Marzo 2000

PILLOLE

DI MEDICINA TELEMATICA

Patrocinate da 

SIMG Roma

Aggiornamento e varie attualita' a cura di:

Daniele Zamperini md8708@mclink.it, Amedeo Schipani mc4730@mclink.it,
Massimo Angeloni mc1448@mclink.it e Maurizio Pino mpino@itelcad.it
"GEMELLATA" con Med-News di Enzo Brizio (ebrizio@bigfoot.com)

Il file, su semplice comunicazione ad uno dei redattori, viene inviato gratuitamente a chiunque ne faccia richiesta. Si consiglia caldamente l' iscrizione alla lista gemella, specializzata in garndi trials internazionali.
L' archivio dei numeri precedenti di Pillole e' consultabile su: http://utenti.tripod.it/zamperini/pillole.htm
(Visitate anche le altre pagine, sono ricche di informazioni!)


INDICE GENERALE

PILLOLE

- PRESCRIZIONI ED EQUIVOCI TRA PAZIENTE E MEDICO IN MEDICINA GENERALE
- ABUSI ALL' INFANZIA: DALLA SEGNALAZIONE ALL' INTERVENTO
- BUGIARDI MIGLIORI DI QUANTO SEMBRI (quando il linguaggio del corpo mente)
- GENETICA DELL' OBESITA'
- HCV: NON SOLO FEGATO (le malattie correlate all' epatite C)
- SULL’EZIOPATOGENESI DELL’ATOPIA E DELL’ASMA ALLERGICO
- AMIODARONE E TIROIDE

MINIPILLOLE

- Anomalie neuropsichiche nel calciatore dilettante
- Adenoidectomia e tonsillectomia nell’otite media ricorrente
- Ceppi non patogeni di E. Coli nella terapia della colite ulcerosa
- Due farmaci meglio di uno nell' epatite C
- La nevirapina, economica ed efficace  nella prevenzione del contagio neonatale da HIV
- Protezione solare quotidiana e beta-carotene nei carcinomi cutanei

APPROFONDIMENTI

- ANALISI ED ERRORI NEGLI ACCERTAMENTI DI LABORATORIO PIU' COMUNI

NORMATIVA

- Un pericolosissimo decreto-legge sul riconoscimento del danno alla persona per le lesioni di lieve entità

UTILITA'
Elenco (indicativo) dei prodotti e delle sostanze potenzialmente dannosi nei soggetti affetti da Favismo (deficit di 6GPHD).

CURIOSITA' MEDICHE
La strana storia di Esculapio e del suo serpente (di Franco Petrella)

Convegni e Congressi
(locandina linkabile cliccando i titoli durante il collegamento)

-Aspetti Giuridici e Medico-Legali del diritto alla salute e del diritto alla vita, Vasto (Ch) 28-29 aprile 2000
-Corso di aggiornamento in andrologia clinica (Firenze 22-27 maggio 2000
-Diabete, Epidemiologia e Informatica, Villasimius (Cagliari) 1-3 giugno 2000
-La valutazione dell' invalidita'  da patologia oncologica (6-8 aprile 2000)
-Decimo Congresso Nazionale Societa' di Medicina Interna, Torino, 18-22 novembre 2000
-La Medicina Necroscopica oggi: aspetti pratico-applicativi, Alghero, 27-29 aprile 2000
-XXIII Giornate Endocrinologiche Pisane, Pisa, 28-30 giugno 2000


PILLOLE

PRESCRIZIONI ED EQUIVOCI IN MEDICINA GENERALE
Q
uesto studio qualitativo è stato fatto per identificare e descrivere gli equivoci che insorgono tra pazienti e medici in relazione alle decisioni prescrittive in medicina generale, in particolare quelli che sono suscettibili di provocare o provocano realmente conseguenze sfavorevoli per l’assunzione di farmaci. Hanno partecipato allo studio 20 medici, di venti general practices inglesi delle West Midlands e del south east England, e 35 pazienti ambulatoriali.
Gli equivoci in relazione alle prescrizioni sono elencati nella tabella che segue, divisi per categorie.

Informazioni sul paziente sconosciute al medico
1. 
Il paziente non riferisce fatti rilevanti nell’anamnesi: per esempio, precedenti effetti collaterali, supponendo erroneamente che il medico ne sia consapevole
2. Medico non a conoscenza delle opinioni del paziente sui farmaci o delle sue preoccupazioni riguardo ai sintomi o la terapia: per esempio, l’utilizzo ripetuto di penicillina e la conseguente "immunità" agli antibiotici
3. Medico con percezione sbagliata di ciò che il paziente vuole: per esempio, presuppone che il paziente voglia una prescrizione quando non la vuole e viceversa
4. Medico non a conoscenza dell’uso da parte del paziente di farmaci alternativi o da banco, sia per omessa indagine sia per occultamento attivo
5. Medico inconsapevole del fatto che il paziente ha modificato la dose o è confuso sul dosaggio: per esempio, il medico ignora che il paziente riduce regolarmente la dose
Conoscenze del medico ignote al paziente
6. 
Il paziente non capisce l’azione del farmaco: per esempio, pensa che uno steroide per via inalatoria prevenga la bronchite
7. Il paziente che ignora la dose corretta: per esempio, il medico dice al paziente di ridurre la dose di lassativi, ma il paziente sembra inconsapevole di ciò
8. Il paziente vuole informazioni e il medico non capisce ciò, o ritiene che il paziente non abbia bisogno di conoscere o non voglia capire: per esempio, il paziente vuole informazioni sui rischi e benefici di un intervento chirurgico al naso che gli è stato proposto, ma invece riceve due prescrizioni per un raffreddore
Fornitura di informazioni conflittuali
9. Paziente confuso da consigli conflittuali provenienti dal medico e da altre fonti di informazioni: per esempio, il medico generale e il medico dell’ospedale danno consigli differenti riguardo al dosaggio
Disaccordo sull’attribuzione degli effetti collaterali
10. Ci sono equivoci o disaccordo sulle cause di effetti collaterali: per esempio, il medico non accetta la relazione del paziente di effetti collaterali in quanto il computer indica erroneamente che il farmaco è stato prescritto solo due giorni prima
Mancata comunicazione del giudizio del medico
11. Il paziente non capisce, non ricorda o non accetta la diagnosi: per esempio, il paziente pensa di avere un’angina in quanto gli è stato prescritto Adalat, ma il medico dice al paziente che ha una claudicatio intermittens
12. Il paziente non capisce la scelta terapeutica: per esempio, il paziente non capisce come il medico possa prescrivere in assenza di una diagnosi
Fattori relazionali
13. Il paziente dà per scontato che la prescrizione sia necessaria semplicemente perché è scritta, in casi in cui il medico non pensa che la prescrizione sia strettamente necessaria: per esempio, il paziente ritiene che il rinnovo di una prescrizione ripetitiva implichi l’approvazione del medico, mentre il medico non vuole contrariare il collega che ha prescritto originariamente il farmaco
14. Il medico prescrive e il paziente prende le medicine, entrambi per riguardo salvaguardare il rapporto: per esempio, il paziente prende un farmaco che ritiene non necessario per timore che una terapia successiva possa essere negata.

 Tutti gli equivoci erano associati a mancata partecipazione attiva del paziente nel corso della visita, nel senso di esprimere le proprie attese e preferenze o di esprimere pareri sulle decisioni e le azioni del medico. Tutti gli equivoci erano inoltre associati a potenziali o reali conseguenze negative, quali la non aderenza alla terapia. Molti erano basati su supposizioni e convinzioni errate. I medici in particolare sembravano inconsapevoli dell’importanza delle idee del paziente sulle medicine per il successo della prescrizione.
Le conseguenze negative per i pazienti consistevano in:
- Non aver ricevuto prescrizioni
- Non aver preso i farmaci prescritti
- Non corrispondenza tra farmaco prescritto e farmaco preso dal paziente o che questo intendeva prendere.
Conclusioni. La partecipazione attiva dei pazienti nel corso della visita e le conseguenze negative della mancata partecipazione sono importanti. Sono verosimilmente necessarie modifiche del comportamento sia dei pazienti sia dei medici. Tuttavia, considerando lo sbilanciamento di potere a favore dei medici, sembra che ricada maggiormente su questi l’onere di sollecitare le idee e le aspettative dei pazienti dimostrando così che queste informazioni sono un valido e necessario contributo alla consultazione. In aggiunta al saper ascoltare, i medici devono anche saper fare le giuste domande.
British Medical Journal, 19 febbraio 2000

ABUSI ALL' INFANZIA: DALLA SEGNALAZIONE ALL' INTERVENTO
Un un recente studio di Wyatt sulla prevalenza di abuso sessuale durante l' infanzia in donne afro-americane ed euro-americane, confrontato con un analogo lavoro dello stesso Autore di 10 anni prima, non mostra sostanziali differenze sulla prevalenza del fenomeno, evidenziando invece un abbassamento della soglia di eta' degli "abusanti". Altre ricerche di autori Anglosassoni (avevano gia' rivelato realta' assai pesanti: Kinsey (1950) rilevava che il 24% di donne bianche riferivano forme diverse di abuso sessuale; il 12% prima dei 14 anni. Landis (1950) confermava che il 16% delle studentesse intervistate avevano subito contatti sessuali abusivi da un adulto prima dei 14 anni. Alti studi piu' recenti confermano all' incirca tali percentuali.
In Francia uno studio epidemiologico concludeva con una percentuale di un caso ogni centocinquanta bambini di eta' inferiore ai 6 anni, per una cifra globale stimata intorno ai 30.000 casi/anno. In Italia i casi denunciati per violenze su minori (fino ai 17 anni) sono stati 1.151 nel 1996; 1.582 (+ 37%) nel 1997.
Sono stati effettuati a tale proposito degli studi che chiarissero meglio la tipologia degli abusi e delle vittime. Occorre considerare a tal fine come il concetto di "abuso all' infanzia" abbia subito un notevole ampliamento nel tempo: il Consiglio d' Europa definisce "gli atti e le carenze di cure che turbano gravemente il bambino, attentando alla sua integrita' corporea, al suo sviluppo fisico, psichico, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino".

Classificazione (Montecchi, 1998)

Maltrattamento fisico

Manifesta e riconoscibile, di solito meno dannosa per il bambino, salvo le forme piu' estreme.

Maltrattamento psicologico

Difficile da dimostrarsi, devastante per lo sviluppo della personalita' del bambino.

Patologia della fornitura di cure

Carenza di cure o inadeguatezza quantitativa o qualitativa delle cure offerte:
  • Incuria: carenza di cure fisiche e/o psicologiche, con "basse stature da deprivazione fisica e/o affettiva.
  • Discuria: cure fornite ma non adeguate, distorte o non rapportate al momento evolutivo del bambino.
  • Ipercura: eccesso patologico di cure. Molto frequente. Vi rientrano la "Sindrome di Munchausen per procura", il "Chemical abuse" e il "Medical shopping". L' apparente interesse della madre per il figlio tende a depistare frequentemente i medici, i magistrati l' autorita' giudiziaria.
  • Abuso sessuale: comprensivo di tutte le pratiche sessuali manifeste o mascherate. Esse comprendono ogni attivita' sessuale che vada contro i tabu' sociali o che il minore non capisce, o alla quale non puo' dare un consenso informato. Comprendono i casi intrafamiliari (tipicamente dai padri verso le figlie) o extrafamiliari (indifferenti per i due sessi, legati spesso ad un bisogno affettivo del minore che lo porta ad aderire ad attenzioni extrafamiliari).

Le diverse forme di maltrattamento evidenziano fondamentalmente l' inadeguatezza dei genitori a provvedere ai bisogni e alle esigenze dei figli. Cio' puo' derivare da una condizione di disagio sociale o psicologico, o da una psicopatologia eventualmente presente.
La diagnosi dell' abuso:
Piu' che alle manifestazioni fisiche dell' abuso, ben rappresentate nei testi di semeiotica e di medicina legale, occorre puntare l' attenzione sulle manifestazioni psico-comportamentali, che spesso sfuggono all' osservatore poco smaliziato.

Sintomi e disturbi sostitutivi sospetti comunemente osservati:

Ad ogni eta':

Dolori addominali
Disturbi del comport. alimentare (anoressia-bulimia)
Vomito
Stipsi
Disturbi del sonno
Disuria
Perdite vaginali o sanguinamenti Sanguinamento rettale

Eta' Prescolare

Vischiosita' affettiva
Comportamenti "sessualizzati"eccessivi e/o inappropriati
Succhiamento del pollice
Disturbi del linguaggio
Encopresi/enuresi
Masturbazione eccessiva

Eta' scolare

Diminuz.rendimento scolastico
Assenteismo scolastico
Bugie e furti
Tics, reazioni ansiose
Stati fobici e ossessivi
Depressione
Enuresi/encopresi

Adolescenza

Gli stessi dell' eta' scolare piu':

Reazioni di fuga
Tentativi di suicidio
Offese sessuali

Contrastare l' abuso:
Occorre che quanti vengano a conoscenza di un caso sospetto di abuso (medici e operatori scolastici in primo luogo) si astengano dal cercare soluzioni oruginali ne' cerchino di affrontare i solitudine il difficile e pericoloso iter del riconoscimento e del trattamento di un caso di abuso. Occorre invece attivale le procedure previste e sperimentate, divisibili schematicamente in stadi:
Rilevazione di un caso di sospetto o certo maltrattamento.
Segnalazione alla Magistratura Minorile degli elementi rilevati. La Magistratura valuta gli elementi e decide se siano tali da imporre provvedimenti (che possono comprendere l' allontanamento dal nucleo familiare).
Valutazione della natura degli abusi e della possibilita' di recupero dei rapporti familiari.
Trattamento, costituito da affiancamento e sostegno della relazione genitori-figli o, qualora cio' non si ritenga possibile, da sostituzione dei riferimenti genitoriali da parte del bambino attraverso psicoterapia, adozione o affidamento, a seconda dei bisogni del minore stesso.
(G.F. Visci e al., Scienza e Management, n.4/5 1999)

BUGIARDI MIGLIORI DI QUANTO SEMBRI
Continuamente noi diciamo ben consapevolmente cose che non rispondono a realta’. Quando lodiamo l’orribile vestito di qualche conoscente, quando ci complimentiamo per una immeritata promozione e cosi’ via. Noi ci sentiamo spesso colti in fallo convinti che all’esterno si veda il nostro disagio e si intuisca la nostra posizione di mentitori. Invece e' stato osservato che spesso il nostro linguaggio corporeo (che siamo abituati a considerare molto rivelatore) non viene correttamente interpretato dagli altri. Alcuni ricercatori (Gilovich e al.) ad esempio con una serie di divertenti esperimenti hanno confutato l’idea corrente che gli altri riescano ad indovinare cosa realmente pensiamo e sentiamo. In uno di questi esperimenti i soggetti (che chiameremo "mentitori") dovevano cercare di ingannare gli osservatori e poi cercare di indovinare quante volte sarebbero stati scoperti. I risultati hanno dimostrato che di fronte a una alta percentuale di attesa di essere scoperti, questo avveniva effettivamente in una percentuale molto inferiore dei casi. Agiva nei mentitori la cosiddetta "illusione della trasparenza" per cui si pensava che il proprio linguaggio corporeo fosse molto piu' eloquente del vero.
In altri esperimenti venivano fatte bere sostanze acide o dolci, in altre occasioni venivano simulati dei concorsi con elementi di disturbo volutamente creati dagli osservatori ma in tutti questi casi non esisteva corrispondenza tra comportamenti erronei, percentuale di individuazione da parte degli osservatori, previsione di individuazione da parte dei mentitori.
Tutto cio' comporta che, potendo essere noi intimamente convinti che i nostri sentimenti traspaiano dalle nostre azioni, si possono verificare una serie di malintesi e di errori comportamentali nelle relazioni con gli altri. Cosi' pure gli altri, credendo di saper interpretare correttamente i nostri sentimenti nascosti, possono incorrere in errori clamorosi: non si puo’ ancora affermare con certezza se cio' sia dovuto di piu' a un deficit di trasmissione da parte nostra o di ricezione da parte dello spettatore stesso.
Malintesi di questo genere avvengono comunemente nelle relazioni affettive, nelle liti sul posto di lavoro, e tipicamente, nelle situazioni di pericolo nei casi in cui il pericolo stesso viene a essere sottovalutato. Gli autori ipotizzano ad esempio che in quelle tipiche situazioni in cui una persona in pericolo non viene soccorsa dagli spettatori possa essere influenzata in parte dalla mancanza di segnali adeguatamente palesi.
E’ importante percio’ che chi voglia esprimere un certo sentimento impari ad esprimerlo in modo esplicito, non potendosi fidare di un meccanismo di riconoscimento implicito.
(U. Nuber, "Psicologia contemporanea",n.157, 2000)

GENETICA DELL' OBESITA'
L’ obesita' e' una patologia a etiologia multifat toriale. I fattori ambientali e e culturali interagiscono con una predisposizione genetica e quindi con un particolare quadro endocrino- metabolico.
Gli studi epidemiologici di famiglie, come il Quebec Family Study. hanno permesso di enu cleare il ruolo del fattore genetico attribuendogli all’ incirca il 40% tra tutte le eventuali cause eziologiche.
E'' possibile utilizzare modelli animali di obesità, roditori in particolare, allo scopo di evidenziare geni potenzialmente coinvolti nell’ ezìologia dell’ obesità umana attraverso mutazioni che hanno regioni omologhe nel genoma umano. La reale importanza di molte associazioni e polimorfismi è tuttavia in discussione.
Nell’uomo sono state caratterizzate alcune sindromi genetiche a trasmissione mendeliana che hanno come espressione fenotipica la presenza di obesità. Tra queste patologie nove sono autosomiche dominanti, dieci autosomi che recessive. Gli studi recenti hanno permesso di evidenziare anche il ruolo di molti geni nella regolazione dell’omeostasi energetica.
L’adipogenesi e, quindi, la regolazione del metabolismo energetico studiato in modelli in vitro e in vivo nell' uomo hanno permesso di identificare famiglie di proteine e di fattori di trascrizione che regolano tali funzioni. Fra le più importanti ricordiamo: il recettore Beta- 3 adrenergico, le proteine disaccoppianti ( Uncoupling Proteins —UCPs ) e i PPAR (Peroxisome Proliferators Activated Receptors). La scoperta della leptina, prodotto del gene Ob, ha portato a maggiori sviluppi nella comprensione del bilancio energetico. Anche se lo studio dei marker molecolari dell’obesità è iniziato da pochi anni, si è già compreso che almeno un centinaio di geni, loci o regioni cromosomiche possono avere importanza nel determinismo dell’obesità umana. Questi sarebbero localizzati su una dozzina di cromosomi diversi: è chiaro che il numero di questi geni è destinato a crescere notevolmente nei prossimi anni se si pensa alla estrema complessità che caratterizza tale patologia, i comportamenti che ne sono alla base e che ne derivano.

G. Scaldalamacchia e al. : Medico & Metabolismo n.4 1999

HCV: NON SOLO FEGATO.
Nel 1988 Michael Houghton clona e sequenzia il genoma del virus dell’epatite C .Tale virus è un membro della famiglia dei Flavivirus, a RNA a singola elica costituita da circa 9.400 nucleotidi, con una peculiare eterogeneità localizzata nella regione definita HVR-1, costituita da circa 90 nucleotidi localizzata all’estremità 5 del gene E2. Numerosi autori hanno ipotizzato che il virus possa avere un ruolo diretto o indiretto anche nella patogenesi delle manifestazioni extra epatiche indicate nella Tab 1.

Tab. 1

Endocrine Disfunzioni tiroidee
++ ATPO
Ghiandole salivari Scialoadeniti Sindrome di Sjogren
Ematologiche e linfoidi Crioglobulinemia mista. Linfoma non Hodgkin a cellule B
Renali Glomerulonefriti
Dermatologiche Vasculite cutanea necrotizzante
Porpora cutanea tarda
Lichen planus
Polmonari Fibrosi polmonare idiopatica

DISFUNZIONI TIROIDEE : SEMBRA DI NO, ma attenzione agli ATPO .
L' HCV si associa indifferentemente alle varie forme di disfunzionì tiroidee (ipotiroidismo, ipertiroidismo, tiroidite di Hashimoto), con associazione costante con un’elevazione del titolo degli anticorpi antiperossidasi (ATPO), soprattutto nelle donne. Malgrado recenti studi neghino la specificità del danno tiroideo correlato all’HCV, si ritiene che un elevato titolo di ATPO in pazienti portatori di HCV sia predittivo di disfunzione tiroidea nel corso di trattamento con interferone, per cui si ritiene necessario il dosaggio di ATPO prima di iniziare la terapia con interferone e almeno ogni 4 mesi durante il follow-up dei pazienti in trattamento.
SCIALOADENITI E SINDROME DI SJOGREN: NON CONFERMATA
Diversi autori hanno riscontrato l’associazione tra scialoadenite linfocitaria ed HCV in una percentuale dei casi variabile dal 14 al 57%: l’HCV avrebbe un ruolo indiretto attraverso la stimolazione cronica del sistema immunitario. L'associazione con la Sindrome di Sjogren non è stata confermata dagli ultimi lavori in letteratura.
SINDROME LINFOPROLIFERATIVE
Crioglobulinemia Mista: probabilmente si'
La crioglobulinemia mista (CM), è una sindrome caratterizzata dalla presenza di proteine sieriche che precipitano reversibilmente a basse temperature. Oggi è guasi universalmente accettato che la CM sia una malattia linfoproliferativa e che in circa il 30% dei casi sia il precursore dei Linfomi non-Hodgkin. Alcuni autori hanno osservato che il 46-54% dei pazienti HCV-Ab positivi hanno un criocrito positivo sebbene la maggior parte di essi sia asintomatica.. In uno studio condotto su 138 pazienti con CM è stato evidenziato che il 94% di essi era HCV-Ab positivo e il 97% HCV-RNA positivo.
Linfomi: quasi certamente si'
L' associazione tra HCV e malattie linfoproliferative a cellule è ormai riconosciuta in tutto il mondo sebbene alcuni autori ne abbiano documentato ineguivocabilmente l’esistenza ed altri no.  Alla base ditali divergenze potrebbe esserci una diversa prevalenza di infezione da HCV a seconda dell’area geografica interessatao a seconda del "backgraund" genetico. E' molto suggestiva un’azione patogena diretta del virus in senso linfomagenetico con due possibili meccanismi patogenetici:
- attivazione precoce di seguenze oncogenetiche (meccanismo diretto);
- espansione di cloni linfocitari successivamente colpiti da mutazione (meccanismo indiretto). Sebbene la seconda ipotesi sembrerebbe guella più verosimile, la prima è comunque molto suggestiva.  GLOMERULONEFRITI : probabilmente si'
Causando la crioglobulinemia mista, l' HCV diviene conseguentemente causa delle glomerulonefriti, in particolare della forma membranoproliferativa tipo I (ruolo indiretto: HCV—>CM—>GNMP).
VASCULITE NECROTIZZANTE (VCN): probabilmente si'
La VCN è caratterizzata istologicamente dalla distruzione dei vasi sanguigni dermici ed infiltrati di neutrofili e, dal punto di vista del laboratorio, da aumento di FR, diminuzione C3 e C4, lgMm e IgGp positività. Nella maggior parte dei casi anche il criocrito è positivo per cui considerata la stretta associazione tra crioglobulinemia e HCV sembra possibile un meccanismo indiretto dell’HCV nella patogenesi della VCM attraverso la formazione e la precipitazione nel derma di crioglobuline (HCV—>crioà deposizione di lC—>VCM).
PORFIRIA CUTANEA TARDA (PCT): molto probabilmente si'
La PCT è causata da una diminuzione dell’uroporfobilinogeno decarbossilasi (UD) epatica e si manifesta clinicamente con fragilità cutanea, vescicole e bolle. Alcuni autori hanno notato una notevole associazione tra pazienti affetti da PG e HCV, con valori medi del 62% fino ad arrivare al 100%. Si ipotizza un ruolo del virus C a livello autoimmunitario, un’azione del virus attraverso una disreattività metabolica con diminuzione di enzima oppure un azione "trigger" del virus in soggetti predisposti geneticamente.
LICHEN PLANUS (LP): evidenze poco dimostrative
Il LP si manifesta clinicamente con papule violacee e pruriginose ed istologicamente con degenerazione dei cheratinociti e infiltrati di linfociti nel derma; in guesti pazienti è stata riscontrata una positività per l’HCV-Ab nel 5-26%. La notevole variabilità di dati e di riscontro in differenti aree geografiche diminuisce notevolmente l’importanza ditale associazione.
FIBROSI POLMONARE IDIOPATICA: da verificare
È stata ipotizzata una stretta associazione tra infezione da HCV e FPI per una più alta freguenza di positività per HCV-Ab rispetto ai controlli sani e perché alcuni pazienti trattati con IFN-alfa hanno sviluppato una fibrosi polmonare. Nei pazienti HCVAb positivi al lavaggio broncoalveolare è stato evidenziato un aumento del numero dei linfociti e dei neutrofili suggerendo un possibile ruolo scatenante dell’HCV nell’alveolite . Il ruolo dell’HCV è comunque da confermare. 
Marcello Persico, Roberto Torella (News & Views, 4 1999)

SULL’EZIOPATOGENESI DELL’ATOPIA E DELL’ASMA ALLERGICO
Secondo l’ipotesi "igienista", l’esposizione ad alcune infezioni durante l’infanzia può esercitare un effetto protettivo prevenendo l’atopia. In un lavoro pubblicato precedentemente (BMJ 1997; 314: 999 - Cross sectional retrospective study of prevalence of atopy among Italian military students with antibodies against hepatitis a virus) gli autori avevano dimostrato l’esistenza di una relazione inversa tra atopia e sieropositività per epatite da virus A, che è un indicatore di elevata esposizione a microbi di provenienza oro-fecale. Quest’osservazione supporta l’ipotesi che sia necessaria un’adeguata stimolazione del tessuto linfatico intestinale per prevenire la sensibilizzazione di tipo atopico agli allergeni ambientali. Se ciò è vero, ci deve essere una relazione inversa tra atopia e altri markers di infezione orofecale o alimentare, piuttosto che tra atopia e infezioni trasmesse per via aerea. Obiettivo di questo lavoro, di ricerca tutta italiana, è investigare come siano correlati atopia, IgE totali e allergie respiratorie con la sieropositività verso altri due microbi, veicolati prevalentemente dagli alimenti o trasmessi per via orofecale (Toxoplasma gondii, Helicobacter pylori), e sei virus trasmessi principalmente per via aerea (morbillo, orecchioni, rosolia, varicella, citomegalovirus e virus Herpes simplex tipo 1.
Materiali e metodi. Hanno partecipato allo studio 240 soggetti con atopia e 240 controlli non atopici scelti da una popolazione di 1659 cadetti maschi italiani di età compresa tra i 17 e i 24 anni, della scuola di aeronautica di Caserta. Sono stati eseguiti testi epicutanei con sette allergeni aerogeni (misto di erbe, Parietaria judaica, Artemisia vulgaris, Olea europaea, Alternaria alternata, Dermatophagoides pteronyssinus, e gatto). E’ stata misurata la concentrazione di IgE totali e di IgE specifiche per i relativi allergeni aerogeni. Sono stati misurati gli anticorpi (IgG) per Toxoplasma gondii, virusepatite A, Helicobacter pylori, morbillo, orecchioni, rosolia, varicella, citomegalovirus e virus Herpes simplex tipo 1. Sono stati conteggiati i casi di rinite allergica e asma allergico.
Risultati. Rispetto ai controlli, nei soggetti atopici c’era una più bassa prevalenza di Toxoplasma gondii (28% versus 18%, P=0.027), di virus dell’Epatite A (30% versus 16%, P=0.004) e di Helicobacter pylori (18% versus 15%, P=0.325). L’odds ratio per l’atopia (dopo aggiustamento per vari fattori tra cui l’età, la densità di popolazione, la scolarità dei genitori, l’abitudine al fumo) decresceva confrontata con un gradiente di esposizione a H. pylori, T. gondii e virus dell’Epatite A (0, odds ratio 1; 1, 0.70; 2 o 3, 0.37; P per il trend=0.000045), ma non con l’esposizione cumulativa agli altri virus. L’asma allergico era raro (1/245, 0.4%) e la rinite allergica infrequente (16/245, 7%) tra i partecipanti con sieropositività (245/1659) per almeno 2 su 3 microorganismi di provenienza orofecale o da cibo (H pylori, T gondii, virus dell’Epatite A).
Conclusioni. L’allergia respiratoria è meno frequente in soggetti pesantemente esposti a microbi di provenienza alimentare o orofecale. L’igiene e una dieta occidentalizzata, semisterile, possono facilitare l’atopia influenzando il comportamento generale dei microrganismi commensali e patogeni che stimolano il tessuto linfatico associato all’intestino, contribuendo alla diffusione della rinite e dell’asma allergici nei paesi sviluppati. Sebbene siano necessari ulteriori studi per verificare questa conclusione, è ipotizzabile che si possano da subito utilizzare alcuni microbi o loro molecole per prevenire l’atopia senza provocare malattie infettive.
British Medical Journal, 12 febbraio 2000

AMIODARONE E TIROIDE
L’amiodarone è un farmaco antiaritmico molto efficace. Tuttavia il suo uso è associato a parecchi effetti collaterali, tra cui fotosensibilità, microdepositi corneali, tossicità polmonare, tossicità epatica, neuropatia periferica, ipertiroidismo e ipotiroidismo. Scopo di questa review è di riepilogare le modificazioni attese e quelle anormali nella funzione e nel metabolismo della tiroide in pazienti che assumono amiodarone, e suggerire linee-guida per la diagnosi e la gestione delle disfunzioni tiroidee indotte dall’amiodarone.
L’amiodarone è un derivato benzofuranico che contiene due atomi di iodio per molecola. Ciò corrisponde al 37.5% di iodio organico per peso molecolare: di questo il 10% viene deiodato fornendo iodio libero. Nel corpo l’amiodarone viene immagazzinato nel tessuto adiposo, nel miocardio, nel fegato e nei polmoni, e la sua emivita è di circa 2-3 mesi. A causa dell’alto contenuto di iodio, l’amiodarone può provocare disfunzioni tiroidee. Una normale dose giornaliera di mantenimento (200-400 mg di amiodarone) genera da 6 a 12 mg di iodio libero al giorno. Ciò rappresenta un carico di iodio che eccede di gran lunga la dose ottimale giornaliera di 0.15-0.3 mg/die raccomandata dall’OMS. In pazienti trattati con amiodarone, i livelli plasmatici e urinari di iodio inorganico aumentano fino a 40 volte, mentre la captazione e la clearance tiroidee di iodio diminuiscono significativamente. Questi pazienti possono presentare alterazioni nel profilo ormonale tiroideo senza una disfunzione tiroidea, oppure possono presentare quadri di ipotiroidismo significativo o di tireotossicosi indotti dall’amiodarone. In realtà, in più del 50% dei pazienti che ricevono amiodarone cronicamente i test di funzionalità tiroidea presentano risultati anormali, e la maggior parte rimangono eutiroidei. Occasionalmente, l’amiodarone può anche provocare un gozzo senza una apparente disfunzione tiroidea.
Ipotiroidismo amiodarone-indotto. Si ritiene che l’ipotiroidismo provocato dall’amiodarone sia dovuto all’incapacità della tiroide di sfuggire all’effetto Wolff-Chaikoff (= inibizione della sintesi dell’ormone tiroideo dopo somministrazione di alte dosi di iodio). Verosimilmente in questi casi è associata una tiroidite autoimmune subclinica, che viene smascherata e resa manifesta clinicamente da un eccesso di iodio. Infatti circa il 40% dei soggetti che sviluppano ipotiroidismo dopo somministrazione di amiodarone hanno anticorpi antitiroide. L’incidenza di ipotiroidismo nei pazienti che prendono amiodarone varia dal 6% (nei paesi con bassa assunzione di iodio) al 13% (nei paesi con elevata assunzione dietetica di iodio). Il rischio è maggiore negli anziani e nelle donne e di solito compare precocemente, essendo raro dopo i primi 18 mesi di terapia con amiodarone. Le caratteristiche cliniche sono un po’ vaghe: stanchezza, sonnolenza, intolleranza al freddo e pelle secca sono comuni; il gozzo è raro. La diagnosi è confermata da un aumento del TSH e una riduzione del FT4. La sospensione dell’amiodarone risolve il quadro clinico dell’ipotiroidismo, ma ciò spesso non è possibile, soprattutto in caso di tachiaritmie ventricolari. Un’opzione più facile e sicura è la terapia con ormone tiroideo. Si comincia con 25-50 µg di levotiroxina al giorno, aumentando ad intervalli di 4-6 settimane, fino a risoluzione dei sintomi e raggiungimento di livelli di T4 nella parte alta del range di normalità.
Ipertiroidismo amiodarone-indotto. L’incidenza dell’ipertiroidismo varia dal 2 al 12% dei pazienti in terapia cronica con amiodarone, essendo più frequente nelle aree con bassa introduzione dietetica di iodio. Anche in questo caso si ritiene che l’eccesso di iodio proveniente dall’amiodarone smascheri una patologia tiroidea latente, come un gozzo nodulare, un nodulo autonomo, o una malattia di Graves, aumentando la sintesi di ormone tiroideo. Inoltre è stato dimostrato un effetto citolesivo diretto dell’amiodarone sui follicoli tiroidei, con liberazione in circolo di ormone tiroideo preformato; ciò spiega i casi di ipertiroidismo anche in soggetti senza preesistente patologia tiroidea subclinica. Si sospetta un ipertiroidismo se un paziente in terapia con amiodarone manifesta una inspiegabile perdita di peso, sudorazione, tremore, tachicardia sinusale o peggioramento della patologia cardiaca di base, o comparsa ex-novo di aritmie sopraventricolari quali tachicardia atriale o fibrillazione atriale. L’ipertiroidismo può manifestarsi in qualsiasi momento nel corso della terapia con amiodarone o anche dopo la sospensione di questo; inoltre l’insorgenza è di solito improvvisa ed esplosiva, per cui è importante educare i pazienti a riconoscerne le caratteristiche per iniziare subito un trattamento. I dati biochimici di ipertirodismo sono un aumento del FT4 e una riduzione del TSH fino a livelli spesso indeterminabili. I livelli di T3 possono essere normali o elevati. La terapia dell’ipertiroidismo non è facile come con l’ipotiroidismo. Bisogna possibilmente sospendere l’amiodarone (cercando di controllare l’aritmia di base con altri farmaci) e trattare l’ipertiroidismo con farmaci quali tionamidi, cortisonici a dosi elevate, perclorato, litio, plasmaferesi ed eventualmente chirurgia.
Postgraduate Medical Journal, Marzo 2000

MINIPILLOLE

Anomalie neuropsichiche nel calciatore dilettante
I giocatori di calcio sono soggetti a numerosi traumatismi cranici in seguito al numero di impatti con il pallone durante il gioco. Il gruppo del dott. E.J.T.Matser del St. Anna Hospital di Geldrop (Olanda) ha verificato la possibile associazione fra la serie di concussioni cerebrali subite durante il gioco e lo sviluppo di anomalie neurologiche in 33 calciatori non professionisti tramite l’esecuzione di appositi test neuropsichiatrici. Rispetto ad un gruppo di controllo di 16 atleti (in atletica e nuoto) i calciatori hanno dimostrato punteggi più bassi in maniera inversamente proporzionale al numero di traumatismi cranici stimati nel corso della carriera sportiva, I risultati di questa studio indicano che i calciatori dilettanti presentano un deterioramento delle funzioni neuropsichiche legato al gioco. (JAMA 1999,282:971-3)

Adenoidectomia e tonsillectomia nell’otite media ricorrente
L’adenoidectomia e la tonsillectomia vengono generalmente effettuate al fine di ridurre la frequenza delle recidive di otite media acuta. Il gruppo del dott. J.L.Paradise (Università di Pittsburgh) ha inteso verificare la fondatezza di questo assunto eseguendo uno studio randomizzato di controllo. Sono stati esaminati 461 bambini sottoposti ad adenoidectomia, adenotonsillectomia o assegnati ad un gruppo di controllo senza alcuna procedura chirurgica. L' eta' era compresa fra i 3 e i 15 anni. Per 3 anni sono state controllate le recidive di otite media.
Al termine del follow-up di 3 anni è stato osservato che i due grupppi chiriurgici presentavano un vantaggio solo marginale relativamente alla incidenza di recidive di otite media ricorrente. Tale vantaggio era limitato al primo anno dopo l’intervento. Nel primo anno le recidive si sono presentate con una media di 1,4 nei trattati e 2,1 nei controlli. Le complicanze degli interventi chirurgici non sono state irrilevanti in quanto hanno raggiunto il 14,6% nel caso della adenoidectomia.
In conclusione queste procedure chirurgiche hanno evidenziato una scarsa utilità, limitata inoltre al primo anno dopo l’intervento.
(JAMA 1999;282:945-53)

Ceppi non patogeni di E. Coli nella terapia della colite ulcerosa
Esistono prove a supporto dell’ipotesi che la rettocolite ulcerosa abbia una patogenesi di tipo Infettivo. Appare evidente, in tali eventi, un ruolo importante da parte dell’Escherichia Coli. Il dott. B.J.Rembacken e coll, dell’Università di Leeds, ha ipotizzato che una ricolonizzazione dell’intestino con ceppi non patogeni di E. Coli potesse arrecare un potenziale beneficio. Ne ha voluto confrontare l’efficacia confrontandola con i risultati ottenuti in un gruppo di controllo trattato con mesalazina.
Ha percio' randomizzato un totale di 120 pazienti, divisi tra un trattamento con mesalazina e una somministrazione di E. Coli. E' stata poi attuata una terapia di mantenimento della durata di 12 mesi. Il gruppo con mesalazina ha dimostrato un tasso di remissione completa dei sintomi del 75% contro il 68% di quello con E. Coli. La recidiva è comparsa rispettivamente nel 73% e 67% dei casi. Il trattamento con ceppi non patogeni di E. Coli si è dimostrato di efficacia pari a quella della  mesalazina e porta un ulteriore sostegno all’ipotesi infettiva per la patogenesi di questa malattia.
(Lancet 1999;354:635-9)

Due farmci meglio di uno nell' epatite C
L’epatite "C" e’ la forma piu’ diffusa e attualmente piu’ importante di infezione virale al fegato. In Italia sono stimati 2-3 milioni di soggetti infettati, in parte portatori sani. Il contagio avviene attraverso sangue infetto mediante diversi mezzi intermedi. L’epatite C passa di solito inosservata dal momento che i sintomi di accompagnamento della malattia possono essere di modesta rilevanza. Tuttavia la maggior parte dei pazienti infettati con virus sviluppa una forma cronica di malattia con aumento considerevole di rischio di cirrosi, insufficienza epatica e carcinoma epatocellulare. Negli ultimi dieci anni la terapia della epatite cronica da HCV si e’ basata sull’impiego dell’interferone di cui sono disponibili alcune varianti. Purtroppo il successo della terapia con il solo interferone non si rivelato soddisfacente in quanto gli schemi attualmente consigliati (almeno 12 mesi) ottengono l’eradicazione virale circa nella meta’ dei pazienti. Aggiungendo all’interferone Alfa-2B un altro antivirale la Ribavirina la percentuale dei successi si e’ innalzata drasticamente. La Ribavirina e’ un farmaco antivirale (analogo nucleosidico) che agisce in modo diverso dagli interferoni, probabilmente interferendo con i meccanismo di replicazione del virus. Questo schema terapeutico e’ indicato anche in quei pazienti che sono gia’ stati trattati con il solo interferone senza risposta positiva al trattamento. La terapia di combinazione Ribavirina e Interferone Alfa 2B e’ stata riconosciuta ufficialmente dalla "Consensus sull’epatite C" della "European Association for Study of the Liver" (Parigi, Febbraio 1999) come trattamento di preferenza. I farmaci devono essere somministrati per un ciclo di terapia di almeno 24 settimane; al termine di questo periodo e’ necessario controllare i parametri predittivi di guarigione (l’assenza del virus HCV nel sangue e l’abbassamento dei valori della ALT) spesso e’ necessario ripetere un ulteriore ciclo terapeutico di 24 settimane.
(Aggiornamento Medico n.8 1999)

La nevirapina nella prevenzione del contagio neonatale da HIV
E' noto come la terapia con zidouvidina si sia dimostrata efficace nella prevenzione della trasmissione dell’HIV-1 da madri infette ai propri neonati. Il gruppo della dott.ssa L.A.Guay del Johns Hopkins ha effettuato in Uganda uno studio teso a valutare l’efficacia di una singola dose di un' altro antiretrovirale, la nevirapina alla dose di 200 mg/die. Sono state trattate 313 donne gravide infette da HIV-1. Dopo il parto lo stesso farmaco èstato successivamente somministrato al neonato alla dose di 2 mg/kg entro 72 ore dalla nascita. I risultati sono stati poi confrontati con quelli ottenuti con un gruppo di controllo di 313 donne in gravidanza trattate con 600 mg/die di zidouvidina. Il 98,6% dei neonati ha ricevuto allattamento materno; il rischio stimato di trasmissione dell’infezione è risultato alla nascita pari al 10,4% per la zidouvidina e all’8,2% per la nevirapina. All’età di 6-8 settimane queste percentuali erano rispettivamente del 21,3% e 11,9% e a 14-16 settimane del 25,1% e 13,1%. La nevirapina ha diminuito l’incidenza di infezione neonatale da HIV-1 del 50% nelle prime 14-16 settimane in neonati con allattamento materno. Questo semplice ed economico schema di trattamento può essere adottato in tutti i paesi in via di sviluppo.
(Lancet 1999;354:795-802)

Protezione solare quotidiana e beta-carotene nei carcinomi cutanei
L’applicazione cutanea di creme filtranti e' certamente in grado di proteggere l’epidermide dalle lesioni acute causate dalla radiazione solare, tuttavia non è noto se sia sufficiente a costituire anche un' efficace fattore di protezione a lungo termine nei confronti del rischio per neoplasie cutanee di tipo squamocellulare o basale. Inoltre alcune sperimentazioni animali avrebbero suggerito che la somministrazione di beta-carotene potrebbe avere un ruolo protettivo antineoplastico. Tale effetto, evidenziato negli animali, non e' stato pero' mai dimostrato sull’uomo.
Per chiarire tale possibilita' la dottoressa A. Green (del Queensland Institute of Medical Research) ha randomizzato un gruppo di 383 abitanti del Queensland, in Australia; sono state applicate quotidianamente delle di creme solari protettive, con fattore di protezione superiore a 15; inoltre e' stato somministrato (da solo o insieme all' applicazione di creme) un supplemento dietetico di 30 mg al giorno di betacarotene; un gruppo era trattato con placebo, Dopo un follow up medio di 4,3 anni erano insorte 758 neoplasie cutanee in 250 pazienti. Non sono state rilevate differenze in termini di incidenza di nuovi casi fra i diversi gruppi di trattamento; il numero di neoplasie squamocellulari è risultato minore nei pazienti trattati con filtri solari.
Si puo' concludere che l'’applicazione di protezioni cutanee sembra avere un effetto favorevole per la riduzione dell’incidenza del carcinoma squamocellulare della cute, il beta-carotene non si e' rivelato efficace.
(Lancet 1999,354:723-9)

APPROFONDIMENTI

ANALISI ED ERRORI NEGLI ACCERTAMENTI DI LABORATORIO PIU' COMUNI
Introduzione
La disponibilità di analizzatori automatici multicanale permette oggi l’esecuzione di molti esami biochimici, che oggi sono spesso considerati esami semplici. Tuttavia nell’interpretazione dei loro risultati ci sono molti trabocchetti, che possono provocare l’esecuzione di ulteriori indagini o anche errori diagnostici. Ci sono molte cause di anormalità spurie che possono falsamente aumentare o diminuire la concentrazione degli analiti, sia prima del prelievo che durante lo stesso procedimento analitico. La mancanza di specificità tissutale degli enzimi può rendere difficile l’interpretazione della loro attività senza esami addizionali. Anche una malattia finora non sospettata può contribuire a confondere l’interpretazione degli esami.
Intervalli di riferimento
Gli esami biochimici sono di solito interpretati in base a un dato intervallo (= range) di riferimento. Normalmente quest’intervallo di riferimento è definito come l’intervallo in cui cade il 95% centrale di una popolazione apparentemente sana. Se la distribuzione è di tipo gaussiano, l’intervallo corrisponde alla media più o meno due deviazioni standard. Con distribuzioni non gaussiane il range si ottiene eliminando il 2.5% dei valori incolonnati alle estremità superiore e inferiore. In altri termini, una su venti (cioè il 5%) persone apparentemente in buona salute avrà valori al di fuori di questo intervallo. Pertanto, il riscontro di un valore al di fuori del range di riferimento dato non indica necessariamente la presenza di una causa patologica e, più esami si eseguono, maggiore è la probabilità di trovare un risultato esterno al range. Similmente, un risultato compreso nel range di riferimento non esclude la presenza di una malattia. Valori diversi ottenuti mediante analisi sequenziali sullo stesso paziente potrebbero essere dovuti a una genuina modificazione nello status biochimico, oppure a imprecisioni del laboratorio. Se i risultati di due esami eseguiti sullo stesso paziente in due occasioni diverse in condizioni identiche differiscono per più di 2.8 volte la deviazione standard, vuol dire che si è verificata una genuina variazione nella concentrazione dell’analita con una probabilità superiore al 95%. Tuttavia, fattori biologici possono provocare variazioni intraindividuali, influenzando la concentrazione plasmatica di alcuni analiti. Per esempio, la dieta può modificare la concentrazione dei trigliceridi e l’escrezione urinaria del calcio, sono ben note le variazioni circadiane del cortisolo e del ferro plasmatici, e la postura può aumentare la concentrazione di molti analiti, tra cui albumina, calcio, colesterolo, trigliceridi e amilasi. Nelle donne il colesterolo, le proteine totali, l’albumina e il fibrinogeno variano durante il ciclo mestruale, e sono note variazioni stagionali per la vitamina D e l’ormone della crescita. Febbre, farmaci e la risposta della fase acuta possono provocare variazioni in corso di malattia acuta.
Sodio
Ipersodiemia e iposodiemia moderate sono comuni nella popolazione ospedalizzata. Anormalità spurie del sodio possono essere dovute a errori di prelievo: per esempio, fare un prelievo subito dopo un’infusione di bicarbonato o altre soluzioni. Altri indizi che il campione è stato contaminato da liquidi infusi in vena saranno una riduzione nella concentrazione di proteine totali e di albumina rispetto a campioni precedenti, ed una glicemia elevata se il liquido di infusione contiene destrosio. Dopo il prelievo, l’evaporazione di acqua dal campione può provocare ipersodiemia. Con alcuni tipi di analisi, per esempio la spettrofotometria a fiamma, dove è richiesta la diluizione del campione in un grande volume di soluzione, si può verificare una pseudoipersodiemia in pazienti con severa ipertrigliceridemia o paraproteinemia, e molto raramente con severa ipercolesterolemia. Ciò avviene perché una parte dell’acqua del plasma è stata rimpiazzata con lipidi o proteine; la concentrazione del sodio nell’acqua plasmatica è normale, ma c’è meno acqua in ogni litro di plasma. L’osmolalità plasmatica (concentrazione/kg di solvente) in questa situazione sarà normale.
Potassio
Mentre la maggior parte del potassio corporeo totale è intracellulare, è il potassio plasmatico che viene di solito misurato. False ipo- e iperpotassiemia sono comuni e hanno origine da movimenti del potassio tra i compartimenti intra- ed extracellulari in vitro. La causa più comune di pseudoiperpotassiemia è l’emolisi, che può non essere sempre visibile all’ispezione. In campioni di sangue intero che sono inviati in ritardo al laboratorio, particolarmente se conservati a 4°C, ci sarà perdita di potassio dai globuli rossi nel plasma anche se non c’è evidenza di emolisi. Indizi di ciò possono venire da altri esami biochimici quali un coesistente aumento del fosforo. Ci può essere una predisposizione alla pseudoiperpotassiemia isolata su base familiare. La lisi cellulare e il rilascio di potassio provocano notoriamente iperpotassiemia in pazienti con patologie che aumentano la conta dei globuli bianchi, come la leucemia prolinfocitica o l’iperpiastrinemia, per esempio nei disordini mieloproliferativi e nella malattia di Kawasaki, specialmente se si usano campioni di siero. Per evitare ciò, il sangue di questi pazienti dovrebbe essere raccolto in una provetta contenente eparina e portato dritto al laboratorio. E’ stato calcolato che, per ogni aumento delle piastrine di 100 x 109/l, la concentrazione di potassio può aumentare di 0.07-0.15 mmol/l. Anche in campioni con conta delle piastrine normale, l’intervallo di riferimento per il potassio è più alto nel siero che nel plasma, a causa del rilascio di potassio dalle piastrine durante la coagulazione. Meno comunemente, campioni di sangue con conta dei globuli bianca molto elevata possono presentare una pseudoipopotassiemia, in quanto le cellule prelevano potassio dal plasma. Un altro esempio di pseudoipopotassiemia, per prelevamento di potassio da parte dei globuli rossi, si ha quando il prelievo di sangue viene fatto a un paziente subito dopo che questo ha ricevuto insulina per via endovenosa.
Urea e creatinina
Urea e creatinina sono entrambe utilizzate come indicatori di funzione renale; la creatinina è il parametro più attendibile, anche se non è l’ideale. A causa della relazione inversa tra volume del filtrato glomerulare (VFG) e creatinina plasmatica, il dimezzamento del VFG porterà ad un raddoppio della creatinina plasmatica. Tuttavia, per un dato individuo, una riduzione del VFG di questa grandezza può risultare in una creatininemia che rimane nei limiti del range di riferimento. La creatinina proviene dalla creatina fosfato del muscolo. L’intervallo di riferimento è correlato alla massa muscolare, e bisogna fare attenzione a non trascurare significative variazioni della funzionalità renale in pazienti con piccola massa muscolare che potrebbero essere indicativi di insufficienza renale, sebbene la concentrazione attuale di creatinina rimanga nel range di riferimento dato. L’ingestione di un pasto a base di carne può aumentare la creatinina plasmatica del 52% entro 3.5 h, e la misurazione dovrebbe idealmente essere fatta a digiuno.
L’urea è sintetizzata nel fegato e rappresenta il veicolo corporeo principale per l’escrezione dell’azoto. La produzione di urea può essere modificata dal contenuto proteico della dieta e dall’assorbimento di aminoacidi e peptidi dall’intestino dopo un’emorragia gastrointestinale. In corso di malattia epatica severa, la sintesi dell’urea e quindi la concentrazione plasmatica di urea possono essere diminuite, anche in caso di insufficienza renale. Se il flusso attraverso il lume tubulare è basso, per esempio nella disidratazione, l’urea viene riassorbita e la concentrazione plasmatica aumenta, sebbene la creatinina sia inizialmente normale.
Calcio
Nel plasma il calcio esiste in due forme principali, legato alle proteine (circa il 46%) e ionizzato (circa il 47%), e solo quest’ultimo è fisiologicamente attivo. La maggior parte dei laboratori misura la concentrazione di calcio totale, che è, pertanto, circa due volte la concentrazione di calcio ionizzato. L’intervallo di riferimento dato per il calcio totale presuppone un’albumina plasmatica di 40 g/l. Se questa non è tale, bisogna fare una correzione, oppure si può erroneamente diagnosticare un’ipercalcemia in associazione con una concentrazione di albumina maggiore di 40 g/l ed una ipocalcemia con una concentrazione inferiore a 40 g/l. Una formula utilizzabile per questa correzione è la seguente:
Calcio plasmatico corretto (mmol/l) = calcio plasmatico misurato + 0.02[40 – concentrazione di albumina (g/l)].
Questa correzione non è valida in presenza di una marcata alterazione dell’omeostasi dello ione idrogeno o di una grossa disprotidemia.
La stasi venosa fa aumentare la concentrazione di calcio totale. La concentrazione di calcio ionizzato rimane immodificata in condizione di stasi venosa a meno che non sia alterata la concentrazione di ioni idrogeno. L’utilizzo di un laccio emostatico durante il prelievo di sangue provoca emoconcentrazione e un aumento della concentrazione di proteine nel campione, pertanto il calcio totale aumenta. Idealmente, i campioni per la misurazione del calcio dovrebbero essere prelevati senza laccio.
L’EDTA, comunemente usato come anticoagulante nei contenitori di campioni per esami ematologici, chela il calcio e altri ioni metallici bivalenti e, se presente in un campione, perfino in piccolissime quantità come contaminante, può provocare una falsa ipocalcemia. Siccome la fosfatasi alcalina dipende da ioni metallici bivalente per l’attivazione, anche la sua attività nel plasma verrà abbassata dall’EDTA. La forma usuale dell’anticoagulante è l’EDTA potassico, sicché un ulteriore indizio della sua presenza sarà un potassio artificiosamente aumentato.
Fosforo
Il fosforo è presente nel sangue in forma inorganica ed organica (fosfolipidi, fosfoproteine), ma è nella forma inorganica (fosfato) che viene misurato di routine. Per la concentrazione plasmatica del fosforo esistono vari range di riferimento in rapporto all’età. I valori sono più alti nell’infanzia e nell’adolescenza, quando la crescita è massimale, ma per tutta l’infanzia l’intervallo di riferimento è maggiore che nell’età adulta. La concentrazione plasmatica di fosforo aumenta anche durante l’allattamento. L’iperfosforemia spuria è comune ed è risultato dell’emolisi e del ritardo nell’esecuzione dell’analisi. Con alcuni metodi di analisi è stata riportata un’iperfosforemia spuria in campioni contenenti elevate concentrazioni di proteine.
Glucosio
La misurazione e l’interpretazione delle concentrazioni di glucosio è un campo di gran confusione. Il glucosio plasmatico è di circa il 12% maggiore di quello del sangue intero, in quanto il plasma ha un maggior contenuto di acqua, non contenendo globuli rossi. In condizione di digiuno c’è poca differenza tra glicemia arteriosa, capillare e venosa, ma dopo, introduzione di carboidrati, la glicemia in campioni arteriosi o capillari può superare quella di campioni venosi anche di 1.8 mmol/l. Ciò è di particolare importanza pratica nell’interpretazione di test da carico orale di glucosio.
Per la misurazione del glucosio si preferisce un campione contenente fluoruro di sodio per inibire la glicolisi e stabilizzare la concentrazione di glucosio. Se il sangue è raccolto in una provetta senza conservante, la concentrazione di glucosio può diminuire anche del 7% ogni ora come risultato della glicolisi. Una diminuzione clinicamente rilevante della glicemia è stata riportata anche con l’uso di conservanti. Se si usa una provetta senza conservante e si prevede un ritardo nell’invio al laboratorio, è preferibile la conservazione a 4°C.
Bilirubina
Sia la bilirubina coniugata che la non coniugata sono denaturate dalla luce in modo dipendente dalla temperatura. Pertanto, se l’analisi dev’essere ritardata, i campioni per la determinazione della bilirubina nel plasma o nelle urine dovrebbero essere avvolti da una lamina metallica o da una carta scura e conservati in frigorifero.
Esami di funzionalità epatica
La maggior parte dei laboratori ospedalieri misura una combinazione di enzimi, più comunemente fosfatasi alcalina (ALP), aspartato transaminasi (AST, precedentemente chiamata glutamico ossalacetico transaminasi), alanina aminotransferasi (ALT, prima chiamata glutamico piruvico transaminasi) e gamma glutamiltransferasi (GGT). Spesso questi sono chiamati esami di funzionalità epatica, in quanto sono di solito usati per scoprire se c’è un danno epatico.
La fosfatasi alcalina appartiene a un gruppo di enzimi che idrolizzano gli esteri fosforici. Incrementi nell’attività di questi enzimi non sono specifici per danno epatico, in quanto la ALP plasmatica proviene anche dall’osso, dall’intestino e, durante la gravidanza, dalla placenta. Nei neonati e nei bambini il range di riferimento è maggiore a causa di un aumentato contributo osseo, secondario alla rapida crescita. La separazione degli isoenzimi della ALP può differenziare il tessuto di origine.
AST e ALT sono enzimi che catalizzano il trasferimento di un gruppo a-amino da un acido a-amino a un acido a-oxo all’interno delle cellule. AST e ALT si trovano in molti tessuti extraepatici tra cui cuore, muscolo scheletrico, eritrociti, polmone, cervello e rene, sebbene il contributo nel plasma sia inferiore per quanto riguarda la ALT, essendo questa più epato-specifica. Una lesione muscolare, l’insufficienza cardiaca acuta e lo shock possono raramente provocare un aumento della AST che superi di dieci volte il limite superiore del range di riferimento. Aumenti fino a sei volte la norma sono stati descritti nell’ipotiroidismo, ma in questo caso l’AST è di origine muscolare piuttosto che epatica, ed è accompagnata da un aumento dell’attività della creatinkinasi.
La GGT è un enzima microsomiale che trasferisce il gruppo g-glutamil da g-glutamil peptidi ad aminoacidi e altri peptidi. Viene spesso misurata come un modo surrettizio per individuare l’abuso di alcool. Tuttavia, tra gli alcoolisti senza epatopatia solo la metà hanno un aumento della GGT, la cui entità non è correlata né alla quantità, né alla durata del consumo di alcool etilico. Un gran numero di farmaci, non solo antiepilettici, aumenta l’attività della GGT, e, raramente, questa può essere aumentata nel carcinoma prostatico e nell’ipertiroidismo.
Creatinkinasi
La creatinkinasi (CK) esiste come dimero composto dalle due subunità M e B che si combinano a formare uno di tre dimeri: MM, MB o BB. Il muscolo scheletrico contiene soprattutto MM, il muscolo cardiaco contiene circa il 40% di MB e il cervello contiene solo BB. La CK-MM, e quindi la CK totale, può essere aumentata in pazienti con una grossa massa muscolare e presenta variazioni in rapporto all’origine etnica, essendo più alta negli Afro-Caraibici. La CK viene comunemente usata come indicatore di infarto miocardio, tuttavia il suo livello nel plasma non comincia a salire prima di 4-6 ore dopo un infarto miocardio, e misurazioni effettuate prima possono dare risultati falsi negativi. Una CK elevata con frazione CK-MB >6% è altamente suggestiva di infarto miocardico. Comunque, una frazione CK-MB superiore al 6% si può avere anche dopo severo esercizio, alcune procedure chirurgiche, lesione muscolare acuta o malattia neuromuscolare. Nei ragazzi sani, la frazione CK-MB può essere alta fino al 25%, riducendo così la sua utilità come indicatore di danno cardiaco in questo gruppo di età.
Misure di controllo di qualità
Come abbiamo già detto, ci sono potenziali problemi con la preparazione dei pazienti, con la metodologia e con malattie coesistenti, che possono portare a trabocchetti nell’interpretazione dei risultati degli esami biochimici. Ma, quali misure si prendono per assicurarsi che i risultati prodotti dal laboratorio siano accurati e precisi? I laboratori eseguono controlli interni di qualità includendo standard con valori noti tra i campioni dei pazienti a intervalli regolari. E’ obbligatorio partecipare a progetti esterni di verifica di qualità, per cui campioni contenenti quantità sconosciute di sostanza devono essere misurati e i valori ottenuti riportati a controllori esterni. I laboratori che non raggiungono standard soddisfacenti vengono sottoposti a revisione.
Conclusione
Gli esami biochimici semplici, se correttamente eseguiti ed interpretati, sono utili nella gestione dei pazienti. Un’interpretazione errata può portare ad ulteriori indagini, ma, per la persona sagace, una anormalità biochimica può essere la prima manifestazione di un processo patologico prima non sospettato.
Postgraduate Medical Journal, marzo 2000

NORMATIVA

Decreto legge concernente "Misure contro l’inflazione"   approvato il 17 marzo 2000 dal Consiglio dei ministri.
ARTICOLO 3
Riconoscimento del danno alla persona per le lesioni di lieve entità
1.Il risarcimento dei danni alla persona di lieve entità, definita secondo i parametri di cui alle successive lettere, derivanti da fatto illecito è effettuato secondo i criteri e le misure seguenti:
a) a titolo di danno biologico permanente è liquidato un importo di lire 800mila per ogni punto di invalidità per le lesioni fine al cinque per cento compreso e di lire un milione 500mila per ogni punto di invalidità per le lesioni comprese tra il sei e il nove per cento compreso;
b) a titolo di danno biologico temporaneo è liquidato un importo di lire cinquantamila per ogni giorno di invalidità assoluta; in caso di invalidità temporanea inferiore al cento per cento la liquidazione avviene in misura corrispondente alla percentuale di invalidità riconosciuta per ciascun giorno;
c) a titolo di danno non patrimoniale, nei casi in cui questo è risarcibile ai sensi dell’articolo 2059 del Codice civile, è liquidato un importo non superiore al venticinque per cento dell’importo liquidato a titolo di danno biologico.
2.Agli effetti di cui al comma precedente, per danno biologico si intende la lesione all’integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale. Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato.
3.Con provvedimento amministrativo del ministro dell’Industria, del commercio e dell’artigianato di concerto con il ministro della Sanità si provvede alla determinazione dei punti di invalidità permanente.
4.Gli importi indicati nel comma 1 lettere a) e b) sono aggiornati annualmente cn decreto del ministero del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica in relazione all’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi) pubblicato dall’Istituto nazionale di statistica (Istat).
5.L’impresa assicuratrice, quando, per qualsiasi titolo, riconosce al danneggiato, oltre al risarcimento dei danni a persone o cose, somme per compensi legati all’assistenza prestata da patrocinatori legali e altri soggetti nelle procedure per il risarcimento, provvede direttamente al pagamento dandone comunicazione al danneggiato e indicando l’importo corrisposto nella quietanza dell’assicurato. In ogni altro caso, ove l’impresa venga comunque a conoscenza dell’eventuale attività di assistenza, conserva la documentazione relativa alla prestazione svolta in favore del danneggiato.
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IL COMMENTO
(Una e-mail del Prof. Angelo Fiori, Istituto di Medicina Legale dell' Universita' Cattolica)

E' stato pubblicato, come sapete il Decreto legge governativo "Misure contro l'inflazione" del 17 marzo 2000. Te ne accludo copia tratta da Internet. L'interesse e la sorpresa sono stati grandi. Non so se il decreto supererà i sessanta giorni entro i quelli il Parlamento lo dovrà approvare. Nel frattempo è comunque opportuna qualche osservazione preliminare da diffondere sul sito Lexmedica ( http://www.infinito.it/utenti/cybermed/lexmedica.htm ) e su iuramedica@onelist.com  .
 Mi limito all'art. 3 che riguarda il risarcimento delle "lesioni di lieve entità".
1.  Rilevante è anzitutto l'inserimento surrettizio del concetto di danno biologico   che sembra doversi intendere come norma estesa anche alle lesioni di entità non lieve. La definizione utilizzata ( "per danno biologico si intende la lesione all'integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale"   ricopia integralmente quella contenuta nel disegno di legge Diliberto, Bassolino ecc. dello scorso anno , che era stato oggetto di fondate critiche, specie nel congresso di Bologna dell'Associazione Valore Uomo. Infatti è evidente che questa definizione, arretrata anche rispetto al progetto ISVAP ( di
poco precedente il citato disegno di legge) è un radicale arretramento rispetto all'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, anche costituzionale, dell'ultimo ventennio, la quale ritiene  danno biologico la menomazione psicofisica in sé e per sé considerata ma anche i suoi riflessi relazionali.  Se il decreto supera la soglia dei sessanta giorni la definizione citata diventa legge e l'ipotesi di incostituzionalità, ove sussistesse, sarebbe comunque in salita.!
2.  Incredibile è poi lo stabilire un valore economico fisso di lire 800.000 a punto per i danni dall'1 al 5% e di lire 1.500.000 a punto dal 6 al 9% . Ci si chiede quale differenza sussiste per un 7% attribuito ad un quindicenne e lo stesso 7%   accreditato ad un ottantenne. Saranno risarciti in uguale misura ? Eppure chi ha preparato il decreto dovrebbe sapere che non si tratta di indennizzo bensì di risarcimento e che il quindicenne si porterà appresso quella menomazione per tutta la vita probabile - ed è questa la ragione per la quale le tabelle allestite da vari tribunali per il calcolo pecuniario prevedono un decremento progressivo del valore del punto in rapporto all'età - mentre l'ottantenne riceve la stessa somma senza una previsione statistica di vita futura.  Sento dire che vi sono movimenti politici in agitazione ed è certo che il decreto appare frutto di una improvvisazione forse non del tutto inconsapevole. 
Angelo Fiori
(Mi permetto di aggiungere: chi salvera' il danneggiato da possibili abusi delle Societa' Assicurative?
E' noto come sia prassi pressoche' costante di molti liquidatori presentare proposte di risarcimento inferiori a quanto riconosciuto da medico della Compagnia. Tali tentativi potevano finora essere contrastati efficacemente in giudizio, ma come sara' possibile, in base a questa normativa, iniziare una causa civile per somme cosi' basse?
In altre parole un soggetto che avesse avuto il riconoscimento di un danno del 3% (2.400.000 lire) cosa potra' fare se l' Assicurazione pretendera' spudoratamente di risarcirgli solo l' 1%? Potra' far causa per 1.600.000 lire?. E' ovvio che dovra' inghiottire il boccone amaro, frutto di una autentica "pirateria".
Saremo ormai in balia delle Assicurazioni.
E meraviglia che sia un Governo di sinistra, a parole tanto contrario alle Societa' Assicurative, a portare avanti in piu' occasioni, pervicacemente, questa proposta...
. D.Z.).

UTILITA'

Elenco indicativo dei prodotti e delle sostanze potenzialmente dannosi nei soggetti affetti da Favismo (deficit di 6GPHD).
Ac. Acetilsalicilico Ac. Ascorbico Ac. Nalidixico Ac. P.Aminosalicilico Acecilsulfanilamide Acetanilide Aminopirina Anilina Antipirina Benzene Blu di metilene Blu di toluidina Chinacrina Chinino Cloramfenicolo Clorochina Diaminodifenilsulfone  Fave Fenacetina Furaldatone Furazolidone Isoniazide Naftalene Nitrofurantoina Nitrofurazone Pentacrina Piselli Primachina Salicilazosulfapiridina Sulfacetamide Sulfalene Sulfanilamide Sulfapiridina Sulfisossazolo Sulformetossina Sulfoxone Tiazosulfone Trinitrotoluene Vitamina K (analoghi insolubili).
(A questo elenco indicativo seguira', nel prossimo numero, una esposizione piu' articolata. DZ).

CURIOSITA' MEDICHE

LA STRANA STORIA DI ESCULAPIO E DEL SUO SERPENTE (di Franco Petrella)

 SONO UN CURIOSO ; COSI’ QUANDO COMPILANDO LE PAROLE CROCIATE , UNO DEI MIEI PASSATEMPI PREFERITI , ALLA DEFINIZIONE " ANTICA ARMA DA FUOCO A CANNA LUNGA " SCRISSI QUASI AUTOMATICAMENTE LA PAROLA " COLUBRINA " , MI CHIESI SUBITO IL PERCHE’ DI QUELLO STRANO NOME.
CONSULTAI IL VOCABOLARIO E SCOPRII CHE ESSO DERIVAVA DAL NORME DI UN SERPENTE, IL COLUBRO ( NOME SCIENTIFICO : ELAPHE LONGISSIMA ) PER LA SIMIGLIANZA ALLE SUE FORME LUNGHE E ROBUSTE . LA COSA COMINCIO’ A FARSI INTERESSANTE QUANDO LESSI CHE TALE INNOCUO OFIDE ERA VOLGARMENTE DETTO " COLUBRO DI ESCULAPIO " .
COSA C’ENTRAVA IL COLUBRO CON COLUI ( L’ASCLEPIO GRECO ) CHE AVEVA CREATO LA NOSTRA ARTE MEDICA ?
 
LE NOTIZIE IN MIO POSSESSO SI ARRICCHIRIRONO CON ULTERIORI STUDI CHE MI PORTARONO ALL’ECLATANTE SCOPERTA : IL SIMBOLO DI ASCLEPIO , DIO DELLA MEDICINA , FIGLIO DI APOLLO E CORONIDE E ALLIEVO DEL CENTAURO CHIRONE , ERA COSTITUITO DAL BASTONE CUI ERA AVVINGHIATO ATTORNO IL SERPENTE , IL COLUBRO APPUNTO DI CUI SOPRA .
CAPITE ? UN BASTONE ED UN SOLO SERPENTE !
E ALLORA QUELLO CHE NOI VEDIAMO OGNI GIORNO , SULLE NOSTRE RICETTE MUTUALISTICHE , SUI TESSERINI PERSONALI DEGLI ASSISTITI , BEN IN MOSTRA IN UFFICI PUBBLICI , OSPEDALI , CASE DI CURA PRIVATE , ECC. , CHE COS ’E’ ?
EBBENE QUELLO , IL BASTONE CON IN CIMA LE ALI E CON DUE ( DICO BEN DUE ! ) SERPENTI AVVINGHIATI E’ IL SIMBOLO DI MERCURIO ( L’ERMES DEI GRECI ) ARALDO, MESSAGGERO DEGLI DEI ; ESSO VIENE RICONOSCIUTO COME " CADUCEO " DALLA PAROLA GRECA CHE VUOL DIRE APPUNTO " INSEGNA DELL’ARALDO ".
IL DIO ERMES O MERCURIO SEPARO’ , UN GIORNO , CON LA SUA VERGA ALATA DUE SERPENTI CHE AVVINGHIATI LITIGAVANO ( FORSE SIMBOLEGGIAVANO DUE COMMERCIANTI ? NON ME NE VOGLIANO QUEST’ULTIMI , E’ SOLO UNA LEGGENDA ! ) E DA QUEL GIORNO ESSI COSTITUIRONO PARTE INTEGRANTE DEL CADUCEO DEL DIO CHE FU , PER COSI’ DIRE , " ADOTTATO " DAI COMMERCIANTI DELL’ ANTICHITA’ COME LORO PROTETTORE .
OGGI IL CADUCEO , QUELLO APPUNTO CON LE ALI E DUE SERPENTI , E’ USATO COME SIMBOLO DELLA CATEGORIA DEI FARMACISTI E INDEBITAMENTE USURPATO DALLA CATEGORIA MEDICA ( O DOVREI DIRE " INDEBITAMENTE IMPOSTO" AD ESSA ), VUOI PER IGNORANZA , VUOI PER IL SOLITO FATTO CHE LE SCELTE PER TUTTO CIO’ CHE CI RIGUARDA VENGONO EFFETTUATE DA TUTTI ( POLITICI , BUROCRATI , FUNZIONARI AMMINISTRATIVI , STAMPATORI E CHI PIU’ NE HA PIU’ NE METTA ) FUORCHE’ DAI MEDICI.
 VOLENDOCI ADDENTRARE NEL SIGNIFICATO DEI SIMBOLI NON POTREMO FARE A MENO DI NOTARE COME DA SEMPRE IL BASTONE RAPPRESENTA IL POTERE , IL COMANDO .
NELLE ANTICHE CIVILTA’ IL SERPENTE RAPPRESENTAVA , INVECE, DI SOLITO LA CONOSCENZA ED IL RINNOVAMENTO .
E’ STUPEFACENTE ! IN UN SIMBOLO E’ RACCHIUSO TUTTO IL SEGRETO DELL’ARTE MEDICA .
IL POTERE , INTESO IN QUESTO CASO NON IN SENSO DELETERIO MA COME L’AVERE LA POSSIBILITA’ , LA FACOLTA’ DI LENIRE , CURARE GLI ALTRUI MALI , SI OTTIENE TRAMITE LA CONOSCENZA  ( LO STUDIO, L’APPLICAZIONE PRATICA ) MA SOPRATTUTTO CON IL RINNOVAMENTO COSTANTE DI QUEST’ULTIMA !
IL RIAPPROPRIARCI DEL NOSTRO SIMBOLO NON DEVE SEMBRARE COSA FATUA. LE NOSTRE RADICI , QUELLE DELLA NOSTRA MEDICINA SONO PROFONDAMENTE ABBARBICATE NELLA STORIA MILLENARIA , NEGLI UOMINI CHE , SFIDANDO LA NATURA ED I SUOI SEGRETI , HANNO PERMESSO A QUELLA STESSA MEDICINA L’EVOLUZIONE CHE L’HA PORTATA SIN QUI - COME DICONO TUTTI ORAMAI ! – " ALLE SOGLIE DEL TERZO MILLENNIO " .

LA STORIA DI QUESTI UOMINI COMINCIA DA ASCLEPIO E DELLA SUA VITA O DEL SUO MITO , SE VOLETE , PARLEREMO UN’ALTRA VOLTA.
QUALCUNO FORSE MI OBIETTERA’ , IN QUESTO SFACELO TOTALE CHE E’ LA NOSTRA MEDICINA E CON TUTTI I PROBLEMI CHE CI SONO , " MA TU A CHE VAI A PENSARE ! "   L ’ HO SENTITA MOLTE ALTRE VOLTE QUESTA LOCUZIONE .
E’ LA SCUSA PIU’ RICORRENTE PER EVITARE I PROBLEMI ; E’ TECNICA STANDARDIZZATA AL DISTOGLIMENTO DA QUEST’ULTIMI .
ESISTE SEMPRE UN PROBLEMA PIU’ GRANDE ED IMPORTANTE RISPETTO A QUELLO IN ESAME : : " MA COME , ABBIAMO IL PROBLEMA CAMORRA , LA GENTE MUORE TUTTI I GIORNI , LA DISOCCUPAZIONE DILAGA ED IO DEVO PENSARE ALLE CINTURE DI SICUREZZA IN AUTO ED AL DIVIETO DI FUMO NEGLI OSPEDALI ! "
E’ ANCHE GRAZIE A QUESTA INCULTURA DELLA CIVILTA’ SE SIAMO DOVE SIAMO!