PILLOLE DI MEDICINA TELEMATICA Gennaio 1999
Suggerimenti per il Medico di Medicina Generale
a cura di Daniele Zamperini md8708@mclink.it
e Amedeo Schipani mc4730@mclink.it
SIMG-Roma

IL GINOCCHIO BIONICO
Una delle ultime novità nel campo delle protesi a carico degli arti inferiori è costituito dal nuovo ginocchio bionico, completamente controllato elettronicamente. Utilizza le informazioni sul terreno elaborate da alcuni sensori ed elaborate da un processore, governando il movimento del ginocchio (completato da un piede in fibra di carbonio). Il sofisticato software permette di camminare senza dover fare attenzione al movimento, e raggiungendo la velocità di 8 km/ora. È noto che il passo normale raggiunge i 4-5 km/ora. I materiali sono pure estremamente sofisticati, di durata “quasi eterna” e senza rischi di rottura. Secondo gli esperti un piede in fibra di carbonio può costare da 3,5 a 8 milioni, e con i migliori è possibile giocare a pallavolo e pallacanestro con la stessa funzionalità del piede naturale. Per i subacquei sono state messe a punto protesi ad hoc, che consentono di muovere le caviglie anche indossando le pinne. Queste protesi sono rinvenibili anche in Italia.
(Qualità della vita, n. 49, 1998)

SCOPERTO IL GENE DELLA SINDROME DI LEIGH
I risultati di una ricerca italiana sul gene della Sindrome di LEIGH sono stati pubblicati su numero di dicembre dell'American Journal of Human Genetics. Si tratta di una gravissima malattia ereditaria che provoca, nei bambini che ne sono colpiti, incoordinazione motoria, paralisi dei muscoli oculari, difficoltà ad alimentarsi, ritardo di sviluppo, spesso la morte nel giro di pochi anni. La malattia è causata da alterazioni mitocondriali, di cui era però ignota l'origine. Utilizzando una nuova tecnica consistente nel trasferimento di singoli cromosomi in cellule dei pazienti, i ricercatori hanno documentato un'alterazione del gene Surf-1 posto sul cromosoma 9. Sembra probabile che questo gene collabori al corretto assemblaggio dell'enzima citocromo-ossidasi, da tempo sospettato di partecipare alla patogenesi della malattia.
(Qualità della vita,n.49, 1998)

UN ANTIEPILETTICO PER IL TABAGISMO
È stato anticipato su Scienze uno studio americano che ha testato la vigabatrina su topi e babbuini, evidenziandone l'efficacia negli stati di dipendenza da nicotina. Infatti la vigabatrina è un inibitore della produzione di dopamina, ed è stato dimostrato che i processi di dipendenza e di bisogno legati all'assunzione di alcune sostanze sono associati proprio ad un aumento del tasso di dopamina in alcune aree cerebrali. Tale evento è stato evidenziato in modo particolare per nicotina e cocaina (accostamento non proprio consolante, per i fumatori). Secondo i ricercatori USA un'iniezione di vigabatrina 2 ore e mezzo prima di una somministrazione di nicotina blocca completamente, negli animali, l'aumento di dopamina intracerebrale. A questo consegue un radicale cambiamento nelle abitudini di tali animali: non manifestano più il bisogno di nicotina perdendo interesse per l'assunzione di tale sostanza. Effetti simili erano stati riscontrati in rapporto all'assunzione di cocaina. Gli effetti sull'uomo non sono stati ancora dimostrati. Le dosi efficaci a scopo disintossicante sembrano essere inferiori a quelle necessarie per il trattamento dell'epilessia, e questo è importante dati gli effetti secondari del farmaco che ne hanno impedito, finora, la registrazione negli USA.
(Qualità della vita, n.49, 1998)

CONTRO LA DISOCCUPAZIONE MEDICA: PRIMO ESAME MOC A 20-30 ANNI !
Ad un convegno tenutosi al CNR nel novembre 1998 il Presidente dell'Associazione Italiana per La Lotta all'Artrosi e all'Osteoporosi, ortopedico, ha sostenuto la necessità di effettuare una mineralometria ossea già all'età di 20-30 anni “È necessaria per conoscere l'entità del patrimonio osseo, individuare o prevenire la patologia e programmare un intervento precoce”. Questo perché l'osteoporosi (malattia che interessa 18.000 casi di invalidità l'anno, può colpire anche soggetti giovani, fra cui soprattutto i soggetti con problemi di anoressia). L'ipotesi di screening femminile in età precoce ha avuto importanti sostenitori universitari; per la fascia di soggetti anziani invece è in via di organizzazione, da parte della stessa associazione, uno screening di massa da effettuarsi nei centri anziani, con lo scopo di valutare la densità ossea di 100 persone al giorno, diminuendo così il rischio di fratture all'anca, che vengono a costare allo Stato circa 15 milioni di lire l'una.
(Commento personale: No comment!)
(Qualità della vita, n.47, 1998)

PROGRESSI NELLA TERAPIA DELL'IPERTENSIONE
L'anno trascorso ha visto un turbinio di pubblicazioni di trials clinici su larga scala che possono avere un grosso impatto sul trattamento dei pazienti ipertesi. La maggior parte di questi lavori è apparsa dopo la pubblicazione avvenuta a novembre '97 del VI Report of the Joint National Committee (JNC VI) [1], e in genere supportano le raccomandazioni di quest'ultimo.
Trattamento non farmacologico dell'ipertensione. Il JNC VI ha prestato molta più attenzione dei reports precedenti della JNC alla terapia non farmacologica dell'ipertensione, in particolare alla dieta del Dietary Approaches to Stop Hypertension (DASH) [2].Le raccomandazioni tradizionali per controllare la pressione sanguigna con mezzi dietetici sono: ridurre il sale e perdere peso. Tuttavia, i vegetariani hanno generalmente una pressione bassa, e c'è qualche evidenza, quantunque inconsistente, che anche l'integrazione della dieta con potassio, calcio e magnesio può avere effetti benefici sulla pressione. Lo studio DASH ha dimostrato che una dieta ricca in frutta e verdura, e in cui i grassi saturi erano stato sostituiti da prodotti caseari a basso contenuto di grassi, aveva provocato una riduzione pressoria maggiore rispetto agli interventi nella gran parte degli altri studi dietetici. La dieta DASH ha un alto contenuto di potassio calcio e magnesio, ma non è bassa in sodio. A parte l'inclusione di prodotti caseari a basso contenuto di grassi, la dieta DASH somiglia alla dieta Mediterranea, che è stata convalidata come dieta ideale per la salute generale. Particolarmente stimolante è il fatto che la dieta DASH può avere benefici che vanno al di là dell'abbassamento della pressione arteriosa. I benefici sulla salute della dieta mediterranea sono stati testati in un solo studio sperimentale umano, il Lyon Diet Heart Study, che ha dimostrato che le morti sia per malattie cardiovascolari sia per cancro sono ridotte in soggetti che consumano una dieta mediterranea [3,4]. Prove indirette aggiuntive di effetti benefici con la dieta DASH al di là della riduzione pressoria provengono da uno studio prospettico sulla relazione tra consumo di minerali con la dieta e stroke, effettuato su 43.738 persone partecipanti allo Health Professionals Follow-up Study [5]. Il consumo di potassio, magnesio e fibre (ma non di sodio o calcio) è stato inversamente associato al rischio di stroke in un periodo di follow-up di 8 anni. La dieta DASH ha lo stesso contenuto di potassio magnesio e fibre del quintile più alto dei consumi riportati nello Health Professionals Study.
Un altro importante studio di terapia non farmacologica dell'ipertensione è stato il Trial of Nonpharmacological Interventions in the Elderly (TONE) [6]. La maggior parte degli studi sugli effetti della restrizione salina e della perdita di peso sulla pressione arteriosa sono stati condotti in soggetti di mezz'età, sebbene ci siano prove che le persone più anziane possono essere sensibili al sale. TONE ha dimostrato che una moderata restrizione salina e un moderato calo ponderale consentono a un discreto numero di anziani ipertesi di sospendere i farmaci antiipertensivi.
I nuovi farmaci antiipertensivi sono migliori di beta-bloccanti e diuretici? Sebbene beta-bloccanti e diuretici siano ancora raccomandati come farmaci di prima scelta per l'ipertensione, farmaci più nuovi come gli ACE-inibitori e i calcioantagonisti stanno diventando sempre più popolari e rappresentano il 55% delle prescrizioni di antiipertensivi negli USA. Il razionale è che essi sono più efficaci e meglio tollerati; ma è vero? Uno studio tedesco chiamato HANE (dalle iniziali dei 4 farmaci che furono somministrati ai pazienti in modo random – Hydrochlorothiazide, Atenolol, Nitrendipine, Enalapril) non ha fornito nessuna prova di miglior controllo della pressione o di minori effetti collaterali con i nuovi farmaci [7]. Sia l'idroclorotiazide che la nitrendipina hanno funzionato meglio nei pazienti anziani che nei giovani. Questo studio convalida l'idea che il successo di farmaci più recenti quali ACE-inibitori e calcioantagonisti sia il risultato di un efficace marketing da parte delle compagnie farmaceutiche più che di qualche dimostrazione scientifica della loro superiorità. Altre conclusioni dello studio sono che nessun farmaco funziona bene in ogni persona e che predire le risposte individuali è veramente difficile. Il grande problema, naturalmente, è se i farmaci più recenti siano più (o meno) efficaci nel prevenire eventi morbosi cardiovascolari rispetto a beta-bloccanti e diuretici. Diversi grandi studi clinici sono in corso per rispondere a ciò, e i primi risultati sono stati annunciati al meeting annuale della International Society of Hypertension ad Amsterdam, in Olanda., in giugno 1998 [8]. Il Captopril Prevention Project è stato fatto in Svezia e Finlandia. Un totale di 5400 pazienti con ipertensione sono stati trattati o con captopril o con la terapia convenzionale basata su beta-bloccanti e diuretici. Dopo cinque anni di trattamento il numero di strokes e di attacchi cardiaci è stato lo stesso in entrambi i gruppi: il captopril si è dimostrato efficace quanto beta-bloccanti e diuretici, ma non migliore, né peggiore.
Farmaci antiipertensivi e cancro. La possibilità che farmaci antiipertensivi influenzino il cancro è stata avanzata alcuni anni fa, quando si disse che i pazienti che assumevano calcioantagonisti potevano essere a maggior rischio di sviluppare un cancro [9]. Questa ipotesi è stata ora confutata in modo convincente da un'analisi del database della Hypertension Clinic di Glasgow, che ha tenuto registrazioni dettagliate delle terapie e delle cause di morte dei suoi pazienti nei passati 20 anni [10]. Il rischio relativo di cancro per 2297 pazienti ai quali era stato prescritto un calcioantagonista non è stato maggiore di quello di 2910 pazienti ai quali erano stati prescritti altri farmaci antiipertensivi [11]. I risultati di una nuova analisi sono stati annunciati al meeting della International Society of Hypertension ad Amsterdam in giugno 1998 [10]. Il rischio di sviluppare cancro era del 25% inferiore in 1559 pazienti ai quali era stato dato un ACE-inibitore rispetto a 3648 altri pazienti che erano stati trattati con altri farmaci antiipertensivi. Pazienti che erano stati trattati con un ACE-inibitore per più di 3 anni erano a rischio ancora più basso. Il numero di casi di cancro nei pazienti trattati con altri farmaci era esattamente lo stesso che nella popolazione generale. Poiché questa era un'analisi retrospettiva, i risultati non provano che gli ACE-inibitori proteggono contro il cancro, ma certamente ne prospettano la possibilità.
Come dovrebbe essere trattata l'ipertensione negli anziani? Sebbene beta-bloccanti e diuretici siano stati diffusamente considerati farmaci di prima scelta per l'ipertensione, il JNC VI non raccomanda più i beta-bloccanti per le persone anziane. Una recente analisi di Messerli et al [12] avvalora questa opinione. Essi hanno analizzato tutti i trials clinici che hanno confrontato l'efficacia di beta-bloccanti e diuretici nel prevenire strokes e attacchi cardiaci in soggetti ipertesi di età superiore a 60 anni. I 10 studi analizzati comprendevano 16.164 pazienti. I diuretici sono stati più efficaci nel controllare la pressione: due terzi dei pazienti avevano avuto una normalizzazione dei valori pressori coi diuretici da soli, mentre solo un terzo veniva controllato dai beta-bloccanti da soli. La mortalità per tutte le cause veniva ridotta dai diuretici (del 14%), mentre i beta-bloccanti erano inefficaci in questo senso. I diuretici riducevano la probabilità di avere uno stroke del 39% e i beta-bloccanti del 26%; i diuretici riducevano gli attacchi cardiaci del 26%, i beta-bloccanti erano inefficaci. Per i pazienti che erano trattati con una combinazione dei due farmaci, la riduzione di strokes e attacchi cardiaci era intermedia – non buona come con i diuretici da soli, ma meglio che con i beta-bloccanti da soli.
Ci sono state anche ulteriori pubblicazioni dal Systolic Hypertension in the Elderly Program (SHEP), che per primo ha stabilito i benefici del trattamento diuretico negli anziani [13,14]. Uno studio ha dimostrato che la riduzione della morbilità è attualmente maggiore in pazienti iperazotemici [creatinina non superiore a 212 micromol/L (2.4 mg/dl)] rispetto a quelli con normale funzione renale [13]. Anche un altro sottogruppo di pazienti ad alto rischio nello SHEP, quelli con diabete, dimostrò un aumento di beneficio con la terapia diuretica [14]. Lo Health Professionals Follow-up Study ha trovato che pazienti ipertesi che assumevano supplementi di potassio erano a minor rischio per stroke rispetto a quelli che non ne assumevano, suggerendo così che supplementi di potassio dovrebbero essere usati liberamente in pazienti che prendono diuretici [5].
Una delle raccomandazioni più controverse nel JNC VI riguardava l'uso dei calcioantagonisti negli anziani. Ciò si basava sui risultati del Systolic Hypertension in Europe study, in cui il trattamento attivo era confrontato con placebo [15]. Il trattamento attivo era basato sulla nitrendipina, un calcioantagonista diidropiridinico non disponibile negli USA. Altri farmaci erano aggiunti secondo necessità. Le morti per malattie cardiovascolari erano state ridotte del 27% come risultato della terapia. Il numero di strokes era stato ridotto del 34%, e il numero di eventi cardiovascolari del 31%. Non c'erano evidenze di effetti contrari. Una seconda pubblicazione ha riscontrato che il trattamento dimezza l'incidenza della demenza [16].
Come dovrebbero essere trattati i pazienti ipertesi con diabete di tipo 2? Due delle raccomandazioni fatte dal JNC VI per il trattamento dei pazienti ipertesi diabetici erano che a) in pazienti con evidenza di malattia renale dovrebbero essere usati gli ACE-inibitori, e b) il controllo della pressione dovrebbe essere più aggressivo che in pazienti non diabetici (con l'obiettivo di una pressione <130/85 mmHg). Diversi studi da allora hanno confermato entrambe queste raccomandazioni, come descritto sotto.
Una scoperta inattesa del Captopril Prevention Project era stata che pazienti trattati con captopril erano meno soggetti a sviluppare diabete rispetto a quelli che non ricevevano questo farmaco [8]. In aggiunta, il captopril era superiore nella prevenzione di strokes e attacchi cardiaci nei pazienti affetti da diabete all'inizio dello studio. Un altro studio che avvalora questa conclusione è lo Appropriate Blood Pressure Control in Diabetes trial, che aveva tra i suoi obiettivi quello di confrontare l'efficacia di un calcioantagonista long-acting (nisoldipina) con un ACE-inibitore (enalapril) nel ritardare le complicanze del diabete [17]. Il risultato principale fu che la frequenza di attacchi cardiaci in 5 anni fu significativamente più bassa nei pazienti trattati con enalapril che in quelli trattati con nisoldipina. Questi risultati confermano quelli del Fosinopril and Amlodipine Cardiac Events Trial in cui la frequenza di eventi cardiaci era stata all'incirca doppia nel gruppo trattato col calcioantagonista rispetto al gruppo trattato con ACE-inibitore [18]. In contrasto, Lo United Kingdom Prospective Diabeste Study (UKPDS) non ha trovato differenze nel tasso di complicanze diabetiche e cardiovascolari in pazienti trattati con captopril o con atenololo [19].
Quanto dovrebbe essere bassa la pressione arteriosa? Il livello a cui dovrebbe essere abbassata la pressione arteriosa è stato materia di controversia, perché alcuni studi hanno suggerito che l'eccessiva riduzione (<87 mmHg) potrebbe aumentare il rischio di infarto miocardico, un fenomeno riportato come la curva J. Adesso abbiamo una risposta, fornita dal più grosso trial sul trattamento dell'ipertensione mai completato, lo Hypertension Optimal Treatment (HOT) study [20]. Diciannovemila pazienti ipertesi sono stati trattati con una combinazione di farmaci per abbassare la pressione diastolica ad 1 di 3 livelli: da 85 a 90 mmHg, da 80 a 85 mmHg, o meno di 80 mmHg. La conclusione principale dello studio è stata che la pressione ottimale è 238/83 mmHg. L'abbassamento della pressione arteriosa fino a questo livello era associato con una riduzione del rischio, ma una riduzione ulteriore non aveva effetti aggiuntivi. Quindi, non c'era la conferma dell'ipotesi della curva J.
I dati sul controllo pressorio nei diabetici di tipo 2 vengono da due studi. Lo studio HOT ha esaminato un sottogruppo di pazienti diabetici ed ha riscontrato che, in contrasto con i pazienti non diabetici, la frequenza di eventi era più bassa nel gruppo con le più basse pressioni trattate. Nel UKPDS, 1148 pazienti con diabete di tipo 2 sono stati randomizzati per un controllo della pressione “morbido” oppure “stretto” [21]. Alla fine di un follow-up di 9 anni, la pressione arteriosa nel gruppo a controllo “stretto” era di 144/82 mmHg e nel gruppo “morbido” era di 154/87 mmHg. Il controllo “stretto” della pressione ha ridotto l'incidenza complessiva delle complicanze sia diabetiche che cardiovascolari. Sebbene questi due studi avessero obiettivi molto diversi riguardo la pressione arteriosa, entrambi confermano le raccomandazioni del JNC VI per un trattamento aggressivo dell'ipertensione nei pazienti diabetici.
Bibliografia
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 21.  UK prospective Diabetes Study Group. Tight blood pressure control and risk of macrovascular and microvascular complications in type 2 diabetes: UKPDS 38. BMJ. 1998: 317: 703-713.
(JAMA, 13.1.99)

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