Processo alla malasanita': assolti i medici, troppe le accuse pretestuose
Un accusatore implacabile, anche se equilibrato (Piero Marrazzo, del Tg3); un difensore vigoroso e appassionato (Luciano Onder, Tg2); testimoni autorevoli (giornalisti e medici); autentici magistrati a comporre la Corte: si e' svolto, organizzato dal Prof. Rocco Bellantone, del Policlinico Gemelli, nella splendida cornice della Protomoteca Capitolina di Roma, il primo processo pubblico alla Malasanita'.
Si e' cominciato con un caso reale: una paziente, nel corso di un intervento di asportazione di un nodulo tiroideo benigno, veniva riconosciuta invece affetta da malattia neoplastica. Il chirurgo modificava l' intervento in corso effettuando una tiroidectomia totale allargata, nel corso della quale veniva pero' leso uno dei nervi deputati alla fonazione, con postumi permanenti a carico del linguaggio.
Questi postumi rappresentano elementi di colpa professionale? E il chirurgo si e' comportato correttamente cambiando tipologia di intervento senza chiedere preventivamente il consenso della paziente?
Di fronte ad una Corte composta di autentici magistrati, i periti si sono dati battaglia sostenendo, come sovente accade, tesi diametralmente opposte.
Il PM, ritenendo fondate le accuse, soprattutto sotto l' aspetto del mancato consenso, chiedeva la condanna del chirurgo a dieci mesi di reclusione per lesioni personali gravissime.
La difesa sosteneva la "causa di necessita'", che obbligava il medico ad agire tempestivamente e decisamente nell' interesse dell' assistito.
Il chirurgo veniva assolto con formula ampia; in sede di discussione, pero', si evidenziava come fosse necessario integrare e specificare meglio le informative dirette ai pazienti, specificando anche le possibili complicazioni che si possano verificare in corso di intervento; si faceva capire implicitamente che, qualora la complicazione chirurgica si fosse verificata in circostanze non urgenti, il consenso routinario e generico ottenuto preventivamente non sarebbe stato ritenuto valido.

La seconda parte e' stato invece un "Processo alla Malasanita'" intesa in modo generico: i "cattivi comportamenti" in ambito sanitario, senza riferimenti a fatti specifici.
Il processo, che avrebbe dovuto interessare soprattutto la categoria medica, si e' invece progressivamente allargato andando a coinvolgere altre categorie, soprattutto quelle deputate all' informazione, accusate di enfatizzare troppo la cosiddetta malasanita', e di creare attese miracolistiche nella popolazione. L' antitesi tra notizie enfatizzanti sui progressi della medicina e quelle desolanti sui singoli episodi di malasanita' finiscono per creare l' immagine di una medicina che puo' risolvere tutto e di medici incapaci che ne vanificano la potenzialita'.
Sbattere il mostro in prima pagina, hanno ammesso i giornalisti chiamati a testimoniare, e' un malcostume che persiste perche' le notizie che riguardano la salute sono quelle che
vengono piu' lette, e aumentano le tirature; le responsabilita' tuttavia vanno divise tra i pazienti (spesso mossi unicamente da motivi di lucro), medici "autopromozionali" (che enfatizzano pubblicamente oltre misurai propri settori professionali), medici-legali incompetenti o scorretti (pronti a sostenere accuse infondate per motivi di lucro), giornalisti (sempre in cerca di notizie sensazionali).
L' accusa, molto equilibratamente, ha sottolineato la correita' delle diverse categorie, sostenendo la necessita' di una revisione profonda del sistema.
La difesa ha avuto buon gioco evidenziando come, malgrado tutte le critiche, il nostro SSN, fondato su base solidaristica, tuteli universalmente la salute, contribuendo all' allungamento della vita media e impiegando, contemporaneamente, risorse molto inferiori a quelle delle altre nazioni industrializzate. Ha fatto sensazione il fatto che la spesa farmaceutica pro-capite italiana sia inferiore a quella di tutti gli altri paesi europei: ma allora, perche' perdura l' immagine dell' italiano iperconsumatore di farmaci?

Sono stati sottoposti al fuoco incrociato delle domande della giuria testimoni come Mario Falconi e Angelo Fiori. Interveniva Daniele Zamperini a sottolinerare come il rischio "burocratico" incombesse ormai molto piu’ di quello "clinico".

Dopo una lunga camera di consiglio, la Corte decideva di non aver sufficienti elementi per emettere una sentenza, e fissava una nuova udienza per aggiornarsi. L' udienza, visti i tempi medi della giustizia italiana, veniva fissata per il 2104.
Daniele Zamperini