Omissione di atti d' ufficio: i parametri della Cassazione per il medico pubblico (sentenza Corte di cassazione 10 ottobre 2000 n. 10538.)

"Ai fini della sussistenza del rifiuto di atti d'ufficio (articolo 328, comma 1, del codice penale) non è necessaria la presenza di una esplicita richiesta d'intervento o di una sollecitazione esterna: è sufficiente la sopravvenienza di uno dei presupposti che richiedono l'intervento del pubblico ufficiale".

I FATTI:

Un medico, in servizio di reperibilità presso il reparto di ostetricia e ginecologia di una struttura sanitaria pubblica, nonostante fosse stato ripetutamente sollecitato in tal senso dall'ostetrica di turno, aveva omesso di recarsi prontamente presso il reparto per visitare e soccorrere una paziente in stato di gravidanza, ricoverata in via di urgenza per minaccia di aborto.

Situazioni simili, inerenti il reato di rifiuto di atti d'ufficio, hanno avuto, in passato, difformi interpretazioni giurisprudenziali, per cui la Corte ha ritenuto di dover portare dei chiarimenti.

La prima questione riguardava il significato da attribuire al termine "rifiuto": se cioè questo possa essere ravvisato solo in conseguenza di un'esplicita richiesta di intervento ovvero se sia sufficiente un "oggettivo" dovere di intervento, anche senza richiesta o sollecitazione esplicita.
La Corte di cassazione ha adottato questa seconda interpretazione: anche se il termine "rifiuto", utilizzato nel comma 1 dell'articolo 328 del codice penale, sembrerebbe implicare un atteggiamento di diniego a una richiesta di adempimento rimasta insoddisfatta, il rilievo dato dalla norma all'oggettiva impellenza di determinati interventi ("indebitamente rifiuta un atto... che deve essere compiuto senza ritardo") induce a credere che la sollecitazione stessa possa essere costituita, anche in mancanza di richiesta esplicita, dall'evidente sopravvenienza di situazioni che richiedano oggettivamente un intervento.
In questo senso di fronte di un'urgenza oggettiva, l'inerzia omissiva del medico viene ad assumere valenza di rifiuto da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio.

Il rifiuto preso in considerazione dall'articolo 328 del Cp non è, quindi, necessariamente correlato a una previa richiesta, ma è da intendere quale atteggiamento, anche implicito, di negazione consapevole.


L'altra questione, riguarda il fatto che "rifiuto" riguardi un "atto dovuto", in considerazione dell' ampia discrezionalita' riconosciuta in materia sanitaria.

Infatti il rifiuto di un intervento non comporta automaticamente il compimento del reato, in quanto il sanitario dispone di una possibilita' di valutazione discrezionale in ordine alla fattibilità dell'intervento.

Inoltre occorre valutare se il rifiuto sia dipeso da colpa professionale (errore diagnostico) in quanto proprio tale errore di giudizio, se accertato, implica il venir meno del dolo richiesto per il reato di rifiuto di atti d'ufficio.

Questo "rifiuto", perche' sanzionabile, deve essere "illegittimo", sotto l' aspetto oggettivo della doverosità e indifferibilità della prestazione rifiutata e, sotto il profilo soggettivo, all'accertata consapevolezza del soggetto di rifiutare un atto del proprio ufficio violando una norma comportamentale imperativa, di rango costituzionale e comunque primario.

La valutazione della doverosità dell'intervento va effettuata, senza trascurare la peculiarità del singolo caso, in base alle indicazioni ricavabili dalla normativa relativa (per il medico in servizio di reperibilità:'art. 25 del DPR 25 giugno 1983 n. 348; per il medico di guardia: art. 13 del DPR 25 gennaio 1991 n. 41), e dai criteri generali della condotta medica.

La Cassazione, in definitiva, non ha voluto sanzionare nel merito una scelta terapeutica, bensì il comportamento omissivo del medico che, benché in servizio di reperibilità e benché sollecitato telefonicamente da altra operatrice sanitaria, aveva scientemente omesso (cioè rifiutato) di compiere quanto impostogli dal suo ufficio: cioè recarsi nel reparto e visitare la donna.

Non e' facile, per il Medico, poter valutare preventivamente la liceita' (o meno) di un suo comportamento, stante le pronunce non sempre concordanti della giurisprudenza.

E' bene comunque riassumere brevemente alcuni concetti.

Il medico deve rispettare due serie di obblighi:

Non e' possibile fornire direttive precise, vista anche l' ampia discrezionalita', in materia, dei singoli magistrati. E' solo consigliabile evitare il piu' possibile, qualora si rivestano certi ruoli, contenziosi e liti con gli assistiti.

Altre sentenze in materia:

- Cassazione, sezione VI penale, 21 giugno 1999 e 2 maggio 1995, entrambe relative a un medico di guardia che aveva omesso di intervenire personalmente presso il domicilio di un paziente in gravi condizioni.

- Cassazione sezione VI penale, 26 aprile 1996, relativa a un medico in servizio di reperibilità, che aveva omesso di recarsi a prestare la propria opera sebbene sollecitata per la ritenuta necessità di un intervento.

Daniele Zamperini, O.M. Roma 19738

Specialista in Medicina Legale, Igiene e Med. Preventiva, Ematologia.

(pubblicato con modifiche su Corriere Medico 19/2/04)