Periodico
di aggiornamento e varie attualita' a cura di:
Daniele Zamperini md8708@mclink.it, Amedeo Schipani mc4730@mclink.it,
Responsabili della versione "illustrata":Massimo Angeloni mc1448@mclink.it Maurizio Pino mpino@itelcad.it
"GEMELLATA" con Med-News di Enzo Brizio (e.brizio@tin.it)
Il Bollettino viene inviato
gratuitamente a chiunque ne faccia richiesta. Si invita ad attuare l' iscrizione anche
alla lista"gemella". L' archivio dei numeri precedenti e' consultabile su: http://utenti.tripod.it/zamperini/pillole.htm
(Visitate anche le altre pagine,
sono ricche di informazioni!)
INDICE GENERALE |
MEDICINA
LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Rubrica gestita dall' ASMLUC: Associazione Specialisti in
Medicina Legale Universita' Cattolica
CONGRESSI E CONVEGNI
Gli eventi a noi segnalati verranno comunicati tramite Pillole;
le locandine (linkabili) saranno conservate, fino a scadenza, sul Sito Web. Ovviamente non
ci assumiamo responsabilita' sulla qualita' dei contenuti ne' dell'organizzazione degli
stessi. Chi desiderasse ulteriori informazioni (impossibile
riportare TUTTO sul web) e' pregato di contattarci. I nuovi convegni segnalati dai colleghi
Pillole di buonumore
(oggi: Diete e Cibi, da "Ridiamocisopra")"Non mangio mai ostriche. Il cibo mi piace morto. Non malato, ne' ferito.
Morto." (Woody Allen)
PILLOLE
La doxazosina è meno efficace nelle
patologie cardiovascolari
E' stato interrotto prematuramente un braccio dello studio ALLHAT (Antihypertensive
and Lipid Lowering treatment to prevent Heart Attack Trial)
in quanto uno dei farmaci testati, la doxazosina, si è dimostrato meno efficace della
terapia tradizionale di confronto (mediante diuretici) nel ridurre alcune patologie
cardiovascolari.
La decisione è stata presa in base all'evidenza che in una percentuale significativamente
maggiore di pazienti del gruppo doxazosina insorgeva insufficienza cardiaca congestizia
(che era un end point secondario) ed alla considerazione che la doxazosina appariva meno
efficace del clortalidone nella prevenzione della malattia coronarica (end point
principale).
Lo studio ALLHAT ha portato ad arruolare oltre 40.000 pazienti.
Per definizione, tutti i farmaci antipertensivi abbassano la pressione e si ritiene che
tale riduzione di per sè riduca morbilità e mortalità, e che tale riduzione di eventi
avversi non sia correlata, o lo sia scarsamente, al meccanismo attraverso cui la pressione
viene ridotta. Questo concetto del primato dell'abbassamento della pressione è stato
rassicurante per i medici e per le autorità sanitarie, e finora la riduzione della
pressione è stata ritenuta una prova sufficiente di efficacia per qualsiasi nuovo farmaco
antipertensivo.
I bloccanti post-sinaptici o gli alfa-litici periferici sono usati da oltre due decenni
nel trattamento dell'ipertensione, eppure solo ora è stato evidenziato che un componente
di questa classe produce un beneficio inferiore a quello di un diuretico. E' stato ben
documentato che gli alfa-litici esercitano un effetto benefico sulla sindrome metabolica
dell'ipertensione, determinando in particolare una riduzione dell'insulino-resistenza. E,
tra tutti i farmaci antipertensivi, la doxazosina si è dimostrata di fatto quello dotato
dell'effetto più intenso sull'insulino-resistenza. Al contrario, i diuretici aumentano la
resistenza all'insulina. Pertanto, si è molto sperato che la doxazosina, in aggiunta ai
benefici conseguenti alla riduzione pressoria, potesse migliorare anche i fattori di
rischio metabolico correlati alla malattia cardiovascolare ipertensiva, dimostrandosi per
questo di particolare utilità, o almeno più efficace dei diuretici nel prevenire la
malattia coronarica.
La decisione del Data Safety Monitoring Board dell'ALLHAT indica evidentemente che non è
così. Questo organismo ha invece constatato che la terapia diuretica a basso dosaggio
offre complessivamente più benefici cardiovascolari della doxazosina. Lo studio ALLHAT
non ha evidenziato alcuna differenza tra i due gruppi relativamente alla pressione
diastolica, mentre è emersa una differenza di 3 mmHg nella pressione sistolica, il che
non dovrebbe giustificare l'aumento dello scompenso cardiaco, ma potrebbe spiegare perché
i soggetti trattati con doxazosina presentavano un 25% in più di eventi cardiovascolari
rispetto ai pazienti trattati con clortalidone. La minore differenza nella pressione
arteriosa indica che le modificazioni indotte dal farmaco sulla resistenza all'insulina e
sulla dislipoproteinemia non sono clinicamente rilevanti, o che un potente fattore di
rischio ancora sconosciuto, associato alla terapia con doxazosina, si contrappone
all'effetto benefico correlato alla diminuzione pressoria e al miglioramento
dell'insulino-resistenza, o che i diuretici offrono alcuni benefici cardiovascolari
indipendentemente dal loro effetto antipertensivo. Ora le linee guida dovranno essere
riprese in considerazione, per il semplice fatto che la doxazosina, o l'intera classe
degli alfa-litici, non potranno ancora essere classificati tra i farmaci antipertensivi di
prima scelta.
Si potrà ancora utilizzare tale farmaco per la remissione dei sintomi in pazienti con
nicturia secondaria ad iperplasia prostatica, anche se probabilmente è da evitarsi in
pazienti con scompenso cardiaco congestizio manifesto o latente.
DZ. Fonte: F.H. Messerli: Lancet (355:863-864)
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Helicobacter pylori: terapia eradicante a
seconda dei ceppi?
La scoperta che lH.P., batterio microanaerofilo e gramnegativo, presente
a livello dello stomaco degli esseri umani fin dalla piu remota antichita
(antigeni verso questi batteri sono stati identificati in materiale prelevato da antiche
mummie) ha rivoluzionato la terapia dellulcera peptica e delle malattie
dellapparato digerente superiore. Infatti linfezione da H.P. e
generalmente accettata come fattore di rischio sia per ladenocarcinoma gastrico che
per il linfoma (malt). Per questo motivo la terapia antibiotica mirata ad eradicare
lH.P. e consigliata nei pazienti infettati che presentano ulcere peptiche a
livello gastricoduodenali o linfomi malt gastrici. Tuttavia e stato evidenziato che
solo una piccola parte dei portatori cronici di H.P. ha sviluppato ulcera peptica o
formazioni tumorali maligne per cui e stato evidenziato da alcuni ricercatori che
alcuni ceppi di H.P. esprimono un gene particolare (cagA) i quali possono presentare una
virulenza particolarmente evidente. E utile evidenziare che lH.P. appartiene a
una specie batterica in cui la diversita genetica e espressa a livello
massimale: spesso infatti si riscontra infezione simultanea con ceppi multipli di H.P. che
si scambiano le sequenze genetiche. Si e cercato percio di evidenziare le
differenze tra i vari ceppi generici al fine di poter proporre una terapia mirata
alleradicazione dellH.P. solo nei casi veramente necessari. Il ceppo cagA
e stato a questo scopo particolarmente studiato e sono stati evidenziati dei
marcatori morali che possano indicarne linfezione. Un fatto paradossale e che,
sebbene le infezioni da H.P. siano associate spesso alcune patologie a livello
gastricoduodenali, alcuni dati sperimentali hanno suggerito che, al contrario, potrebbero
svolgere un ruolo di protezione dellesofago dallo sviluppo del reflusso
gastroesofageo e dalle sue complicazioni come lesofago di Barret e
ladenocarcinoma esofageo. E stato evidenziato ad esempio che linfezione
da H.P. e meno comune nei soggetti affetti da reflusso gastroesofageo rispetto ai
pazienti sani; e stato anche osservato che pazienti affetti da ulcere duodenali
trattati con antibiotici eradicanti hanno poi sviluppato un reflusso esofageo con una
frequenza maggiore rispetto a coloro che invece non erano stati eradicati. Non e
stata evidenziata nessuna associazione tra adenocarcinoma esofageo ed infezione da H.P.;
tuttavia gli studi non sono definitivi. Le osservazione contraddittorie accennate sopra
necessitano ovviamente di una conferma e di una spiegazione definitiva: mentre i ceppi con
gene cagA costituiscono un fattore di rischio per le ulcere duodenali e per il tumore
dello stomaco, e stato evidenziato che a livello di popolazione generale, pazienti
affetti da ulcere duodenali vanno incontro a un rischio minore di sviluppo di tumore
gastrico rispetto ai soggetti di controllo. Inoltre la positivita al gene cagA
aumenta il rischio di malattie acido peptichegastroduodenali ma potrebbe far diminuire il
rischio di esofagite peptica. In terzo luogo la positivita al gene di cagA
incrementa il rischio di cancro allo stomaco ma potrebbe far diminuire il rischio di
adenocarcinoma esofageo. Le ipotesi e le spiegazioni di questi dati sono molteplici, una
di esse mette in relazione lesito dellinfezione da H.P. cagA con una maggiore
virulenza e una maggiore quantita di citochine proinfiammatorie, maggiormente
gastrolesive. Per questo motivo le infezioni da gene cagA potrebbe determinare
complicazioni piu severe della funzionalita gastrica. Sembra prematuro, in
base a questi dati, condizionare la terapia eradicante dellH.P. al solo screening
tra cagA positivi e cagA negativi; a complicare la situazione si colloca anche il fatto
che alcune popolazioni (per es. Taiwan) la maggior parte delle infezioni risulta cagA
positiva, Per questo motivo bisogna completare le ricerche in atto per poter discriminare
meglio lutilita della terapia eradicante in relazione anche ai ceppi genetici
di H.P. onde limitarla ai casi effettivamente necessari.
D.Z.: (Jama, ed. italiana, Giugno-Luglio 2000, vol. 12 n. 5-231)
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Anche i betabloccanti sono utili nello
scompenso cardiaco: studio MERIT-HF
Diversi recenti studi hanno evidenziato che il blocco beta 1 nei pazienti con
insufficienza cardiaca riduceva significativamente la mortalita totale. Tuttavia non
sono stati effettuati studi completi su fattori quali ospedalizzazione, sintomi,
qualita della vita. E stato percio stato effettuato uno studio
multicentrico mirato a determinare gli effetti di un betabloccante a rilascio controllato
su fattori quali mortalita, ospedalizzazione, sintomi, qualita della vita, in
pazienti con insufficienza cardiaca. Sono stati studiati quasi 4.000 pazienti in oltre 300
centri situati in 14 paesi; lo studio era in doppio ceco randomizzato della durata di
circa 1 anno e mezzo con un follow-up medio di un anno. Venivano trattati pazienti in
classe NYHA 2, 3, o 4 trattati con Metoprololo a rilascio controllato una volta al giorno
a dosi crescenti. Si sono presi in considerazione fattori quali la mortalita totale,
lospedalizzazione, il numero di ospedalizzazioni per peggioramento di insufficienza
cardiaca, variazione nella classe NYHA per il gruppo di intervento. In un sottogruppo di
740 pazienti e stata valutata la qualita della vita. Nel gruppo dei pazienti
trattati con betabloccanti e stato riscontrato un miglioramento di tutti i parametri
con una diminuzione sia della mortalita specifica che della mortalita
complessiva da ogni causa, una diminuzione della ospedalizzazione cardiaca dovuta ad
aggravamento cardiaco, una diminuzione del numero dei giorni trascorsi in ospedale e un
miglioramento della classe NYHA. Tali progressi erano tutti statisticamente altamente
significativi. In conclusione si riscontra come un betabloccante a rilascio controllato
(Metaprololo) migliora la sopravvivenza, riduce la necessita di ospedalizzazione e
aveva effetti benefici sul benessere del paziente cardiopatico.
DZ. Jama 2000;283:1295-1302
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Malattia
polmonare cronica ostruttiva e medicina primaria
La malattia polmonare cronica ostruttiva (Chronic Obstructive
Pulmonary Disease = COPD) è comune, ma spesso scarsamente caratterizzata,
particolarmente in medicina primaria (= medicina generale). Tuttavia, lapplicazione
di linee guida alla gestione di questi pazienti richiede una chiara comprensione del
fenotipo. In particolare, le linee guida britanniche per la gestione della COPD
raccomandano che la diagnosi sia basata su sintomi appropriati e sulla dimostrazione di
ostruzione del flusso aereo determinata mediante un FEV1 (= Volume Espiratorio
Forzato in 1 secondo) <80% del valore normale e un rapporto FEV1/VC
<70%.
Metodi. E stato fatto uno studio su 110 pazienti di età da 40 a 80 anni che
si erano rivolti al loro medico curante per una esacerbazione acuta di COPD.
Lepisodio è stato trattato a domicilio e, quando i pazienti hanno recuperato una
situazione di stabilità (due mesi dopo), sono stati sottoposti a una batteria completa di
tests di funzione polmonare e ad una tomografia computerizzata del torace ad alta
risoluzione (HRCT).
Risultati. Cera unampia gamma di riduzione del FEV1, che
risultava nei limiti normali (>/=80%) nel 30% dei pazienti, lievemente diminuito
(60-79%) nel 18%, moderatamente diminuito (40-59%) nel 33%, e severamente diminuito
(<40%) nel 19% dei pazienti. Un rapporto FEV1/VC ridotto era presente in
tutti i pazienti con un FEV1 <80%, ma era presente anche nel 41% dei
pazienti con FEV1 >/=80%. Solo il 5% dei pazienti ha avuto una risposta
consistente allutilizzo di broncodilatatori, suggerendo una diagnosi di asma.
Lenfisema era presente nel 51% dei pazienti e confinato ai lobi superiori nella
maggioranza (il 73% di questi pazienti). LHRCT ha dimostrato la presenza di
bronchiectasie nel 29% dei pazienti, prevalentemente del tipo tubulare; la maggioranza
erano attuali o ex fumatori. Un nodulo solitario del polmone è stato rilevato nel 9%
degli esami, e in due pazienti è stato diagnosticato un carcinoma polmonare insospettato.
Conclusioni. Questo studio conferma che la malattia polmonare cronica ostruttiva in
medicina primaria è una condizione eterogenea. Alcuni pazienti, con un FEV1
>/=80%, non rispecchiano completamente i criteri diagnostici proposti, ma ciononostante
possono avere unostruzione al flusso delle vie aeree. La bronchiectasia è comune in
questo gruppo di pazienti, come lo è il carcinoma non sospettato. Questi riscontri
dovrebbero essere tenuti in considerazione nello sviluppo di raccomandazioni per
lindagine e la gestione della COPD nella comunità.
A. Schipani, da Thorax, agosto 2000
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Funzione polmonare e
mortalità nella popolazione generale
Numerosi studi hanno descritto una
relazione tra funzionalità polmonare e mortalità sia per tutte le cause che per cause
specifiche. Lo scopo di questo studio era di indagare il valore predittivo della
funzionalità polmonare dopo 29 anni di follow-up.
Hanno partecipato allo studio 554 uomini e 641 donne, di età dai 20 agli 89 anni,
selezionati in modo casuale tra tutte le famiglie elencate della città di Buffalo, NY
(tutti inseriti nello studio prospettico con 29 anni di follow-up denominato Buffalo
Health Study cohort).
Le misurazioni di base furono eseguite tra il 1960 e il 1961. La funzionalità polmonare
fu valutata mediante la determinazione del FEV1 espresso in percentuale.
Risultati. Il FEV1 % ,aggiustato per età, indice di massa corporea,
pressione arteriosa sistolica, scolarità e fumo, è risultato inversamente correlato alla
mortalità per tutte le cause sia negli uomini che nelle donne (p < 0.01). E
stata anche effettuata unanalisi sequenziale di sopravvivenza nei partecipanti che
avevano un tempo di sopravvivenza di almeno 5, 10, 15, 20 e 25 anni dopo
larruolamento nello studio. Con leccezione degli uomini che erano
sopravvissuti per più di 25 anni, è stata riscontrata unassociazione negativa,
statisticamente significativa, tra FEV1 % e mortalità per tutte le cause. Il
FEV1 % era anche inversamente correlato alla mortalità per cardiopatia
ischemica. Dividendo i partecipanti per quintili di FEV1 %, i partecipanti
posti nel quintile più basso avevano una mortalità per tutte le cause significativamente
più alta in confronto ai partecipanti nel quintile più alto. Per lintero periodo
di follow-up, gli indici di rischio di mortalità per tutte le cause sono stati 2.24 (IC
95% = 1.6 3.13) per gli uomini e 1.81 (IC 95% = 1.24 2.63) per le donne. Gli
indici di rischio per mortalità da cardiopatia ischemica nel più basso quintile di FEV1
% sono stati, rispettivamente, per gli uomini 2.11 (IC 95% = 1.20 3.71) e per le
donne 1.96 (IC 95% = 0.99 3.88).
Conclusioni. Questi risultati suggeriscono che la funzionalità polmonare è un
fattore predittivo a lungo termine di sopravvivenza in entrambi i sessi e potrebbe essere
utilizzata come strumento di valutazione generale della salute.
A. Schipani, da Chest, settembre 2000
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Consumo di alcool e rischio di cardiopatia
ischemica in soggetti diabetici
In molti studi epidemiologici è stata osservata una relazione inversa tra moderato
consumo di alcool e cardiopatia ischemica. Sul numero di agosto di Circulation due studi
hanno valutato se la stessa relazione esista anche nei soggetti diabetici.
1. Il primo (Alcohol
consumption and risk of coronary heart disease by diabetes status - Circulation 2000 Aug 1;102(5):500-5) è uno studio
prospettico di coorte che prende in esame 87938 medici (di cui 2790 diabetici)
partecipanti al Physicians' Health Study. I soggetti, tutti maschi, allinizio dello
studio erano esenti da infarto miocardico, stroke, cancro, o malattie epatiche, e sono
stati seguiti per una media di 5.5 anni per valutare la mortalità per cardiopatia
ischemica. Nel follow-up di 480876 anni/persona sono state documentate 850 morti per
cardiopatia ischemica, di cui 717 riguardavano maschi non diabetici e 133 maschi
diabetici. Per i soggetti non diabetici, le stime del rischio relativo per coloro che
riferivano un consumo di alcool rispettivamente raro/nullo, mensile, settimanale e
giornaliero sono state 1.00, 1.02, 0.82 e 0.61 (P per il trend = < 0.0001), dopo
aggiustamento per età, utilizzo di aspirina, fumo, attività fisica, indice di massa
corporea e storia di angina, ipertensione e colesterolo elevato. Per i soggetti che
allinizio dello studio erano diabetici le stime del rischio relativo per i vari
livelli di consumo di alcool sono state rispettivamente 1.00, 1.11, 0.67 e 0.42 (P per il
trend = 0.0019). Conclusioni. Questi risultati suggeriscono che il consumo da
lieve a moderato di alcool è associato a riduzioni di rischio di cardiopatia ischemica
equivalenti in uomini diabetici e non diabetici.
2. Il secondo studio (Moderate alcohol
consumption and risk of coronary heart disease among women with type 2 diabetes mellitus
- Circulation 2000 Aug 1;102(5):494-9)
valuta in modo prospettico lassociazione tra consumo moderato di alcool e rischio di
cardiopatia in donne con diabete mellito di tipo 2, un gruppo ad alto rischio per malattie
cardiovascolari. Sono state studiate donne partecipanti al Nurses' Health Study a cui era
stato diagnosticato un diabete mellito allrtà di 30 o più anni. Nel corso del
follow-up di 39092 anni/persona dal 1980 al 1994 sono stati documentati in questa
popolazione 295 eventi ischemici, di cui 194 casi di infarto miocardico non fatale e 101
casi di ischemia fatale. Rispetto alle donne diabetiche che non consumavano alcool, il
rischio relativo, aggiustato per letà, per infarto non fatale o fatale nelle donne
diabetiche che riferivano un consumo abituale giornaliero di alcool da 0.1 a 4.9 g (<
0.5 drinks) era 0.74 (IC 95% = 0.56 0.98), mentre fra quelle che consumavano
solitamente >/= 5 g/die era 0.48 (IC 95% = 0.32 0.72) (P per il trend
<0.0001). Lassociazione inversa tra consumo di alcool e rischio di cardiopatia
ischemica è rimasta significativa nellanalisi multivariata aggiustando per svariati
altri fattori di rischio coronarico. Conclusioni. Sebbene si debbano tenere in
considerazione i rischi potenziali del consumo di alcool, questi dati suggeriscono che il
consumo moderato di alcool è associato con un diminuito rischio di cardiopatia ischemica
nelle donne diabetiche, e non dovrebbe essere routinariamente scoraggiato.
A. Schipani, da
Circulation, agosto 2000
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Pillole di buonumore
"I peccati della carne si fanno con la carne, non con le ossa" (da dire alle maniache della dieta).
MINIPILLOLE
Asma allergica curata con anticorpi anti
IgE
Da lungo tempo e noto come gli anticorpi IGE hanno un ruolo importante
nella patogenesi delle forme allergiche e in particolare dellasma allergica. Sono
stati effettuati in passato dei tentativi di enfatizzare tali anticorpi con vari metodi.
AllUnivarsita del Colorado e stata sperimentata una terapia con
anticorpi monoclonali antiIGE. Sono stati esaminati 317 pazienti gia in trattamento
cortisonico e randomizzati per placebo o per anticorpi monoclonali antiIGE a diverso
dosaggio. A distanza di 12 settimane e stato valutato mediante uno specifico
questionario il livello di gravita dei sintomi asmatici. Questo e risultato
sensibilmente minore nei due gruppi trattati rispetto ai controlli. Non e stata
riscontrata differenza significativa tra i pazienti trattati con alte o basse dosi di
anticorpi monoclonali antiIGE. In conclusione la terapia con tali anticorpi monoclonali
e in grado di alleviare i sintomi dellasma allergica riducendo la
necessita dei farmaci cortisonici.
D.Z : (N.E.J.M. 1999;341:1966-73)
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Celecoxib e diclofenac a confronto
nell'artrite reumatoide
Sono ampiamente noti i vantaggi e gli svantaggi dei fans nel trattamento delle patologie
croniche osteoarticolari: esse inibiscono la cicloossigenasi che media la sintesi delle
prostaglandine; vengono pero inibite sia le prostaglandine di tipo infiammatorio che
quelle deputate alla protezione della mucosa gastrica intestinale. E ben noto quindi
laumento di rischio di lesioni ulcerative a carico dello stomaco nei pazienti in
trattamento prolungato con fans. E stata valutata lefficacia del Celecoxib,
inibitore selettivo delle cicloossigenasi (COX-2) paragonandone i risultati con quelli
ottenuti in un gruppo di controllo trattato con il Diclofenac, inibitore non selettivo.
Sono stati trattati oltre 650 pazienti con artrite reumatoide: un gruppo e stato
trattato con Celecoxib 400 mg. die e laltro gruppo con Diclofenac 150 mg. die.
Lazione antiinfiammatoria dei due farmaci e risultata pressoche
equivalente; la tossicita a livello gastrico e stata invece nettamente ridotta
per il Celecoxib (4% di ulcere rilevate alle endoscopie di controllo) rispetto al
Diclofenac (15% di ulcere rilevate). La terapia e' percio' stata meglio tollerata nei
pazienti trattati con Celecoxib che si e' pure dimostrato ugualmente efficace rispetto al
Diclofenac.
D.Z.:(Lancet 1999;354:2106-11).
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Parkinson
studiato negli ex-prigionieri di guerra
E stato da alcuni postulato il sospetto di una maggiore incidenza di malattie
neurodegenerative tra i sopravvissuti ai campi di concentramento della seconda guerra
mondiale, soprattutto tra coloro che erano vissuti in ambienti di estrema malnutrizione.
Sono state percio studiate le cartelle cliniche di 11.000 ex prigionieri deceduti
tra il 1952 e il 1997. La mortalita globale e risultata inferiore a quella
prevista in base ai dati epidemiologici della popolazione generale con una minore
incidenza di morbo di Parkinson rispetto al prevedibile. Lo stesso andamento e stato
osservato per altre malattie degenerative (sclerosi multipla o altro genere: ictus
cerebrale, cardiopatia ischemica, TBC). Sono risultati invece prevalenti le affezioni
epatiche probabilmente in correlazione a pregressa infezione da virus di epatite
"B" e "C". Gli autori concludono che il periodo di prigionia non ha
avuto effetti sulla proprieta di insorgenza di malattie neurodegenerative in questi
pazienti.
(n.d.r.: e da tenere presente pero che le cartelle cliniche esaminate (circa
11.000) costituiscono meno del 10% dei soggetti richiusi nei campi dei prigionieri di
guerra in mano giapponese che sono state in totale circa 140.000).
D.Z.: (Lancet 1999;354:2116-20)
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La sindrome di Down predispone ad alcuni tumori
L'eritromicina favorisce la stenosi
ipertrofica del piloro?
Uno studioso americano ha avanzato lipotesi che la terapia con Eritromicina
usata nei neonati per la profilassi del contagio della pertosse possa essere associata a
un maggior rischio di stenosi ipertrofica del piloro. Cio e derivato da uno
studio retrospettivo effettuato in 200 neonati presenti in un Ospedale USA in cui nel
Febbraio 99 essendo stati isolati dei casi di pertosse, fu effettuata una terapia
profilattica con Eritromicina a tutti i neonati presenti. E stato osservato
successivamente che almeno sette neonati hanno presentato stenosi ipertrofica del piloro
che, dalle caratteristiche ecografiche e dalla valutazione prospettica della storia
clinica suggeriscono una possibile associazione tra la somministrazione del farmaco e il
verificarsi di tale patologia. Gli autori consigliano percio una prudenza e
attenzione nellesame del bilancio rischio-beneficio nellutilizzo
nelleta neonatale di questo antibiotico.
D.Z.: (Lancet 1999;354:2101-5)
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Differenze
genetiche di HIV nei sessi
E stato osservato come nelle donne africane affette da HIV si abbia una
popolazione virale piuttosto eterogenea a differenza di quanto si riscontra nei paesi
industrializzati. Si e voluto percio studiare leventuale differenza
specifica legata al sesso nellambito del polimorfismo virale dellHIV. E
stato quindi osservato in un gruppo di donne del Kenia che, mentre nel sesso femminile si
presentavano casi di infezioni da varianti virali multiple, cio non avveniva per
uomini in cui si osservava invece unelevata omogeneita dellagente
infettivo. Gli autori concludono che esiste una differenzazione su base sessuale delle
caratteristiche biologiche di trasmissione dell HIV nella specie umana.
D.Z.: (Nature Med 2000; 6: 71-5)
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Esame
mammografico e terapia ormonale sostitutiva
Questo studio dimostra che la terapia ormonale sostitutiva puo influire
sullaccuratezza diagnostica della mammografia. Cio puo rivestire una
grande importanza data la diffusione sempre maggiore della terapia ormonica
post-menopausale. Un équipe australiana ha verificato la sensibilita' e la
specificita della mammografia per la diagnosi di cancro a piccole cellule in oltre
100.000 donne analizzando i risultati in funzione della eventuale assunzione di terapia
sostitutiva ormonale. Le pazienti veniva sottoposte a screening mammografico ogni due
anni. Lo studio ha rilevato che la sensibilita della mammografia era piu bassa
nelle pazienti con terapia ormonale (64,8%) rispetto ai soggetti non trattati (77,3%). Era
percio piu elevata la probabilita di un falso referto negativo nel
gruppo delle donne con cancro mammario e in trattamento con farmaci sostitutivi. E
stato verificato un calo della specificita stimabile pari allo 0,6%. In conclusione
la terapia sostitutiva con estrogeni puo ridurre la capacita diagnostica della
mammografia.
D.Z.: (Lancet 2000;355:270-4)
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Studio Atlantis: ictus ischemico
trattato con fibrinolisi
Lo studio Atlantis intendeva verificare lefficacia della somministrazione
di rTPA (un fibrinolitico inibitore della tromboplastina tissutale) nellictus
ischemico. Sono stati trattati 600 pazienti in 140 diverse Istituzioni nel nord America.
Questi soggetti erano affetti da ictus ischemico da 3 a 5 ore. Non sono stati apprezzabili
i benefici della terapia fibrinolitica sistemica: il recupero neurologico dei pazienti
trattati e risultato simile a quella del gruppo di controllo trattato con placebo.
Il fibrinolitico pero ha dimostrato unincidenza di emorragie cerebrali anche
fatali molto maggiore rispetto al gruppo di controllo. La mortalita globale era
simile tra i due gruppi. Gli autori concludono che i dati ottenuti da questo studio non
sostengono lipotesi che la terapia trombolitica oltre le 3 ore dallesordio dei
sintomi riferibili a ictus cerebrale ischemico sia utile per il paziente.
D.Z.: (Jama 1999;282:2019-26)
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Attività fisica ed
ulcera peptica
Sebbene lHelicobacter pylori sia stato identificato come una causa fondamentale di
gastrite cronica, non tutti i pazienti infetti sviluppano unulcera, il che
suggerisce che altri fattori quali lo stile di vita possono essere di importanza critica
per lo sviluppo della malattia ulcerosa.
Obiettivo di questo studio: valutare il ruolo che lattività fisica può
giocare nellincidenza dellulcera peptica. Metodi. Hanno partecipato
8529 uomini e 2884 donne, che hanno frequentato il Cooper Institute for Aerobics Research
di Dallas, Texas, tra il 1970 e il 1990. La presenza di ulcera gastrica o duodenale
diagnosticata da un medico è stata accertata mediante un questionario epistolare nel
1990. I partecipanti furono divisi in tre gruppi di attività fisica, sulla base delle
informazioni fornite nel corso della visita iniziale (prima del 1990): 1) attivi,
che camminavano o correvano per 10 o più miglia a settimana; 2) moderatamente
attivi, che camminavano o correvano per meno di 10 miglia a settimana o facevano
unaltra attività fisica regolare; e 3) il gruppo di controllo, composto
da coloro che riferivano di non praticare attività fisica regolare. Dopo aggiustamento
per età, fumo, consumo di alcool, indice di massa corporea e stress riferito, gli uomini
attivi presentavano un rischio di ulcera duodenale significativamente ridotto: rischio
relativo 0.38 (IC 95% = 0.15-0.94) per il gruppo attivo e 0.54 (IC 95% =
0.30-0.96) per il gruppo moderatamente attivo. Nessuna associazione è stata
riscontrata tra attività fisica ed ulcera gastrica negli uomini, né per entrambi i tipi
di ulcera nelle donne.
Conclusioni. Lattività fisica può fornire un metodo non farmacologico per
ridurre lincidenza di ulcera duodenale negli uomini.
Western
Journal of Medicine, agosto 2000
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Pillole di buonumore
"Sai che le ostriche sono afrodisiache? ". "Non tutte. Ieri sera ne ho mangiate una dozzina e solo nove hanno fatto effetto".
NEWS |
Agopuntura contro le
tossicodipendenze da cocaina |
Trapianto
di testa: horror o realtà? La stampa non specializzata ha riportato con clamore alcune "previsioni scientifiche" effettuate durante un importante convegno. Al Congresso Mondiale sulle Biotecnologie e i Trapianti, svoltosi a Roma nel mese di Agosto 2000, e' stato infatti messo l' accento su alcune delle frontiere che, apparentemente fantascientifiche, possono essere invece superate dalla scienza in un periodo di tempo definito, valutabile in una decina d' anni. Tra questa ha fatto scalpore l' ipotesi del trapianto di testa su un nuovo corpo o meglio, come hanno precisato gli scienziati, "trapianto di un corpo su una testa. Ne ha parlato il prof. Ortensi, secondo il quale cio' e' materialmente possibile e, pur richiedendo una estrema precisione tecnica, e' realizzabile in una decina d'anni. Il trapianto della testa prescinde, pero', da quello del midollo, per il quale gli studi sono ancora in corso e non e' ancora dato sapere se le due tecniche saranno compatibile o facilmente integrabili. Altro genere di problematica e' quella etica, dai risvolti facilmente visibili e su cui i ricercatori hanno preferito sorvolare. DZ. Riportato da Il Messaggero di Roma e altra stampa non specializzata Torna alle news Torna all'inizio |
Funzionerà
l'arma biologica contro la zanzara tigre? E' stato annunciato che in Florida sarebbe stata scoperta una nuova specie di zanzara con particolari caratteristiche: innanzitutto non e' ematofaga ma si nutre solo di nettare vegetale; inoltre tende a stanziarsi dove crescono le piante bromeliacee (le stesse predilette dalle zanzare-tigre) e tende percio' a contendere l'habitat agli individui dell' altra specie. Sembrerebbe in grado di limitarne grandemente le diffusione per cui molte speranze sono sorte sull' uso di questa potenziale arma biologica. Il fatto pero' che questa prediliga climi molto caldi e umidi (come quello della Florida, appunto) ha fatto sorgere dubbi sulla possibilta' di un acclimatamento alle nostre latitudini. (DZ. Fonte: Il Messaggero di Roma). Torna alle news Torna all'inizio |
Anti IgE promettenti
per I bambini asmatici di Karla Harby New York, 23 agosto (Reuters Health) Un anticorpo monoclonale anti-IgE, chiamato omalizumab o rhuMAb-E25, sembra essere sicuro e può essere efficace in bambini con asma, secondo una relazione presentata qui alla consensus conference sponsorizzata dallAmerican College of Allergy, Asthma and Immunology (ACAAI) e dal St. Lukes-Roosevelt Hospital Center. In uno studio randomizzato su 334 ragazzi di età dai 6 ai 12 anni con asma da moderato a severo, il 55% di quelli che ricevevano omalizumab è stato in grado di sospendere completamente lutilizzo di cortisonici, contro il 39% di quelli che ricevevano placebo, ha detto il dr Bob Lanier, un allergologo di Fort Worth, Texas, vice-presidente dellACAAI. Alcuni ragazzi sono ora senza terapia, neanche inalanti, ha riferito il Dr Lanier. O abbiamo avuto una quota massiccia di remissioni spontanee, o questo farmaco ha realmente fatto la differenza. Lanti-IgE viene sviluppato da Genentech, Inc., of South San Francisco, California; Novartis Pharmaceuticals, of East Hanover, New Jersey; e Tanox, Inc., of Houston, Texas. Il dr. Lanier ha puntualizzato che esso sembra meno efficace nei pazienti con asma severo che in quelli con malattia moderata. Ha inoltre attribuito il ridotto uso di steroidi nel gruppo placebo alla gestione intensa alla quale i soggetti sono stati sottoposti durante lo studio, tra cui controlli clinici settimanali. A causa del suo meccanismo dazione (interferenza con le IgE) si ritiene che lomalizumab non possa provocare anafilassi. Il dr Lanier ha detto di non aver osservato significativi effetti collaterali correlati al trattamento. Con una iniziativa insolita, a tutti i soggetti dello studio è stato garantito che potranno ricevere lomalizumab una volta concluso lo studio. Torna alle news Torna all'inizio |
Caffè: mal di testa in agguato se si
abbandona nel weekend Roma, 29 agosto (Adnkronos) - Privarsi della tazzina di caffe' o ridurne drasticamente il numero durante il fine settimana, cancellando cosi' l'abitudine quotidiana, aumenta il rischio di soffrire del cosiddetto ''mal di testa del weekend''. Un malessere che si manifesta proprio quando ci si vorrebbe rilassare e che nel 34% delle persone che gia' soffrono di emicrania si presenta puntuale durante il sabato e la domenica. E' quanto si legge sulla rivista ''deCoffea'', a cura del gruppo di studio sul caffe' della Fondazione per lo studio degli alimenti e della nutrizione, che ricorda in proposito alcuni studi sul tema. Torna alle news Torna all'inizio |
Successo della terapia genetica per lischemia
miocardica cronica Lancet, 2 settembre 2000. Ricercatori U.S.A. questa settimana riferiscono di aver avuto successo utilizzando la terapia genetica per stimolare unangiogenesi terapeutica in pazienti affetti da ischemia miocardica cronica. Cè stata grande preoccupazione riguardo il dubbio che la terapia genetica funzioni. Questa è una prova molto solida della sua efficacia, ha detto il ricercatore senior del gruppo Jeffrey Isner (Tufts University School of Medicine, Boston, MA, USA). Hanno partecipato allo studio 13 pazienti coronaropatici nei quali la terapia farmacologica standard e gli interventi avevano fallito. Il gruppo di Isner ha utilizzato il fattore di crescita endoteliale (phVEGF 165) iniettandolo direttamente nel miocardio nel corso di una toracotomia. Successivamente il gruppo ha valutato gli effetti del fattore di crescita non solo mediante la tomografia a emissione di fotone singolo (SPECT), ma anche mediante una mappatura elettromeccanica del ventricolo sinistro. Sessanta giorni dopo lapplicazione del fattore di crescita, larea media di miocardio ischemico si era ridotta da 6.45 cm2 a 0.95 cm2, un dato che corrispondeva alla migliorata perfusione calcolata tramite la SPECT. Tutti i pazienti erano vivi al sesto mese di follow-up, e nessuno aveva avuto complicazioni serie. Cerano anche riduzioni significative degli episodi di angina e del consumo di nitroglicerina. Sebbene questo sia uno studio molto elegante, la necessità della toracotomia significa che la tecnica non è molto amichevole verso il paziente commenta Freek Verheugt (University Hospital, Nijmegen, Netherlands). Ciò che è necessario, egli aggiunge, è la possibilità di applicare il fattore di crescita tramite catetere, in modo che si possano trattare più pazienti, e si possa fare un trial randomizzato e controllato. Torna alle news Torna all'inizio |
Il sonno rivelatore |
Malattie polmonari indotte dai medicinali |
Semi di anice per
stimolare la digestione Roma, 15 set. (Adnkronos) - Semi di anice (Illicium verum L.) per stimolare la digestione ed eliminare l'aria dall'addome. A renderli 'preziosi per lo stomaco' e' l'olio aromatico molto intenso, impiegato per fare profumi, dolci e medicinali. Si pensa che Linneo, quando classifico' la pianta, gli attribui' il nome Illicium per il suo sapore e profumo, un nome che deriva dal latino illicere, cioe' sedurre. L'anice contiene olio essenziale costituito principalmente da anetolo ed estragolo ed anche terpeni ciclici e fenolici. Proprio questi principi attivi conferiscono alla droga una forte azione carminativa, stomachica, antispasmodica e stimolante della peristalsi, antisettica ed antifermentativa. Torna alle news Torna all'inizio |
Rischio di m. di Hodgkin aumentato nei pazienti affetti
da colite ulcerosa di Sherry Kahn Westport, 18 settembre (Reuters Health) I pazienti con colite ulcerosa hanno un rischio aumentato di più di nove volte rispetto alla popolazione generale, secondo quanto è riportato nel numero di settembre di Gastroenterology. Ma, ha detto il dr Domenico Palli alla Reuters Health, i messaggi allarmistici vanno evitati. Il morbo di Hodgkin è relativamente raro e, anche con lindice di rischio aumentato, la possibilità che un paziente con colite ulcerosa sviluppi un linfoma di Hodgkin in 10 anni di follow-up è inferiore all1%. Abbiamo anche riscontrato che il morbo di Hodgkin non compare in pazienti trattati con farmaci immunosoppressivi. Il dr Palli, del Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica di Firenze, Italia, insieme con un gruppo di studio multicentrico ha seguito 689 pazienti con colite ulcerosa e 231 con morbo di Crohn identificati nellarea di Firenze tra il 1978 e il 1992. In questo periodo sono stati diagnosticate 64 nuove neoplasie in questo gruppo di pazienti. I ricercatori hanno riscontrato che, sebbene il tasso generale di incidenza del cancro non fosse aumentato, cera un tasso di incidenza del 9.3% del morbo di Hodgkin nei pazienti con colite ulcerosa. I tumori del tratto respiratorio erano significativamente ridotti a un quarto del tasso atteso nei pazienti con colite ulcerosa, ma tendeva ad essere aumentato nei pazienti con morbo di Crohn, che avevano un rischio più alto del 50% di cancro per tutte le localizzazioni. I ricercatori riferiscono inoltre che è stato osservato un rischio di cancro colorettale solo modestamente aumentato, non significativo nei due gruppi. Lassociazione che noi abbiamo trovato fra colite ulcerosa e morbo di Hodgkin potrebbe essere una caratteristica specifica dei popoli mediterranei, dal momento che non sono stati riferiti risultati simili in studi nordeuropei più ampi, ha detto il dr Palli. Gastroenterology 2000;119:647-653 Torna alle news Torna all'inizio |
Toxoplasmosi:
un verdetto di assoluzione per i gatti Una malattia insidiosissima per il feto se contratta durante la gravidanza. Ma la vicinanza dei felini domestici, spesso additata come tramite principale, non ne è responsabile 18.09.2000 Le Scienze. Le donne gravide possono smettere di temere i gatti per ciò che riguarda il rischio di contrarre la toxoplasmosi. Dovrebbero preoccuparsi piuttosto delle carni ingerite, della pulizia delle proprie mani e in generale delle condizioni igieniche ambientali, soprattutto se in visita in paesi esteri. Lo dice una ricerca condotta in sei città europee (Napoli, Losanna, Copenaghen, Oslo, Bruxelles e Milano) su oltre mille donne gravide, (252 infette e 858 di controllo) i cui risultati sono stati pubblicati recentemente sul «British Medical Journal» (BMJ 2000;321:142-147). «La toxoplasmosi non è nociva per la madre, ma può essere trasmessa al feto e danneggiarlo - ricorda Augusto Enrico Semprini, ginecolo e infettivologo che ha partecipato alla ricerca - il rischio di trasmissione al feto è del 33 per cento e un feto infetto su dieci sviluppa danni importanti». Per infettarsi con il Toxoplasma gondii occorre ingerirne le oocisti, che possono essere presenti nelle feci di gatti a loro volta infetti. Di per sé vivere tra i gatti non comporta quindi rischi particolari di contrarre la malattia; basta adottare un minimo di precauzioni quando si tocca la loro cassettina igienica. A proteggere dalla trasmissione oro-fecale sono più che sufficienti le normali regole igieniche: usare i guanti, lavarsi le mani. Inoltre, il gatto può liberare cisti di toxoplasma con le feci solo se si trova in fase di infezione acuta, che dura circa due-tre settimane, un'unica volta nella sua vita. Scartato dunque il micio, rimangono le vere possibili origini di infezione. Secondo questa ricerca, sono in primo luogo le carni (dal 30 per cento al 63 per cento dei casi). Non soltanto la carne cruda nella tipica forma del carpaccio, come è abbastanza noto, ma tutta la carne cruda o poco cotta (bovina, ovina, cacciagione eccetera), dalla bistecca al sangue, alle salsicce, i salumi, la bresaola o il prosciutto crudo e le carni precotte, il cui consumo si sta diffondendo. Anche toccare il terriccio per esempio facendo giardinaggio, espone al contatto con le cisti del protozoo (dal 6 al 17 per cento dei casi esaminati; con il 6-7 per cento dell'Italia, dove evidentemente il giardinaggio non è molto praticato, e il 17 per cento degli altri paesi). Pure in questo caso sono utili semplici norme igieniche: di nuovo, usare i guanti e lavarsi le mani. Tra gli altri rischi evidenziati dallo studio c'è il soggiorno in paesi con scarso livello di igiene e, meno frequentemente, il consumo di latte non pastorizzato. Le verdure poco lavate possono essere una fonte di infezione, ma lo studio non ha esaminato questo aspetto. La ricerca ha anche valutato il livello di informazione su questa malattia, verificando che molte donne citano il gatto come fattore di rischio e poche conoscono correttamente le varie possibilità di infezione. Gli autori invitano dunque le autorità sanitarie a informare esaustivamente su questo argomento, ricordando che è aumentato il numero di donne che arrivano alla gravidanza senza avere avuto l'infezione in precedenza (probabilmente a causa delle migliorate condizioni igieniche generali). Come succede ai gatti, anche gli esseri umani si infettano una sola volta nella vita e dunque bisognerebbe controllare gli anticorpi al Toxoplasma gondii prima del concepimento, per evitare in questo modo ansie durante la gravidanza. Anche le precauzioni igieniche e alimentari andrebbero messe in pratica sin da quando si decide il concepimento. Anna Mannucci Torna alle news Torna all'inizio |
APPROFONDIMENTI
Il DNA
non è solo quello nucleare: le malattie mitocondriali
Da quando e partito il progetto "genoma" e da quando si e
realizzata la conoscenza piu approfondita dei loci del DNA umano molta attenzione
e stata posta a questa molecola ma ci si e dimenticati un altro aspetto molto
importante che e quello del DNA mitocondriale. Infatti, mentre e vero che la
maggior parte degli enzimi che costituiscono la catena respiratoria cellulare sono
codificati dal DNA nucleare, esiste pero un gruppo che utilizza come stampo il DNA
mitocondriale per cui una mutazione o un deficit a questo livello verra trasmessa da
una cellula alle cellule figlie con conseguenze piu o meno gravi per
lorganismo.
In genere le mutazioni del DNA mitocondriale colpiscono solo alcune copie risparmiandone
altre vale a dire che nello stesso individuo possono esistere cellule sane e cellule
malate o addirittura la stessa cellula puo essere portatrice di DNA sano e di DNA
alterato. Il rapporto proporzionale della quantita di DNA sano e la quantita
di DNA mutato puo dar ragione delle alterazioni che si possono verificare nei
diversi organi o apparati nonche del fatto che persone con la stessa mutazione
possono avere un quadro clinico molto diverso in quanto puo colpire organi
differenti. Inoltre le mutazioni mitocondriali tendono ad aumentare con il tempo per cui
possono accumularsi con leta contribuendo ad alterazioni sempre maggiori
dellorganismo ospite. Alcune malattie mitocondriali possono essere trasmesse dalla
madre al figlio, altre volte queste non si ereditano perche la mutazione puo
avvenire dopo la nascita. Infatti nei primi mesi di vita extrauterina si assiste nei
neonati sani a un incremento enorme della quantita di DNA mitocondriale che
sara la base del successivo sviluppo del neonato. Questo meccanismo e
controllato dal DNA nucleare e, in caso di alterazioni, il neonato puo rimanere
ipotrofico, cerebropatico e a rischio di vita. Sono centinaia le malattie in cui e
stato riscontrato un difetto del DNA mitocondriale. Alcune sono rarissime altre assai
comuni come il diabete, il morbo di Parkinson, il morbo di Alzheimer e il cancro.
Lidentificazione dei soggetti a rischio puo avvenire con una serie di
accertamenti strumentali e di laboratorio: nel 40% dei pazienti si riscontra un aumento di
creatinfosfochinasi sierica e in quasi tutti vi sono livelli di acido lattico molto alti
sia al riposo che dopo sforzo. Lesame piu dirimente e quello
microscopico: nelle cellule interessate i mitocondri sono enormi oppure in numero molto
superiore alla media. Nella biopsia muscolare sono rilevabili quelle che vengono chiamate
le "fibre stracciate" o "ragged red", molto caratteristiche. La
diagnosi puo essere completata da una analisi genetica. La prospettiva di una
terapia genetica nellambito delle malattie mitocondriali e piuttosto prematura
in quanto e gia difficile sostituire un gene difettoso in una singola copia
allinterno del nucleo ma tentare di farlo nei mitocondri e praticamente
impossibile per il numero dei cambiamenti e delle sostituzioni che bisognerebbe fare. Non
e ancora chiaro oltretutto se il difetto genetico che determina la malattia
mitocondriale non possa avere anche un legame con alterazioni del genoma nucleare.
Alcune malattie in cui vi e stato dimostrato un difetto del DNA mitocondriale:
- Sindrome di Leigh: malattia infantile spesso letale contraddistinta dalla progressiva
degenerazione delle difficolta visive, uditive e uditorie.
- Encefalomiopatia mitocondriale, acidosi lattica e apoplessia (EMALA o MELAS) disfunzione
di alcune aree cerebrali che causa epilessia, perdita delludito, ritardo nello
sviluppo, paralisi regionale transitoria e demenza insieme ad accumulo di acido lattico.
- Epilessia a fibre stracciate: epilessia, tassia, sordita e demenza.
- Sindrome di Kearn-Sayre: tipica dell eta giovanile comporta perdita
progressiva della vista a causa di danni al nervo ottico, ritardo mentale, diabete e
insufficienza renale.
(Daniele Zamperini - fonte G. Comi " Il Policlinico di
Milano", 15 Aprile 2000)
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Pillole di buonumore
Dieta: una vita da malati per morire finalmente sani!
MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Rubrica gestita dall' ASMLUC: Associazione
Specialisti in Medicina Legale Universita' Cattolica
Il silenzio
della P.A. può essere reato (Sentenza)
Se la P.A. non risponde ad una richiesta, il suo silenzio puo' configurare
reato.
La Cassazione (VI sez. penale, sentenza 6778/2000) ha respinto il ricorso di due
amministratori di ASL condannati nei gradi di merito all'interdizione ai pubblici uffici
per un anno ed a una sanzione pecuniaria di un milione.
Il fatto: un medico, licenziatosi dall'Ospedale, aveva poi sollecitato per iscritto la sua
riassunzione. A tale richiesta non seguiva alcuna risposta da parte della P.A. per cui il
medico si era rivolta all'Autorita' Giudiziaria.
Gli Amministratori della ASL avevano sostenuto, a difesa
Condannati in primo grado e in appello per omissione d'atti d'ufficio, la Cassazione ha
confermato la condanna affermando che le ragioni di fatto, quali eventuali difficolta'
dovute alla mole di lavoro, non valgono come scusanti, ne' vale "la pretesa personale
convinzione di non dover dare risposta". Anche l'impossibilita' di riassunzione nulla
toglie all'obbligo di dare una risposta, seppure negativa, anche al fine di permettere
all' ex dipendente di far valere suoi eventuali diritti. Se anche il ritardo della
risposta fosse stato inevitabile, secondo i Magistrati, La USL avrebbe dovuto almeno
esporre all' interessato i motivi della mancata sollecita risposta. I Magistrati hanno
sottolineato che la conoscenza di una richiesta rivolta all'ente di cui si e'
responsabile, e' "presunta" fino a prova contraria.
DZ: fonte: Biologi Italiani, n. 7, 2000
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Pillole di buonumore
Perche' non si devono mettere le pastiglie di Viagra nel minestrone? Perche' se no i piselli rimangono duri...