Gennaio |
PILLOLEDI MEDICINA TELEMATICA |
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Aggiornamento e varie attualita' a cura di:
Daniele Zamperini md8708@mclink.it, Amedeo Schipani mc4730@mclink.it,
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"GEMELLATA" con Med-News di Enzo Brizio (eb98@multiwire.net)
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semplice comunicazione ad uno dei redattori, viene inviato gratuitamente a chiunque ne
faccia richiesta. Viene attuata automaticamente l' iscrizione anche alla
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precedenti e' consultabile su: http://utenti.tripod.it/pillole
(Visitate anche le altre pagine, sono ricche di informazioni!)
INDICE GENERALE |
TEST
DI VALUTAZIONE DELL'ANZIANO
I nuovi convegni segnalati dai colleghi
(indice
completo sul sito)
Rubrica
semiseria di narrativa medica
Della
tintura d'iodio e specialmente della tintura d'iodio cloraliato
Lettere e opinioni dai nostri lettori
Pillole di buonumore
Una anziana signora è dal medico. Il medico le prova la pressione, studia il suo elettrocardiogramma e poi le fa:
- Bene bene, siamo molto migliorati dal mese scorso. Ora può riprendere a fare le scale tranquillamente!
- Meno male dottore! Mi ero proprio stufata di salire e scendere dalla grondaia!!
www.barzellette.it di Adriano
Altorio
RECENSIONI |
Perché i pazienti con fibrillazione atriale non sono trattati col warfarin?
La fibrillazione atriale (FA) è un problema di
salute pubblica ingravescente associato a significativa morbilità e mortalità,
in quanto causa di stroke ischemico. I soggetti con FA non valvolare hanno un
aumento del rischio di stroke di almeno 5 volte, mentre per quelli con FA
valvolare il rischio aumenta di 17 volte. Circa il 15% di tutti gli strokes è
associato a questa aritmia, e l’associazione aumenta pesantemente con l’età,
dal 6.7% di tutti gli strokes per pazienti di età tra i 50 e 59 anni al 36.2%
per pazienti di età tra 80 e 89 anni. Numerosi trials randomizzati e
controllati sul walfarin hanno dimostrato in modo definitivo che la terapia
anticoagulante a lungo termine può ridurre il rischio di stroke all’incirca
del 68% per anno in pazienti con FA non valvolare, e anche di più in pazienti
con FA valvolare. Tuttavia, i dati disponibili dimostrano che il warfarin viene
prescritto solo al 15-44% dei pazienti con FA e senza controindicazioni alla
terapia con warfarin. Questa revisione critica della letteratura ha identificato
ostacoli alla prescrizione di warfarin correlati al paziente, al medico e al
sistema sanitario.
Barriere pertinenti al paziente.
Fattori correlati al paziente quali l’età, il rischio embolico percepito e il
rischio percepito di emorragia sono correttamente identificati come fattori che
influenzano la decisione di prescrivere la terapia anticoagulante. Per esempio,
l’età crescente è stata correttamente identificata come un ostacolo alla
terapia anticoagulante, ed anche i medici che vogliono prescrivere la terapia
anticoagulante per pazienti anziani propendono per un’intensità minore di
quella supportata dall’evidenza dei trias randomizzati e controllati. Al
contrario, i medici sono più aggressivi con la terapia anticoagulante in
pazienti con una storia di stroke.
Barriere pertinenti il medico. Il
principale determinante per l’uso degli anticoagulanti dovrebbe essere la
valutazione rischio-beneficio in ogni singolo paziente. In effetti, la
percezione da parte del medico dei benefici versus rischi della terapia sembra
essere l’unico elemento che influenza l’instaurazione della terapia con
warfarin. Questa percezione deriva in parte dalla precedente esperienza del
medico sull’uso del warfarin. L’incertezza clinica, sebbene riportata
comunemente, non è chiaramente definita. Essa è stata interpretata come se
significasse che i medici non erano a conoscenza della letteratura corrente,
oppure che conoscevano la letteratura ma non ne accettavano i risultati, oppure
che credevano che le indicazioni cliniche non fossero ben supportate. C’è
inoltre una carenza di uniformità nelle linee guida, che contribuisce alla
variabilità dei comportamenti prescrittivi.
Barriere pertinenti al servizio sanitario.
Per aspettarsi la stessa riduzione degli strokes e la stessa frequenza di
emorragie dei trials clinici, è logico richiedere un livello di
anticoagulazione equivalente a quello ottenuto nei trials clinici. Tra i
pazienti ricoverati in ospedale per uno stroke in corso di terapia con warfarin,
la maggior parte avevano livelli di INR (International Normalized Ratio)
subterapeutici. Non è ben chiaro il perché di tutto questo: alcuni medici
ritenevano che il monitoraggio della terapia fosse scomodo per mancanza di
tempo, o per ritardo del laboratorio nel fornire i risultati, o per limitazioni
di spazio; altri medici ritenevano che fosse necessaria un’ulteriore
remunerazione, oppure che fosse necessario un consulente, o qualcuno che
gestisse l’anticoagulazione. Date queste considerazioni logistiche, potrebbe
esserci nella comunità una carenza di risorse e di personale esperto per in
grado di fornire una terapia anticoagulante a livelli simili a quelli dei trials
clinici controllati. Nonostante la potenziale scarsità di risorse, i medici
indagati in Gran Bretagna sembrano credere che la gestione della terapia
anticoagulante dovrebbe essere effettuata in comunità e in medicina primaria.
Nel confrontare la medicina di primo e di secondo livello i medici britannici
convengono che la medicina primaria offre ai pazienti un accesso migliore e una
continuità di cura.
Conclusioni. Con una popolazione che
invecchia, la FA è un problema in crescita con significative conseguenze
cliniche. Nonostante le decisive prove di efficacia derivanti dai trials clinici
randomizzati e controllati, l’uso del warfarin per la prevenzione dello stroke
ischemico nella FA è subottimale. Sono necessari ulteriori lavori per capire la
discrepanza tra l’evidenza dei trials randomizzati e controllati e i
comportamenti della pratica clinica.
Archives of Internal Medicine, 10 gennaio 2000
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“ANOSOGNOSIA":
SONO
CIECO MA CI VEDO.
La malattia di chi non sa di essere malato.
Seneca
in una lettera indirizzata al suo amico Lucilio racconta con sorpresa e
incredulita’ il comportamento di Arpaste, un’amica della moglie: “Questa
donna improvvisamente ha perduto la vista. Cosa incredibile ma vera, questa
pazza non ha consapevolezza di essere cieca e talvolta chiede al suo custode di
essere condotta altrove perche’ dice che la nostra casa e’ troppa buia”.
Se fosse vissuto qualche migliaio di anni piu’ tardi Seneca avrebbe saputo che
la conoscente era affetta dalla sindrome di Anton, scoperta nel 1885. Solo nel
1914 Babinski defini’ col termine “anosognosia” l’ignoranza o la scarsa
consapevolezza di un evidente deficit cognitivo, motorio o sensoriale. Puo’ sembrare una cosa strana
ma invece e’ molto frequente che soggetti
che abbiano subito una lesione cerebrale da ictus o da trauma, pur presentando
evidenti fenomeni di deficit motorio a carico degli arti (o sensitivo a carico
dei vari apparati) neghino assolutamente la presenza di tale deficit. La
negazione puo’ assumere aspetti assai diversi: interrogati i pazienti possono
dire di star benissimo e messi di fronte al loro deficit con una serie
stringente di domande possono eludere il problema trovando una giustificazione
(plausibile, ma solo per essi) al loro disturbo: proprio come l’amica di
Seneca. Una paziente affetta da tale sindrome insisteva che gli era sufficiente
trovare finalmente un paio di occhiali adatti, tanto da essere adirata con i
medici che si rifiutavano di darglieli. A volte le scuse sono davvero bizzarre e
arrivano ad essere delle vere e proprie confabulazioni: una paziente
intervistata da Ramachandran e Blakeslee nel ‘98, pur essendo affetta da una
paralisi totale al braccio sinistro giustificava la cosa con dolori artritici
che rallentavano i movimenti, fino a stupirsi ("cosa ci fa quel braccio
paralizzato nel mio letto?").
Le scuse cercate sono spesso incongruenti tra loro e contraddittorie da un
momento all’altro. In genere comunque, nonostante le possibili confabulazioni,
il paziente anosognosico presenta normali capacita’ critiche (negli altri
settori) che possono venire testate con le apposite prove psicometriche.
Com’e’ possibile quindi che una persona con capacita’ critiche intatte non
sia in grado di rendersi conto della presenza di un proprio deficit tanto
evidente? Le interpretazione di questo fenomeno sono distinte in due ampie
categorie: motivazionali e cognitive. Le prime considerano l’anosognosia come
un meccanismo di difesa per uno stato di cambiamento improvviso: i pazienti
tenderebbero a negare la loro esperienza troppo negativa e dolorosa. Secondo
ricerche del 1955 (Urweistein e Kahn) si rilevo’ che in effetti esisteva una
certa relazione tra anosognosia e personalita’ premorbose con tendenza a
negare le proprie difficolta’ anche in ambiti diversi da quelli del loro
deficit. Le teorie motivazionali tuttavia non spiegano il motivo per cui l’
anosognosia sia piu’ frequentemente associata ad emiplegia destra (53%) e meno
ad emiplegia sinistra (14%). Le teorie cognitive percio’ tendono a considerare
la mancanza di consapevolezza di un deficit sensomotorio come un “errore”
occorso durante l’elaborazione dell’informazione a livello cerebrale.
Secondo alcuni fisiologi (Mc. Glynn e Schacter,1989) questo deficit sarebbe
secondario a una lesione di un sistema neurologico detto “CAS” (Conscious
Awareness System) corrispondente ai lobuli parietali inferiori. Tale sistema
raccoglierebbe le informazioni provenienti dai vari sistemi relativi alle loro
modalita’ specifiche e produrrebbe un output nei lobi frontali responsabili a
loro volta di organizzare e monitorare o iniziare complesse sequenze di idee o
di azioni. Uno dei problemi per lo studio dell’ anosognosia e’ dovuto
all’ampia gamma di disturbi a cui essa puo’ essere associata. Infatti la
mancanza di consapevolezza non si manifesta in modo ben definito e uniforme: vi
sono individui che sembrano ignorare completamente la presenza del deficit,
altri che lo minimizzano, altri ancora che ammettono una certa difficolta’ ma
si comportano in maniera incongruente. Esistono possibilita’ di recupero anche
spontaneo. Inoltre il paziente puo’ mettere in atto delle curiose strategie di
compensazione. Ad esempio un paziente, camminando in un corridoio travolgeva
qualsiasi persona o cosa si trovasse alla sua sinistra. Per evitare cio’ aveva
sviluppato una curiosa strategia purtroppo non molto efficace: quando camminava
metteva l’indice di fronte al volto e questo a suo avviso avrebbe dovuto
indicargli il centro del corridoio. Bastava seguire il dito e non avrebbe avuto
problemi. Purtroppo il suo centro era molto relativo e non ebbe mai grandi
risultati. Per prima cosa
comunque, affinche' il paziente affetto da anosognosia possa ottenere un
recupero, e' necessario che raggiunga la consapevolezza del suo deficit. Questo
perche’, in via di principio, fino a che non si sia arrivati a tal punto esso
tende a ignorare, eludere, contrastare le strategie terapeutiche messe in atto.
Non e’ ben chiaro pero’ se i pazienti che raggiungono piu’ facilmente
questo stadio siano quelli colpiti da forme piu’ lievi o se al contrario
costituiscano dei veri successi delle terapie riabilitative messe in opera.
SIAMO TUTTI ANOSOGNOSICI?
Uno dei
problemi di fondo per l’analisi e la terapia di questa forma morbosa e’
costituita dal fatto che, se una persona e’ affetta da tale malattia, non
puo’ riconoscere di esserne affetto. E’ possibile percio’ ipotizzare che
tutti noi siamo portatori di forme di anosognosia di cui non ci rendiamo conto?
E’ ovvio che per le forme piu’ evidenti la diagnosi puo’ essere effettuata
da terze persone nel confronto con individui “sani”. Esistono pero’
effettivamente delle anosognosie di cui non siamo consapevoli: una di queste
e’ costituita dalla famosa macula cieca, cioe’ quella piccola porzione di
campo visivo cieco di cui siamo assolutamente inconsapevoli finche’
qualche caso non ce ne rivela la presenza. E’ ben noto che questo spazio cieco
puo’ essere facilmente individuato tramite dei semplici test visivi. La sua
presenza e' ben nota ai prestidigitatori i quali sfruttano la situazione di
parziale cecita’ indotta da un macula cieca per mascherare le loro magie.
Queste magie non sono altro che abilissimi inganni perpetrati alle spalle del
nostro sofisticato cervello, che si lascia gabbare proprio perche’ non elabora
(o meglio non si preoccupa di elaborare) l’assenza di informazione proveniente
da un certo settore. Proprio su questo punto critico, (e cioe’ sul fatto che
il nostro cervello non si occupa di elaborare l’assenza
d’informazione) si basa la “discovery theory” di Levine (1990) che non
considera l’anosognosia come un errore cognitivo o una forma di difesa
psicologica (benche’ non escluda che anche questi aspetti possano contribuire)
ma la intende semplicemente come conseguenza del nostro imperfetto processo di
monitoraggio, come il frutto di un “normale” fallimento nello smascherare
alcuni errori piccoli o grandi del nostro cervello. Il nostro cervello in
effetti si rivela incapace di cogliere alcune stimolazioni sensoriali
riguardanti i vari aspetti ma considererebbe questa assenza di attenzione come
una normale routine di “assenza di segnale”. Cosi’ resta indifferente ai
campi magnetici, agli ultrasuoni, alcuni odori, con un meccanismo di diniego che
e’ molto simile a quello dei pazienti anosognosici.
(G. Cocchini, S. Della Sala, “Psicologia
contemporanea” n.157, 2000).
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ß-Carotene e leucoplachia orale
L’inversione o soppressione delle lesioni precancerose
rappresenta una strategia terapeutica importante per la prevenzione e il
controllo del cancro. La leucoplachia orale è una lesione precancerosa
importante per il cancro del cavo orale che è già stata oggetto di vari
lavori. Alcuni hanno dimostrato che il ß-carotene provoca regressione della
leucoplachia orale. Tuttavia tutti i lavori precedenti sono stati di breve
durata e le lesioni tendevano a recidivare subito dopo la sospensione della
somministrazione, spesso entro due o tre mesi.
Questo studio ha due obiettivi: 1) confermare le già riferite remissioni
con ß-carotene in pazienti affetti da leucoplachia orale mediante uno studio
multicentrico; 2) valutare se la risposta viene mantenuta dopo sospensione
della terapia con ß-carotene mediante un follow-up di un anno in cui la
prosecuzione del ß-carotene è stata randomizzata versus placebo. Metodi.
In questo studio multicentrico in doppio cieco, controllato versus placebo, ai
soggetti è stato somministrato ß-carotene 60 mg/die per 6 mesi. Dopo 6 mesi, i
responders (= coloro che hanno presentato una remissione della leucoplachia)
sono stati randomizzati (= assegnati in modo casuale) a continuare una terapia
con ß-carotene o con placebo per ulteriori 12 mesi. Risultati. Sono
stati arruolati 54 soggetti, dei quali 50 sono stati considerati valutabili (2
non sono stati considerati valutabili per scarsa compliance in quanto non sono
tornati alle visite successive, in un caso la leucoplachia non è stata
confermata all’esame istologico, e un altro soggetto ha avuto un sanguinamento
di ulcera duodenale). A distanza di 6 mesi, 26 soggetti (52%) hanno risposto
clinicamente: di questi, 2 hanno avuto una remissione completa, 24 una
remissione parziale. 23 dei 26 responders hanno completato la seconda fase
randomizzata. Solo 2 (18%) degli 11 nel braccio ß-carotene e 2 (17%) dei 12 nel
braccio placebo hanno avuto una recidiva. In tutti i pazienti è stata
effettuata una biopsia di base, con displasia presente in 19 (38%) dei 50
pazienti valutabili (31 presentavano “iperplasia atipica o non displasia”).
Una seconda biopsia è stata fatta dopo 6 mesi in 23 soggetti consenzienti. C’è
stato miglioramento della displasia di almeno 1 grado in 9 pazienti (39%), e
nessuna variazione in 14 (61%). L’alimentazione è stata valutata mediante
questionari sulla frequenza dei vari cibi. Non c’è stata variazione
nell’introduzione di carotenoidi nel corso del lavoro. I responders hanno
ingerito meno fibre, frutta, folati e supplementi di vitamina E rispetto ai non
responders. I livelli di ß-carotene sono stati misurati nel plasma e nelle
cellule del cavo orale. Durante i sei mesi di assunzione ci sono stati marcati
aumenti. Tuttavia, i livelli basali nei soggetti che prendevano placebo non sono
stati ripristinati per 6-9 mesi dopo la sospensione della terapia con ß-carotene.
Conclusioni. L’attività del ß-carotene in pazienti con leucoplachia
orale è stata confermata. Le risposte provocate sono state durevoli per un
anno.
Archives of Otolaryngology – Head & Neck Surgery, dicembre 1999
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Raffreddore comune complicato da sinusite acuta
In questo articolo gli autori fanno una revisione critica
del lavoro “Siinusitis in the common cold” pubblicato su J Allergy Clin
Immunol 1998; 102: 403-8.
Questo lavoro è parte di uno studio fatto per stabilire il ruolo del
Fluticasone dipropionato nel trattamento del raffreddore comune. I dati per
questo articolo sono stati ottenuti soltanto dal gruppo in terapia con placebo.
Rilevanza per il medico di famiglia. La sinusite acuta è una delle
malattie più diffuse nel Nord America. Essa è responsabile del 4.6% delle
visite di giovani adulti da parte del medico. Nel 1992, secondo il National
Ambulatory Medical Survey, è stata al quinto
posto tra le diagnosi più comuni per le quali sono stati prescritti antibiotici
negli Stati Uniti. Ogni anno, in media, gli adulti hanno due o tre volte il
raffreddore. Lavori precedenti hanno indicato cinque fattori come predittori di
sinusite batterica: storia di secrezione purulenta, riscontro di secrezione
purulenta alla visita, transilluminazione positiva, scarsa risposta ai
decongestionanti da banco, e dolore dentario mascellare. Data la sovrapposizione
di sintomi tra sinusite e raffreddore comune, come possiamo separare queste due
condizioni clinicamente e radiologicamente?
Materiali e metodi. Sono stati arruolati 200 soggetti di razza bianca, 59
giovani uomini (età media 24 anni) e 141 giovani donne (età media 24.1 anni).
I pazienti hanno contattato lo studio medico 24-48 ore dopo l’inizio di
sintomi che essi consideravano come un comune raffreddore sulla base delle loro
precedenti esperienze. I soggetti dovevano presentare almeno ipersecrezione
nasale e uno dei seguenti sintomi: tosse, cefalea, mal di gola, raucedine,
mialgia, o temperatura orale superiore a 37 °C. Criteri di esclusione: storia
di rinite allergica o di sinusite cronica o ricorrente, malattia del tratto
respiratorio inferiore, deviazione importante del setto nasale, poliposi nasale,
gravidanza o allattamento, uso di antibiotici nelle quattro settimane
precedenti. L’esame clinico è stato effettuato al 1°, al 7° e al 21°
giorno. I soggetti con febbre o dolore potevano assumere paracetamolo; non erano
consentiti altri farmaci, compresi quelli da banco. E’ stata effettuata una
radiografia dei seni paranasali (in proiezione occipito-mentoniera) nei giorni 1°,
7° e 21°. Le radiografie così ottenute sono state interpretate dopo il
periodo dello studio in modo indipendente da tre radiologi che non conoscevano i
dati clinici dei pazienti. Fatto interessante, i tre radiologi sono stati
d’accordo nell’interpretazione del 60.9% delle radiografie, un altro 35.5%
dei casi ha visto d’accordo due dei tre radiologi e la loro scelta è
diventata la diagnosi finale, e tutti e tre i radiologi sono stati in disaccordo
sul 3.6% dei casi (la diagnosi finale è stata stabilita tramite discussione dei
casi). Sono stati considerati affetti da sinusite i soggetti che alla
radiografia dei seni mascellari presentavano ispessimento della mucosa maggiore
di 5 mm, opacità totale, o anomali livelli idroaerei. I soggetti hanno tenuto
un diario dei sintomi per 20 giorni; i sintomi registrati erano rinite acquosa,
rinite purulenta, congestione nasale, irritazione nasale, cefalea, tosse, sputo,
ma di gola, febbre, dolore ai denti dell’arcata superiore o nell’area
maxillo-faciale, e ogni altro possibile sintomo. Il ruolo eziologico di 10 virus
e 5 batteri è stato valutato mediante colture, ricerca di antigeni, sierologia,
PCR (Poymerase Chain Reaction) per Rhinovirus, e anticorpi batterici
dell’aspirato nasofaringeo. Sono stati presi campioni di sangue al 7° giorno
per determinare la concentrazione sierica di recettori per l’AMPc, la VES, la
conta dei leucociti con formula.
Risultati. Le radiografie prese in tre tempi diversi sono state così
interpretate: il 14.2% dimostravano una sinusite al 1° giorno, il 38.8% al 7°
giorno e l’11.3% al 21° giorno. La rinite purulenta è stata più comune nei
giorni dal primo al sesto nei soggetti con sinusite al 7° giorno (94.7%)
rispetto ai soggetti senza sinusite (76.7%) (P = 0.02). Nessun soggetto ha
riferito dolore unilaterale nell’area maxillo-faciale o dolore ai denti
dell’arcata superiore, sintomi considerati specifici della sinusite batterica.
La durata media di tutti i sintomi è stata sovrapponibile nei soggetti con e
senza sinusite al 7° giorno. La durata della tosse e della rinite purulenta è
stata simile nei soggetti con e senza sinusite (rispettivamente 8.3 – 9 giorni
e 7.3 – 8.4 giorni). I soggetti con sinusite hanno presentato una VES e una
conta dei leucociti neutrofili mediamente più alte dei soggetti senza sinusite
(rispettivamente P = 0.004 e P = 0.01). Tutti i soggetti con raffreddore comune
hanno avuto una guarigione clinica entro 21 giorni senza terapia antibiotica.
Analisi della metodologia. In generale, questo è stato uno studio
prospettico di coorte ben fatto, ma i fattori di rischio basali dei pazienti,
quali ad esempio la condizione di fumatore o non fumatore, non sono stati
descritti. La proiezione radiografica occipito-mentoniera utilizzata in questo
studio non fa veder bene i seni paranasali diversi da quello mascellare. Poiché
i pazienti di questo studio erano il gruppo placebo di uno studio per stabilire
il ruolo di una terapia intranasale con fluticasone, hanno tutti ricevuto un
placebo spray intranasale durante i primi 6 giorni di infezione, cosa che
potrebbe aver influenzato lo sviluppo di anormalità sinusali. Inoltre, i
soggetti dello studio erano giovani e di razza bianca, il che può rendere
difficoltoso generalizzare per altre popolazioni.
Applicazioni per la pratica clinica. In generale, i risultati di questo
studio supportano le linee guida canadesi per la diagnosi e il trattamento della
sinusite acuta. In queste linee guida tre sintomi (dolore dentario mascellare,
scarsa risposta ai decongestionanti e storia di secrezione nasale colorata) e
due segni (secrezione nasale purulenta e transilluminazione anormale) sono
considerati i migliori predittori clinici di sinusite batterica acuta. I
risultati di questo studio potrebbero non essere applicabili ai pazienti
pediatrici o anziani. Detto questo, è interessante scoprire che la separazione
tra una sinusite virale e una batterica non è netta, bensì in realtà del
tutto indistinta. Per esempio, tutti e tre i radiologi sono stati d’accordo
sulla diagnosi di sinusite solo nel 61% dei casi, la durata media dei sintomi è
stata simile per quelli con e senza sinusite virale, e tutti i pazienti sono
guariti entro 21 giorni senza antibiotici. Ci sono state alcune differenze in
esiti poco importanti per i pazienti, quali la VES o la conta dei neutrofili.
Considerazioni finali.
·
La linea di demarcazione tra un
raffreddore comune e una sinusite virale sembra indistinta: il raffreddore
comune in giovani adulti sani è spesso associato con rinite purulenta (nel
77-95% dei casi), il 40% dei pazienti avrà un’evidenza radiografica di
sinusite acuta, e la durata media dei sintomi sarà simile, qualunque cosa
abbiano.
·
Distinguere tra un raffreddore
comune e una sinusite virale (almeno nella presentazione acuta della maggior
parte dei pazienti giovani , sani e bianchi) potrebbe non essere il modo
migliore di utilizzare il nostro tempo, in quanto tutti i soggetti,
indipendentementee dalla diagnosi, stavano meglio al 21° giorno senza
antibiotici. Ciò potrebbe significare che ci sono più sinusiti virali nella
popolazione in studio di quanto ci si aspettasse.
·
Radiografie non necessarie in
giovani pazienti con raffreddore comune potrebbero portare a trattamenti non
necessari.
·
Segni di sinusite batterica (e.g.,
dolore maxillofaciale unilaterale, dolore dentario dell’arcata superiore, e
mancata risposta ai decongestionanti nasali) potrebbero richiedere una diversa
diagnostica e un diverso approccio terapeutico.
Canadian Family Physician, dicembre 1999
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- Dottore, dottore mia moglie ha inghiottito un topo!
- Vengo subito, intanto dica a sua moglie di tenere la bocca spalancata, e di mettersi davanti un pezzo di formaggio.
Dopo un'ora il dottore arriva e vede che la signora ha davanti alla bocca una sardina.
- Le avevo detto del formaggio, non una sardina!
- Avevo capito bene, solo che adesso bisogna far uscire prima il gatto...
www.barzellette.it di Adriano
Altorio
MINIPILLOLE |
Due
erano soldati americani, uno di stanza nella Carolina del sud, l' altro nello
stato di New York; la terza era una donna Inuit, sepolta in Alaska. Sono tre dei
morti durante l' epidemia di influenza del 1918 (la cosiddetta
"spagnola") che uccise almeno 20 milioni di persone nel
mondo.Analizzando campioni di tessuto dei tre soggetti, gli scienziati dell'
Istituto di Patologia dell' esercito USA hanno sequenziato tre degli otto geni
del virus killer.A differenza degli altri virus che causarono le pandemie
influenzali del 1957 e del 1968, i quali si trasmisero dagli uccelli all' uomo
senza periodi di latenza, il virus della "spagnola" potrebbe aver
seguito una strada diversa, rimanendo a lungo latente nei mammiferi prima di
infettare gli esseri umani su grande scala. I ricercatori sperano, dall' esame
genetico del virus, di scoprire le ragioni dell' elevato tasso di letalita' del
ceppo del 1918.
(National Geographic, n. 5, 1999)
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L’ANALISI AI RAGGI X DEI CAPELLI RIVELA IL CANCRO DELLA MAMMELLA
E’
possibile che in un prossimo futuro la diagnostica di alcuni tipi di tumore
venga a essere basata sull’esame di diffrazione dei raggi X sui capelli.
Infatti sono state evidenziate alterazione tipiche caratteristiche di questa
malattia. I ricercatori guidati dal fisico Veronica James (Nature
1999;398:33-34) hanno portato avanti tale tesi. In precedenza James e coll.
avevano confrontato la struttura intermolecolare dei capelli umani normali di
pazienti affetti da diabete e avevano scoperto aberrazione della struttura dei
capelli stessi derivati dal legame di molecole di zuccheri alle proteine dei
capelli. Nel primo studio in doppio cieco svoltosi in Giappone i ricercatori
hanno trovato che i capelli delle donne portatrici di cancro mammario avevano
costantemente delle variazioni tipiche della diffrazione consistenti in presenza
di uno o piu’ ombreggiature ad anello che non erano nelle immagini ottenute
con capelli normali. James e coll. hanno effettuato altre ricerche per stabilire
se la correlazione della struttura dei capelli col cancro mammario si manteneva
anche dopo l’esame di un maggior numero di campioni. Escludendo dall’esame i
capelli sottoposti recentemente a permanente o a tintura artificiale,
utilizzando anche per il test anche i peli del pube si e’ evidenziato che
tutti i 23 campioni di donne affette da cancro della mammella producevano le
tipiche alterazioni della diffrazione dei raggi X. Le 5 donne considerate a
rischio perche’ portatrici di mutazione del gene BRCA1 o di storia familiare
positiva per neoplasia della mammella hanno prodotto anch’esse il
tipico quadro aberrante ai raggi X. 24 soggetti su 28 apparentemente in buona
salute hanno prodotto quadri di diffrazione ai raggi X normali. I 4 soggetti
sani che invece hanno presentato anomalie del quadro di diffrazione sono sotto
controllo onde evidenziare se si tratti di falsi positivi o indicatori di una
particolare predisposizione a sviluppare un cancro della mammella o altri tipi
di tumore eventualmente evidenziabili in futuro. I ricercatori sospettano che
l’andamento anomalo delle macchie di diffrazione possa essere provocato da un
cambiamento della struttura della membrana cellulare durante la formazione del
capello nel follicolo pilifero. Poiche’ i risultati degli studi eseguiti
presso tre diversi laboratori sono stati uniformi i ricercatori ritengono che
l’analisi a diffrazione ai raggi X sia estremamente promettente come
potenziale metodo di screening per il cancro mammario. Gli studi preliminari
hanno pero’ indicato che anche altri tipi di cancro potrebbero essere in
relazione con l’alterazione di questa fine struttura molecolare del capello.
Se gli studi conclusivi si riveleranno sufficientemente sensibili e specifici
sono ipotizzabili screening molto ampi e di basso costo per una quota importante
della popolazione.
(G. Stephenson, Jama edizione It. Ottobre ’99 vol.
11-96)
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IL
GABAPENTIN E’ EFFICACE NEL TRATTAMENTO DELLA
NEUROTERAPIA DOLOROSA DEI PAZIENTI DIABETICI.
Sono
stati esaminati per otto settimane 165 pazienti diabetici che avevano una
anamnesi positiva per dolore della durata da
1 a 5 anni attribuito a neuropatia diabetica. Il punteggio del dolore minimo era
di 40mm sulla scala visuanalogica dello “Short-Form Mc Gill Pain Questionnaire”.
A tali pazienti e’ stato somministrato Gabapentin a dosi scalari da 900 a 3600
mg/die o al dosaggio massimo tollerato. Un gruppo di tali pazienti assumeva
placebo. Venivano studiati sia la severita’ giornaliera del dolore (misurata
secondo la scala Likert a 11 punti(0=assenza del dolore; 10=peggiore dolore
possibile). Venivano inoltre esaminate l' interferenza
sul sonno e diverse altre scale misuranti la qualita’ della vita. E’ stato
osservato, nei confronti del gruppo trattato con placebo, un miglioramento
statisticamente significativo di tutti i parametri attinenti sia intensita’
del dolore che nella qualita’ dalla vita. Gli effetti collaterali,
sperimentati in modo decisamente piu’ frequente nel gruppo Gabapentin, sono
stati vertigine = 20 (24%) contro 4 (4,9%) del gruppo placebo; sonnolenza = 19
(23%) nel gruppo Gabapentin contro 5 (6%) del gruppo placebo. Anche lo stato
confusionale e’ stato piu’ frequente nel gruppo Gabapentin = 7 (8%)contro 1
(1,2%).
In conclusione la monoterapia con Gabapentin sembra essere efficace nel
trattamento del dolore e dell’interferenza sul sonno associate a neuropatia
diabetica periferica e mostra effetti positivi sull’umore e sulla qualita’
della vita.
(Miroslav B. e al. Jama ed It., Novembre ’99 n.7)
Questo articolo si collega ad un precedente di m Rowbotham e al., Jama ed.it
agosto-settembre 1999 ove si rilevava l' efficacia del gabapentin nella
nevralgia post-erpetica)
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EFFETTI
DELLA PREVENZIONE DELL’ANEMIA MEDITERRANEA NEL LAZIO:
SINTESI DEI RISULTATI 1975-’99.
L’anemia
mediterranea e’ una grave malattia ereditaria che colpisce bambini fin dai
primi anni di eta’. E’ causata dalla presenza della condizione omozigotica
per una anomalia ereditaria dei globuli rossi ed e’ frequente in Italia.
Silvestroni e Bianco hanno dimostrato che la malattia si manifesta solo nelle
famiglie in cui entrambi i genitori sono portatori di microcitemia e piu’
esattamente solo nei figli omozigoti per tale carattere. Gli studi recenti
genetico-molecolari sul DNA hanno permesso di identificare numerosissime
varieta’ di microcitemia ed hanno messo in luce anche diverse modalita’
possibili di prevenzione: diagnosi precoce attraverso lo studio del DNA fetale,
diagnosi precoce della malattia del feto, eventuale interruzione di gravidanza
nella malattia conclamata.
E’ possibile effettuare una strategia preventiva mediante:
1.
Prevenzione
prematrimoniale
che si realizza identificando precocemente cioe’ dall’adolescenza i
portatori sani di microcitemia ed informandoli esattamente su tutti i rischi del
matrimonio tra due microcitemici.
2.
Prevenzione
post-matrimoniale
che si attua prima o subito dopo il concepimento di un figlio tra due
microcitemici e che consiste nell’informazione sui rischi della malattia del
fegato e nell’assistenza per realizzare la diagnosi prenatale ed eventualmente
decidere un possibile aborto.
Nel Lazio viene posto in atto da 25 anni un piano di prevenzione con il
patrocinio della Regione mediante:
- Screening scolastico dei microcitemici:
viene effettuato tra
gli studenti della terza media delle scuole pubbliche e private del
Lazio. I microcitemici o sospetti tali vengono invitati per un controllo insieme
con la famiglia presso l’ambulatorio del
“Centro Studi della microcitemia” di Roma o presso consultori famigliari
delle varie province.
- Screening ambulatoriale: si svolge
tutti i giorni feriali presso l’ambulatorio del “Centro delle microcitemie”
e vi affluiscono in prevalenza giovani coppie di fidanzati o di coniugi o donne
in gravidanza. I controlli vengono anche eseguiti presso consultori familiari
dei vari paesi del Lazio.
- Attivita’ divulgativa e diagnostica:
lo screening scolastico e’
accompagnata in tutte le scuole dall’intensa attivita’ di formazione tramite
diffusione di materiale stampato e di opuscoli di aggiornamento.
Risultati: nel
corso dei 24 screening scolastici eseguiti dall’Ottobre ’75 a Giugno ’99
sono stati esaminati 1.064.044 studenti fra i quali sono stati identificati
18.786 portatori di microcitemia non-alfa e cioe’ di tutte quelle varieta’
ovviamente piu’ importanti perche’ danno luogo alla comparsa dell’anemia
mediterranea. Nel corso dell’attivita’ ambulatoriale eseguita nello stesso
periodo ‘75-’99 sono stati esaminati 231.037 soggetti ed
individuati 25.328 portatori di microcitemia non-alfa.
I 44.114 portatori di microcitemie non-alfa complessivamente identificati nelle
scuole e negli ambulatori sono stati poi raccolti nell’archivio computerizzato
del Centro. Sono state diagnosticate 802 coppie a rischio delle quali 500 sono
oggi in eta’ fertile. I feti omozigoti abortiti sono stati in totale dall’82
ad oggi 132. Dopo una totale cessazione delle nascite di malati di anemia
mediterranea dal Dicembre 1992 si e’ verificata nel 1999 una nascita di
soggetto malato per rifiuto della diagnosi prenatale da parte dei genitori che
avevano gia’ effettuato l’aborto di un feto ammalato; un altro bambino
malato e’ nato da un concepimento extraconiugale. In assenza totale di
prevenzione sarebbero nati nel Lazio negli ultimi 24 anni almeno 189 malati.
L’autrice ritiene che, tenendo conto dall’alto costo annuale specialmente
dei malati adulti tale strategia di prevenzione abbia comportato un enorme
vantaggio anche a livello economico.
(I. Bianco, Bollettino O.M.R. Anno ‘51 n.8)
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DUE FARMACI CONTRO L’EPATITE “C”.
L’epatite
“C” e’ la forma piu’ diffusa e attualmente piu’ importante di
infezione virale al fegato. In Italia sono stimati 2-3 milioni di soggetti
infettati, in parte portatori sani. Il contagio avviene attraverso sangue
infetto mediante diversi mezzi intermedi. L’epatite C passa di solito
inosservata dal momento che i sintomi di accompagnamento della malattia
possono essere di modesta rilevanza. Tuttavia la maggior parte dei pazienti
infettati con virus sviluppa una forma cronica di malattia con aumento
considerevole di rischio di cirrosi, insufficienza epatica e carcinoma
epatocellulare. Negli ultimi dieci anni la terapia della epatite cronica da
HCV si e’ basata sull’impiego dell’interferone di cui sono disponibili
alcune varianti. Purtroppo il successo della terapia con il solo interferone
non si rivelato soddisfacente in quanto gli schemi attualmente consigliati
(almeno 12 mesi) ottengono l’eradicazione virale circa nella meta’ dei
pazienti. Aggiungendo all’interferone Alfa-2B un altro antivirale la
Ribavirina la percentuale dei successi si e’ innalzata drasticamente. La
Ribavirina e’ un farmaco antivirale (analogo nucleosidico) che agisce in
modo diverso dagli interferoni, probabilmente interferendo con i meccanismo di
replicazione del virus. Questo schema terapeutico e’ indicato anche in quei
pazienti che sono gia’ stati trattati con il solo interferone senza risposta
positiva al trattamento. La terapia di combinazione Ribavirina e Interferone
Alfa 2B e’ stata riconosciuta
ufficialmente dalla “Consensus sull’epatite C” della “European
Association for Study of the Liver” (Parigi, Febbraio 1999) come trattamento
di preferenza. I farmaci devono essere somministrati per un ciclo di terapia
di almeno 24 settimane; al termine di questo periodo e’ necessario
controllare i parametri predittivi di guarigione (l’assenza del virus HCV
nel sangue e l’abbassamento dei valori della ALT) spesso e’ necessario
ripetere un ulteriore ciclo terapeutico di 24 settimane.
(Aggiornamento Medico n.8 1999)
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L' HGV e'
un virus ad RNA appartenente alla stessa famiglia del virus dell' epatite C, dal
quale pero' e' strutturalmente ben distinto. Presenta una caratteristica
stabilita' strutturale, mancando delle regioni ipervariabili caratteristiche del
virus C. Negli USA e' stato riscontrato ina una percentuale compresa tra l' 1 e
il 7% dei donatori di sangue e nel 14-33% dei casi di epatite non A-E. Si
associa fequentemente con altri virus epatitici, particolarmente all' HCV (20%)
mentre scende al 10% nei casi di epatite B. Si trasmette per via ematica,
attraverso le stesse vie del virus C (trasfusioni, siringhe infette, dialisi,
madre-figlio). Si discute molto sull' importanza clinica di questo virus: se ne
ipotizzava un ruolo importante nelle epatiti di etiologia finora sconosciuta ma
successivi studi hanno messo in discussione tale ruolo, al punto da metterne
perfino in dubbio il reale tropismo epatico: e' stato riscontrato, ad esempio,
che i livelli serici sono piu' elevati di quelli epatici, a differenza di quanto
avviene per il virus C; le alterazioni degli indici di sofferenza epatica erano
poi, in elevata percentuale di casi, molto modeste. Tutto cio' sembrerebbe
suggerire un basso tropismo epatico. Nelle epatiti fulminanti, dopo un iniziale
entusiasmo, il suo ruolo e' stato ridimensionato (solo 11% dei casi). Sembrano promettenti, invece, gli studi sui rapporti
di tale virus con le malattie linfoproliferative: l' RNA virale, infatti, funge
da stampo positivo e non necessita, per replicarsi, di passare attraverso il
DNA; l' alta concentrazione di virus riscontrata nei linfociti ha suggerito a
diversi ricercatori un promettente campo di studio. La diagnosi e' effettuabile
attraverso l' identificazione diretta dell' RNA virale con tecnica PCR; non e'
ancora stato identificato un anticorpo specifico. La terapia con interferone
sembra applicabile solo in rari casi anche perche', in casi di coinfezione C-G,
mentre si poteva ottenere la negativizzazione per l' HCV, questa era molto piu'
rara per l' HGV, confermando una indipendenza metabolica e biologica.
(B. Palmentieri e al., News
& Views n. 4, 1998- 12 voci bibliografiche).
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IL MAGNESIO: UN CONTRADDITTORIO ESSENZIALE MICROELEMENTO
Il
magnesio e’ il quarto catione piu’ abbonante nel corpo umano e il secondo
tra quelli intracellulari, dopo il potassio. E’ stato finora poco studiato
ma ultimamente sono stati evidenziati diversi aspetti di elevato interesse
clinico. Diversi lavori hanno messo in luce l’importanza del magnesio nel
controllo del ciclo cellulare, in particolare nella regolazione della mitosi,
nella condensazione della cromatina durante la mitosi stessa,
nell’assemblaggio delle proteine che sono associate ai microtuboli. Gioca un
ruolo importante in diverse azioni enzimatiche: e’ richiesto come substrati
in centinaia di sistemi come ad esempio la fosfofruttochinasi, la
creatin-chinasi, la fosfatasi alcalina. Anche l' ????adenil delinatociclasi e
la tippiase?? sono conosciuti per essere dipendenti dalle concentrazioni
cellulari del magnesio. Il magnesio e’ importante nella regolazione della
glicolisi, della fosforiazione ossidativa,del metabolismo nucleotidico e della
biosintesi delle proteine. Influisce sulle funzioni di membrana come quella di
conduzione nervosa, sui canali del calcio e il trasporto del potassio; il
metabolismo del magnesio e del calcio sono correlati strettamente e sono
parzialmente interdipendenti. Il magnesio e’ abbastanza simile al potassio
nella sua distribuzione ed e' relativamente concentrato nello spazio
intracellulare, soprattutto nel fegato e nel muscolo striato. E' assorbito nel
piccolo intestino ma soprattutto nell’intestino crasso.
(P.Aretini
e al. “I Biologi italiani”,anno 29,n.8 Settembre 1999)
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Pillole di buonumore
Un giorno un tizio va dal dottore:
- Buon giorno dottore, sa sono venuto per mio fratello...
- Dica, dica...
- Beh... crede di essere un camion!
- Lo porti qui che così lo visito!
- Ma come, qui in centro? E dove lo parcheggio?
www.barzellette.it di Adriano Altorio
NEWS |
22.12.1999 |
27.12.1999 Antibiotici
che si autorigenerano per mantenersi attivi, altri che si distruggono
fuori dal corpo umano; sono due approcci diversi per affrontare lo stesso
inconveniente: la resistenza che i batteri sviluppano nei confronti degli
antibiotici, che finiscono per perdere la loro efficacia, mettendo a
rischio la salute di uomini e animali. |
29.12.1999 |
3.1.2000 Dal
1996 la American Heart
Association compila annualmente una lista delle dieci più importanti
acquisizioni nel campo della clinica e della ricerca cardiologica. Torna all'inizio |
11.1.2000 Le
patologie a carico delle coronarie e del sistema vascolare periferico sono
tra le principali cause di mortalità nei paesi occidentali. Fino a pochi
anni fa, dal mondo scientifico giungevano unicamente raccomandazioni di
agire in via preventiva, adottando un’alimentazione e uno stile di vita
che possano ridurre le probabilità dell’insorgenza di queste malattie.
Oggi si prospetta la possibilità di ricostruire i vasi sanguigni
danneggiati o otturati, ripristinandone la normale funzionalità. In
questo ambito, suscita molte speranze una scoperta fatta recentemente a
Boston, dai ricercatori dell’Angiogenesis Research Center presso il Beth
Israel Deaconess Medical Center e pubblicata sull’ultimo numero
della rivista “Nature Medicine”. |
17.1.2000 Si chiamano peptidi e in effetti
somigliano a proteine, sono la nuova classe di molecole antibiotiche nate
dal lavoro di un gruppo di ricercatori dell'Università della Pensylvania,
coordinati da William De Grado. La loro scoperta è stata resa nota in un
lavoro scientifico pubblicato sul Journal
of American Chemical Society, accolto con favore dalla comunità
medica sempre a caccia di nuovi strumenti terapeutici. Anche se
preliminare, lo studio apre una nuova strada verso la soluzione del
problema delle infezioni resistenti, un fenomeno crescente e preoccupante
a livello sanitario. L'uso e l'abuso di antibiotici comuni, come la
penicillina, ha infatti condotto nel tempo alla selezione di ceppi
batterici non più sensibili ai normali trattamenti, alcuni dei quali
sostengono infezioni letali, virtualmente incurabili. Gli antibiotici di
sintesi che hanno seguito la penicillina, sono derivati in genere dalla
modifica della struttura originale, ma sono stati ad uno ad uno sconfitti
dalla selezione, che nei batteri è velocissima. Dal lavoro di DeGrado
arrivano adesso le nuove molecole «protein-like» destinate
probabilemente a cambiare le carte in tavola nella lotta contro i batteri.
Queste molecole sono costituite da unità più piccole come gli
amminoacidi, ma con una importante differenza strutturale: nelle proteine
naturali le singole unità amminoacidiche possiedono un atomo di carbonio
centrale a cui sono uniti i due gruppi caratteristici, quello carbossilico
e quello amminico, formando catene dette -peptidi. Nelle nuove
macromolecole sintetiche i due gruppi sono invece uniti a due diversi
atomi di carbonio legati tra loro, e le catene prendono il nome di
-peptidi, molecole completamente nuove che non hanno paragoni strutturali
in natura. I primi esperimenti condotti sul batterio Escherichia Coli
hanno confermato le straordinarie proprietà antibiotiche di queste
molecole, che per meccanismo di azione somigliano agli antibiotici
tradizionali, di cui però risultano essere molto più potenti. I test
preliminari hanno purtroppo mostrato che i -peptidi sono tossici tanto per
i batteri che per le cellule umane, e risultano quindi per ora
inutilizzabili come agenti terapeutici. Ma il lavoro dei ricercatori
americani ha aperto la strada allo studio di molecole derivate
dall'eventuale modifica della struttura di questi strani peptidi e
potranno in un futuro condurre alla sintesi di una nuova classe di
antibiotici utilizzabili in clinica. |
19.1.2000 Alla
fine del 1998, il National Creutzfeldt-Jakob Disease (CJD) Surveillance
Unit inglese denunciava un aumento dei decessi. Il programma di vigilanza
era stato istituito nel 1990 con lo scopo primario di stabilire se
eventuali variazioni del profilo epidemiologico della malattia fossero da
mettere in relazione con l'esplosione di encefalopatia spongiforme bovina
degli anni precedenti. Nel 1996, erano stati riportati 10 casi di una
variante della Creutzfeldt-Jakob possibilmente associata all'infezione
bovina, dopodiche l'incidenza era rimasta costante fino all'incremento del
1998. |
10.12.1999 Antitrust: anticellulite nel mirino Pubblicita' ingannevoli. (ANSA)
- ROMA - Creme anticellulite ancora una volta
nel mirino dell'Antitrust. Troppo spesso le pubblicita' dei
prodotti per ridurre o eliminare tali inestetismi promettono infatti
risultati che in realta' non vengono raggiunti. E' per questo che il
garante e' intervenuto nuovamente, giudicando ingannevoli alcuni annunci
promozionali apparsi su periodici femminili e obbligando le relative case
produttrici a una serie di rettifiche. A
cominciare da ''Alga Blu'', una linea di tre prodotti che - nel relativo
annuncio pubblicitario - prometteva, come risultato, una diminuzione
''fino a tre centimetri'' del diametro delle cosce in una settimana. Ma le
analisi ed i test commissionati dal Garante hanno dimostrato che non solo
per vedere qualche risultato invece di una settimana sono necessari 60
giorni ma che la riduzione della cellulite, in termine di centimetri, e'
stata assai piu' contenuta, da un minimo di 0,23 a poco piu' di un
centimetro. L'Antitrust ha poi bocciato la pubblicita' di Chetocell, un
altro prodotto, che prometteva di attaccare la cellulite dall'interno
mentre in realta' nessuno dei componenti puo' vantare tale efficacia. E,
ancora, nel mirino e' finita una pubblicita' della Sant'Angelica che
promettevano tra l'altro, ''un'efficacia comprovata contro la cellulite''. |
31.12.1999 Sono otto i nuovi geni identificati
che appaiono essere associati all’insorgenza del tumore della prostata:
come aghi in un pagliaio, essi sono stati isolati tra gli oltre 40.000
geni oggi riconosciuti come maggiormente espressi nell’uomo. Artefici
della scoperta i ricercatori della Incyte
Pharmaceuticals, insieme ai colleghi della Stanford
University, che hanno pubblicato i loro risultati nel numero di
dicembre di «Genome Research». |
31.12.1999 Un
nuovo strumento diagnostico sarà presto a disposizione per sieropositivi
e malati di AIDS. La buona notizia arriva da «Nature Medicine», che
pubblica i risultati ottenuti in un lavoro pionieristico condotto da
ricercatori dell’Imperial
College School of Medicine di Londra, presso l’Hammersmith Hospital
NHS Trust. |
APPROFONDIMENTI |
Errata corrige: Clinical Diabetes, Vol. 17, N° 4, 1999
Lo
sviluppo di ipertensione arteriosa iatrogena avviene principalmente attraverso
tre meccanismi:
1.
Azione simpatico-mimetica.
2.
Azione diretta a livello renale con riduzione di flusso e ritenzione di
sodio e di liquidi.
3.
Azione sulla 11-beta-idrossidosteroidodeidrogenasi, che favorisce l’inattivazione
del cortisolo specialmente a livello renale trasformandolo in un composto
inattivo.
Se
questo enzima e’ ridotto per cause genetiche o farmacologiche il cortisolo che
circola a concezioni molto piu’ alte dell’ aldosterone (e che ha la stessa
affinita’ dell’aldosterone per il recettore dell’aldosterone stesso),
diventa un mineralcorticoide non essendo inattivato e provocando quindi uno
stato di pseudoiperaldosteronismo (liquirizia, cardenoxolone, pompelmo). Ora
quali meccanismo possono provocare una ipertensione iatrogena:
1.
Cloruro di sodio. E’ ben noto come l’aumento del sodio porti un
aumento della volemia e quindi un effetto ipertensivo. La dose raccomandata di
sodio da assumere giornalmente e’ meno di 6 grammi al giorno anche se e’
difficile effettuare una stima precisa da parte del paziente. L’associazione
di diuretici e dieta iposodica puo’ essere dannosa in quanto la riduzione di
sodio a livello della macula densa attiva ancor di piu’ il sistema
renina-aldosterone e alla lunga aggrava la situazione ipertensiva.
2.
Sostanze adrenergiche. Si tratta di sostanze simpatico- mimetiche
presenti soprattutto in colliri e spray nasali o antiasmatici. Si usano
comunemente pseudoefedrina, efedrina, fenilpropanolamina, epinefrina ecc. Spesso
tali assunzioni sfuggono al controllo del medico causando ipertensione
resistente la cui causa e’ difficilmente diagnosticabile. L’effetto
pressorio e’ piu’ evidente in posizione clinostatica e puo’ essere
evidenziata o accentuata dalla contemporanea assunzione di caffeina, fans,
antimao.
3.
Antiprostaglandinici (fans). Il meccanismo ipertensivo dei fans e’
legato all’azione natriuretica delle prostaglandine, le quali regolano anche
la produzione di renina, la dilatazione dei vasi, la filtrazione glomerulare. Il
blocco di tali effetti puo’ comportare ipertensione in soggetti predisposti.
Viene a crearsi un ipoaldosteronismo iporeninemico con ritenzione di sodio non
dovuta all’aldosterone. I numerosi effetti dei fans su meccanismi ipertensivi
fanno anche comprendere come l’effetto di numerosi ipotensivi possa venire
inibito. Ad esempio vengono parzialmente inibiti gli ACEinibitori???, gli
alfabloccanti, i diuretici dell’ansa, i betabloccanti .
4.
Alcool. L’uso moderato dell’alcool puo’ avere un effetto positivo
sulla reattivita’ vascolare mentre l’abuso provoca numerosi effetti
indesiderati. L’azione ipertensiva puo’ essere dovuta ad un’aumentata
attivita’ simpatica o a un effetto sul metabolismo del cortisolo.
5.
Cocaina. Frequentemente in pazienti che abusano di cocaina si manifesta
ipertensione e tachicardia. Sembra che la cocaina prevenga il reuptake delle
catecolamine con conseguente attivazione simpatica.
6.
Estrogeni e progestinici. Circa il 5-10% delle donne che assumono
contraccettivi soffre di ipertensione arteriosa con valori appena superiori alla
norma. Il meccanismo d’azione sembra risiedere nell’attivazione del sistema
renina angiotensina o su un diretto effetto del contraccettivo sul rene
conseguente a sodio-ritenzione. L’azione degli estrogeni puo’ essere anche
dovuta a una riduzione dell’11 beta idrossisteroidodeidrogenasi. Si ipotizzano
pero’ presenza di fattori predisponenti genetici.
7.
Cortisonici. Durante terapia cortisonica il fenomeno si presenta in una
percentuale inferiore di casi rispetto alla sindrome di “Cushing”. Si
ipotizzano svariati meccanismi: sui recettori dell’aldosterone, una
saturazione della 11 beta idrossisteroidodeidrogenasi dovuta a eccesso di
cortisolo, attivazione del sistema renina-aldosterone per aumentata sintesi di
substrato e aumento di resistenze periferiche. L’ipertensione si verifica
anche in seguito a terapia topica prolungata come nella psoriasi o con preparati
inalatori, colliri, gocce auricolari o in seguito a infiltrazioni ripetute nelle
patologie osteoarticolari e nell’ernia del disco. Si ipotizzano meccanismi
predisponenti di origine genetica.
8.
Mineralcorticoidi. La terapia con mineralcorticoidi in eccesso puo’
generare ipertensione (fludrocortisone, desossi-corticosterone, 9 alfa
fluoroprednisolone). Tali sostanze erano
contenute in diversi spray nasali, gocce otologiche, colliri ma sono stati in
buona parte eliminate.
9.
Ciclosporina. Ampiamente impiegata nei pazienti trapiantati. Non e’
noto il suo meccanismo preciso d’azione, si pensa a possibile
nefrotossicita’ con vasocostrizione renale, aumento dell’attivita’
simpatica o altri meccanismi.
10.
Eritropoietina. L’incidenza di ipertensione e’ del 30-40% dei casi.
Il meccanismo d’azione non e’ ancora sicuramente chiarito in quanto non vi
e’ correlazione fra ipertensione e dose, aumento della viscosita’ ematica e
ridotto effetto vasodilatatore dovuto all' ipossia da anemia. E’ stata
ipotizzata un’azione diretta dell’ eritropoietina su fattori vasoattivi
endoteliali.
11.
Inibitori della monoaminoossidasi (mao). L’ipertensione si sviluppa se
i pazienti assumono inibitori delle mao e contemporaneamente assumono sostanze
ricche di tiramina (formaggi, vini, fave, caviale, cioccolato).
12.
Ergotamina. Si tratta di un’agonista totale o parziale degli alfa
recettori e dei recettori della serotonina con conseguente vasocostrizione per
cui e’ controindicato negli ipertesi.
13.
Liquirizia e derivati. In una percentuale variabile dei casi che assumono
liquirizia o derivati da prodotti omeopatici erboristici purganti ecc. si
sviluppa una severa ipertensione con ipokalimia e soppressione del sistema
renina-angiotensina-aldosterone. Il meccanismo e’ da mettere in relazione sia
al blocco diretto della 11 beta idrossisteroidodeidrogenasi di tipo 2 da parte
delle liquirizia, sia al legame dell’acido glicirretinico al recettore dell’aldosterone
una volta raggiunte concentrazioni ematiche adeguate. I due meccanismi sarebbero
sequenziali. Si deve ammettere la presenza di fattori predisponenti genetici o
metabolici individuali. E’ importante fare la diagnosi precocemente in quanto
spesso, anche dopo la sospensione dell’abuso cronico di liquirizia permane
un’ipertensione nonostante la normalizzazione della potassemia e dei valori di
PRA e aldosterone, in modo simile a quanto avviene nell’iperaldosteronismo
primitivo da adenoma monolaterale dopo surrenalectomia. Sembra cioe’ che il
danno vascolare dovuto all’ipertensione mantenga elevata la pressione stessa.
14.
Carbenoxolone. Il meccanismo sembra legato alla possibile trasformazione
del carbenoxolone in acido glicirretinico e quindi a un meccanismo simile a
quello della liquirizia.
15.
Fitosteroli (pompelmo). Assunto per tempi prolungati in persone
predisposte puo’ causare ipertensione con ipokaliemia e soppressione di renina
e aldosterone. La causa risiede nei fitosteroli contenuti nel frutto i quali
sono in grado di inibire la 11 beta idrossisteroidodeidrogenasi.
16.
Caffeina. L’ipertensione si puo’ manifestare soprattutto in caso di
assunzione acuta, mentre l’uso regolare di caffe’ non sembra alla lunga
influenzare i valori pressori. Il meccanismo patogenetico non e’ ancora
chiarito.
17.
Nicotina. Incrementa acutamente la pressione arteriosa e la frequenza
cardiaca, sia per via sistemica che con il consumo di sigarette.
18.
Cessazione di terapie ipotensive. La sospenzione improvvisa di alcune
terapie ipotensive puo’ scatenare gravi crisi ipertensive. I farmaci piu’
comunemente incriminati sono clonidina, betabloccanti soprattutto nei diabetici.
19.
Altre sostanze: sono descritti ipertensioni da metalli pesanti come
piombo e cadmio, da uso cronico di litio, da bromocriptina soprattutto nel
postpartum, metoclopamide e somatotropo.
Tutti
questi casi sono da tenere accuratamente presenti allorche’ si faccia una
diagnosi di ipertensione arteriosa che sarebbe in questi casi piu’ facilmente
curabile.
(“Aggiornamento
del medico”, n.8 Ottobre 1999).
Torna ad approfondimenti
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Un uomo chiama preoccupatissimo il medico di famiglia:
- Dottore... mi aiuti!! Mio fratello si voleva suicidare, essendo indeciso tra
spararsi un colpo alla tempia o prendere delle pastiglie di barbiturici, per
sbaglio, ha inghiottito le pallottole!
- Accidenti, stia calmo! Arrivo subito... ma nel frattempo non lo agiti e non lo
punti contro nessuno!
www.barzellette.it di Adriano Altorio
UTILITA' |
Test di valutazione dell'anziano
1)
TEST per valutare attenzione e concentrazione nell' anziano
ATTENZIONE
Si
invita l' anziano a ripetere nello stesso ordine di presentazione dell'
esaminatore una serie di cifre scandite a un ritmo di una cifra ogni due
secondi. E' importante che l' esaminatore pronunci l' ultima cifra della serie
con la stessa intonazione delle altre. Se il paziente riesce al primo colpo, si
passa alla serie superiore; se invece il paziente sbaglia, si presenta la
seconda serie di cifre dello stesso livello. La prova si considera conclusa in
caso di due successivi fallimenti. Sarebbe opportuna una prova preliminare di
addestramento prima di procedere alla prova vera.
n. cifre testate | Cifre da leggere (due serie) |
3 | 5
8 2 6 9 4 |
4 | 6
4 3 9 7 2 8 6 |
5 |
4
2 7 3 1 7 5 8 3 6 |
6 | 6
1 9 4 7 3 3 9 2 4 8 7 |
7 | 5
9 1 7 4 2 8 4 1 7 9 3 8 6 |
8 | 5
8 1 9 2 6 4 7 3 8 2 9 5 1 7 4 |
Un' ampiezza di 5 cifre e' da considerarsi normale
(Strub e Black, 1997, Studio Medico, n. 3 1999
CONCENTRAZIONE
Si
invita l' anziano ad alzare la mano ogni volta che riconosce la lettera A in
mezzo alle altre scandite al ritmo di una lettera ogni secondo
L
|
T |
P |
E |
A |
O |
A |
I |
C |
T |
D |
A |
L |
A |
A |
A |
N |
I |
A |
B |
F |
S |
A |
M |
R |
Z |
E |
O |
A |
D |
P |
A |
K |
L |
A |
U |
C |
J |
T |
O |
E |
A |
B |
A |
A |
Z |
Y |
F |
M |
U |
S |
A |
H |
E |
V |
A |
A |
R |
A |
T |
Due
o piu' errori di omissione sono indicativi di una compromissione di
concentrazione, ed una sola perseveranza (si verifica allorche' il soggetto alza
la mano per la lettera immediatamente successiva alla A) di una sofferenza
cerebrale organica
(Wechsler, 1968, Studio Medico n. 3 1999)
2) TEST per valutare la depressione dell'anziano
VERSIONE
RIDOTTA A 4 ITEM della Geriatric Depression Scale (Lovestone e Howard, 1997),
da
"Studio Medico n. 3, 1999
Si
invita il paziente a rispondere con si/no su come si e' sentito durante l'
ultimo periodo:
1)
E' sostanzialmente soddisfatto della sua vita? |
Si |
No |
2)
La vita le sembra vuota? |
Si |
No |
3)
Ha paura che qualcosa di brutto stia per accadere? |
Si |
No |
4)E'
di buon umore la maggior parte del tempo? |
Si |
No |
Due o piu' risposte in senso patologico (caselle a sfondo grigio) sono indicative di una sintomatologia depressiva clinicamente rilevante.
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CONGRESSI E CONVEGNI |
COMUNICATECI I CONVEGNI CHE ORGANIZZATE O
DI CUI VENITE A CONOSCENZA!
Verranno comunicati tramite Pillole e conservati, fino a
scadenza, sul Sito Web. Ovviamente non ci assumiamo responsabilita' sulla qualita' dei
contenuti ne' dell' organizzazione degli stessi.
Da ciascun titolo, durante il collegamento si accede alla
locandina corrispondente. Chi desiderasse ulteriori informazioni (impossibile riportare
TUTTO sul web) e' pregato di contattarci.
Le ultime segnalazioni (indice completo sul sito)
I°
Convegno "Aspetti
Giuridici e medico-legali del diritto alla salute e del diritto alla vita.
Riflessi nel mondo del lavoro"
Vasto (CH) 28-29 Aprile 2000
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SCRIPTA MANENT |
Segnalateci libri,articoli e
pubblicazioni scritte dai colleghi o da voi stessi.
Saranno ogni mese graditi ospiti di questa rubrica.
Camillo Vittici, nato a Vestona (Brescia) e residente a Bagnatica (Bergamo),
medico di Famiglia e Pediatra, indulge da molti anni alla sua passione di scrittore. Autore di uno spiritoso libro di "Bufale Mediche" e' tuttavia anche autore sensibile e pieno di umanita'. Uno dei suoi racconti brevi e' stato inserito nell' antologia "Medici in Viaggio". Dopo il libro precedentemente recensito, "Buona notte, Gico", siamo lieti di presentare l'ultima fatica letteraria "La cascina delle beatitudini". |
|
1) Sei un medico di famiglia e tutte queste parole,
stress, psichiatria, psicologia, psicoanalisi, psicoterapia, psicofarmacologia,
ti confondono? 2) Hai consultato un libro di psichiatria, ma le migliaia di pagine di fitto testo ti scoraggiano, rimane intonso nella tua libreria? 3) Nel tuo ambulatorio o a domicilio incontri ogni giorno pazienti coi quali non sai se sarebbe opportuno attuare qualche intervento psichiatrico? 4) Cerchi un testo relativamente semplice, ma non sempliciotto, che ti conduca per mano nell'affrontare i dubbi e nel fornire, sulla base delle più rigorose conoscenze psichiatriche, un percorso di intervento adatto a un medico non psichiatra? 5) Insomma vorresti affrontare i disturbi da stress senza l'ulteriore stress dovuto all'incertezza sulla modalità di intervento? Se hai risposto si a una delle precedenti domande puoi andare nella libreria universitaria della tua città oppure chiedere al tuo rappresentante della SmithKline Beecham per avere una copia del libro PSICHIATRIA SENZA STRESS. Manuale pratico per l'intervento del medico di famiglia. Editeam, Bologna 1998. Autore Casolari Luciano psichiatra psicoterapeuta operante presso il Servizio di Consulenza Psichiatrica Psicosomatica di Modena. Prefazione Andreoli Antonio Psicoanalista, professore di Psichiatria Ginevra (Svizzera). |
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Pillole di buonumore
Al pronto soccorso di un ospedale si reca un contadino che si
è ferito con la mietitrebbia. Il medico di guardia gli fa alcune domande per
compilare il foglio di accettazione:
- Allora... mi dica nome e cognome...
- Me chiamo Santino Cocozzi!
- Stato civile?
- E che d'è sto stato civile?
- E' sposato o no?
- Ah... si so' sposato!
- Prole?
- E che vor di'?
Il medico spazientito:
- Insomma ha dei figli?
- Aaaahh si... mo' so' capito: si... UN PROLO E 'NA PROLA!!!
www.barzellette.it di Adriano Altorio
PILLOLE D'ALTRI TEMPI
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L'angolo della Posta |
Inviateci le vostre lettere con commenti, suggerimenti, segnalazioni e contributi personali. Pubblicheremo ogni mese le più interessanti su questa rubrica.
Fine millennio. Ovvero....ci siamo ancora non temete!
Apprendo con dispiacere che il prossimo anno Pillole non sara'
diffuso e che la regolare diffusione riprendera' nel 2001. Questo poiche'
purtroppo l'edizione di dicembre e' "l'ultima del millennio". Senza
nessuno spirito polemico , con grande stima per il preziosissimo lavoro che fate
ti allego alcune riflessioni, incentrate soprattutto sul problema del
"terzo millennio", che credo possano essere utili per chiarire un
argomento che in questi giorni è particolarmente dibattuto a causa della
particolare contingenza storica che ci vede vivere un evento così
straordinario. Il calendario cristiano è stato introdotto da Dionigi il Piccolo
(o l'Esiguo; lat. Dionysius Exiguus) nel 527 che stabilì di dividere gli anni
in prima di Cristo e dopo Cristo attivando in entrambi i sensi un conteggio che
parte dall'1.
Ad eccezione degli informatici, tutti cominciamo a contare dal numero 1: le
pagine di un libro iniziano dal numero 1 e così dicasi per i numeri civici
delle strade, gli studenti nel registro di classe, i giorni del mese. Perché
solo gli anni dovrebbero cominciare dallo 0? Per coerenza dovrebbero esistere
anche il millennio 0 (saremmo nel millennio 1 pronti a passare al millennio 2),
il secolo 0 (staremmo per passare dal secolo 19 al 20) ed il giorno 0 (ogni anno
dovrebbe iniziare lo 0 di gennaio). Ma chi è che, al di fuori dei
programmatori, contando dice "0, 1, 2..."anzichè"1, 2,
3..."? Tralasciamo queste questioni logiche per passare a quelle storiche.
Dionigi propose di numerare gli anni a partire dall'1, oltre che per ragioni di
ordine logico anche perché lo 0 proprio non sapeva che cosa fosse. Il concetto
di "numero zero" fu introdotto in Europa da Leonardo Fibonacci attorno
al 1200. Dionigi fissò la nascita di Cristo "convenzionalmente" alla
mezzanotte del 24 dicembre dell'anno 1 a.C. Quindi Cristo è nato
"convenzionalmente" prima di Cristo per conservare l'inizio dell'anno
all'1 gennaio. Il calendario Giuliano, in vigore prima di quello proposto da
Dionigi, contava gli anni dalla fondazione di Roma e partiva dall'anno 1.
L'attuale 753 a.C. era l'anno I ab Urbe Conditae non l'anno 0.
Anche Mussolini, che tentò di introdurre un nuovo calendario, definì il 1922
anno I dell'era fascista (I EF) e non l'anno 0. Quando è nato
"veramente" Cristo? E' ormai appurato che il nostro Dionigi commise
alcuni errori. Secondo alcuni storici ci sarebbe uno scarto di almeno 4 anni.
Erode, infatti, morì almeno due anni prima dell'1 a.C. ed alla sua morte Cristo
era già nato e poteva avere anche due anni. Secondo i più recenti ed accurati
calcoli, riportati nel sito www.cronologia.it,
la
nascita di Cristo è da collocarsi nella notte tra il 13 ed il 14 novembre
dell'anno 7 a.C. e questo dovrebbe tacitare tutti i partiti, quelli dell'anno
2000e quelli dell'anno 2001. Infatti, se contiamo il tempo dal momento in cui è
nato effettivamente Cristo siamo già, e da un pezzo, entrati nel terzo
millennio. Queste ed altre informazioni sul calendario cristiano si possono
trovare sulle tradizionali pubblicazioni cartacee. Ne cito qualcuna:
Il calendario (V. Cerulli, Milano, 1931)
Computo ecclesiastico, ecc e Calendario perpetuo (S. Franco, Torino, 1931)
I calendari (F. Alvino, Firenze, 1891)
McGraw-Hill Encyclopedia of Science and Technology - Copyright (c) 1960 by
the McGraw-Hill Book Company, Inc.
Vocabolario della lingua italiana (Zingarelli, 1994 ed anni segg.)
Più comodamente si possono cercare informazioni in rete ai seguenti URL:
www.pip.dknet.dk (un ottimo riferimento
per chi vuol conoscere come funzionano nei minimi dettagli tutti i calendari,
non solo quello cristiano)
www.mille.org (un insieme di FAQ - domande
poste frequentemente- su millennio, millenarismi e simili)
www.cronologia.it (il già citato e
stupendo sito italiano che presenta anno per anno tutta la storia dell'umanità
e naturalmente si sofferma ampiamente sulla nascita di Cristo e sulla questione
del millennio)
www.greenwich2000.com (l'Osservatorio di Greenwich è istituzionalmente il
riferimento più importante in fatto di misura del tempo)
www.go2zero.com (un'interessante raccolta
di FAQ sull'Anno Zero)
www.timeanddate.com (spiega molto bene,
sia pure sinteticamente, la differenza tra terzo millennio ed anno 2000)
www.space.tin.it/televisione/erdonati/2000.html
(sito italiano in cui si discute sulle questioni del calendario e del terzo
millennio; in esso è ospitato un pregevole intervento del matematico Ennio
Peres che ha avuto la pazienza di raccogliere alcune clamorose bufale di
personaggi celebri, ma anche autorevoli conferme)
www.annosanto2000.com (il sito
ufficiale del Giubileo in cui, consultando l'agenda delle celebrazioni si potrà
leggere:
venerdì 31 dicembre 1999 - Roma - Basilica di S. Pietro - Veglia di preghiera
per il passaggio all'anno 2000
domenica 31dicembre 2000 - Roma - Basilica di S. Pietro - Veglia di
preghiera per il passaggio al nuovo millennio.
Mi pare che questo sito abbia voce in capitolo per ciò che attiene alle
questioni del calendario cristiano. Inoltre possiamo constatare che, in
occasione del passaggio al nuovo millennio, Religione e Scienza vanno
perfettamente d'accordo.
Le celebrazioni ufficiali per l'inizio del terzo millennio si svolgeranno a
Greenwich sede di uno dei più importanti osservatori astronomici del mondo. Per
chiarire le ragioni sul perchè l'Osservatorio di Greenwich rappresenti il punto
di riferimento principale per risolvere la questione del terzo millennio riporto
alcune considerazioni tratte da un articolo pubblicato su Il Sole-24 Ore,
inserto INFORMATICA (Copyright © 1997 Il Sole24 ORE Ricerca e tecnologie,
Venerdì, 13 Febbraio 1998 nella rubrica "Leonardo risponde").
L'articolo si intitola "La data d'inizio del III millennio".
"È questa (di far iniziare il terzo millennio l'1/1/2001, n.d.s.) la
posizione dell'Information Services Department del Royal Greenwich Observatory,
l'ente che da più di un secolo certifica la nascita "ufficiale" di
ciascun giorno della Terra. Nell'ottobre del 1884 si riuniva a Washington la
Conferenza internazionale sul Meridiano formata da 25 Paesi tra i quali anche
l'Italia. L'intento di tale congresso era quello di stabilire per tutte le
nazioni partecipanti un unico sistema per considerare il meridiano zero. I
meridiani sono quelle linee immaginarie che congiungono i due poli e che sono i
punti di riferimento necessari per la determinazione della data e dell'ora
locale. All'epoca non era stato deciso quale dovesse essere considerato il primo
meridiano: la confusione era tale che esistevano molti meridiani
"zero" a
seconda del Paese per i quali passavano. Dopo molte discussioni la conferenza
decise che la longitudine di riferimento sarebbe stata quella segnata dalla
linea che passava per l'osservatorio di Greenwich, e che i meridiani ad Ovest di
tale linea di riferimento sarebbero stati segnati col segno positivo e quelli a
Est col segno negativo. Da allora l'osservatorio inglese ha rappresentato un
punto di riferimento fondamentale per le questioni riguardanti le date e le
misure del tempo. Da questo punto di vista il suo parere è importante per
comprendere la questione dell'inizio del nuovo millennio. Ovviamente se il terzo
millennio inizia l'1/1/2001, in quella data inizierà anche il XXI secolo.
Scherzosamente qualcuno, per far terminare tutte le discussioni, ha proposto di
introdurre l'anno 0. In tal modo saremmo tutti d'accordo che il terzo millennio
inizierebbe inequivocabilmente l'1/1/2000. Però saremmo anche tutti d'accordo
che dovremmo attendere ancora 506 giorni poiché oggi sarebbe il 15 Novembre
1998 e non1999. Dovremmo anche riscrivere tutta la storia: 1491, scoperta
dell'America; 1860:unità d'Italia; 1981, Italia campione del mondo di calcio.
Ne varrebbe la pena?"
Ormai è chiaro che ragioni pubblicitarie ed esigenze di marketing hanno deciso,
che il passaggio al nuovo millennio si avrà alla fine di quest'anno. Non si
spiegherebbe altrimenti il fatto che alcune bottiglie di spumante targate 2000
(trascuro per pudore di citare la marca) arrivano a costare anche 10.000.000, le
cene nei ristoranti più famosi degli Stati Uniti anche 30.000.000 a coperto. E'
comprensibile che tutti gli stilisti, per cercare di aumentare il loro
"saldo globale attivo", nelle sfilate di mode delle ultime settimane,
palazzo Pitti, Milano, Roma e Parigi, ci abbiano presentato gli abiti che
"dovranno indossare" gli allocchi per la festa che si avvicina.
Nessuno di loro poteva rischiare di non gridare mentre lo avrebbero fatto tutti
i concorrenti. E questa considerazione vale anche per gli altri prodotti,
crociere, orologi, festival vari. Per richiamare l'attenzione del pubblico si
grida al terzo millennio. E pensare che, per essere corretti e richiamare
ugualmente l'attenzione, sarebbe sufficiente affermare che sta per arrivare
l'anno 2000,senza citare il millennio. Le stesse considerazioni valgono anche
per tutti i mass-media che hanno sempre fatto le corse per arrivare a dare una
notizia per primi, cercando di gridare più forte degli altri per aumentare
l'audience, lo share ed a costo di mentire sapendo di mentire. Aggiungiamo la
fretta che hanno molti di festeggiare, aggiungiamo il fascino delle quattro
cifre che cambiano, il timore che i computer si blocchino, le paure dei
millenaristi e tutto sarà ormai chiaro. Scriveva Beppe Severgnini su Il
Corriere della Sera di giovedì 21 gennaio 1999, in risposta ad una lettera
inviata da una lettrice: Ansiosi di scadenze, anniversari e celebrazioni, [i
mass-media] bruciano i tempi senza imbarazzo. Ci si può fare qualcosa? Temo di
no. Accadrà quello che è successo con il vocabolo "America" che è
diventato sinonimo di Stati Uniti.
Solo che quella è una sineddoche (il tutto per la parte, la parte per il
tutto). "1999, ultimo anno del millennio" è invece, come dici tu solo
sciatteria. Tra i mass-media occorre, però, salvare la trasmissione Telesogni
di RAI3 che nella puntata di mercoledì 17 febbraio ha affrontato la questione
dell'inizio del terzo millennio ed anche in quel caso si è fatto riferimento al
"Royal Greenwich Observatory" come l'ente che ufficialmente ha risolto
la questione. Durante la trasmissione si svolse un sondaggio telefonico che
interessò 2000 italiani, al termine del quale risultò che l'84% conosce
perfettamente la soluzione del problema e il rimanente 16% è convinto che si
debba festeggiare alla fine del corrente anno.
Anche i libri sono classificabili in buoni e cattivi. Su un libro di scienze che
ho usato per "apprendere" c'era scritto che l'autunno inizia il 21
settembre. L'insegnante di turno ribadì la cosa ed io, che non sapevo, ci
credetti. Poi venni a sapere che la stagione inizia ed è sempre iniziata due
giorni dopo, in occasione dell'equinozio d'autunno. E tutti gli anni Maurizio
Costanzo, nella foga di gridare più forte degli altri, il 21 settembre, nella
puntata del suo show, con molta enfasi ed altrettanta sciatteria ci parla
dell'estate che sene va e delle nuova stagione che inizia. Scommetto che lo farà
anche quest'anno ricordandoci che è terminata l'ultima estate del millennio ed
incomincia l'ultimo autunno. Se lo farà avrà stabilito un record: chi crede
che il terzo millennio inizierà l'1/1/2000sbaglia di 366 giorni (il 2000 sarà
bisestile), mentre Costanzo sbaglierebbe di 368 giorni. Mi auguro di essere
stato esauriente. La necessaria sintesi sulle questioni complesse ed articolate
dei calendari, che meriterebbero analisi ben più approfondite, non dovrebbe
avere intaccato la correttezza dell'informazione dato che i numerosi riferimenti
che ho fornito permettono a chi lo desidera di approfondire ulteriormente le
problematiche.
Un saluto affettuoso
Dr.Oscar Genova
Lettera ai lettori
Carissimi colleghi,
questa edizione delle Pillole vi giunge con grave ritardo ed in forma bimestrale
(dal prossimo mese riprenderà la regolare cadenza) a causa di una non comune
quanto nefasta serie di circostanze, che ci hanno impedito di rispettare le
normali date di pubblicazione.
Al di là dei problemi personali e lavorativi della Redazione tutta, che hanno
comunque avuto un loro peso, il motivo principale è il gravissimo lutto che ha
colpito il 1/1/2000 l'amico e collega Maurizio Pino. E' infatti venuto a
mancare, colpito da male fatale ed incurabile, all'età di appena 35 anni, il
cognato Fulvio Battilomo. Lascia una figlia di appena 8 mesi ed una moglie
ovviamente inconsolabile. Non ci sono parole per descrivere il dolore che
accompagna simili ed inaspettate tragedie, considerando oltretutto che già
pochi anni fa la stessa famiglia aveva dovuto soffrire la improvvisa scomparsa
di un'altra sorella in analoghi tempi e circostanze. Contemporaneamente a quel
tragico evento era stata fondata e sostenuta anche da Fulvio un'associazione
senza scopo di lucro, l'associazione Peter Pan, per il supporto e l'aiuto alle
famiglie dei bambini colpiti da tumore. Il modo migliore di essere vicini
all'amico Maurizio in queste ore tragiche, e di ricordare il parente e l'amico
che fu, e' forse per noi tutti quello di onorare il suo operato e il suo ricordo
con un contributo a tale associazione.
Troverete le locandine sia sulla versione pdf che sul sito all'indirizzo: http://utenti.tripod.it/pillole/scriptamanent/fulvio.htm
.
Simili avvenimenti non possono che risvegliare, soprattutto in noi medici, una
profonda pietà, nell'accezione di pietas ed humanitas latine, ormai troppo
spesso dimenticate da questa materialistica e frenetica società, dimenticate a
volte persino da noi stessi, tanto tesi verso gloriosi quanto spesso utopistici
traguardi, al punto di non avere il tempo per un sorriso per chi ci sta
accanto.
Non ci sono parole abbiamo già detto. Le uniche adeguate che ci sovvengono alla
memoria sono una parte del bellissimo Recitativo del compianto De Andrè, che
forse molti di voi già conoscono:
Uomini,
perchè all'ultimo minuto
non vi assalga il rimorso, ormai tardivo,
per non aver pietà giammai avuto,
e non diventi rantolo il respiro,
sappiate che la morte vi sorveglia.
Gioir nei prati o fra i muri di calce,
come crescere il gran guarda il villano
finchè non sia maturo per la falce.
La redazione
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In memoria di
Fulvio Battilomo