circa 15 milioni di casi. Malgrado l'interdipendenza obbligata con il virus B, sono state osservate notevoli differenze nella trasmissione e nelle aree di diffusione: la trasmissione madre-figlio, importante per l'HBV, sembra trascurabile per l'HDV; anche la diffusione geografica non coincide, con notevoli discrepanze: in zone dell'Africa tropicale e del bacino Amazzonico i portatori di HBsAg infettati anche dall'HDV arrivano al 60%, nel Sud-Est Asiatico si osservano basse percentuali di coinfezioni. In Italia l'infezione Delta è presente nel 20-30% dei portatori di HbsAg, mentre tale percentuale scende a meno del 3% in Giappone. In Italia e in Grecia si osserva un profilo endemico nella popolazione generale e da una tendenza epidemica tra le categorie a rischio di infezione da HBV. I soggetti tossicodipendenti costituiscono il gruppo più esposto nelle aree urbane, con frequenza d'infezione superiore al 50%, ma sono stati identificati anche altri gruppi a rischio numericamente meno importanti. La trasmissione dell'HDV per via trasfusionale è rara, tuttavia negli anni 70 si osservò un elevato tasso di infezioni nei soggetti emofilici portatori di HBV trattati con fattori della coagulazione commerciali ottenuti da pool "allargati", cosa che non si osservò negli emofilici trattati con fattori derivati da singoli donatori o pool ristretti. L'infezione da HDV è frequente anche tra i soggetti istituzionalizzati e tra i carcerati, pur non potendosi ancora discriminare l'influenza della concomitante tossicodipendenza. Non si riscontra infezione Delta tra gli omosessuali maschi, in opposizione all'elevato rischio di infezione da HBV. È stato poi documentato un rischio legato all'esposizione professionale: tra il personale ospedaliero la positività per marcatori dell'HDV è stata osservata in percentuale più elevata rispetto ad altre occupazioni lavorative (20% dei casi HBsAg positivi). Quadri clinici Dal punto di vista clinico non è possibile delineare un quadro tipico di epatite Delta: la sintomatologia è aspecifica, simile a quella delle altre epatopatie virali. Tuttavia l'evoluzione e il quadro umorale può differire a seconda di alcune circostanze: 1) Epatite Delta da coinfezione L'espressione morbosa della coinfezione deriva dalla somma del quadro clinico provocato dal virus B sommato a quello provocato dal virus Delta. Nei casi con scarsa espressione dell'HDV, la gravità del quadro viene sostanzialmente determinata dal solo HBV; in questi casi la coinfezione può rimanere perfino misconosciuta, la viremia HDV è di breve durata, e la risposta anticorpale può mancare o essere limitata alla comparsa di IgM anti-HD. Nei casi in cui l'espressione dell'HDV è elevata, la malattia è severa e talora fulminante; la risposta anticorpale è completa, segue ad una precoce antigenemia sostenuta da anticorpi anti-HD delle classi IgM ed IgG. Nella maggioranza dei casi si osservano epatiti di severità medio-grave. È caratteristica della coinfezione la tendenza ad un andamento bifasico, con due picchi di necrosi epatica intervallate da poche settimane. In corso di coinfezione, l'HDV ha talora un effetto inibitorio così marcato sulla replicazione del virus B da reprimere la sintesi dell'HBsAg sotto la soglia misurabile, determinando quindi la comparsa di quadri di epatite a etiologia sconosciuta, simile alla vecchia forma non A- non B. È importante dunque, qualora si osservino tali anomalie sierologiche, tenere a mente questa eventualità al fine di effettuare gli accertamenti "mirati". 2) Epatite da sovrainfezione L'infezione Delta che colpisce un soggetto già portatore di HBsAg ha presentazioni cliniche diverse a seconda della situazione basale del paziente. Anche in questi casi possono presentarsi notevoli difficoltà diagnostiche: se il paziente era sano ed ignaro del suo stato di portatore di HBV l'infezione può essere scambiata per un'epatite B acuta, a causa del riscontro di positività dell'HBsAg. Analogamente la forma cronica dell'HDV (a causa del persistere dell'HBsAg nel suo successivo decorso) può essere scambiata per un'epatite B cronicizzata. Qualora il paziente sia già noto come portatore asintomatico di HbsAg, il quadro può assumere le caratteristiche di un'improvvisa riacutizzazione del processo morboso sottostante. Il controllo dei markers completi di entrambi i virus ha consentito di chiarire molti casi prima non diagnosticati. Può anche verificarsi, a causa del marcato effetto inibitorio dell'HDV sulla replicazione del virus B, che ad un portatore di HBsAg tale antigene venga a scomparire, assistendosi addirittura, a volte, ad una sieroconversione ad anti-HBs. Si tratta però di un fenomeno momentaneo, che torna alla norma al termine dell'infezione acuta da HDV. 3) Epatite Delta atipica e fulminante L'HDV può indurre quadri di epatite fulminante, sia in caso di coinfezione che di sovrainfezione. Nelle zone in cui è molto elevato il tasso di portatori di HBsAg, come nei paesi tropicali, l'epatite fulminante fa seguito per lo più a sovrainfezioni; nelle zone industrializzate è invece più spesso associata a coinfezione, soprattutto nei tossicodipendenti. 4) Epatite Delta cronica Nell'ambito dei portatori di HBsAg, l'HDV è maggiormente riscontrabile in quelli che presentano un danno epatico, con una prevalenza in relazione diretta alla gravità del quadro (soprattutto, quindi, nei pazienti con epatite cronica attiva o cirrosi piuttosto che in quelli affetti da epatite cronica persistente od in quelli asintomatici). La sottostante infezione da HBV è solitamente inattiva, con presenza di anti-HBe e mancanza dei segni umorali di sintesi del virus B; in alcuni casi però (in genere quelli più gravi) l'infezione B rimane attiva con positività per l'HBeAg. Il quadro anatomo-patologico è aspecifico, con lesioni necrotico-infiammatorie simili a quelle dell'epatite B; aspetti tipici dell'epatite Delta sono una marcata infiammazione lobulare con degenerazione eosinofila granulare degli epatociti. Profilassi e terapia a) Profilassi: La vaccinazione contro l'HBV previene anche l'epatite Delta; la prevenzione dell'infezione da HBV comporta ovviamente anche la prevenzione dell'infezione da HDV. Non è stato invece risolto il problema della profilassi nei portatori di HBsAg, per i quali sono indicate solo misure di ordine generale volte ad evitare il contatto con il virus. Non è disponibile un vaccino specifico. b) Terapia Nell'infezione cronica l'esperienza terapeutica è limitata all'interferone (IFN) alfa. Non è stata dimostrata efficacia né dagli steroidi né dal levamisolo. La somministrazione di IFN determina la normalizzazione o la riduzione dei livelli di GOT in una discreta percentuale di pazienti con epatite cronica Delta, che si accompagna sovente anche ad una riduzione dell'infiammazione e della necrosi epatica. La risposta può essere più o meno precoce (talora può richiedere anche 10 mesi) ma è sempre caratterizzata da una regolare discesa dei livelli di GOT, con una evoluzione simile a quella dell'epatite C, piuttosto di quella dell'epatite B. I migliori risultati si ottengono con somministrazione continuativa ad alte dosi, in quanto le percentuali di risposta sembrano proporzionali ai dosaggi impiegati. Si osserva però una tendenza alla recidiva all'interruzione del trattamento. Nei casi di cirrosi o epatite fulminante l'unica terapia efficace è costituita, attualmente (malgrado un elevato tasso di recidiva di infezione da HDV (> 80%), dal trapianto di fegato. Daniele Zamperini (Doctor 15, dicembre 2003) Torna ad
Approfondimenti
Le nuove disposizioni sulla privacy in studio: alcuni aspetti molto discutibili (1) - Le ricette anonime"Oggi sono venuti a trovarmi il signore e la signora Rossi. Sono due candidi e simpatici vecchiettini, canuti e sorridenti. Vivono da soli in quanto i figli, sposati, hanno messo su casa in altre città ma si mantengono autonomamente. L'età, certamente, comincia a farsi sentire, in quanto la signora ha problemi di vista importanti per cui non riesce quasi più a leggere e vede con difficoltà la televisione; lui invece comincia ad avere qualche problema di memoria e di comprensione: ènecessario ripetergli più volte le cose e le prescrizioni, lasciare spesso bigliettini di istruzioni scritti molto chiaramente in quanto ha la tendenza a dimenticare. Ho dovuto fare loro diverse prescrizioni, e, secondo le nuove norme sulla privacy, ho dovuto lasciare loro una serie di ricette anonime, senza il nome dell'intestatario. Data l'età e le condizioni fisiche un pò precarie, le ricette sono state numerose, molte su ricetta "bianca". Quando sono usciti, mi sono chiesto: saranno in grado di identificare i farmaci di ciascuno senza fare confusione? Quante volte capiteràche uno dei due sbagli e assuma un farmaco dell'altro? ricorderanno quali sono le ricette per lui e quali sono le ricette per lei? E a questo punto viene da chiedersi: ma è veramente utile questa norma sulla privacy? Quanti errori, quante intossicazioni, quante terapie malfatte, e (Dio non voglia) quanti morti dovranno esserci prima che il legislatore si renda conto che queste regole sono perniciose?" Il nuovo decreto legislativo 30 Giugno 2003 n. 196 (G.U. n. 174 del 29/7/2003, supplemento ordinario n. 123) ha stabilito che dal 1° Gennaio 2004 entrassero in vigore le nuove normative sulla privacy. Il decreto suddetto, da noi già commentato in un precedente articolo pubblicato su eDott- www.edott.it " Aggiornate le norme sulla privacy: molte novità e grosse incertezze per i medici") riassume, integra e completa tutta una serie di normative che prima erano state emanate in modo abbastanza confuso e disordinato, con difficoltà quindi di integrazione e applicazione. Il decreto doveva entrare pienamente in vigore già dal 1° Gennaio 2004, e da tale data sono in effetti scattati alcuni degli obblighi ad esso connessi. Alcuni aspetti (in primis quello riguardante l'anonimizzazione delle ricette per i farmaci distribuiti dal SSN) sono stati fatti slittare di un anno in quanto le modalità tecniche previste impongono l'uso di particolari apparecchi non ancora in distribuzione. L'entrata in vigore di questo aspetto dovrebbe scattare il 1° Gennaio 2005. Confidiamo in un ripensamento del legislatore ed in una abolizione della norma, per i motivi che esporremo in seguito. Le ricette "bianche" Per quanto riguarda invece l'anonimizzazione delle ricette "bianche" essa è già operativa dal 1° Gennaio 2004 e riguarda tutti i farmaci cui è ammessa la ricetta ripetibile. Occorre sottolineare: la normativa precedente prevedeva già per le ricette ripetibili la "facoltà" di omettere le generalità del paziente; dal 1° Gennaio 2004 tale facoltà è diventata "obbligo". Occorre pure sottolineare come la gran maggioranza dei farmaci comunemente utilizzati, qualora prescritti in regime privato, è sottoposto a ricetta "ripetibile": rientrano in questa categoria, per esempio, i FANS, gli antibiotici, le pillole anticoncezionali, i farmaci contro il deficit erettile, molte benzodiazepine eccetera. Si tratta quindi di prodotti dalla potente azione farmacologica, con controindicazioni spesso importanti, per i quali non è ammesso il rischio di scambio, di confusione, di uso improprio. L'applicazione acritica di tale norma può creare perciò una serie di gravi problemi:
"Certamente, prenda l'appuntamento" "Ma come, non può prepararmela e lasciarla presso la segretaria, chè io passerei subito a ritirarla?" "Impossibile: essendo anonima, la segretaria non può riconoscerne il destinatario. Deve venire personalmente da me, quando ci sarà disponibilità." La legge, in verità, indica la possibilità di fare eccezione: "il medico può indicare le generalità dell'interessato solo se ritiene indispensabile permettere di risalire alla sua identità, per un'effettiva necessità derivante dalle particolari condizioni del medesimo interessato o da una speciale modalità di preparazione o di utilizzazione." Tale dizione appare però poco chiara e passibile di difformi interpretazioni: le "particolari condizioni", ad esempio, possono riguardare anche problemi economici (come il rimborso da parte dell'Assicurazione) o la necessità di impedire l'uso erroneo o fraudolento della ricetta da parte di terze persone? Noi riteniamo che tale comma vada interpretato in senso assolutamente estensivo. Sarà però necessario che tale aspetto venga avallato da una "interpretazione autentica" delle autorità. Meglio ancora se la norma venisse abolita e si ritornasse ad una anonimizzazione "facoltativa". Le ricette del SSN (ricette "rosse") I problemi cha abbiamo esposto per le ricette private si ripresentano, in forma molto più grave, per le ricette emanate in regime di SSN. In questo ambito, rivestendo il sanitario una qualifica "pubblica", l'obbligo diviene ancora più cogente. Pur essendo slittata al 2005, la prospettiva sta già creando tensioni tra i pazienti, i medici e le Autorità sanitarie. Vengono ad essere ancora più accentuati i problemi riportati sopra per le ricette private, a cui poi se ne aggiungeranno altri:
Il medico non può comunque permettersi l'inosservanza delle norme, stanti le gravi sanzioni che ne potrebbero derivare: Trattamento illecito di dati: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli ovvero in applicazione dell'articolo 129, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazionedi quanto disposto dagli articoli è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da uno a tre anni. Misure di sicurezza: Chiunque, essendovi tenuto, omette di adottare le misure minime previste dall'articolo 33 è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da 10.000 a 50.000 euro. Inosservanza di provvedimenti del Garante: reclusione da 3 mesi a 2 anni. La conflittualità tra paziente e medico, in conseguenza della nuova normativa, magari in conseguenza di qualche "incidente" clamoroso, potrebbe aumentare a dismisura deteriorando il rapporto fiduciario, e finendo, poi, per coinvolgere le Autorità Sanitarie e in genere la classe politica, identificata dai più come responsabile. Sarebbe opportuno, da parte delle Autorità, abolire questa falsa "norma protettiva", in quanto in realtà potenzialmente dannosissima. Daniele Zamperini Per una panoramica sulla nuova normativa, vedi l'articolo esteso pubblicato su eDott. Torna ad
Approfondimenti MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA Rubrica gestita dall'ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica (a cura di D. Z.)
Un passo indietro (e un sensibile miglioramento) circa i procedimenti giudiziari per invalidità civileCome da noi
sottolineato in un precedente articolo, il testo coordinato del decreto legge 30 Settembre
2003 n. 269 (G.U. n. 274 del 25/11/2003 - supplemento ordinario n. 181) disponeva,
all'articolo 42, delle importanti innovazioni in materia di procedimento giudiziario per
il riconoscimento dell'invalidità civile.
Trattandosi
di un decreto legge, con validità temporanea e necessità di conversione, avevamo
auspicato la abolizione di queste normative. Daniele Zamperini Torna a Medicina Legale
CHARM-Added: l'aggiunta del Candesartan ad un Ace inibitore ha ridotto gli eventi cardiovascolari nei pazienti con insufficienza cardiaca cronicaLo studio CHARM-Added ha valutato se
l'aggiunta di un antagonista del recettore dell'angiotensina II ad un Ace inibitore fosse
in grado di migliorare l'esito clinico nei pazienti con insufficienza cardiaca cronica. Lancet 2003; 362: 767-771 Torna a
Medicina Legale
Nifedipina sublinguale nelle crisi ipertensive: lo stato dell'arteÈ nozione comune come si faccia largo uso, soprattutto nelle strutture di P.S., della nifedipina sublinguale in occasione di crisi ipertensive. Viene apprezzata dagli operatori soprattutto la potenza e la rapidità d'effetto del farmaco, certamente molto elevate. A questa efficacia, però, si affiancano numerosi problemi collegati agli effetti secondari, spesso molto gravi, e non infrequenti. Tali effetti sono ampiamente descritti in letteratura, e riportati anche nel foglio illustrativo del farmaco. Per questi motivi la somministrazione sublinguale non è mai stata ufficializzata dalle strutture regolatorie americane.
La nifedipina, nelle sue diverse forme farmaceutiche, resta uno dei farmaci antipertensivi più diffusi in Italia. Commercializzato da diverse Aziende farmaceutiche soprattutto nella forma in capsule o in forma "ritardo", ne esiste in commercio una confezione in gocce. Queste gocce sono (come specificato nel foglio illustrativo) "gocce orali" e sostituiscono quindi le capsule nei pazienti con problemi di deglutizione. Va sottolineato come la dizione "gocce orali" non sia assolutamente assimilabile a quella di "gocce sublinguali" per un duplice ordine di motivi:
Malgrado ciò, a tutt'oggi, l'uso della nifedipina per via sublinguale appare, in Italia, ampiamente diffuso e addirittura raccomandato da molti medici, seppure non consigliato dalle Aziende produttrici. Le norme di legge: In primo luogo, per la prescrizione di un farmaco occorre attenersi a quanto riportato in scheda tecnica, ed in particolare nei paragrafi "indicazione terapeutica" e "posologia e modalità di somministrazione" (D.L. 17/2/98 n. 23 convertito con L. 8/4/98 n. 94, art. 3 comma 1): ("Fatto salvo il disposto dei commi 2 e 3, il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dal Ministero della sanità."). Questa disposizione riguarda tutti i medici, siano dipendenti, convenzionati o liberi professionisti, per qualsiasi prescrizione farmaceutica, anche effettuata in regime privato. Esiste tuttavia la possibilità di derogare: "In singoli casi il medico può, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un'indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali sia già approvata quella indicazione terapeutica o quella via o modalità di somministrazione e purchè tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale."). Occorrono quindi dei requisiti precisi. Particolarmente rilevanti, nel nostro caso:
In conclusione, quindi, la somministrazione sublinguale è possibile ma solo nei casi in cui non si riscontri la possibilità di una terapia alternativa con altri farmaci antiipertensivi, e si sia ottenuto il consenso informato del paziente. L'informazione al paziente deve essere ampia e circostanziata, e deve illustrare anche i possibili effetti negativi della terapia. La mancanza di questi requisiti può assumere i connotati della responsabilità professionale. Nota: Una più ampia disamina, con i riferimenti di letteratura e maggiori dettagli verrà pubblicata su eDott (www.edott.it) nella sezione "Approfondimenti di normativa sanitaria". Daniele Zamperini Torna a
Medicina Legale
Perché la legge sulla privacy (196/2003, Codice in materia di protezione dei dati personali) è una cattiva legge(di Riccardo De Gobbi, O.M. della Provincia di Padova) Riflessione iniziale Nella comunità medica è diffuso e generalizzato un sentimento di ripulsa ed estraneazione nei confronti delle problematiche giuridiche-legali. La giustificazione che adduciamo per questo atteggiamento è che il medico non ha gli strumenti conoscitivi per esprimere giudizi compiuti in un ambito culturalmente tanto lontano dalla medicina. La conseguenza è che anche nei confronti di una cattiva legge, quale il Codice sulla "privacy", le reazioni si orientano su due filoni, entrambi limitati e limitanti:
Ritengo che la reazione più utile e costruttiva a questa cattiva legge debba anzitutto basarsi su un presupposto per noi innovativo: considerato che il legislatore non ha avuto alcuna remora, come vedremo, ad entrare nella sacralità della relazione medico-paziente, dobbiamo come classe medica assumere il coraggio e la responsabilità di sviluppare in ogni ambito possibile una critica franca, severa e costruttiva a questa come ad ogni altra cattiva legge. Non deve scoraggiarci in questo lavoro la onesta consapevolezza dei nostri limiti culturali: il sapere giuridico deve essere uno strumento al servizio dei diritti dei cittadini, la legge un mezzo per risolvere i problemi, non per crearli. Noi medici dovremmo farci promotori di un approccio genuinamente e non solo formalmente democratico nella legislazione. Nelle società genuinamente democratiche la legge deve essere al servizio dell'uomo che vi si assoggetterà con la consapevolezza che i limiti alla sua libertà sono necessari per garantire un bene superiore. Leggendo questa cattiva legge si ha invece la sensazione che essa risponda ad una logica ossessiva, che, come nelle peggiori nevrosi ossessive ha come obiettivo non un diverso modo di essere e di vivere la relazione con gli altri, ma solo l'esecuzione di una lunga serie di atti formali che anziché favorire, alla fine ostacoleranno il cambiamento. Il Disegno Generale Lasciamo dunque ai giuristi le disquisizioni giuridiche: come cittadini, liberi professionisti e liberi pensatori possiamo però usare gli strumenti della logica per cogliere il senso generale di questa legge, in riferimento alla nostra specifica realtà. L'esempio di una legge molto nota in ambito sanitario può aiutarci;si tratta della legge 180 del 1978, la cosiddetta "Riforma Psichiatrica": è sufficiente anche una lettura superficiale di questo vecchio provvedimento legislativo per cogliere con chiarezza la volontà del legislatore: tra contraddizioni ed un pizzico di demagogia la Legge 180 vuole introdurre un nuovo concetto di malattia mentale, cercando di migliorare le condizioni di vita di chi ne soffre. Questa tensione ideale era chiaramente avvertita dagli operatori sanitari che, pur tra mille difficoltà e qualche inevitabile resistenza, resero tuttavia possibile una vera e propria rivoluzione culturale. L'intera legislazione sulla Privacy ci appare quanto mai lontana da questa prospettiva: ciò che si coglie con chiarezza, dalla prima all'ultima pagina è l'obbligo, il divieto, la sanzione. La istituzione di tutela, cioè il Garante, non è neppure obbligato a rispondere a chi vi si appelli: per il Garante vale curiosamente non il principio del silenzio-assenso ma quello del silenzio-rifiuto(art.141 152). Chi ritenga violati i propri diritti deve assoggettarsi a procedure di ricorso ricche di atti formali e di vincoli procedurali, ben al di fuori della cultura e delle tasche del comune cittadino (art.145 151) In compenso, chiunque tratti dati personali, cioè, ai sensi dell'art.4, raccolga, registri, organizzi, conservi, consulti, elabori, modifichi, selezioni, estragga, raffronti, utilizzi, comunichi, diffonda, cancelli, distribuisca dati personali, può essere oggetto di sanzioni pecuniarie e penali di assoluto rilievo: fino a 90000 euro di multa per omissioni formali, fino a 2 anni di reclusione per inosservanza delle misure minime di sicurezza. Una legge, dunque, votata più al controllo ed alla repressione che alla promozione di una nuova e più civile cultura. Il Trattamento dei Dati in Ambito Sanitario Nella prospettiva tracciata, anche la valutazione degli articoli di legge in ambito sanitario non può limitarsi a pure considerazioni di principio, ma deve cercare di valutare le disposizioni legislative alla luce della realtà quotidiana: consentiranno un reale miglioramento nella relazione medico-paziente, da millenni alla base di ogni processo terapeutico? L'ambito sanitario, come prevedibile, non si sottrae alla logica burocratica, formalistica ed ossessiva. Anche in questo ambito dobbiamo dolorosamente constatare come il cittadino sia nella migliore delle ipotesi un soggetto passivo: anche il passaggio più nobile e garantista, l'espressione del consenso porta il marchio di questa deprecabile impostazione. Si leggano con attenzione gli articoli dal 77 all'art.81: al centro non vi è il cittadino che può consapevolmente rifiutare od accettare, ma vi è il medico, trasformato per l'occasione in propaggine burocratica, che deve informare, persuadere, raccogliere solo per potere continuare a lavorare. Al medico l'onere della prova, al cittadino il disagio di essere considerato soggetto passivo, ad entrambi, medico e paziente, la sensazione che un terzo incomodo, una sorta di Grande Fratello, entri furtivamente nella sacralità di un rapporto interumano dettando regole e leggi di cui tutto si può dire ma non che siano a misura d'uomo. Entrare nel tortuoso intreccio dei vari articoli richiederebbe una grande quantità di spazio e di tempo. È possibile tuttavia enucleare alcune stridenti contraddizioni ove più determinata dovrebbe essere la critica e la richiesta di modifica.
Gli articoli dal 78 all'art.81 prevedono per medico di famiglia e pediatra la possibilità di informare e raccogliere il consenso anche per altre figure sanitarie che entrino nel processo terapeutico. Non si comprende come si concilino queste disposizioni con il principio giuridico della responsabilità individuale e con il rapporto di fiducia paziente-medico che non ha mai goduto della proprietà transitiva. Ne tratta l'art.81, introducendo il consenso orale, non si precisa se con testimone o meno. Il Legislatore, bontà sua, propone di attestare l'avvenuto consenso con l'apposizione di speciale bollino autoadesivo sulla tessera sanitaria: non è precisato se il bollino debba essere colorato, fosforescente o quant'altro, ma non dubitiamo che il Garante fornirà presto indicazioni su questa importante materia. Il Bollino, maiuscolo per rispetto, avrebbe quindi la funzione di garantire il medico su possibili contestazioni del paziente sul consenso orale. Sorge spontanea la domanda se il gruppo di insigni giuristi che ha ispirato il "Codice" davvero non potesse formulare strumenti più adeguati alla necessità. CONCLUDENDO: Il Decreto Legislativo n.196 del 2003 è da tutti i medici considerato una fastidiosa, dolorosa incombenza. A generare questo comprensibile atteggiamento molto ha contribuito il Legislatore e lo stesso Garante con l'impostazione formalistica, burocratica e sanzionatoria. La medesima legge è paradossalmente vista con disinteresse e talora con fastidio anche dal comune cittadino, che non riesce a coglierne i potenziali aspetti innovativi e non apprezza di essere invitato a firmare moduli ad ogni passaggio della sua vita sociale. Per inciso va segnalato che con preoccupazione vedono questa legge anche le decine di migliaia di alberi che saranno sacrificati per produrre le migliaia di tonnellate di carta necessaria per garantire ad ognuno il giusto numero di moduli firmati. Alla classe medica, da sempre sensibile ai problemi sociali ed ambientali si presenta una occasione storica: superare il piano di pura recriminazione e proporsi alla guida di un vasto movimento di opinione che valorizzi i principi irrinunciabili sulla privacy, correggendo tuttavia le numerosissime gravi carenze della legge, spingendo cioè il Legislatore al di fuori della palude della norma formale, sul salubre terreno del diritto sostanziale. In un paese democratico la legge è uno strumento al servizio dei cittadini: quando la legge diviene uno strumento di controllo e di repressione è legittimo il dubbio che si stia scivolando verso un regime autoritario. Siamo gli artefici del nostro prossimo futuro: a noi la responsabilità della scelta. A tutti i colleghi, con affetto Riccardo De Gobbi Torna a
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La nuova norma sulla privacy: nuovi problemi per il SSN (2) - La raccolta del consenso Lo stesso decreto legislativo, 30 Giugno 2003 n. 196 (G.U. n. 174 del 29/7/2003, supplemento ordinario n. 123) citato nel precedente articolo, ha stabilito che dal 1° Gennaio 2004 i medici di famiglia dovessero raccogliere il consenso da parte dei pazienti per la gestione dei dati personali e sensibili attinenti le attività sanitarie ad essi effettuate. La legge prevede che questo consenso possa essere raccolto anche oralmente (con registrazione da parte del medico di tale consenso orale) oppure, meglio, per iscritto. Il consenso deve essere "allargato" e comprendere anche il consenso al trattamento dei dati personali da parte dei sostituti, degli associati e degli specialisti di cui il medico volesse avvalersi. Questa norma di per sè non è punitiva in quanto potrebbe anzi evitare al medico da possibili accuse di responsabilità derivanti da inadempienze o violazioni della privacy da parte degli specialisti, che restano responsabile della tutela dei dati in prima persona. In altre parole si cerca di evitare che quando il medico invii una richiesta di consulenza contenente una diagnosi o altri dati sensibili del paziente possa essere accusato di violazione della privacy o debba richiedere ogni volta il consenso per la trasmissione di questi dati. Anche i sostituti e gli associati possono così acquistare automaticamente il diritto all'accesso e al trattamento dei dati sanitari dei pazienti (ovviamente solo a scopo di cura) senza dover chiedere ogni volta un consenso informato. Malgrado tutto, la raccolta del consenso appare ai medici come un inutile aggravio burocratico; si tratta, tutto sommato, di un aggravio di modesta entità, in quanto esauribile in un'unica prestazione. È da tener presente però come, contestualmente alla firma del consenso, debba essere dato in visione al paziente un modulo informativo che lo informi appunto delle regole a cui egli deve dare l'approvazione e il consenso. Non sarebbe certo corretto (e sarebbe invece sanzionabile) far firmare i pazienti senza spiegare loro cosa stanno firmando, ed è utile che di tale informazione resti una traccia scritta. Per semplificare la procedura potrebbe essere utile unire in uno stesso foglio una generica informazione (integrabile opportunamente a voce) a cui viene aggiunto il consenso il paziente da controfirmare. In fondo a questo articolo articolo noi presentiamo la modulistica da noi proposta. Tale modulo non gode di approvazione ufficiale, ma riteniamo possa essere un utile schema, a cui ciascuno potrà apportare le necessarie modifiche. È da tener presente che la legge lascia al medico tempo per raccogliere tali consensi fino al Settembre 2004, pur dovendo essere raccolto "nell'occasione del primo contatto". Per i pazienti che non si presentassero dal medico entro tale termine possono ipotizzarsi due procedimenti:
Non riteniamo che la legge imponga obblighi di diligenza ulteriori. Daniele Zamperini INFORMATIVA SINTETICA AI SENSI DEL D. Legisl. 30/06/03 n. 196 Gentile paziente, la recente legge richiede che Lei esprima il suo consenso al trattamento, da parte del suo medico, dei dati che riguardano la sua salute e gli altri suoi dati personali. Il suo Medico dovrà prendere visione, per poter effettuare la diagnosi delle sue malattie e per procedere alle necessarie cure, di analisi, referti specialistici, e altre informazioni fornite da Lei o da altri medici che la seguono. Potrà essere necessario, inoltre, che il suo medico renda accessibili dati che la riguardano alle Autorità Sanitarie o ad altri medici che effettueranno consulenze specialistiche, al medico sostituto o ad altre persone da Lei indicate. Questi dati saranno conservati in un archivio, protetti da sottrazione o alterazione mediante appositi sistemi di gestione e di archiviazione. Il Suo medico, il personale dipendente e gli altri eventuali sanitari tratteranno i Suoi dati solo nei limiti strettamente necessari allo svolgimento del Loro compiti, e ne proteggeranno la riservatezza, nel rispetto delle norme vigenti. È perciò indispensabile un suo esplicito consenso, da fornire una sola volta e ritirabile in qualsiasi momento qualora decidesse di interrompere il rapporto di fiducia. Riportiamo qui sotto una sintesi delle norme attuali, che saranno integrate oralmente dal Medico, al quale può inoltre chiedere qualsiasi chiarimento. DIRITTI DELL'INTERESSATO Art. 7 (Diritto di accesso ai dati personali ed altri diritti) 1. L'interessato ha diritto di ottenere la conferma dell'esistenza o meno di dati personali che lo riguardano... 2. L'interessato ha diritto di ottenere l'indicazione: a) dell'origine dei dati personali; b) delle finalità e modalità del trattamento; c) della logica applicata in caso di trattamento effettuato con l'ausilio di strumenti elettronici; d) degli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell'articolo 5, comma 2; e) dei soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati. 3. L'interessato ha diritto di ottenere: a) l'aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l'integrazione dei dati; b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati... 4. L'interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte... per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano... CONSENSO AL
TRATTAMENTO Io sottoscritto........... nato a........... il.............. residente a........... documento (o cod. reg.) n° ........... Genitore del minore........... nato a ........... il ..........., assistito dal Dott. da me scelto come Medico di Fiducia, e dallo stesso informato sui diritti e sui limiti di cui al D. Legisl. 30 Giugno 2003 n. 196, concernente "La tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali", letto anche quanto riportato sopra ESPRIMO IL MIO CONSENSO E AUTORIZZO al trattamento dei miei dati
personali e sensibili, esclusivamente ai fini di prevenzione, diagnosi, cura, e
prestazioni connesse, il suddetto Dottor , direttamente o tramite personale operante sotto
la sua responsabilità.
Data FIRMA DEL PAZIENTE (o esercente patria potestà) Torna a
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PRINCIPALI NOVITÀ IN GAZZETTA UFFICIALE: mese di dicembre-gennaio 2004 (a cura di Marco Venuti)
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