Gennaio
Febbraio
 2000

PILLOLE

DI MEDICINA TELEMATICA

Patrocinate da

SIMG Roma

Aggiornamento e varie attualita' a cura di:  

Daniele Zamperini md8708@mclink.it, Amedeo Schipani mc4730@mclink.it,

Massimo Angeloni mc1448@mclink.it e Maurizio Pino mpino@itelcad.it

"GEMELLATA" con Med-News di Enzo Brizio (eb98@multiwire.net)

Il file, su semplice comunicazione ad uno dei redattori, viene inviato gratuitamente a chiunque ne faccia richiesta. Viene attuata automaticamente l' iscrizione anche alla lista"gemella". E' possibile, in ogni momento, revocare
l' iscrizione ad una o entrambe le liste.

L' archivio dei numeri precedenti e' consultabile su: http://utenti.tripod.it/pillole 
(Visitate anche le altre pagine, sono ricche di informazioni!)


INDICE GENERALE

RECENSIONI

MINIPILLOLE

NEWS

Le piu' grandi scoperte scientifiche del '900?

Antibiotici di nuova concezione

Il ritorno della mucca pazza

Cardiologia '99: le scoperte più importanti dell'anno

Angiogenesi, nuova frontiera della cardiologia

Una strada verso i «superantibiotici»

L'espansione del Creutzfeldt-Jakob

Antitrust: anticellulite nel mirino

Geni associati al tumore della prostata

Nuovo test per il virus Hiv


APPROFONDIMENTI

Ipertensione arteriosa da cause iatrogene

UTILITA'

TEST DI VALUTAZIONE DELL'ANZIANO

 CONGRESSI E CONVEGNI

I nuovi convegni segnalati dai colleghi (indice completo sul sito)

SCRIPTA MANENT

Rubrica semiseria di narrativa medica

PILLOLE D'ALTRI TEMPI

Della tintura d'iodio e specialmente della tintura d'iodio cloraliato

L'angolo della Posta

Lettere e opinioni dai nostri lettori


Pillole di buonumore

Una anziana signora è dal medico. Il medico le prova la pressione, studia il suo elettrocardiogramma e poi le fa:
- Bene bene, siamo molto migliorati dal mese scorso. Ora può riprendere a fare le scale tranquillamente!
- Meno male dottore! Mi ero proprio stufata di salire e scendere dalla grondaia!! 

www.barzellette.it di Adriano Altorio


RECENSIONI


Perché i pazienti con fibrillazione atriale non sono trattati col warfarin?

La fibrillazione atriale (FA) è un problema di salute pubblica ingravescente associato a significativa morbilità e mortalità, in quanto causa di stroke ischemico. I soggetti con FA non valvolare hanno un aumento del rischio di stroke di almeno 5 volte, mentre per quelli con FA valvolare il rischio aumenta di 17 volte. Circa il 15% di tutti gli strokes è associato a questa aritmia, e l’associazione aumenta pesantemente con l’età, dal 6.7% di tutti gli strokes per pazienti di età tra i 50 e 59 anni al 36.2% per pazienti di età tra 80 e 89 anni. Numerosi trials randomizzati e controllati sul walfarin hanno dimostrato in modo definitivo che la terapia anticoagulante a lungo termine può ridurre il rischio di stroke all’incirca del 68% per anno in pazienti con FA non valvolare, e anche di più in pazienti con FA valvolare. Tuttavia, i dati disponibili dimostrano che il warfarin viene prescritto solo al 15-44% dei pazienti con FA e senza controindicazioni alla terapia con warfarin. Questa revisione critica della letteratura ha identificato ostacoli alla prescrizione di warfarin correlati al paziente, al medico e al sistema sanitario.
Barriere pertinenti al paziente.
Fattori correlati al paziente quali l’età, il rischio embolico percepito e il rischio percepito di emorragia sono correttamente identificati come fattori che influenzano la decisione di prescrivere la terapia anticoagulante. Per esempio, l’età crescente è stata correttamente identificata come un ostacolo alla terapia anticoagulante, ed anche i medici che vogliono prescrivere la terapia anticoagulante per pazienti anziani propendono per un’intensità minore di quella supportata dall’evidenza dei trias randomizzati e controllati. Al contrario, i medici sono più aggressivi con la terapia anticoagulante in pazienti con una storia di stroke.
Barriere pertinenti il medico.
Il principale determinante per l’uso degli anticoagulanti dovrebbe essere la valutazione rischio-beneficio in ogni singolo paziente. In effetti, la percezione da parte del medico dei benefici versus rischi della terapia sembra essere l’unico elemento che influenza l’instaurazione della terapia con warfarin. Questa percezione deriva in parte dalla precedente esperienza del medico sull’uso del warfarin. L’incertezza clinica, sebbene riportata comunemente, non è chiaramente definita. Essa è stata interpretata come se significasse che i medici non erano a conoscenza della letteratura corrente, oppure che conoscevano la letteratura ma non ne accettavano i risultati, oppure che credevano che le indicazioni cliniche non fossero ben supportate. C’è inoltre una carenza di uniformità nelle linee guida, che contribuisce alla variabilità dei comportamenti prescrittivi.
Barriere pertinenti al servizio sanitario.
Per aspettarsi la stessa riduzione degli strokes e la stessa frequenza di emorragie dei trials clinici, è logico richiedere un livello di anticoagulazione equivalente a quello ottenuto nei trials clinici. Tra i pazienti ricoverati in ospedale per uno stroke in corso di terapia con warfarin, la maggior parte avevano livelli di INR (International Normalized Ratio) subterapeutici. Non è ben chiaro il perché di tutto questo: alcuni medici ritenevano che il monitoraggio della terapia fosse scomodo per mancanza di tempo, o per ritardo del laboratorio nel fornire i risultati, o per limitazioni di spazio; altri medici ritenevano che fosse necessaria un’ulteriore remunerazione, oppure che fosse necessario un consulente, o qualcuno che gestisse l’anticoagulazione. Date queste considerazioni logistiche, potrebbe esserci nella comunità una carenza di risorse e di personale esperto per in grado di fornire una terapia anticoagulante a livelli simili a quelli dei trials clinici controllati. Nonostante la potenziale scarsità di risorse, i medici indagati in Gran Bretagna sembrano credere che la gestione della terapia anticoagulante dovrebbe essere effettuata in comunità e in medicina primaria. Nel confrontare la medicina di primo e di secondo livello i medici britannici convengono che la medicina primaria offre ai pazienti un accesso migliore e una continuità di cura.
Conclusioni.
Con una popolazione che invecchia, la FA è un problema in crescita con significative conseguenze cliniche. Nonostante le decisive prove di efficacia derivanti dai trials clinici randomizzati e controllati, l’uso del warfarin per la prevenzione dello stroke ischemico nella FA è subottimale. Sono necessari ulteriori lavori per capire la discrepanza tra l’evidenza dei trials randomizzati e controllati e i comportamenti della pratica clinica.
Archives of Internal Medicine, 10 gennaio 2000

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“ANOSOGNOSIA": SONO CIECO MA CI VEDO. 
La malattia di chi non sa di essere malato.

Seneca in una lettera indirizzata al suo amico Lucilio racconta con sorpresa e incredulita’ il comportamento di Arpaste, un’amica della moglie: “Questa donna improvvisamente ha perduto la vista. Cosa incredibile ma vera, questa pazza non ha consapevolezza di essere cieca e talvolta chiede al suo custode di essere condotta altrove perche’ dice che la nostra casa e’ troppa buia”. Se fosse vissuto qualche migliaio di anni piu’ tardi Seneca avrebbe saputo che la conoscente era affetta dalla sindrome di Anton, scoperta nel 1885. Solo nel 1914 Babinski defini’ col termine “anosognosia” l’ignoranza o la scarsa consapevolezza di un evidente deficit cognitivo, motorio o sensoriale. Puo’ sembrare una cosa strana ma invece e’ molto frequente che  soggetti che abbiano subito una lesione cerebrale da ictus o da trauma, pur presentando evidenti fenomeni di deficit motorio a carico degli arti (o sensitivo a carico dei vari apparati) neghino assolutamente la presenza di tale deficit. La negazione puo’ assumere aspetti assai diversi: interrogati i pazienti possono dire di star benissimo e messi di fronte al loro deficit con una serie stringente di domande possono eludere il problema trovando una giustificazione (plausibile, ma solo per essi) al loro disturbo: proprio come l’amica di Seneca. Una paziente affetta da tale sindrome insisteva che gli era sufficiente trovare finalmente un paio di occhiali adatti, tanto da essere adirata con i medici che si rifiutavano di darglieli. A volte le scuse sono davvero bizzarre e arrivano ad essere delle vere e proprie confabulazioni: una paziente intervistata da Ramachandran e Blakeslee nel ‘98, pur essendo affetta da una paralisi totale al braccio sinistro giustificava la cosa con dolori artritici che rallentavano i movimenti, fino a stupirsi ("cosa ci fa quel braccio paralizzato nel mio letto?"). Le scuse cercate sono spesso incongruenti tra loro e contraddittorie da un momento all’altro. In genere comunque, nonostante le possibili confabulazioni, il paziente anosognosico presenta normali capacita’ critiche (negli altri settori) che possono venire testate con le apposite prove psicometriche. Com’e’ possibile quindi che una persona con capacita’ critiche intatte non sia in grado di rendersi conto della presenza di un proprio deficit tanto evidente? Le interpretazione di questo fenomeno sono distinte in due ampie categorie: motivazionali e cognitive. Le prime considerano l’anosognosia come un meccanismo di difesa per uno stato di cambiamento improvviso: i pazienti tenderebbero a negare la loro esperienza troppo negativa e dolorosa. Secondo ricerche del 1955 (Urweistein e Kahn) si rilevo’ che in effetti esisteva una certa relazione tra anosognosia e personalita’ premorbose con tendenza a negare le proprie difficolta’ anche in ambiti diversi da quelli del loro deficit. Le teorie motivazionali tuttavia non spiegano il motivo per cui l’ anosognosia sia piu’ frequentemente associata ad emiplegia destra (53%) e meno ad emiplegia sinistra (14%). Le teorie cognitive percio’ tendono a considerare la mancanza di consapevolezza di un deficit sensomotorio come un “errore” occorso durante l’elaborazione dell’informazione a livello cerebrale. Secondo alcuni fisiologi (Mc. Glynn e Schacter,1989) questo deficit sarebbe secondario a una lesione di un sistema neurologico detto “CAS” (Conscious Awareness System) corrispondente ai lobuli parietali inferiori. Tale sistema raccoglierebbe le informazioni provenienti dai vari sistemi relativi alle loro modalita’ specifiche e produrrebbe un output nei lobi frontali responsabili a loro volta di organizzare e monitorare o iniziare complesse sequenze di idee o di azioni. Uno dei problemi per lo studio dell’ anosognosia e’ dovuto all’ampia gamma di disturbi a cui essa puo’ essere associata. Infatti la mancanza di consapevolezza non si manifesta in modo ben definito e uniforme: vi sono individui che sembrano ignorare completamente la presenza del deficit, altri che lo minimizzano, altri ancora che ammettono una certa difficolta’ ma si comportano in maniera incongruente. Esistono possibilita’ di recupero anche spontaneo. Inoltre il paziente puo’ mettere in atto delle curiose strategie di compensazione. Ad esempio un paziente, camminando in un corridoio travolgeva qualsiasi persona o cosa si trovasse alla sua sinistra. Per evitare cio’ aveva sviluppato una curiosa strategia purtroppo non molto efficace: quando camminava metteva l’indice di fronte al volto e questo a suo avviso avrebbe dovuto indicargli il centro del corridoio. Bastava seguire il dito e non avrebbe avuto problemi. Purtroppo il suo centro era molto relativo e non ebbe mai grandi risultati. Per prima cosa comunque, affinche' il paziente affetto da anosognosia possa ottenere un recupero, e' necessario che raggiunga la consapevolezza del suo deficit. Questo perche’, in via di principio, fino a che non si sia arrivati a tal punto esso tende a ignorare, eludere, contrastare le strategie terapeutiche messe in atto. Non e’ ben chiaro pero’ se i pazienti che raggiungono piu’ facilmente questo stadio siano quelli colpiti da forme piu’ lievi o se al contrario costituiscano dei veri successi delle terapie riabilitative messe in opera. 
SIAMO TUTTI ANOSOGNOSICI?
Uno
dei problemi di fondo per l’analisi e la terapia di questa forma morbosa e’ costituita dal fatto che, se una persona e’ affetta da tale malattia, non puo’ riconoscere di esserne affetto. E’ possibile percio’ ipotizzare che tutti noi siamo portatori di forme di anosognosia di cui non ci rendiamo conto? E’ ovvio che per le forme piu’ evidenti la diagnosi puo’ essere effettuata da terze persone nel confronto con individui “sani”. Esistono pero’ effettivamente delle anosognosie di cui non siamo consapevoli: una di queste e’ costituita dalla famosa macula cieca, cioe’ quella piccola porzione di campo visivo cieco di cui siamo assolutamente inconsapevoli finche’ qualche caso non ce ne rivela la presenza. E’ ben noto che questo spazio cieco puo’ essere facilmente individuato tramite dei semplici test visivi. La sua presenza e' ben nota ai prestidigitatori i quali sfruttano la situazione di parziale cecita’ indotta da un macula cieca per mascherare le loro magie. Queste magie non sono altro che abilissimi inganni perpetrati alle spalle del nostro sofisticato cervello, che si lascia gabbare proprio perche’ non elabora (o meglio non si preoccupa di elaborare) l’assenza di informazione proveniente da un certo settore. Proprio su questo punto critico, (e cioe’ sul fatto che il nostro cervello non si occupa di elaborare l’assenza d’informazione) si basa la “discovery theory” di Levine (1990) che non considera l’anosognosia come un errore cognitivo o una forma di difesa psicologica (benche’ non escluda che anche questi aspetti possano contribuire) ma la intende semplicemente come conseguenza del nostro imperfetto processo di monitoraggio, come il frutto di un “normale” fallimento nello smascherare alcuni errori piccoli o grandi del nostro cervello. Il nostro cervello in effetti si rivela incapace di cogliere alcune stimolazioni sensoriali riguardanti i vari aspetti ma considererebbe questa assenza di attenzione come una normale routine di “assenza di segnale”. Cosi’ resta indifferente ai campi magnetici, agli ultrasuoni, alcuni odori, con un meccanismo di diniego che e’ molto simile a quello dei pazienti anosognosici.
(G. Cocchini, S. Della Sala, “Psicologia contemporanea” n.157, 2000).

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ß-Carotene e leucoplachia orale

L’inversione o soppressione delle lesioni precancerose rappresenta una strategia terapeutica importante per la prevenzione e il controllo del cancro. La leucoplachia orale è una lesione precancerosa importante per il cancro del cavo orale che è già stata oggetto di vari lavori. Alcuni hanno dimostrato che il ß-carotene provoca regressione della leucoplachia orale. Tuttavia tutti i lavori precedenti sono stati di breve durata e le lesioni tendevano a recidivare subito dopo la sospensione della somministrazione, spesso entro due o tre mesi.
Questo studio ha due obiettivi: 1) confermare le già riferite remissioni con ß-carotene in pazienti affetti da leucoplachia orale mediante uno studio multicentrico; 2) valutare se la risposta viene mantenuta dopo sospensione della terapia con ß-carotene mediante un follow-up di un anno in cui la prosecuzione del ß-carotene è stata randomizzata versus placebo. Metodi. In questo studio multicentrico in doppio cieco, controllato versus placebo, ai soggetti è stato somministrato ß-carotene 60 mg/die per 6 mesi. Dopo 6 mesi, i responders (= coloro che hanno presentato una remissione della leucoplachia) sono stati randomizzati (= assegnati in modo casuale) a continuare una terapia con ß-carotene o con placebo per ulteriori 12 mesi. Risultati. Sono stati arruolati 54 soggetti, dei quali 50 sono stati considerati valutabili (2 non sono stati considerati valutabili per scarsa compliance in quanto non sono tornati alle visite successive, in un caso la leucoplachia non è stata confermata all’esame istologico, e un altro soggetto ha avuto un sanguinamento di ulcera duodenale). A distanza di 6 mesi, 26 soggetti (52%) hanno risposto clinicamente: di questi, 2 hanno avuto una remissione completa, 24 una remissione parziale. 23 dei 26 responders hanno completato la seconda fase randomizzata. Solo 2 (18%) degli 11 nel braccio ß-carotene e 2 (17%) dei 12 nel braccio placebo hanno avuto una recidiva. In tutti i pazienti è stata effettuata una biopsia di base, con displasia presente in 19 (38%) dei 50 pazienti valutabili (31 presentavano “iperplasia atipica o non displasia”). Una seconda biopsia è stata fatta dopo 6 mesi in 23 soggetti consenzienti. C’è stato miglioramento della displasia di almeno 1 grado in 9 pazienti (39%), e nessuna variazione in 14 (61%). L’alimentazione è stata valutata mediante questionari sulla frequenza dei vari cibi. Non c’è stata variazione nell’introduzione di carotenoidi nel corso del lavoro. I responders hanno ingerito meno fibre, frutta, folati e supplementi di vitamina E rispetto ai non responders. I livelli di ß-carotene sono stati misurati nel plasma e nelle cellule del cavo orale. Durante i sei mesi di assunzione ci sono stati marcati aumenti. Tuttavia, i livelli basali nei soggetti che prendevano placebo non sono stati ripristinati per 6-9 mesi dopo la sospensione della terapia con ß-carotene. Conclusioni. L’attività del ß-carotene in pazienti con leucoplachia orale è stata confermata. Le risposte provocate sono state durevoli per un anno.

Archives of Otolaryngology – Head & Neck Surgery, dicembre 19
99

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Raffreddore comune complicato da sinusite acuta

In questo articolo gli autori fanno una revisione critica del lavoro “Siinusitis in the common cold” pubblicato su J Allergy Clin Immunol 1998; 102: 403-8.
Questo lavoro è parte di uno studio fatto per stabilire il ruolo del Fluticasone dipropionato nel trattamento del raffreddore comune. I dati per questo articolo sono stati ottenuti soltanto dal gruppo in terapia con placebo.
Rilevanza per il medico di famiglia. La sinusite acuta è una delle malattie più diffuse nel Nord America. Essa è responsabile del 4.6% delle visite di giovani adulti da parte del medico. Nel 1992, secondo il
National Ambulatory Medical Survey, è stata al quinto posto tra le diagnosi più comuni per le quali sono stati prescritti antibiotici negli Stati Uniti. Ogni anno, in media, gli adulti hanno due o tre volte il raffreddore. Lavori precedenti hanno indicato cinque fattori come predittori di sinusite batterica: storia di secrezione purulenta, riscontro di secrezione purulenta alla visita, transilluminazione positiva, scarsa risposta ai decongestionanti da banco, e dolore dentario mascellare. Data la sovrapposizione di sintomi tra sinusite e raffreddore comune, come possiamo separare queste due condizioni clinicamente e radiologicamente?
Materiali e metodi. Sono stati arruolati 200 soggetti di razza bianca, 59 giovani uomini (età media 24 anni) e 141 giovani donne (età media 24.1 anni). I pazienti hanno contattato lo studio medico 24-48 ore dopo l’inizio di sintomi che essi consideravano come un comune raffreddore sulla base delle loro precedenti esperienze. I soggetti dovevano presentare almeno ipersecrezione nasale e uno dei seguenti sintomi: tosse, cefalea, mal di gola, raucedine, mialgia, o temperatura orale superiore a 37 °C. Criteri di esclusione: storia di rinite allergica o di sinusite cronica o ricorrente, malattia del tratto respiratorio inferiore, deviazione importante del setto nasale, poliposi nasale, gravidanza o allattamento, uso di antibiotici nelle quattro settimane precedenti. L’esame clinico è stato effettuato al 1°, al 7° e al 21° giorno. I soggetti con febbre o dolore potevano assumere paracetamolo; non erano consentiti altri farmaci, compresi quelli da banco. E’ stata effettuata una radiografia dei seni paranasali (in proiezione occipito-mentoniera) nei giorni 1°, 7° e 21°. Le radiografie così ottenute sono state interpretate dopo il periodo dello studio in modo indipendente da tre radiologi che non conoscevano i dati clinici dei pazienti. Fatto interessante, i tre radiologi sono stati d’accordo nell’interpretazione del 60.9% delle radiografie, un altro 35.5% dei casi ha visto d’accordo due dei tre radiologi e la loro scelta è diventata la diagnosi finale, e tutti e tre i radiologi sono stati in disaccordo sul 3.6% dei casi (la diagnosi finale è stata stabilita tramite discussione dei casi). Sono stati considerati affetti da sinusite i soggetti che alla radiografia dei seni mascellari presentavano ispessimento della mucosa maggiore di 5 mm, opacità totale, o anomali livelli idroaerei. I soggetti hanno tenuto un diario dei sintomi per 20 giorni; i sintomi registrati erano rinite acquosa, rinite purulenta, congestione nasale, irritazione nasale, cefalea, tosse, sputo, ma di gola, febbre, dolore ai denti dell’arcata superiore o nell’area maxillo-faciale, e ogni altro possibile sintomo. Il ruolo eziologico di 10 virus e 5 batteri è stato valutato mediante colture, ricerca di antigeni, sierologia, PCR (Poymerase Chain Reaction) per Rhinovirus, e anticorpi batterici dell’aspirato nasofaringeo. Sono stati presi campioni di sangue al 7° giorno per determinare la concentrazione sierica di recettori per l’AMPc, la VES, la conta dei leucociti con formula.
Risultati. Le radiografie prese in tre tempi diversi sono state così interpretate: il 14.2% dimostravano una sinusite al 1° giorno, il 38.8% al 7° giorno e l’11.3% al 21° giorno. La rinite purulenta è stata più comune nei giorni dal primo al sesto nei soggetti con sinusite al 7° giorno (94.7%) rispetto ai soggetti senza sinusite (76.7%) (P = 0.02). Nessun soggetto ha riferito dolore unilaterale nell’area maxillo-faciale o dolore ai denti dell’arcata superiore, sintomi considerati specifici della sinusite batterica. La durata media di tutti i sintomi è stata sovrapponibile nei soggetti con e senza sinusite al 7° giorno. La durata della tosse e della rinite purulenta è stata simile nei soggetti con e senza sinusite (rispettivamente 8.3 – 9 giorni e 7.3 – 8.4 giorni). I soggetti con sinusite hanno presentato una VES e una conta dei leucociti neutrofili mediamente più alte dei soggetti senza sinusite (rispettivamente P = 0.004 e P = 0.01). Tutti i soggetti con raffreddore comune hanno avuto una guarigione clinica entro 21 giorni senza terapia antibiotica.
Analisi della metodologia. In generale, questo è stato uno studio prospettico di coorte ben fatto, ma i fattori di rischio basali dei pazienti, quali ad esempio la condizione di fumatore o non fumatore, non sono stati descritti. La proiezione radiografica occipito-mentoniera utilizzata in questo studio non fa veder bene i seni paranasali diversi da quello mascellare. Poiché i pazienti di questo studio erano il gruppo placebo di uno studio per stabilire il ruolo di una terapia intranasale con fluticasone, hanno tutti ricevuto un placebo spray intranasale durante i primi 6 giorni di infezione, cosa che potrebbe aver influenzato lo sviluppo di anormalità sinusali. Inoltre, i soggetti dello studio erano giovani e di razza bianca, il che può rendere difficoltoso generalizzare per altre popolazioni.
Applicazioni per la pratica clinica. In generale, i risultati di questo studio supportano le linee guida canadesi per la diagnosi e il trattamento della sinusite acuta. In queste linee guida tre sintomi (dolore dentario mascellare, scarsa risposta ai decongestionanti e storia di secrezione nasale colorata) e due segni (secrezione nasale purulenta e transilluminazione anormale) sono considerati i migliori predittori clinici di sinusite batterica acuta. I risultati di questo studio potrebbero non essere applicabili ai pazienti pediatrici o anziani. Detto questo, è interessante scoprire che la separazione tra una sinusite virale e una batterica non è netta, bensì in realtà del tutto indistinta. Per esempio, tutti e tre i radiologi sono stati d’accordo sulla diagnosi di sinusite solo nel 61% dei casi, la durata media dei sintomi è stata simile per quelli con e senza sinusite virale, e tutti i pazienti sono guariti entro 21 giorni senza antibiotici. Ci sono state alcune differenze in esiti poco importanti per i pazienti, quali la VES o la conta dei neutrofili.
Considerazioni finali.

·        La linea di demarcazione tra un raffreddore comune e una sinusite virale sembra indistinta: il raffreddore comune in giovani adulti sani è spesso associato con rinite purulenta (nel 77-95% dei casi), il 40% dei pazienti avrà un’evidenza radiografica di sinusite acuta, e la durata media dei sintomi sarà simile, qualunque cosa abbiano.

·        Distinguere tra un raffreddore comune e una sinusite virale (almeno nella presentazione acuta della maggior parte dei pazienti giovani , sani e bianchi) potrebbe non essere il modo migliore di utilizzare il nostro tempo, in quanto tutti i soggetti, indipendentementee dalla diagnosi, stavano meglio al 21° giorno senza antibiotici. Ciò potrebbe significare che ci sono più sinusiti virali nella popolazione in studio di quanto ci si aspettasse.

·        Radiografie non necessarie in giovani pazienti con raffreddore comune potrebbero portare a trattamenti non necessari.

·        Segni di sinusite batterica (e.g., dolore maxillofaciale unilaterale, dolore dentario dell’arcata superiore, e mancata risposta ai decongestionanti nasali) potrebbero richiedere una diversa diagnostica e un diverso approccio terapeutico.
Canadian Family Physician, dicembre 1999

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Pillole di buonumore

- Dottore, dottore mia moglie ha inghiottito un topo!
- Vengo subito, intanto dica a sua moglie di tenere la bocca spalancata, e di mettersi davanti un pezzo di formaggio.
Dopo un'ora il dottore arriva e vede che la signora ha davanti alla bocca una sardina.
- Le avevo detto del formaggio, non una sardina!
- Avevo capito bene, solo che adesso bisogna far uscire prima il gatto... 

www.barzellette.it di Adriano Altorio


MINIPILLOLE


Nel passato di un virus

Due erano soldati americani, uno di stanza nella Carolina del sud, l' altro nello stato di New York; la terza era una donna Inuit, sepolta in Alaska. Sono tre dei morti durante l' epidemia di influenza del 1918 (la cosiddetta "spagnola") che uccise almeno 20 milioni di persone nel mondo.Analizzando campioni di tessuto dei tre soggetti, gli scienziati dell' Istituto di Patologia dell' esercito USA hanno sequenziato tre degli otto geni del virus killer.A differenza degli altri virus che causarono le pandemie influenzali del 1957 e del 1968, i quali si trasmisero dagli uccelli all' uomo senza periodi di latenza, il virus della "spagnola" potrebbe aver seguito una strada diversa, rimanendo a lungo latente nei mammiferi prima di infettare gli esseri umani su grande scala. I ricercatori sperano, dall' esame genetico del virus, di scoprire le ragioni dell' elevato tasso di letalita' del ceppo del 1918.
(National Geographic, n. 5, 1999)

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L’ANALISI AI RAGGI X DEI CAPELLI RIVELA IL CANCRO DELLA MAMMELLA

E’ possibile che in un prossimo futuro la diagnostica di alcuni tipi di tumore venga a essere basata sull’esame di diffrazione dei raggi X sui capelli. Infatti sono state evidenziate alterazione tipiche caratteristiche di questa malattia. I ricercatori guidati dal fisico Veronica James (Nature 1999;398:33-34) hanno portato avanti tale tesi. In precedenza James e coll. avevano confrontato la struttura intermolecolare dei capelli umani normali di pazienti affetti da diabete e avevano scoperto aberrazione della struttura dei capelli stessi derivati dal legame di molecole di zuccheri alle proteine dei capelli. Nel primo studio in doppio cieco svoltosi in Giappone i ricercatori hanno trovato che i capelli delle donne portatrici di cancro mammario avevano costantemente delle variazioni tipiche della diffrazione consistenti in presenza di uno o piu’ ombreggiature ad anello che non erano nelle immagini ottenute con capelli normali. James e coll. hanno effettuato altre ricerche per stabilire se la correlazione della struttura dei capelli col cancro mammario si manteneva anche dopo l’esame di un maggior numero di campioni. Escludendo dall’esame i capelli sottoposti recentemente a permanente o a tintura artificiale, utilizzando anche per il test anche i peli del pube si e’ evidenziato che tutti i 23 campioni di donne affette da cancro della mammella producevano le tipiche alterazioni della diffrazione dei raggi X. Le 5 donne considerate a rischio perche’ portatrici di mutazione del gene BRCA1 o di storia familiare  positiva per neoplasia della mammella hanno prodotto anch’esse il tipico quadro aberrante ai raggi X. 24 soggetti su 28 apparentemente in buona salute hanno prodotto quadri di diffrazione ai raggi X normali. I 4 soggetti sani che invece hanno presentato anomalie del quadro di diffrazione sono sotto controllo onde evidenziare se si tratti di falsi positivi o indicatori di una particolare predisposizione a sviluppare un cancro della mammella o altri tipi di tumore eventualmente evidenziabili in futuro. I ricercatori sospettano che l’andamento anomalo delle macchie di diffrazione possa essere provocato da un cambiamento della struttura della membrana cellulare durante la formazione del capello nel follicolo pilifero. Poiche’ i risultati degli studi eseguiti presso tre diversi laboratori sono stati uniformi i ricercatori ritengono che l’analisi a diffrazione ai raggi X sia estremamente promettente come potenziale metodo di screening per il cancro mammario. Gli studi preliminari hanno pero’ indicato che anche altri tipi di cancro potrebbero essere in relazione con l’alterazione di questa fine struttura molecolare del capello. Se gli studi conclusivi si riveleranno sufficientemente sensibili e specifici sono ipotizzabili screening molto ampi e di basso costo per una quota importante della popolazione.
(G. Stephenson, Jama edizione It. Ottobre ’99 vol. 11-96)

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IL GABAPENTIN E’ EFFICACE NEL TRATTAMENTO DELLA 
NEUROTERAPIA DOLOROSA DEI PAZIENTI DIABETICI.

Sono stati esaminati per otto settimane 165 pazienti diabetici che avevano una anamnesi positiva per dolore della durata  da 1 a 5 anni attribuito a neuropatia diabetica. Il punteggio del dolore minimo era di 40mm sulla scala visuanalogica dello “Short-Form Mc Gill Pain Questionnaire”. A tali pazienti e’ stato somministrato Gabapentin a dosi scalari da 900 a 3600 mg/die o al dosaggio massimo tollerato. Un gruppo di tali pazienti assumeva placebo. Venivano studiati sia la severita’ giornaliera del dolore (misurata secondo la scala Likert a 11 punti(0=assenza del dolore; 10=peggiore dolore possibile). Venivano inoltre esaminate l'  interferenza sul sonno e diverse altre scale misuranti la qualita’ della vita. E’ stato osservato, nei confronti del gruppo trattato con placebo, un miglioramento statisticamente significativo di tutti i parametri attinenti sia intensita’ del dolore che nella qualita’ dalla vita. Gli effetti collaterali, sperimentati in modo decisamente piu’ frequente nel gruppo Gabapentin, sono stati vertigine = 20 (24%) contro 4 (4,9%) del gruppo placebo; sonnolenza = 19 (23%) nel gruppo Gabapentin contro 5 (6%) del gruppo placebo. Anche lo stato confusionale e’ stato piu’ frequente nel gruppo Gabapentin = 7 (8%)contro 1 (1,2%).
In conclusione la monoterapia con Gabapentin sembra essere efficace nel trattamento del dolore e dell’interferenza sul sonno associate a neuropatia diabetica periferica e mostra effetti positivi sull’umore e sulla qualita’ della vita.
(Miroslav B. e al. Jama ed It., Novembre ’99 n.7)
Questo articolo si collega ad un precedente di m Rowbotham e al., Jama ed.it agosto-settembre 1999 ove si rilevava l' efficacia del gabapentin nella nevralgia post-erpetica)

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EFFETTI DELLA PREVENZIONE DELL’ANEMIA MEDITERRANEA NEL LAZIO: 
SINTESI DEI RISULTATI 1975-’99.

L’anemia mediterranea e’ una grave malattia ereditaria che colpisce bambini fin dai primi anni di eta’. E’ causata dalla presenza della condizione omozigotica per una anomalia ereditaria dei globuli rossi ed e’ frequente in Italia. Silvestroni e Bianco hanno dimostrato che la malattia si manifesta solo nelle famiglie in cui entrambi i genitori sono portatori di microcitemia e piu’ esattamente solo nei figli omozigoti per tale carattere. Gli studi recenti genetico-molecolari sul DNA hanno permesso di identificare numerosissime varieta’ di microcitemia ed hanno messo in luce anche diverse modalita’ possibili di prevenzione: diagnosi precoce attraverso lo studio del DNA fetale, diagnosi precoce della malattia del feto, eventuale interruzione di gravidanza nella malattia conclamata.
E’ possibile effettuare una strategia preventiva mediante:
1.              Prevenzione prematrimoniale che si realizza identificando precocemente cioe’ dall’adolescenza i portatori sani di microcitemia ed informandoli esattamente su tutti i rischi del matrimonio tra due microcitemici.
2.              Prevenzione post-matrimoniale che si attua prima o subito dopo il concepimento di un figlio tra due microcitemici e che consiste nell’informazione sui rischi della malattia del fegato e nell’assistenza per realizzare la diagnosi prenatale ed eventualmente decidere un possibile aborto.
Nel Lazio viene posto in atto da 25 anni un piano di prevenzione con il patrocinio della Regione mediante:
- Screening scolastico dei microcitemici: viene effettuato tra          gli studenti della terza media delle scuole pubbliche e private del Lazio. I microcitemici o sospetti tali vengono invitati per un controllo insieme con la famiglia presso l’ambulatorio  del “Centro Studi della microcitemia” di Roma o presso consultori famigliari delle varie province.
- Screening ambulatoriale: si svolge tutti i giorni feriali presso l’ambulatorio del “Centro delle microcitemie” e vi affluiscono in prevalenza giovani coppie di fidanzati o di coniugi o donne in gravidanza. I controlli vengono anche eseguiti presso consultori familiari dei vari paesi del Lazio.
- Attivita’ divulgativa e diagnostica: lo screening scolastico  e’ accompagnata in tutte le scuole dall’intensa attivita’ di formazione tramite diffusione di materiale stampato e di opuscoli di aggiornamento.
Risultati:
nel corso dei 24 screening scolastici eseguiti dall’Ottobre ’75 a Giugno ’99 sono stati esaminati 1.064.044 studenti fra i quali sono stati identificati 18.786 portatori di microcitemia non-alfa e cioe’ di tutte quelle varieta’ ovviamente piu’ importanti perche’ danno luogo alla comparsa dell’anemia mediterranea. Nel corso dell’attivita’ ambulatoriale eseguita nello stesso periodo ‘75-’99 sono stati esaminati 231.037 soggetti ed  individuati 25.328 portatori di microcitemia non-alfa.
I 44.114 portatori di microcitemie non-alfa complessivamente identificati nelle scuole e negli ambulatori sono stati poi raccolti nell’archivio computerizzato del Centro. Sono state diagnosticate 802 coppie a rischio delle quali 500 sono oggi in eta’ fertile. I feti omozigoti abortiti sono stati in totale dall’82 ad oggi 132. Dopo una totale cessazione delle nascite di malati di anemia mediterranea dal Dicembre 1992 si e’ verificata nel 1999 una nascita di soggetto malato per rifiuto della diagnosi prenatale da parte dei genitori che avevano gia’ effettuato l’aborto di un feto ammalato; un altro bambino malato e’ nato da un concepimento extraconiugale. In assenza totale di prevenzione sarebbero nati nel Lazio negli ultimi 24 anni almeno 189 malati. L’autrice ritiene che, tenendo conto dall’alto costo annuale specialmente dei malati adulti tale strategia di prevenzione abbia comportato un enorme vantaggio anche a livello economico.
(I. Bianco, Bollettino O.M.R. Anno ‘51 n.8) 

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DUE FARMACI CONTRO L’EPATITE “C”.

L’epatite “C” e’ la forma piu’ diffusa e attualmente piu’ importante di infezione virale al fegato. In Italia sono stimati 2-3 milioni di soggetti infettati, in parte portatori sani. Il contagio avviene attraverso sangue infetto mediante diversi mezzi intermedi. L’epatite C passa di solito inosservata dal momento che i sintomi di accompagnamento della malattia possono essere di modesta rilevanza. Tuttavia la maggior parte dei pazienti infettati con virus sviluppa una forma cronica di malattia con aumento considerevole di rischio di cirrosi, insufficienza epatica e carcinoma epatocellulare. Negli ultimi dieci anni la terapia della epatite cronica da HCV si e’ basata sull’impiego dell’interferone di cui sono disponibili alcune varianti. Purtroppo il successo della terapia con il solo interferone non si rivelato soddisfacente in quanto gli schemi attualmente consigliati (almeno 12 mesi) ottengono l’eradicazione virale circa nella meta’ dei pazienti. Aggiungendo all’interferone Alfa-2B un altro antivirale la Ribavirina la percentuale dei successi si e’ innalzata drasticamente. La Ribavirina e’ un farmaco antivirale (analogo nucleosidico) che agisce in modo diverso dagli interferoni, probabilmente interferendo con i meccanismo di replicazione del virus. Questo schema terapeutico e’ indicato anche in quei pazienti che sono gia’ stati trattati con il solo interferone senza risposta positiva al trattamento. La terapia di combinazione Ribavirina e Interferone Alfa 2B  e’ stata riconosciuta ufficialmente dalla “Consensus sull’epatite C” della “European Association for Study of the Liver” (Parigi, Febbraio 1999) come trattamento di preferenza. I farmaci devono essere somministrati per un ciclo di terapia di almeno 24 settimane; al termine di questo periodo e’ necessario controllare i parametri predittivi di guarigione (l’assenza del virus HCV nel sangue e l’abbassamento dei valori della ALT) spesso e’ necessario ripetere un ulteriore ciclo terapeutico di 24 settimane.
(Aggiornamento Medico n.8 1999)

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Epatite G

L' HGV e' un virus ad RNA appartenente alla stessa famiglia del virus dell' epatite C, dal quale pero' e' strutturalmente ben distinto. Presenta una caratteristica stabilita' strutturale, mancando delle regioni ipervariabili caratteristiche del virus C. Negli USA e' stato riscontrato ina una percentuale compresa tra l' 1 e il 7% dei donatori di sangue e nel 14-33% dei casi di epatite non A-E. Si associa fequentemente con altri virus epatitici, particolarmente all' HCV (20%) mentre scende al 10% nei casi di epatite B. Si trasmette per via ematica, attraverso le stesse vie del virus C (trasfusioni, siringhe infette, dialisi, madre-figlio). Si discute molto sull' importanza clinica di questo virus: se ne ipotizzava un ruolo importante nelle epatiti di etiologia finora sconosciuta ma successivi studi hanno messo in discussione tale ruolo, al punto da metterne perfino in dubbio il reale tropismo epatico: e' stato riscontrato, ad esempio, che i livelli serici sono piu' elevati di quelli epatici, a differenza di quanto avviene per il virus C; le alterazioni degli indici di sofferenza epatica erano poi, in elevata percentuale di casi, molto modeste. Tutto cio' sembrerebbe suggerire un basso tropismo epatico. Nelle epatiti fulminanti, dopo un iniziale entusiasmo, il suo ruolo e' stato ridimensionato (solo 11% dei casi). Sembrano promettenti, invece, gli studi sui rapporti di tale virus con le malattie linfoproliferative: l' RNA virale, infatti, funge da stampo positivo e non necessita, per replicarsi, di passare attraverso il DNA; l' alta concentrazione di virus riscontrata nei linfociti ha suggerito a diversi ricercatori un promettente campo di studio. La diagnosi e' effettuabile attraverso l' identificazione diretta dell' RNA virale con tecnica PCR; non e' ancora stato identificato un anticorpo specifico. La terapia con interferone sembra applicabile solo in rari casi anche perche', in casi di coinfezione C-G, mentre si poteva ottenere la negativizzazione per l' HCV, questa era molto piu' rara per l' HGV, confermando una indipendenza metabolica e biologica.
(B. Palmentieri e al., News & Views n. 4, 1998- 12 voci bibliografiche).

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IL MAGNESIO: UN CONTRADDITTORIO ESSENZIALE MICROELEMENTO

Il magnesio e’ il quarto catione piu’ abbonante nel corpo umano e il secondo tra quelli intracellulari, dopo il potassio. E’ stato finora poco studiato ma ultimamente sono stati evidenziati diversi aspetti di elevato interesse clinico. Diversi lavori hanno messo in luce l’importanza del magnesio nel controllo del ciclo cellulare, in particolare nella regolazione della mitosi, nella condensazione della cromatina durante la mitosi stessa, nell’assemblaggio delle proteine che sono associate ai microtuboli. Gioca un ruolo importante in diverse azioni enzimatiche: e’ richiesto come substrati in centinaia di sistemi come ad esempio la fosfofruttochinasi, la creatin-chinasi, la fosfatasi alcalina. Anche l' ????adenil delinatociclasi e la tippiase?? sono conosciuti per essere dipendenti dalle concentrazioni cellulari del magnesio. Il magnesio e’ importante nella regolazione della glicolisi, della fosforiazione ossidativa,del metabolismo nucleotidico e della biosintesi delle proteine. Influisce sulle funzioni di membrana come quella di conduzione nervosa, sui canali del calcio e il trasporto del potassio; il metabolismo del magnesio e del calcio sono correlati strettamente e sono parzialmente interdipendenti. Il magnesio e’ abbastanza simile al potassio nella sua distribuzione ed e' relativamente concentrato nello spazio intracellulare, soprattutto nel fegato e nel muscolo striato. E' assorbito nel piccolo intestino ma soprattutto nell’intestino crasso. E’ stato ipotizzato un ruolo del magnesio sul tempo di gestazione e sul peso alla nascita dei neonati, e’ coinvolto nella regolazione della pressione sanguigna mentre e’ ancora in discussione un effetto ipotensivo negli ipertesi trattati con supplemento di magnesio. Il magnesio e’ relativamente abbondante nei cibi cotti; le piante verdi ne contengono una quantita’ consistente; le spezie contengono una quantita’ maggiore di magnesio mentre fonti eccellenti sono costituite da nocciole e grano intero. I grassi ne sono quasi privi. L’acqua dura contiene sali di calcio e magnesio mentre l’acqua addolcita contiene poca quantita’ di questi due elementi. L’assorbimento medio del magnesio e’ di circa 300mg/die e si pensa che la richiesta sia compresa tra i 200 e i 700mg/die. Venne ipotizzato in passato un’azione mutagena del cloruro di magnesio ma degli studi recenti hanno evidenziato che solo dosi molto elevate di questo sale esercitano effetti tossici, e questi sono limitati a cambiamenti minimi del tubulo renale nei topi maschi di un ceppo particoleare (B6C3F1).  E’ stata evidenziata un’azione antiossidante del magnesio in quanto la carenza di tale elemento incrementa la citotossicita’ dei radicali ossigeno. Cio’ potrebbe esser dovuto a una rapida perdita di glutatione collegata a tale condizione. Tumorigenesi: e’ stato evidenziato che il magnesio e il calcio esercitano un muto potenziamento durante la crescita cellulare. E’ stato postulato che il magnesio possa agire come secondo messaggero per effettori neoplastici esterni facendo si' che le cellule interrompano l’arresto del loro stato proliferativo e accellerandole nella fase “S” del ciclo cellulare. Durante la trasformazione neoplastica quindi c’e’ una perdita selettiva del ruolo regolatorio del magnesio nella crescita cellulare, e questo supporta l’idea che questo catione sia coinvolto nell’oncogenesi e forse nell’espressione della malignita’. Azione anticancerogena: e’ stato evidenziato come il magnesio possa prevenire la cancerogenesi in quanto puo’ aumentare la fedelta’ della replicazione del DNA; inoltre il magnesio della membrana cellulare puo’ prevenire i cambiamenti che innescano processi cancerogenici. Diversi studi hanno riportato la capacita’ del magnesio di prevenire l’induzione di tumori locali attraverso la sua applicazione. Cio’ e’ stato evidenziato in diversi tumori sperimentali da cancerogeni esogeni. La presenza di calcio e magnesio nell’acqua ad esempio si e’ dimostrata preventiva su cancro allo stomaco indotto da nitrati presenti nell’acqua potabile. In conclusione, pur non essendo ancora ben chiarito il suo meccanismo d’azione, e’ stato evidenziato che la carenza di magnesio e’ correlata ad arteriosclerosi, danno del miocardio, ipertensione arteriosa, aritmie cardiache, calcolosi renale. Molti autori evidenziano la sua importanza come agente antitumorigenico, e i dati epidemiologici hanno riportato che i livelli di magnesio nel cibo, acqua ed aria sono inversamente correlati alla mortalita’ per cancro. E’ possibile che futuri studi rivelino informazioni nuove per l’uso clinico.  
(P.Aretini e al. “I Biologi italiani”,anno 29,n.8 Settembre 1999)
 

 

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Pillole di buonumore

Un giorno un tizio va dal dottore:
- Buon giorno dottore, sa sono venuto per mio fratello...
- Dica, dica...
- Beh... crede di essere un camion!
- Lo porti qui che così lo visito!
- Ma come, qui in centro? E dove lo parcheggio? 

www.barzellette.it di Adriano Altorio


NEWS 


22.12.1999
Le piu' grandi scoperte scientifiche del '900

Una giuria di dieci Big” della medicina italiana, ha stilato la classifica delle scoperte più importanti del novecento. A firmare la “top ten” del secolo, è un pool di 10 camici bianchi formato da: l’oncologo Umberto Veronesi, l’ematologo Franco Mandelli, il cardiologo Attilio Maseri, l’immunologo Giuseppe Remuzzi, il patologo Lorenzo Moretta, il biologo Edoardo Boncinelli, l’immunologo Gerolamo Sirchia, il genetista Paolo Durand, il chirurgo Carlo Caruso e lo psichiatra Alberto Oliverio.
1)  incontrastata, la sostanza individuata nel 1929 da Alexander Ele­ming: la penicillina.
2)  il codice della vita, il DNA, individuato dal fa­moso trio, Crick, Watson e Wilkins nel 1953.
3)  il vaccino antipolio di Salk e Sabin.
4)  la diagnostica per immagini ( di svariati autori ).
5)  l’individuazione, ai primi del 900 per merito di Karl Landsteiner, dei gruppi sanguigni.
6)  i fattori di istocompatibilità da parte di Peter Doherty (1974).
7)  il trapianto di rene effettuato la prima volta da Josph Murray nel 1954.
8)  la scoperta (1969) degli oncogeni da parte di Robert Huebener.
9)  la video chirurgia, di Philip Mouraut, che negli ultimi 10 anni ha rivoluzionato un buon 70% degli interventi chirurgici.
10)   il By Pass aorto coronarico, eseguito la prima volta da De Bakey e Cooley nel 1962.
Grandi scoperte, indubbiamente. Resta la perplessita' per qualche "Grande Escluso": Il trapianto cardiaco di Barnard, la scoperta dell' insulina, l' ingegneria genetica…
(AdnKronos, 22/12/99)

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27.12.1999
Antibiotici di nuova concezione
Nella lotta contro i batteri i nuovi farmaci adotteranno strategie più sofisticate 
    

Antibiotici che si autorigenerano per mantenersi attivi, altri che si distruggono fuori dal corpo umano; sono due approcci diversi per affrontare lo stesso inconveniente: la resistenza che i batteri sviluppano nei confronti degli antibiotici, che finiscono per perdere la loro efficacia, mettendo a rischio la salute di uomini e animali.
Da tempo i ricercatori mettono a punto nuovi antibiotici e sempre più i batteri li rendono inefficaci, in una rincorsa continua che non risolve il problema alla radice. Due studi che portano a un cambio di prospettiva saranno pubblicati in dicembre e gennaio dal «Journal of the American Chemical Society». Verranno presentati due tipi di farmaci innovativi, sviluppati da ricercatori della Wayne State University, che hanno già superato positivamente test sia su animali che sull’uomo.
Generalmente, gli antibiotici non vengono metabolizzati dall’organismo e, dopo essere stati eliminati, continuano a essere esposti ai batteri, che in tal modo hanno più possibilità di adattarsi a essi e di creare nuovi ceppi resistenti: infatti la probabilità di acquisire resistenza è tanto maggiore quanto più a lungo batterio e antibiotico restano a contatto. Da qui l’idea di introdurre meccanismi di autodistruzione che scattano quando l’antibiotico viene espulso all’esterno dell’organismo. I ricercatori americani hanno fatto ricorso a una versione modificata di cefalosporina, dalla struttura simile alla penicillina e utile in svariate patologie. Ma la porzione attiva del farmaco viene distrutta quando viene esposta alla luce.
La seconda linea di ricerca punta a produrre antibiotici «autorigeneranti». Una modalità comunemente utilizzata dai batteri consiste nell’aggiungere un gruppo inibitore all’antibiotico che ne modifica la struttura e ne compromette l’efficacia. I nuovi antibiotici rilasciano in breve tempo il gruppo inibitore ricevuto, rigenerando in tal modo la propria struttura originaria e riacquisendo la capacità di contrastare l’azione batterica.
Shahriar Mobashery, coordinatore dei gruppi di ricerca ritiene che «entrambe le strategie rappresentino innovazioni concettuali» e che «su questi principi sarà possibile sviluppare altri agenti efficaci a combattere le infezioni».
Renato Torlaschi           

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29.12.1999
Il ritorno della mucca pazza
Per ora nessun commento da parte del British Health and Agricoltural Department
 

Cattive notizie sul fronte «mucca pazza», la terribile encefalopatia spongiforme trasmessa attraverso la carne bovina infetta.
Da qualche anno ormai non se ne parla quasi più, se non per questioni economiche legate all’embargo di prodotti alimentari, ma uno studio condotto presso l'Università della California a San Francisco e pubblicato sui «Proceedings of National Academy of Sciences», riporta l’attenzione sul pericolo di un'epidemia latente. La malattia, conosciuta come morbo di Creuzfeldt-Jakob, è causata da proteine peculiari, i prioni, individuate da Stanley B. Prusiner.
I prioni non sono dannosi di per sé, essendo presenti in tutti i mammiferi, ma possono acquisire capacità infettive e patologiche quando ne viene alterata la struttura, il che può accadere per mutazione genetica o per effetto dell’interazione con altri prioni modificati. Secondo gli scienziati, l’epidemia del cosiddetto morbo della mucca pazza scoppiata verso la fine degli anni ottanta in Gran Bretagna è stata responsabile della nascita di una nuova variante della malattia, detta appunto new-variant Creuzfeldt-Jakob, una degenerazione progressiva e fatale dei tessuti cerebrali causata anch’essa dai prioni.
Fino a oggi, però, il legame tra il morbo originario e questa nuova malattia era rimasto elusivo. Adesso, i ricercatori del San Francisco Institute for Neurodegenerative Diseases, coordinati dallo stesso Prusiner, affermano che il ceppo che causò il morbo della mucca pazza è lo stesso capace di indurre la nuova variante della malattia.
Per il loro studio, i ricercatori hanno prima creato in laboratorio topi transegnici mancanti della forma normale della proteina prionica, e hanno quindi inoculato in due distinti gruppi di animali i prioni isolati dai bovini affetti dal «morbo della mucca pazza» o dai tessuti cerebrali umani di individui deceduti per la nuova malattia. Entrambi i gruppi hanno sviluppato la stessa encefalopatia, suggerendo che si tratti proprio dello stesso agente. La scoperta fa riflettere in quanto mette in dubbio la resistenza della «barriera di specie» cioè la scarsa suscettibilità di un individuo di specie diversa, in questo caso l’uomo, a essere infettato da prioni attraverso la carne o i derivati bovini.
Questa convinzione faceva ritenere che il rischio fosse limitato, ma alla luce dei nuovi esperimenti è difficile per gli scienziati fare una stima precisa di quante persone potrebbero avere contratto la malattia, che ha un periodo di latenza di circa dieci anni e che ha colpito per ora in Europa oltre cinquanta persone. «Questi risultati danno credito al fatto che il morbo della mucca pazza e i nuovi casi di encefalopatia sono causati dal consumo di prodotti infetti» dice Donald Price, della Johns Hopkins University. «È una questione alla quale l'Unione Europea dovrebbe prestare attenzione.»
Barbara Bernardini

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3.1.2000
Cardiologia '99: le scoperte più importanti dell'anno
Una selezione dei progressi più significativi presentata dall'American Heart Association

 Dal 1996 la American Heart Association compila annualmente una lista delle dieci più importanti acquisizioni nel campo della clinica e della ricerca cardiologica.
In chiusura del 1999 Lynn Smaha, presidente dell'associazione, ha annunciato che un particolare rilievo hanno assunto quattro scoperte sulle basi genetiche delle malattie cardiovascolari:
1. L'individuazione di un gene che codifica per una proteina con funzione di recettore per gli ormoni mineralcorticoidi ha rappresentato un notevole avanzamento nella comprensione della patogenesi di alcune forme di ipertensione ereditaria. Una mutazione genica fa sì che tale recettore sia costantemente attivato, inducendo a livello renale un'eccessiva ritenzione di sodio.
2. Il 19 febbraio «Science» ha reso nota una ricerca sulle basi genetiche delle malformazioni cardiache associate alla sindrome di DiGeorge. In un campione di 182 pazienti è stata riscontrata la mancanza del gene UFD1, presente invece in tutti i soggetti normali del gruppo di controllo. Lo studio di mutazioni di questo genere è estremamente importante nella prevenzione dei più gravi difetti cardiaci congeniti.
3. Le metodiche di analisi genetica hanno raggiunto livelli elevati di precisione ed efficienza. Una tecnica di ibridazione tra DNA di sintesi e DNA di pazienti portatori di mutazioni geniche consente ad esempio di mettere a punto nuovi test diagnostici e nuovi interventi terapeutici. È il caso dello screening genetico effettuato per la malattia di Tangier: dopo aver analizzato 60.000 geni, si è giunti alla conclusione che il livello abnormemente basso delle HDL, caratteristico di questa rara patologia, dipende dal malfunzionamento del gene ABC1; e con l'aggiunta della proteina carente ad una coltura cellulare si è ottenuto un miglioramento del metabolismo del colesterolo. Si tratta di un risultato promettente per la cura di tutti i pazienti con questo tipo di ipolipoproteinemia e non solo di quelli affetti da Tangier.
4. La ridotta contrattilità del miocardio deriverebbe da un'alterazione del gene della troponina I, una proteina di vitale importanza per il corretto funzionamento delle cellule muscolari cardiache.
Solo per citare alcune delle altre voci della top-ten cardiologica: la costruzione in vitro di un'intera valvola cardiaca, la scoperta delle potenzialità del ramipril, un vecchio farmaco antipertensivo, nella prevenzione di incidenti cardiovascolari anche nei soggetti normotesi, e, infine, la cardiochirurgia «robotizzata» per l'esecuzione, tramite sonde collegate a un computer, di bypass coronarici.
Monica Oldani

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11.1.2000
Angiogenesi, nuova frontiera della cardiologia
Individuata una molecola molto efficace nel favorire la crescita di nuovi vasi sanguigni

 Le patologie a carico delle coronarie e del sistema vascolare periferico sono tra le principali cause di mortalità nei paesi occidentali. Fino a pochi anni fa, dal mondo scientifico giungevano unicamente raccomandazioni di agire in via preventiva, adottando un’alimentazione e uno stile di vita che possano ridurre le probabilità dell’insorgenza di queste malattie. Oggi si prospetta la possibilità di ricostruire i vasi sanguigni danneggiati o otturati, ripristinandone la normale funzionalità. In questo ambito, suscita molte speranze una scoperta fatta recentemente a Boston, dai ricercatori dell’Angiogenesis Research Center presso il Beth Israel Deaconess Medical Center e pubblicata sull’ultimo numero della rivista “Nature Medicine”.
Si chiama P39, è un peptide antibatterico e favorisce in modo naturale la formazione di nuovi vasi sanguigni. P39 riesce a bloccare il degrado di un fattore di trascrizione importante, (noto come HIF-1alpha) che guida l’espressione di molti geni collegati all’angiogenesi, tra cui i geni che codificano per il fattore di crescita VEGF e per i suoi recettori. Il peptide individuato a Boston stimola inoltre l’espressione dei recettori di un altro importante gruppo di induttori di angiogenesi, denominati FGF (fibroblast growth factors). È proprio questa azione su più fronti che rende P39 molto efficace nel favorire la crescita di nuovi vasi sanguigni.
“L’angiogenesi è la cosa più eccitante successa in cardiologia dopo la chirurgia del bypass, e noi abbiamo scoperto un modo completamente diverso per indurla”, sostiene Michael Simon, professore di medicina alla Harvard Medical School e direttore del centro di ricerca dove è stato individuato il P39. “Abbiamo identificato una molecola in grado di attivare fattori di crescita multipli, che possono essere molto più potenti rispetto a un fattore singolo. Questo studio rimanda inoltre a due processi fisiologici che culminano nell’angiogenesi, fornendo una migliore conoscenza della biologia”.
I due processi a cui si riferisce Simon sono l’ipossia - il ridotto apporto di ossigeno dovuto al flusso sanguigno insufficiente - e l’infiammazione, condizioni in cui l’organismo mette in atto naturalmente meccanismi simili a quelli prodotti dal peptide P39.
Molti centri di ricerca stanno effettuando studi e test su diversi fattori di ricerca, nella speranza di disporre di strumenti complementari o sostitutivi della chirurgia angioplastica. P39 promette una notevole efficacia e una azione estremamente selettiva, in grado di minimizzare gli effetti collaterali spesso associati ad altri fattori di crescita.
Renato Torlaschi

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17.1.2000
Una strada verso i «superantibiotici»
Sintetizzate in laboratorio molecole capaci di sconfiggere i batteri più resistenti

Si chiamano peptidi e in effetti somigliano a proteine, sono la nuova classe di molecole antibiotiche nate dal lavoro di un gruppo di ricercatori dell'Università della Pensylvania, coordinati da William De Grado. La loro scoperta è stata resa nota in un lavoro scientifico pubblicato sul Journal of American Chemical Society, accolto con favore dalla comunità medica sempre a caccia di nuovi strumenti terapeutici. Anche se preliminare, lo studio apre una nuova strada verso la soluzione del problema delle infezioni resistenti, un fenomeno crescente e preoccupante a livello sanitario. L'uso e l'abuso di antibiotici comuni, come la penicillina, ha infatti condotto nel tempo alla selezione di ceppi batterici non più sensibili ai normali trattamenti, alcuni dei quali sostengono infezioni letali, virtualmente incurabili. Gli antibiotici di sintesi che hanno seguito la penicillina, sono derivati in genere dalla modifica della struttura originale, ma sono stati ad uno ad uno sconfitti dalla selezione, che nei batteri è velocissima. Dal lavoro di DeGrado arrivano adesso le nuove molecole «protein-like» destinate probabilemente a cambiare le carte in tavola nella lotta contro i batteri. Queste molecole sono costituite da unità più piccole come gli amminoacidi, ma con una importante differenza strutturale: nelle proteine naturali le singole unità amminoacidiche possiedono un atomo di carbonio centrale a cui sono uniti i due gruppi caratteristici, quello carbossilico e quello amminico, formando catene dette -peptidi. Nelle nuove macromolecole sintetiche i due gruppi sono invece uniti a due diversi atomi di carbonio legati tra loro, e le catene prendono il nome di -peptidi, molecole completamente nuove che non hanno paragoni strutturali in natura. I primi esperimenti condotti sul batterio Escherichia Coli hanno confermato le straordinarie proprietà antibiotiche di queste molecole, che per meccanismo di azione somigliano agli antibiotici tradizionali, di cui però risultano essere molto più potenti. I test preliminari hanno purtroppo mostrato che i -peptidi sono tossici tanto per i batteri che per le cellule umane, e risultano quindi per ora inutilizzabili come agenti terapeutici. Ma il lavoro dei ricercatori americani ha aperto la strada allo studio di molecole derivate dall'eventuale modifica della struttura di questi strani peptidi e potranno in un futuro condurre alla sintesi di una nuova classe di antibiotici utilizzabili in clinica.
Barbara Bernardini

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19.1.2000
L'espansione del Creutzfeldt-Jakob
In uno studio inglese giudicato reale l'incremento dei casi

 Alla fine del 1998, il National Creutzfeldt-Jakob Disease (CJD) Surveillance Unit inglese denunciava un aumento dei decessi. Il programma di vigilanza era stato istituito nel 1990 con lo scopo primario di stabilire se eventuali variazioni del profilo epidemiologico della malattia fossero da mettere in relazione con l'esplosione di encefalopatia spongiforme bovina degli anni precedenti. Nel 1996, erano stati riportati 10 casi di una variante della Creutzfeldt-Jakob possibilmente associata all'infezione bovina, dopodiche l'incidenza era rimasta costante fino all'incremento del 1998.
Nonostante le apparenze, il significato di tale riscontro non è necessariamente univoco: dato l'allarme creatosi intorno all'argomento, l'aumento dei casi potrebbe non essere reale ma semplicemente dovuto a una facilitazione della diagnosi rispetto a un periodo precedente in cui la malattia è stata misconosciuta.
Per poter dare un'interpretazione corretta ai dati, Il National CJD Surveillance Unit, in collaborazione con l'Office for National Statistics e la London School of Hygiene and Tropical Medicine, ha effettuato una verifica dei decessi avvenuti in Inghilterra tra il 1979 e il 1996 attribuiti a disordini neurologici che possano simulare la malattia di Creutzfeldt-Jakob.
I risultati dello studio, pubblicati sul British Medical Journal del 15 gennaio, indicano che l'ipotesi dell'aumento apparente può essere considerata improbabile. L'indagine ha riguardato i 705 casi (il 48 per cento del totale) per i quali erano disponibili informazioni sufficienti a consentire una eventuale riformulazione della diagnosi. In nessuno dei profili clinici sono emerse indicazioni compatibili con la diagnosi di malattia di Creutzfeldt-Jakob, e in più del 90 per cento questa possibilità ha potuto essere esclusa con certezza.
Lo studio ha sofferto di qualche limitazione metodologica: la mancanza di adeguati resoconti clinici ha ridotto drasticamente il numero dei casi esaminati, soprattutto per il periodo precedente al 1990, e anche la fascia di età (15-44 anni) opportunamente prescelta per selezionare la variante citata, può però aver fatto tralasciare qualche caso di Creutzfeldt-Jakob sporadica verificatosi nelle età successive. Ciononostante, i ricercatori considerano i dati ottenuti consistenti con l'ipotesi che l'incidenza osservata negli ultimi anni rifletta una reale diffusione della malattia piuttosto che una più attenta identificazione della stessa.
Monica Oldani

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10.12.1999
Antitrust: anticellulite nel mirino
Pubblicita' ingannevoli.
 

(ANSA) - ROMA - Creme anticellulite ancora una volta  nel mirino dell'Antitrust. Troppo spesso le pubblicita' dei prodotti per ridurre o eliminare tali inestetismi promettono infatti risultati che in realta' non vengono raggiunti. E' per questo che il garante e' intervenuto nuovamente, giudicando ingannevoli alcuni annunci promozionali apparsi su periodici femminili e obbligando le relative case produttrici a una serie di rettifiche.

A cominciare da ''Alga Blu'', una linea di tre prodotti che - nel relativo annuncio pubblicitario - prometteva, come risultato, una diminuzione ''fino a tre centimetri'' del diametro delle cosce in una settimana. Ma le analisi ed i test commissionati dal Garante hanno dimostrato che non solo per vedere qualche risultato invece di una settimana sono necessari 60 giorni ma che la riduzione della cellulite, in termine di centimetri, e' stata assai piu' contenuta, da un minimo di 0,23 a poco piu' di un centimetro. L'Antitrust ha poi bocciato la pubblicita' di Chetocell, un altro prodotto, che prometteva di attaccare la cellulite dall'interno mentre in realta' nessuno dei componenti puo' vantare tale efficacia. E, ancora, nel mirino e' finita una pubblicita' della Sant'Angelica che 

promettevano tra l'altro, ''un'efficacia comprovata contro la cellulite''.

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31.12.1999
Geni associati al tumore della prostata
Nuove prospettive per la diagnosi e la terapia

Sono otto i nuovi geni identificati che appaiono essere associati all’insorgenza del tumore della prostata: come aghi in un pagliaio, essi sono stati isolati tra gli oltre 40.000 geni oggi riconosciuti come maggiormente espressi nell’uomo. Artefici della scoperta i ricercatori della Incyte Pharmaceuticals, insieme ai colleghi della Stanford University, che hanno pubblicato i loro risultati nel numero di dicembre di «Genome Research».
Utilizzando un accurato metodo statistico, gli studiosi hanno analizzato l’espressione di migliaia di geni, cercando tra essi quelli espressi in correlazione con i geni già noti come marcatori del tumore della prostata. Studiando l’espressione di questi geni nei pazienti affetti dal tumore, è stato possibile identificarne otto che sembrano essere direttamente legati alla presenza della malattia.
L’identificazione di un nuovo set di geni la cui espressione è associata al tumore della prostata fornisce nuovi bersagli sui quali focalizzare gli studi, con molteplici obiettivi, primo fra tutti il miglioramento delle possibilità diagnostiche. I test attualmente usati per la diagnosi del tumore della prostata non sono infatti ancora perfettamente accurati, dal momento che talvolta evidenziano falsi positivi o, in alcuni casi, non rivelano la presenza del tumore negli individui affetti dalla malattia.
La disponibilità di nuovi marcatori potrà dunque consentire la messa a punto di nuovi test diagnostici, la cui accuratezza potrà essere garantita dalla specificità di espressione di tali geni. D’altra parte, di non trascurabile importanza sono le possibili implicazioni terapeutiche associate alla scoperta di questi elementi genetici, che potrebbero costituire nuovi bersagli farmacologici.
Se si considera che il tumore della prostata è quello con più alta incidenza negli uomini e che è ai primi posti in classifica tra le cause di morte per tumore, appare chiara l’importanza che riveste ogni scoperta
atta a migliorarne la possibilità di diagnosi e di cura.
Patrizia Pisarra

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31.12.1999
Nuovo test per il virus Hiv
Permetterà di rilevare la replicazione del virus in organi non accessibili direttamente

 Un nuovo strumento diagnostico sarà presto a disposizione per sieropositivi e malati di AIDS. La buona notizia arriva da «Nature Medicine», che pubblica i risultati ottenuti in un lavoro pionieristico condotto da ricercatori dell’Imperial College School of Medicine di Londra, presso l’Hammersmith Hospital NHS Trust.
Con l'introduzione dei nuovi farmaci anti-retrovirali, avvenuta nel 1997, anche i test a disposizione per verificare l’andamento dell’infezione si sono affinati. Per molti anni ci si è affidati solo al conteggio dei linfociti CD4 e al rapporto tra CD4 e CD8. Le terapie, per lo più limitate alla somministrazione di AZT, venivano generalmente prescritte al di sotto di una certa soglia dei CD4. Nuovi test hanno permesso di conoscere la carica virale nel sangue, ossia la velocità di riproduzione del virus.
Si assisteva però a una apparente contraddizione. Anche quando tramite PCR non si riuscivano a individuare copie di virus nel sangue, dopo una sospensione delle terapie l’infezione riprendeva. Si cominciò così a parlare di «santuari», o organi del corpo in cui il virus si nasconde e risulta più difficile da colpire: per esempio il cervello o gli occhi, raggiungibili solo tramite biopsia.
Il nuovo test misura i «circoli» di DNA virale; considerati a lungo come prodotti di scarto della replicazione dell’HIV, possono servire per stabilire se il virus è attivo in qualunque parte del corpo, anche quando non è rilevabile nel sangue. Ciò è reso possibile dalla loro persistenza per diversi giorni dopo che il globulo bianco è entrato in contatto con una cellula infetta. Il circle test è stato sperimentato su 63 pazienti in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, in cura con farmaci anti-retrovirali, nel cui sangue il virus non risultava presente. L’esame ha evidenziato una attività virale nel 75 per cento dei casi.
Sunil Shaunak, uno dei ricercatori che hanno scoperto questo nuovo marcatore nei globuli bianchi, ritiene che «l’azione dei medicinali, spesso tossici, potrà essere controllata in modo più efficace e condurre così a decisioni migliori e a terapie personalizzate per ogni paziente.»
Renato Torlaschi

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APPROFONDIMENTI

Errata corrige:  Clinical Diabetes, Vol. 17, N° 4, 1999

Ipertensione arteriosa da cause iatrogene  

Lo sviluppo di ipertensione arteriosa iatrogena avviene principalmente attraverso tre meccanismi:

1.         Azione simpatico-mimetica.

2.         Azione diretta a livello renale con riduzione di flusso e ritenzione di sodio e di liquidi.

3.         Azione sulla 11-beta-idrossidosteroidodeidrogenasi, che favorisce l’inattivazione del cortisolo specialmente a livello renale trasformandolo in un composto inattivo.

Se questo enzima e’ ridotto per cause genetiche o farmacologiche il cortisolo che circola a concezioni molto piu’ alte dell’ aldosterone (e che ha la stessa affinita’ dell’aldosterone per il recettore dell’aldosterone stesso), diventa un mineralcorticoide non essendo inattivato e provocando quindi uno stato di pseudoiperaldosteronismo (liquirizia, cardenoxolone, pompelmo). Ora quali meccanismo possono provocare una ipertensione iatrogena:

1.         Cloruro di sodio. E’ ben noto come l’aumento del sodio porti un aumento della volemia e quindi un effetto ipertensivo. La dose raccomandata di sodio da assumere giornalmente e’ meno di 6 grammi al giorno anche se e’ difficile effettuare una stima precisa da parte del paziente. L’associazione di diuretici e dieta iposodica puo’ essere dannosa in quanto la riduzione di sodio a livello della macula densa attiva ancor di piu’ il sistema renina-aldosterone e alla lunga aggrava la situazione ipertensiva.

2.         Sostanze adrenergiche. Si tratta di sostanze simpatico- mimetiche presenti soprattutto in colliri e spray nasali o antiasmatici. Si usano comunemente pseudoefedrina, efedrina, fenilpropanolamina, epinefrina ecc. Spesso tali assunzioni sfuggono al controllo del medico causando ipertensione resistente la cui causa e’ difficilmente diagnosticabile. L’effetto pressorio e’ piu’ evidente in posizione clinostatica e puo’ essere evidenziata o accentuata dalla contemporanea assunzione di caffeina, fans, antimao.

3.         Antiprostaglandinici (fans). Il meccanismo ipertensivo dei fans e’ legato all’azione natriuretica delle prostaglandine, le quali regolano anche la produzione di renina, la dilatazione dei vasi, la filtrazione glomerulare. Il blocco di tali effetti puo’ comportare ipertensione in soggetti predisposti. Viene a crearsi un ipoaldosteronismo iporeninemico con ritenzione di sodio non dovuta all’aldosterone. I numerosi effetti dei fans su meccanismi ipertensivi fanno anche comprendere come l’effetto di numerosi ipotensivi possa venire inibito. Ad esempio vengono parzialmente inibiti gli ACEinibitori???, gli alfabloccanti, i diuretici dell’ansa, i betabloccanti .

4.         Alcool. L’uso moderato dell’alcool puo’ avere un effetto positivo sulla reattivita’ vascolare mentre l’abuso provoca numerosi effetti indesiderati. L’azione ipertensiva puo’ essere dovuta ad un’aumentata attivita’ simpatica o a un effetto sul metabolismo del cortisolo.

5.         Cocaina. Frequentemente in pazienti che abusano di cocaina si manifesta ipertensione e tachicardia. Sembra che la cocaina prevenga il reuptake delle catecolamine con conseguente attivazione simpatica.

6.         Estrogeni e progestinici. Circa il 5-10% delle donne che assumono contraccettivi soffre di ipertensione arteriosa con valori appena superiori alla norma. Il meccanismo d’azione sembra risiedere nell’attivazione del sistema renina angiotensina o su un diretto effetto del contraccettivo sul rene conseguente a sodio-ritenzione. L’azione degli estrogeni puo’ essere anche dovuta a una riduzione dell’11 beta idrossisteroidodeidrogenasi. Si ipotizzano pero’ presenza di fattori predisponenti genetici.

7.         Cortisonici. Durante terapia cortisonica il fenomeno si presenta in una percentuale inferiore di casi rispetto alla sindrome di “Cushing”. Si ipotizzano svariati meccanismi: sui recettori dell’aldosterone, una saturazione della 11 beta idrossisteroidodeidrogenasi dovuta a eccesso di cortisolo, attivazione del sistema renina-aldosterone per aumentata sintesi di substrato e aumento di resistenze periferiche. L’ipertensione si verifica anche in seguito a terapia topica prolungata come nella psoriasi o con preparati inalatori, colliri, gocce auricolari o in seguito a infiltrazioni ripetute nelle patologie osteoarticolari e nell’ernia del disco. Si ipotizzano meccanismi predisponenti di origine genetica.

8.         Mineralcorticoidi. La terapia con mineralcorticoidi in eccesso puo’ generare ipertensione (fludrocortisone, desossi-corticosterone, 9 alfa fluoroprednisolone). Tali sostanze  erano contenute in diversi spray nasali, gocce otologiche, colliri ma sono stati in buona parte eliminate.

9.         Ciclosporina. Ampiamente impiegata nei pazienti trapiantati. Non e’ noto il suo meccanismo preciso d’azione, si pensa a possibile nefrotossicita’ con vasocostrizione renale, aumento dell’attivita’ simpatica o altri meccanismi.

10.     Eritropoietina. L’incidenza di ipertensione e’ del 30-40% dei casi. Il meccanismo d’azione non e’ ancora sicuramente chiarito in quanto non vi e’ correlazione fra ipertensione e dose, aumento della viscosita’ ematica e ridotto effetto vasodilatatore dovuto all' ipossia da anemia. E’ stata ipotizzata un’azione diretta dell’ eritropoietina su fattori vasoattivi endoteliali.

11.     Inibitori della monoaminoossidasi (mao). L’ipertensione si sviluppa se i pazienti assumono inibitori delle mao e contemporaneamente assumono sostanze ricche di tiramina (formaggi, vini, fave, caviale, cioccolato).

12.     Ergotamina. Si tratta di un’agonista totale o parziale degli alfa recettori e dei recettori della serotonina con conseguente vasocostrizione per cui e’ controindicato negli ipertesi.

13.     Liquirizia e derivati. In una percentuale variabile dei casi che assumono liquirizia o derivati da prodotti omeopatici erboristici purganti ecc. si sviluppa una severa ipertensione con ipokalimia e soppressione del sistema renina-angiotensina-aldosterone. Il meccanismo e’ da mettere in relazione sia al blocco diretto della 11 beta idrossisteroidodeidrogenasi di tipo 2 da parte delle liquirizia, sia al legame dell’acido glicirretinico al recettore dell’aldosterone una volta raggiunte concentrazioni ematiche adeguate. I due meccanismi sarebbero sequenziali. Si deve ammettere la presenza di fattori predisponenti genetici o metabolici individuali. E’ importante fare la diagnosi precocemente in quanto spesso, anche dopo la sospensione dell’abuso cronico di liquirizia permane un’ipertensione nonostante la normalizzazione della potassemia e dei valori di PRA e aldosterone, in modo simile a quanto avviene nell’iperaldosteronismo primitivo da adenoma monolaterale dopo surrenalectomia. Sembra cioe’ che il danno vascolare dovuto all’ipertensione mantenga elevata la pressione stessa.

14.     Carbenoxolone. Il meccanismo sembra legato alla possibile trasformazione del carbenoxolone in acido glicirretinico e quindi a un meccanismo simile a quello della liquirizia.

15.     Fitosteroli (pompelmo). Assunto per tempi prolungati in persone predisposte puo’ causare ipertensione con ipokaliemia e soppressione di renina e aldosterone. La causa risiede nei fitosteroli contenuti nel frutto i quali sono in grado di inibire la 11 beta idrossisteroidodeidrogenasi.

16.     Caffeina. L’ipertensione si puo’ manifestare soprattutto in caso di assunzione acuta, mentre l’uso regolare di caffe’ non sembra alla lunga influenzare i valori pressori. Il meccanismo patogenetico non e’ ancora chiarito.

17.     Nicotina. Incrementa acutamente la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, sia per via sistemica che con il consumo di sigarette.

18.     Cessazione di terapie ipotensive. La sospenzione improvvisa di alcune terapie ipotensive puo’ scatenare gravi crisi ipertensive. I farmaci piu’ comunemente incriminati sono clonidina, betabloccanti soprattutto nei diabetici.

19.     Altre sostanze: sono descritti ipertensioni da metalli pesanti come piombo e cadmio, da uso cronico di litio, da bromocriptina soprattutto nel postpartum, metoclopamide e somatotropo.

Tutti questi casi sono da tenere accuratamente presenti allorche’ si faccia una diagnosi di ipertensione arteriosa che sarebbe in questi casi piu’ facilmente curabile.

(“Aggiornamento del medico”, n.8 Ottobre 1999).

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Pillole di buonumore

Un uomo chiama preoccupatissimo il medico di famiglia:
- Dottore... mi aiuti!! Mio fratello si voleva suicidare, essendo indeciso tra spararsi un colpo alla tempia o prendere delle pastiglie di barbiturici, per sbaglio, ha inghiottito le pallottole!
- Accidenti, stia calmo! Arrivo subito... ma nel frattempo non lo agiti e non lo punti contro nessuno!

www.barzellette.it di Adriano Altorio


UTILITA'


Test di valutazione dell'anziano

1) TEST per valutare attenzione e concentrazione nell' anziano 

ATTENZIONE 

Si invita l' anziano a ripetere nello stesso ordine di presentazione dell' esaminatore una serie di cifre scandite a un ritmo di una cifra ogni due secondi. E' importante che l' esaminatore pronunci l' ultima cifra della serie con la stessa intonazione delle altre. Se il paziente riesce al primo colpo, si passa alla serie superiore; se invece il paziente sbaglia, si presenta la seconda serie di cifre dello stesso livello. La prova si considera conclusa in caso di due successivi fallimenti. Sarebbe opportuna una prova preliminare di addestramento prima di procedere alla prova vera. 

n. cifre testate Cifre da leggere (due serie)
3 5 8 2 
6 9 4 
4 6 4 3 9
7 2 8 6

5

4 2 7 3 1
7 5 8 3 6
6 6 1 9 4 7 3
3 9 2 4 8 7
7 5 9 1 7 4 2 8
4 1 7 9 3 8 6
8 5 8 1 9 2 6 4 7
3 8 2 9 5 1 7 4

Un' ampiezza di 5 cifre e' da considerarsi normale
(Strub e Black, 1997, Studio Medico, n. 3 1999

CONCENTRAZIONE 

Si invita l' anziano ad alzare la mano ogni volta che riconosce la lettera A in mezzo alle altre scandite al ritmo di una lettera ogni secondo 

L

T

P

E

A

O

A

I

C

T

D

A

L

A

A

A

N

I

A

B

F

S

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M

R

Z

E

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D

P

A

K

L

A

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C

J

T

O

E

A

B

A

A

Z

Y

F

M

U

S

A

H

E

V

A

A

R

A

T

Due o piu' errori di omissione sono indicativi di una compromissione di concentrazione, ed una sola perseveranza (si verifica allorche' il soggetto alza la mano per la lettera immediatamente successiva alla A) di una sofferenza cerebrale organica
(Wechsler, 1968, Studio Medico n. 3 1999)

2) TEST per valutare la depressione dell'anziano 

VERSIONE RIDOTTA A 4 ITEM della Geriatric Depression Scale (Lovestone e Howard, 1997), 
da "Studio Medico n. 3, 1999

Si invita il paziente a rispondere con si/no su come si e' sentito durante l' ultimo periodo:

1) E' sostanzialmente soddisfatto della sua vita?

Si

No

2) La vita le sembra vuota?

Si

No

3) Ha paura che qualcosa di brutto stia per accadere?

Si

No

4)E' di buon umore la maggior parte del tempo?

Si

No

Due o piu' risposte in senso patologico (caselle a sfondo grigio) sono indicative di una sintomatologia depressiva clinicamente rilevante.


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CONGRESSI E CONVEGNI

COMUNICATECI I CONVEGNI CHE ORGANIZZATE O DI CUI VENITE A CONOSCENZA!

Verranno comunicati tramite Pillole e conservati, fino a scadenza, sul Sito Web. Ovviamente non ci assumiamo responsabilita' sulla qualita' dei contenuti ne' dell' organizzazione degli stessi.
Da ciascun titolo, durante il collegamento si accede alla locandina corrispondente. Chi desiderasse ulteriori informazioni (impossibile riportare TUTTO sul web) e' pregato di contattarci.

Le ultime segnalazioni (indice completo sul sito)

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SCRIPTA MANENT

Segnalateci libri,articoli e pubblicazioni scritte dai colleghi o da voi stessi.
Saranno ogni mese graditi ospiti di questa rubrica.

Camillo Vittici, nato a Vestona (Brescia) e residente a Bagnatica (Bergamo), medico di Famiglia e Pediatra, indulge da molti anni alla sua
passione di scrittore. Autore di uno spiritoso libro di "Bufale Mediche" e'
tuttavia anche autore sensibile e pieno di umanita'. Uno dei suoi racconti
brevi e' stato inserito nell' antologia "Medici in Viaggio". Dopo il libro precedentemente recensito, "Buona notte, Gico", siamo lieti di presentare l'ultima fatica letteraria "La cascina delle beatitudini".

La copertina del libro

1)  Sei un medico di famiglia e tutte queste parole, stress, psichiatria, psicologia, psicoanalisi, psicoterapia, psicofarmacologia, ti confondono?
2)  Hai consultato un libro di psichiatria, ma le migliaia di pagine di
fitto testo ti scoraggiano, rimane intonso nella tua libreria?
3)  Nel tuo ambulatorio o a domicilio incontri ogni giorno pazienti coi quali non sai se sarebbe opportuno attuare  qualche intervento psichiatrico?
4)  Cerchi un testo relativamente semplice, ma non sempliciotto, che ti
conduca per mano nell'affrontare i  dubbi e nel fornire, sulla base delle più rigorose conoscenze psichiatriche, un percorso di intervento adatto a un medico non psichiatra?
5)  Insomma vorresti affrontare i disturbi da stress senza l'ulteriore stress dovuto all'incertezza sulla modalità di intervento?
Se hai risposto si a una delle precedenti domande puoi andare nella libreria universitaria della tua città oppure chiedere al tuo rappresentante della SmithKline Beecham per avere una copia del libro
PSICHIATRIA SENZA STRESS. Manuale pratico per l'intervento del medico di famiglia. 
Editeam, Bologna 1998. Autore Casolari Luciano psichiatra  psicoterapeuta operante presso il Servizio di Consulenza
Psichiatrica Psicosomatica di Modena.
Prefazione Andreoli Antonio Psicoanalista, professore di Psichiatria Ginevra (Svizzera).

La copertina del libro

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Pillole di buonumore

Al pronto soccorso di un ospedale si reca un contadino che si è ferito con la mietitrebbia. Il medico di guardia gli fa alcune domande per compilare il foglio di accettazione:
- Allora... mi dica nome e cognome...
- Me chiamo Santino Cocozzi!
- Stato civile?
- E che d'è sto stato civile?
- E' sposato o no?
- Ah... si so' sposato!
- Prole?
- E che vor di'?
Il medico spazientito:
- Insomma ha dei figli?
- Aaaahh si... mo' so' capito: si... UN PROLO E 'NA PROLA!!!

www.barzellette.it di Adriano Altorio


PILLOLE D'ALTRI TEMPI

Il Peccato......Modena 1947

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L'angolo della Posta

Inviateci le vostre lettere con commenti, suggerimenti, segnalazioni e contributi personali. Pubblicheremo ogni mese le più interessanti su questa rubrica.

Fine millennio. Ovvero....ci siamo ancora non temete!

Apprendo con dispiacere che il prossimo anno Pillole non sara' diffuso e che la regolare diffusione riprendera' nel 2001. Questo poiche' purtroppo l'edizione di dicembre e' "l'ultima del millennio". Senza nessuno spirito polemico , con grande stima per il preziosissimo lavoro che fate ti allego alcune riflessioni, incentrate soprattutto sul problema del "terzo millennio", che credo possano essere utili per chiarire un argomento che in questi giorni è particolarmente dibattuto a causa della particolare contingenza storica che ci vede vivere un evento così straordinario. Il calendario cristiano è stato introdotto da Dionigi il Piccolo (o l'Esiguo; lat. Dionysius Exiguus) nel 527 che stabilì di dividere gli anni in prima di Cristo e dopo Cristo attivando in entrambi i sensi un conteggio che parte dall'1.
Ad eccezione degli informatici, tutti cominciamo a contare dal numero 1: le pagine di un libro iniziano dal numero 1 e così dicasi per i numeri civici delle strade, gli studenti nel registro di classe, i giorni del mese. Perché solo gli anni dovrebbero cominciare dallo 0? Per coerenza dovrebbero esistere anche il millennio 0 (saremmo nel millennio 1 pronti a passare al millennio 2), il secolo 0 (staremmo per passare dal secolo 19 al 20) ed il giorno 0 (ogni anno dovrebbe iniziare lo 0 di gennaio). Ma chi è che, al di fuori dei programmatori, contando dice "0, 1, 2..."anzichè"1, 2, 3..."? Tralasciamo queste questioni logiche per passare a quelle storiche. Dionigi propose di numerare gli anni a partire dall'1, oltre che per ragioni di ordine logico anche perché lo 0 proprio non sapeva che cosa fosse. Il concetto di "numero zero" fu introdotto in Europa da Leonardo Fibonacci attorno al 1200. Dionigi fissò la nascita di Cristo "convenzionalmente" alla mezzanotte del 24 dicembre dell'anno 1 a.C. Quindi Cristo è nato "convenzionalmente" prima di Cristo per conservare l'inizio dell'anno all'1 gennaio. Il calendario Giuliano, in vigore prima di quello proposto da Dionigi, contava gli anni dalla fondazione di Roma e partiva dall'anno 1. L'attuale 753 a.C. era l'anno I ab Urbe Conditae non l'anno 0.
Anche Mussolini, che tentò di introdurre un nuovo calendario, definì il 1922 anno I dell'era fascista (I EF) e non l'anno 0. Quando è nato "veramente" Cristo? E' ormai appurato che il nostro Dionigi commise alcuni errori. Secondo alcuni storici ci sarebbe uno scarto di almeno 4 anni. Erode, infatti, morì almeno due anni prima dell'1 a.C. ed alla sua morte Cristo era già nato e poteva avere anche due anni. Secondo i più recenti ed accurati calcoli, riportati nel sito www.cronologia.it, la
nascita di Cristo è da collocarsi nella notte tra il 13 ed il 14 novembre dell'anno 7 a.C. e questo dovrebbe tacitare tutti i partiti, quelli dell'anno 2000e quelli dell'anno 2001. Infatti, se contiamo il tempo dal momento in cui è nato effettivamente Cristo siamo già, e da un pezzo, entrati nel terzo millennio. Queste ed altre informazioni sul calendario cristiano si possono trovare sulle tradizionali pubblicazioni cartacee. Ne cito qualcuna:
Il calendario (V. Cerulli, Milano, 1931)
Computo ecclesiastico, ecc e Calendario perpetuo (S. Franco, Torino, 1931)
I calendari (F. Alvino, Firenze, 1891)
McGraw-Hill Encyclopedia of Science and Technology - Copyright (c) 1960 by
the McGraw-Hill Book Company, Inc.
Vocabolario della lingua italiana (Zingarelli, 1994 ed anni segg.)
Più comodamente si possono cercare informazioni in rete ai seguenti URL:
www.pip.dknet.dk (un ottimo riferimento per chi vuol conoscere come funzionano nei minimi dettagli tutti i calendari, non solo quello cristiano)
www.mille.org (un insieme di FAQ - domande poste frequentemente- su millennio, millenarismi e simili)
www.cronologia.it (il già citato e stupendo sito italiano che presenta anno per anno tutta la storia dell'umanità e naturalmente si sofferma ampiamente sulla nascita di Cristo e sulla questione del millennio)
www.greenwich2000.com
(l'Osservatorio di Greenwich è istituzionalmente il riferimento più importante in fatto di misura del tempo)
www.go2zero.com (un'interessante raccolta di FAQ sull'Anno Zero)
www.timeanddate.com (spiega molto bene, sia pure sinteticamente, la differenza tra terzo millennio ed anno 2000)
www.space.tin.it/televisione/erdonati/2000.html (sito italiano in cui si discute sulle questioni del calendario e del terzo millennio; in esso è ospitato un pregevole intervento del matematico Ennio Peres che ha avuto la pazienza di raccogliere alcune clamorose bufale di personaggi celebri, ma anche autorevoli conferme)
www.annosanto2000.com (il sito ufficiale del Giubileo in cui, consultando l'agenda delle celebrazioni si potrà leggere: 
venerdì 31 dicembre 1999 - Roma - Basilica di S. Pietro - Veglia di preghiera per il passaggio all'anno 2000
 domenica 31dicembre 2000 - Roma - Basilica di S. Pietro - Veglia di preghiera per il passaggio al nuovo millennio.
Mi pare che questo sito abbia voce in capitolo per ciò che attiene alle questioni del calendario cristiano. Inoltre possiamo constatare che, in occasione del passaggio al nuovo millennio, Religione e Scienza vanno perfettamente d'accordo.
Le celebrazioni ufficiali per l'inizio del terzo millennio si svolgeranno a Greenwich sede di uno dei più importanti osservatori astronomici del mondo. Per chiarire le ragioni sul perchè l'Osservatorio di Greenwich rappresenti il punto di riferimento principale per risolvere la questione del terzo millennio riporto alcune considerazioni tratte da un articolo pubblicato su Il Sole-24 Ore, inserto INFORMATICA (Copyright © 1997 Il Sole24 ORE Ricerca e tecnologie, Venerdì, 13 Febbraio 1998 nella rubrica "Leonardo risponde"). L'articolo si intitola "La data d'inizio del III millennio".
"È questa (di far iniziare il terzo millennio l'1/1/2001, n.d.s.) la posizione dell'Information Services Department del Royal Greenwich Observatory, l'ente che da più di un secolo certifica la nascita "ufficiale" di ciascun giorno della Terra. Nell'ottobre del 1884 si riuniva a Washington la Conferenza internazionale sul Meridiano formata da 25 Paesi tra i quali anche l'Italia. L'intento di tale congresso era quello di stabilire per tutte le nazioni partecipanti un unico sistema per considerare il meridiano zero. I meridiani sono quelle linee immaginarie che congiungono i due poli e che sono i punti di riferimento necessari per la determinazione della data e dell'ora locale. All'epoca non era stato deciso quale dovesse essere considerato il primo meridiano: la confusione era tale che esistevano molti meridiani "zero" a
seconda del Paese per i quali passavano. Dopo molte discussioni la conferenza decise che la longitudine di riferimento sarebbe stata quella segnata dalla linea che passava per l'osservatorio di Greenwich, e che i meridiani ad Ovest di tale linea di riferimento sarebbero stati segnati col segno positivo e quelli a Est col segno negativo. Da allora l'osservatorio inglese ha rappresentato un punto di riferimento fondamentale per le questioni riguardanti le date e le misure del tempo. Da questo punto di vista il suo parere è importante per comprendere la questione dell'inizio del nuovo millennio. Ovviamente se il terzo millennio inizia l'1/1/2001, in quella data inizierà anche il XXI secolo. Scherzosamente qualcuno, per far terminare tutte le discussioni, ha proposto di introdurre l'anno 0. In tal modo saremmo tutti d'accordo che il terzo millennio inizierebbe inequivocabilmente l'1/1/2000. Però saremmo anche tutti d'accordo che dovremmo attendere ancora 506 giorni poiché oggi sarebbe il 15 Novembre 1998 e non1999. Dovremmo anche riscrivere tutta la storia: 1491, scoperta dell'America; 1860:unità d'Italia; 1981, Italia campione del mondo di calcio. Ne varrebbe la pena?" 
Ormai è chiaro che ragioni pubblicitarie ed esigenze di marketing hanno deciso, che il passaggio al nuovo millennio si avrà alla fine di quest'anno. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che alcune bottiglie di spumante targate 2000 (trascuro per pudore di citare la marca) arrivano a costare anche 10.000.000, le cene nei ristoranti più famosi degli Stati Uniti anche 30.000.000 a coperto. E' comprensibile che tutti gli stilisti, per cercare di aumentare il loro "saldo globale attivo", nelle sfilate di mode delle ultime settimane, palazzo Pitti, Milano, Roma e Parigi, ci abbiano presentato gli abiti che "dovranno indossare" gli allocchi per la festa che si avvicina. Nessuno di loro poteva rischiare di non gridare mentre lo avrebbero fatto tutti i concorrenti. E questa considerazione vale anche per gli altri prodotti, crociere, orologi, festival vari. Per richiamare l'attenzione del pubblico si grida al terzo millennio. E pensare che, per essere corretti e richiamare ugualmente l'attenzione, sarebbe sufficiente affermare che sta per arrivare l'anno 2000,senza citare il millennio. Le stesse considerazioni valgono anche per tutti i mass-media che hanno sempre fatto le corse per arrivare a dare una notizia per primi, cercando di gridare più forte degli altri per aumentare l'audience, lo share ed a costo di mentire sapendo di mentire. Aggiungiamo la fretta che hanno molti di festeggiare, aggiungiamo il fascino delle quattro cifre che cambiano, il timore che i computer si blocchino, le paure dei millenaristi e tutto sarà ormai chiaro. Scriveva Beppe Severgnini su Il Corriere della Sera di giovedì 21 gennaio 1999, in risposta ad una lettera inviata da una lettrice: Ansiosi di scadenze, anniversari e celebrazioni, [i mass-media] bruciano i tempi senza imbarazzo. Ci si può fare qualcosa? Temo di no. Accadrà quello che è successo con il vocabolo "America" che è diventato sinonimo di Stati Uniti.
Solo che quella è una sineddoche (il tutto per la parte, la parte per il tutto). "1999, ultimo anno del millennio" è invece, come dici tu solo sciatteria. Tra i mass-media occorre, però, salvare la trasmissione Telesogni di RAI3 che nella puntata di mercoledì 17 febbraio ha affrontato la questione dell'inizio del terzo millennio ed anche in quel caso si è fatto riferimento al "Royal Greenwich Observatory" come l'ente che ufficialmente ha risolto la questione. Durante la trasmissione si svolse un sondaggio telefonico che interessò 2000 italiani, al termine del quale risultò che l'84% conosce perfettamente la soluzione del problema e il rimanente 16% è convinto che si debba festeggiare alla fine del corrente anno.
Anche i libri sono classificabili in buoni e cattivi. Su un libro di scienze che ho usato per "apprendere" c'era scritto che l'autunno inizia il 21 settembre. L'insegnante di turno ribadì la cosa ed io, che non sapevo, ci credetti. Poi venni a sapere che la stagione inizia ed è sempre iniziata due giorni dopo, in occasione dell'equinozio d'autunno. E tutti gli anni Maurizio Costanzo, nella foga di gridare più forte degli altri, il 21 settembre, nella puntata del suo show, con molta enfasi ed altrettanta sciatteria ci parla dell'estate che sene va e delle nuova stagione che inizia. Scommetto che lo farà anche quest'anno ricordandoci che è terminata l'ultima estate del millennio ed incomincia l'ultimo autunno. Se lo farà avrà stabilito un record: chi crede che il terzo millennio inizierà l'1/1/2000sbaglia di 366 giorni (il 2000 sarà bisestile), mentre Costanzo sbaglierebbe di 368 giorni. Mi auguro di essere stato esauriente. La necessaria sintesi sulle questioni complesse ed articolate dei calendari, che meriterebbero analisi ben più approfondite, non dovrebbe avere intaccato la correttezza dell'informazione dato che i numerosi riferimenti che ho fornito permettono a chi lo desidera di approfondire ulteriormente le problematiche. 
Un saluto affettuoso
Dr.Oscar Genova

Lettera ai  lettori

Carissimi colleghi,
questa edizione delle Pillole vi giunge con grave ritardo ed in forma bimestrale (dal prossimo mese riprenderà la regolare cadenza) a causa di una non comune quanto nefasta serie di circostanze, che ci hanno impedito di rispettare le normali date di pubblicazione.
Al di là dei problemi personali e lavorativi della Redazione tutta, che hanno comunque avuto un loro peso, il motivo principale è il gravissimo lutto che ha colpito il 1/1/2000 l'amico e collega Maurizio Pino. E' infatti venuto a mancare, colpito da male fatale ed incurabile, all'età di appena 35 anni, il cognato Fulvio Battilomo. Lascia una figlia di appena 8 mesi ed una moglie ovviamente inconsolabile. Non ci sono parole per descrivere il dolore che accompagna simili ed inaspettate tragedie, considerando oltretutto che già pochi anni fa la stessa famiglia aveva dovuto soffrire la improvvisa scomparsa di un'altra sorella in analoghi tempi e circostanze. Contemporaneamente a quel tragico evento era stata fondata e sostenuta anche da Fulvio un'associazione senza scopo di lucro, l'associazione Peter Pan, per il supporto e l'aiuto alle famiglie dei bambini colpiti da tumore. Il modo migliore di essere vicini all'amico Maurizio in queste ore tragiche, e di ricordare il parente e l'amico che fu, e' forse per noi tutti quello di onorare il suo operato e il suo ricordo con un contributo a tale associazione.
Troverete le locandine sia sulla versione pdf che sul sito all'indirizzo: http://utenti.tripod.it/pillole/scriptamanent/fulvio.htm .
Simili avvenimenti non possono che risvegliare, soprattutto in noi medici, una profonda pietà, nell'accezione di pietas ed humanitas latine, ormai troppo spesso dimenticate da questa materialistica e frenetica società, dimenticate a volte persino da noi stessi, tanto tesi verso gloriosi quanto spesso utopistici traguardi, al punto di non avere il tempo per un sorriso per chi ci sta accanto. 
Non ci sono parole abbiamo già detto. Le uniche adeguate che ci sovvengono alla memoria sono una parte del bellissimo Recitativo del compianto De Andrè, che forse molti di voi già conoscono:

Uomini,
perchè all'ultimo minuto
non vi assalga il rimorso, ormai tardivo,
per non aver pietà giammai avuto,
e non diventi rantolo il respiro,
sappiate che la morte vi sorveglia.
Gioir nei prati o fra i muri di calce,
come crescere il gran guarda il villano
finchè non sia maturo per la falce.

La redazione

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In memoria di

Fulvio Battilomo