Il maltrattamento sul lavoro è come in famiglia. La convivenza sul luogo di lavoro è equiparabile a quella familiare

Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, sentenza n. 10090/2001

La convivenza sul luogo di lavoro e’ equiparabile a quella familiare Il maltrattamento sul lavoro e’ quindi da considerare equiparabile a quello in famiglia previsto dall’art. 572 C. P. (Cassazione 10090/2001).

Percio’ il datore di lavoro che maltratta un dipendente con minacce, insulti e violenze fisiche e morali, sottoponendolo a massacranti turni lavorativi, e’ responsabile del reato di maltrattamenti in famiglia.

Tale principio e’ stato affermato dalla Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, che ha confermato le condanne per maltrattamenti e violenza privata inflitte ai responsabili di una ditta di vendite porta a porta che avevano sottoposto i giovani addetti alle vendite ad ogni serie di vessazioni e maltrattamenti.

Gli imputati si erano difesi (invano) sostenendo che il rapporto di lavoro non e’ assimilabile al rapporto familiare, ma la Cassazione ha ricordato che la norma prevede altresi’ le ipotesi di chi commette maltrattamenti in danno di persona sottoposta alla sua autorita’, o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, per l’esercizio di una professione o di un’arte. In questo modo viene estesa l' applicabilita’ del reato di maltrattamenti in famiglia anche alle persone conviventi o sottoposte all'altrui autorita’.

Nel caso in esame, rileva la Suprema Corte, non vi e’ dubbio che il rapporto intersoggettivo che si instaura tra datore di lavoro e lavoratore subordinato, essendo caratterizzato dal potere direttivo e disciplinare che la legge attribuisce al datore di lavoro nei confronti del lavoratore dipendente, pone quest’ultimo nella condizione, specificamente prevista dalla norma penale, di persona sottoposta alla sua autorita’. Tale circostanza, sussistendo gli altri elementi previsti dalla legge, permette di configurare a carico del datore di lavoro il reato di maltrattamenti in danno dal lavoratore dipendente; inoltre, nel caso specifico, il rapporto interpersonale che legava l'autore del reato alle vittime era particolarmente intenso, a causa delle modalita’ effettive con cui si svolgeva la loro attivita’ : infatti tra datore di lavoro e dipendente si realizzava un’assidua comunanza di vita caratterizzata, nel corso delle lunghe trasferte, dall’ effettuare viaggi su un unico pulmino, consumare insieme i pasti e alloggiare nello stesso albergo.