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"PILLOLE" DI MEDICINA TELEMATICA
Patrocinate da - SIMG-Roma -
A. S. M. L. U. C. - eDott. it 

Periodico di aggiornamento medico e varie attualità
di: 
Daniele Zamperini e Raimondo Farinacci
Iscrizione gratuita su richiesta. Archivio consultabile su: www. edott. it e su http://zamperini. tripod. com
Il nostro materiale è liberamente utilizzabile per uso
privato. Riproduzione riservata
.


Dicembre 2003

INDICE GENERALE

PILLOLE


APPROFONDIMENTI


MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA


Rubrica gestita da D. Z. per l'ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica

PILLOLE


 

Alti livelli plasmatici di alfa-tocoferolo sembrano ridurre il rischio di carcinoma gastrico e di carcinoma dell'esofago

Uno studio randomizzato, General Population Trial, compiuto in Cina nella provincia di Linxian, ha dimostrato che i soggetti che assumevano selenio, beta-carotene, e vitamina E, presentavano una più bassa incidenza di mortalità per tumore rispetto a coloro che non assumevano supplementi.
I Ricercatori coordinati dal Cancer Prevention Studies Branch del National Cancer Institute (NCI) hanno anche esaminato l'eventuale associazione tra livelli plasmatici di vitamina E prima dello studio ed il rischio di sviluppare tumori dello stomaco e dell'esofago nel durante.
Il rischio relativo confrontando il più alto quartile di alfa-tocoferolo con quello più basso è stato di 0,63 per il carcinoma esofageo a cellule squamose, di 0,84 per il carcinoma gastrico del cardias e 2,05 per il carcinoma gastrico non cardiale.
I livelli di gamma-tocoferolo non sono invece risultati associati a nessun tipo di tumore.
L'alfa-tocoferolo, secondo gli Autori sembra avere un ruolo nell'eziologia dei tumori gastrointestinali del tratto superiore.

J Nat Cancer Inst 2003; 95:1414-1416

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Citalopram efficace nei pazienti con disturbo d'ansia sociale e depressione maggiore

Lo studio ha valutato la risposta al trattamento con Citalopram nei pazienti con disturbo d'ansia sociale e depressione maggiore.
I pazienti sono stati trattati con un dosaggio flessibile di Citalopram per 12 settimane. La percentuale di risposta alla 12^ settimana è stata del 66,7% (14/21) per il disturbo sociale d'ansia e del 76,2% (16/21) per la depressione. È stata osservata una più rapida e più completa risposta sia relativamente ai sintomi depressivi che ai sintomi d'ansia sociale. Il dosaggio medio di Citalopram è stato di 37,6 mg/die.
Secondo gli Autori, il Citalopram è efficace nei pazienti con disturbo d'ansia sociale primario e depressione maggiore. I limiti dello studio sono rappresentati dal disegno aperto, dal numero ridotto di pazienti e dalla breve durata del trattamento.

Depression and Anxiety 2003; 17:191-196


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I contraccettivi orali di seconda e terza generazione sono entrambi efficaci nel trattamento dell'acne

Lo studio ha confrontato l'efficacia clinica dei contraccettivi orali di seconda e terza generazione nel trattamento dell'acne.
Un totale di 34 donne con acne è stato assegnato in modo random a ricevere un contraccettivo orale contenente 0,3 mg di Etinil Estradiolo / 0,15 di Desogestrel oppure 0,3 mg di Etinil Estradiolo / 0,15 mg di Levonorgestrel, per 9 mesi.
Il numero delle lesioni acneiche si è ridotto in modo significativo in entrambi i gruppi rispetto al basale (p< 0.02).
Dopo 9 mesi di terapia, l'acne si è ridotta del 52,8% nel gruppo Etinil Estradiolo / Levonorgestrel (n=9) e del 58,5% nel gruppo Etinil Estradiolo / Desogestrel (n=7).
La globulina legante l'ormone sessuale (SHBG) si è ridotta mediamente di 46,3 nmol/L nel gruppo Etinil Estradiolo / Desogestrel e di 20,0 nmol/l nel gruppo Etinil Estradiolo / Levonorgestrel (p< 0.05).

Am J Obstet Gynecol 2003

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Il fumo di tabacco durante il periodo fetale sembra associato all'insorgenza di disturbi comportamentali in età pediatrica

L'obiettivo dello studio è stato quello di valutare la relazione tra esposizione prenatale alla nicotina, all'alcol, alla caffeina e agli stress psicosociali durante la gravidanza ed il rischio di sviluppare disturbi comportamentali, come il disturbo da deficit di attenzione-iperattività (ADHD), in età pediatrica.
Sono stati identificati 24 studi riguardanti la nicotina (fumo di tabacco), 9 l'alcol, 1 la caffeina e 5 lo stress psicosociale.
Gli studi sulla nicotina hanno indicato che i figli di madri fumatrici durante la gravidanza, avevano un maggior rischio di sviluppare disturbi comportamentali.
Gli altri studi riguardanti alcool, caffeina e stress psicosociale non hanno invece fornito nessuna chiara indicazione.
Diversi studi clinici hanno però presentato limiti metodologici.

Am J Psychiatry 2003; 160:1028-1040

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Il DDT e gli effetti sulla riproduzione

Una ricerca pubblicata sulla rivista "The Lancet" esamina gli effetti del pesticida DDT e del suo prodotto secondario DDE sulle capacità riproduttive femminili.
L'uso del DDT è vietato da circa trent'anni in molti paesi industrializzati, dopo che i suoi effetti tossici sull'ambiente e sulla salute (tramite la catena alimentare) sono stati identificati. Ma il pesticida è tuttora usato in alcuni paesi in via di sviluppo, in particolare nelle regioni dove effettivamente riduce la trasmissione della malaria grazie ai suoi effetti tossici sulle zanzare.
Barbara A. Cohn e colleghi, del Public Health Institute di Berkeley, negli Stati Uniti, hanno misurato le concentrazioni di DDT e DDE nel sangue (conservato in laboratorio) di donne che hanno partorito in California nei primi anni sessanta. Hanno poi confrontato i valori con la durata delle gravidanze di 289 figlie di quelle donne 30 anni dopo.
I ricercatori hanno così trovato una chiara associazione fra elevate concentrazioni di DDT nel sangue materno e un calo della possibilità di rimanere incinte nelle loro figlie. Ogni aumento di 10 microgrammi per litro di DDT nel sangue delle madri corrisponde a una riduzione di quasi un terzo nella probabilità di gravidanza delle figlie. Inaspettatamente, il DDE sembra avere un effetto opposto, e questo potrebbe spiegare come mai in passato, dopo l'introduzione del DDT, non sono stati osservati grandi cambiamenti nella riproduzione umana.

Lancet 2003;361:2205-2206

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Gli isoflavonoidi (fitoestrogeni) non riducono i sintomi da menopausa nelle donne con tumore della mammella

I ricercatori dell'Helsinki University Central Hospital in Finlandia hanno studiato gli effetti dell'impiego quotidiano di isoflavonoidi sui sintomi del climaterio e sulla qualità della vita nelle pazienti con una storia di tumore della mammella.
Un totale di 62 donne in postmenopausa, sintomatiche, è stato assegnato in modo random al trattamento con fitoestrogeni (compresse contenenti 114 mg di isoflavonoidi) o al placebo, per 3 mesi.
Dopo un periodo di wash-out di 2 mesi, è stato effettuato uno scambio crociato (crossover) : le pazienti del gruppo placebo sono state trattate con fitoestrogeni e viceversa.
Cinquantasei donne hanno completato lo studio.
Il trattamento con fitoestrogeni ha prodotto un aumento dei livelli di fitoestrogeni circolanti, ma l'indice di Kupperman, che valuta i sintomi della menopausa, è risultato ridotto in modo simile sia dopo trattamento con fitoestrogeni che dopo placebo.
I parametri della qualità della vita, come la capacità lavorativa e l'umore, non sono stati influenzati dai fitoestrogeni.
Il trattamento con fitoestrogeni è risultato comunque ben tollerato.

Obstet Gynecol 2003; 101:1213-1220

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Lo Studio AFFIRM sulla Fibrillazione Striale

La fibrillazione atriale colpisce circa il 10% dei soggetti con età superiore ai 65 anni e la sua incidenza aumenta con l'età.
La sicurezza dei farmaci antiaritmici (es. Amiodarone, Chinidina, Flecainide, Propafenone, Sotalolo) non è ottimale. Questi farmaci, infatti, possono causare gravi effetti indesiderati, in alcuni casi mortali. Inoltre i farmaci antiaritmici sono scarsamente efficaci nel mantenimento del ritmo sinusale.
È per questi motivi che i National Institutes of Health (Usa), e più precisamente il National Heart Lung and Blood Institute (NHLBI), hanno messo a confronto due strategie per la terapia della fibrillazione atriale: il controllo del ritmo con i farmaci antiaritmici ed il controllo della frequenza ventricolare con i farmaci in grado di rallentare la conduzione a livello del nodo atrio-ventricolare.
Lo studio AFFIRM (Atrial Fibrillation Follow-up Investigation of Rhythm Management) ha coinvolto 4.060 pazienti con una storia di fibrillazione atriale e fattori di rischio per l'ictus e per la morte cardiovascolare.
Da questo studio non è emerso nessun beneficio dei farmaci antiaritmici sull'incidenza di mortalità o su altri outcome.
È stata, invece, osservata una maggiore percentuale di effetti indesiderati con i farmaci antiaritmici rispetto ai farmaci per il controllo della frequenza ventricolare.
I principali effetti indesiderati riscontrati nello Studio AFFIRM sono stati:

  • torsione di punta (0,8% nel gruppo controllo del ritmo versus 0,2% nel gruppo controllo della frequenza);
  • gravi bradiaritmie (0,6% nel gruppo controllo del ritmo versus < 0,1% nel gruppo controllo della frequenza);
  • ri-ospedalizzazione (80% nel gruppo controllo del ritmo versus 73% nel gruppo controllo della frequenza);
  • eventi polmonari (7,3% nel gruppo controllo del ritmo versus 1,7% nel gruppo controllo della frequenza);
  • eventi gastrointestinali (8% nel gruppo controllo del ritmo versus 2,1% nel gruppo controllo della frequenza).

La mortalità a 5 anni è risultata leggermente superiore nel gruppo dei pazienti trattati con farmaci antiaritmici (23,89% versus 21,3%; p=0,08).
In un editoriale, pubblicato sul Canadian Medical Association Journal, Stanley Nattel del Montreal Heart Institute, ha sottolineato che i risultati dello studio AFFIRM e del più piccolo Studio di van Gelder hanno dimostrato che l'obiettivo del "ritmo sinusale a tutti i costi" non ha più ragione d'essere. L'impiego dei farmaci antiaritmici nel trattamento della fibrillazione atriale dovrebbe pertanto essere rivisto. I medici dovrebbero tenere presente che i farmaci antiaritmici possono causare gravi reazioni avverse, talvolta mortali.
I pazienti con fibrillazione atriale asintomatica o scarsamente sintomatica potrebbero giovarsi del controllo della frequenza ventricolare con farmaci più sicuri degli antiaritmici quali: beta bloccanti, calcioantagonisti, mentre i farmaci antiaritmici potrebbero essere riservati ai pazienti sintomatici.
Rimane aperta la questione della fibrillazione atriale parossistica.
Si è visto in precedenti studi clinici che i farmaci antiaritmici hanno uno scarso effetto nel prevenire gli episodi di fibrillazione atriale in questi pazienti.
Capucci A et collaboratori alcuni anni fa avevano proposto la somministrazione di un dosaggio di carico di Flecainide o di Propafenone al momento dell'episodio aritmico, evitando l'inutile somministrazione di antiaritmici tra un episodio e l'altro.

CAMAJ 2003; 168:572-573

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Il duplice blocco del sistema renina-angiotensina permette un maggiore effetto nefroprotettivo rispetto al solo trattamento con Ace inibitori

Uno studio ha esaminato l'effetto di un duplice blocco del sistema renina-angiotensina mediante aggiunta di un antagonista del recettore dell'angiotensina II al trattamento con un Ace inibitore, nei pazienti con diabete di tipo 2 e nefropatia.
Hanno preso parte allo studio crossover, 20 pazienti con diabete di tipo 2 e con ipertensione e nefropatia.
I pazienti sono stati randomizzati a ricevere il Candesartan (Ratacand) 16 mg/die o placebo, in aggiunta al trattamento base costituito da Lisinopril / Enalapril 40 mg/die o Captopril 150 mg/die.
Nel corso del solo trattamento con Ace inibitore, l'albuminuria aveva un valore di 706 mg/24 ore e la pressione sanguigna ambulatoriale nelle 24 ore era in media 138 +/- 3 mmHg (sistolica) e 72 +/- 2 mmHg (diastolica) e la velocità di filtrazione glomerulare era 77 +/- 6 ml/min/1,73 m(2).
Durante il duplice blocco (Ace inibitore + Candesartan 16 mg/die) è stata osservata una riduzione media dell'albuminuria di 28 rispetto al solo trattamento con Ace inibitore (p<0,001).
C'è stata una modesta riduzione della pressione sistolica / diastolica di 3/2 mmHg.
Inoltre c'è stata una piccola, non significativa, riduzione della velocità di filtrazione glomerulare di 4 ml/min/1,73m(2).
Da questo studio emerge che il duplice blocco del sistema renina-angiotensina produce un effetto nefroprotettivo, di breve durata, superiore rispetto a quello del solo trattamento con Ace inibitori.
La nefroprotezione è risultata indipendente dai cambiamenti pressori.

Diabetes Care 2003; 26:2268-2274

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Parto pretermine: la Nimesulide causa effetti indesiderati di breve durata sul feto simili a quelli prodotti dall'Indometacina e dal Sulindac

Lo studio ha valutato se il trattamento con Nimesulide fosse causa di un minor numero di effetti indesiderati fetali rispetto all'Indometacina e al Sulindac dopo breve esposizione della madre per tocolisi.
Le donne che erano alla 28^ e alla 32^ settimana di gestazione con contrazioni pretermine sono state trattate per 48 ore con Indometacina 100mg (2 volte die), Sulindac 200 mg (2 volte die) o Nimesulide 200 mg (2 volte die).
Il periodo di osservazione è stato di 72 ore.
L'indice del liquido amniotico, la produzione oraria delle urine fetali e l'indice di pulsatilità sono stati monitorati prima del trattamento e a 4, 24, 48, 72 e 120 ore dopo il trattamento.
Ciascun farmaco ha causato una significativa riduzione in tutti e 3 i parametri per un periodo di 48 ore. Il ripristino dei livelli pre-trattamento è avvenuto dopo 72 ore.
Sulla base dei dati di questo studio la Nimesulide causa effetti indesiderati di breve durata a carico del feto in modo simile a quelli prodotti dall'Indometacina e dal Sulindac.

Am J Obstet Gynecol 2003; 188:1046-1055

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Obiettivi pressori nei pazienti con diabete mellito di tipo 2

I pazienti con diabete mellito di tipo 2 presentano complicanze vascolari sia a livello macrovascolare (malattia coronarica, malattia cerebrovascolare, malattia vascolare periferica) che a livello microvascolare (retinopatia, nefropatia, neuropatia). Le complicanze macrovascolari sono le più comuni. L'ipertensione è spesso presente nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 e rappresenta uno dei fattori di rischio per le complicanze vascolari.
Una revisione della letteratura ha avuto come obiettivo quello di valutare il trattamento farmacologico in questi pazienti. Il trattamento dell'ipertensione nei pazienti con diabete di tipo 2 ha ridotto in modo significativo gli eventi cardiovascolari e la mortalità.
È emerso che il controllo della pressione sanguigna nei pazienti con diabete dovrebbe essere più aggressivo rispetto alle persone ipertese ma senza diabete.
Nello studio HOT, una differenza di 4 punti nella pressione diastolica (85 mmHg versus 81 mmHg) ha comportato una riduzione del 50% nel rischio di eventi cardiovascolari nei pazienti con diabete, mentre i pazienti senza diabete non hanno presentato alcun beneficio.
L'obiettivo pressorio (pressione diastolica) nei pazienti con diabete di tipo 2 dovrebbe essere di 80 mmHg. L'obiettivo sistolico è posto a 135 mmHg.
La maggior parte dei pazienti diabetici necessità di una politerapia antipertensiva.

Ann Intern Med 2003; 138: 593-602

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Acidi grassi omega3 nella cachessia tumorale

Gli acidi grassi della serie omega3, specialmente l'Acido Eicosapentaenoico (EPA) sembrano possedere un effetto anticachettico.
Uno studio multicentrico ha confrontato un supplemento proteico ed energetico arricchito con acidi grassi n3 ed antiossidanti (supplemento sperimentale), con un supplemento isocalorico, isoazotato (supplemento di controllo) nei pazienti cachettici con tumore del pancreas in stato avanzato.
Un totale di 200 pazienti è stato assegnato ad assumere il supplemento sperimentale (n=95) o il supplemento di controllo (n=105), per 8 settimane.
Al momento dell'arruolamento, la percentuale media di perdita di peso era di 3,3 kg/mese.
L'analisi post-hoc dose-risposta ha indicato che solo i supplementi arricchiti con acidi grassi n3, se assunti in sufficiente quantità, possono portare ad un aumento di peso.

Gut 2003; 52:1479-1486

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Decorso clinico della psoriasi durante la gravidanza

I cambiamenti fisiologici che avvengono durante la gravidanza inducono remissione della malattia infiammatoria in diversi casi. I Ricercatori del Psoriasis Research Institute e della Stanford School of Medicine hanno studiato il decorso clinico della psoriasi nel corso della gravidanza.
Lo studio retrospettivo si è avvalso dei dati di 736 questionari. Nella maggior parte dei pazienti la psoriasi è migliorata nel corso della gravidanza. I dati su 91 gravidanze hanno mostrato un miglioramento nel 56% (n=51) dei casi ed un peggioramento nel 26,4% (n=24). Non è stata osservata alcuna variazione nel 17,6% dei casi (n=16).
Le pazienti con miglioramenti nel corso della prima gravidanza hanno presentato una risposta simile nelle gravidanze successive.
Le citochine proinfiammatorie di tipo Th-1 sono risultate up-regolate nei pazienti con psoriasi.
È probabile che durante la gravidanza si abbia una riduzione dell'up-regolazione delle citochine Th-1 a favore delle citochine Th-2.

Int J Dermatol 2003; 42:518-520

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Regressione della displasia della cervice di basso grado dopo somministrazione intravaginale di DHEA

Il Deidroepiandrosterone (DHEA) è un ormone che ha dimostrato di possedere un'attività modulatrice del sistema immunitario ed inibitoria sul tumore.
Uno studio pilota, compiuto presso il Massachussets General Hospital di Boston, ha esaminato la sicurezza e l'efficacia del DHEA, somministrato per via intravaginale, nelle donne con displasia cervicale a basso grado.
A 12 donne sono stati somministrati 150 mg di DHEA micronizzato per via intravaginale al giorno, per 6 mesi. Al termine dello studio l'83% (10/12) delle donne non presentava più displasia. Le rimanenti 2 donne avevano normali esami colposcopici ma l'esame citologico ha mostrato la presenza di cellule atipiche di significato non definito. Non sono stati osservati effetti indesiderati. Gli incoraggianti risultati dello studio necessitano tuttavia di conferma.

Gynecol Obstet Invest 2003; 55:25-31

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Sclerosi Laterale Amiotrofica: risultati sorprendenti da un esperimento di terapia genica

Uno studio di terapia genica eseguito su animali ha fornito risultati sorprendenti, riducendo i sintomi della malattia e raddoppiando la sopravvivenza.
I Ricercatori del Salk Institute di La Jolla (Usa) hanno iniettato nei muscoli di topi con una malattia simile alla sclerosi laterale amiotrofica, un gene in grado di produrre IGF-1 (Insulin-like Growth Factor-1).
L'IGF-1 ha esercitato un effetto protettivo sulle cellule nervose, ha ridotto il deterioramento muscolare ed ha aumentato la sopravvivenza.
L'IGF-1 sembra attivare l'enzima Akt che blocca l'apoptosi (morte cellulare programmata).
I risultati sono stati così sorprendenti da indurre i Ricercatori ad organizzare in tempi brevi (forse nel 2004) uno studio clinico sull'uomo.
Nella sclerosi laterale amiotrofica, nota anche come malattia di Lou Gehrig, si ha una degenerazione dei motoneuroni con conseguente paralisi e morte.

Science 2003

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Sclerosi multipla e EBV: una correlazione?

Già nelle ricerche passate era stato ipotizzato un legame tra l'infezione da virus di Epstein-Barr (EBV) e le probabilità di sviluppare sclerosi multipla (SM).
Per valutare questa correlazione sono stati esaminati campioni di sangue provenienti da oltre 3.000.000 di militari appartenenti all'esercito USA. Questi soggetti sono stati sottoposti all'analisi di una serie di anticorpi specifici, sia contro gli antigeni del capside virale che contro gli antigeni nucleari del virus; venivano anche esaminati altri elementi, quali il citomegalovirus e altri agenti patogeni.
Venivano accertati 83 casi di sclerosi multipla, e questi casi venivano confrontati con altri soggetti sovrapponibili agli interessati per variabili quali età, sesso e appartenenza etnica.
Lo studio evidenziava una correlazione diretta tra livelli di IGG anti HCV (anticore virale) o anti EBNA con comparsa di SM.
Il rischio della comparsa di sclerosi multipla era direttamente correlata in funzione della concentrazione di questi anticorpi. Non risultava invece nessuna correlazione tra sclerosi multipla e anticorpi contro il citomegalovirus.
Lo studio permette quindi di ipotizzare una correlazione cronologica tra infezione con virus di Epstein-Barr e lo sviluppo di una successiva sclerosi multipla; pur non potendosene affermare una diretta relazione causale tuttavia la correlazione appare altamente significativa e pone i presupposti per ulteriori ricerche che dovranno chiarire gli eventuali meccanismi di correlazione tra le due condizioni morbose.

(Levin LI, Munger KL, et all. "JAMA" 2003;289:1533-1536)

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Stenosi della vena polmonare dopo trattamento chirurgico della fibrillazione atriale

L'isolamento della vena polmonare è una nuova procedura riservata a pazienti selezionati con fibrillazione atriale.
La stenosi della vena polmonare è una possibile complicanza della procedura.
Lo scopo dello studio è stato quello di descrivere il decorso clinico ed i sintomi associati alla stenosi della vena polmonare dopo ablazione.
Lo studio retrospettivo ha interessato 335 pazienti, sottoposti ad isolamento della vena polmonare perché resistenti alla terapia farmacologica.
Una grave stenosi della vena polmonare è stata osservata in 18 pazienti (5%), in media 5,2 mesi dopo l'ablazione.
Otto di questi 18 pazienti erano asintomatici, mentre 8 hanno presentato respiro corto, 7 hanno tosse e 5 emottisi.
Alterazioni radiologiche erano presenti in 9 pazienti.
L'intervento di dilatazione della vena polmonare è stato necessario in 12 pazienti.
Da questo studio emerge che la stenosi della vena polmonare dopo ablazione è associata a sintomi respiratori che possono condurre a false interpretazioni diagnostiche.

Ann Intern Med 2003; 138:634

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Studio OFELY: predittori indipendenti di fratture osteoporotiche nelle donne in postmenopausa

Una coorte di 672 donne, sane, in postmenopausa, d'età media 59,1 anni, sono state seguite per 5,3 +/-1,1 anni.
Nel corso del follow-up i Ricercatori del National Institute for Medical Research e della Claude Bernard University di Lione (Francia) hanno osservato 81 fratture osteoporotiche, con un'incidenza annuale di 21/1000 donne/anno.
Sono stati individuati 7 predittori indipendenti di fratture osteoporotiche:

  • età uguale o superiore a 65 anni [OR 1,90],
  • cadute in passato [OR 1,76],
  • densità minerale ossea (BMD) totale dell'anca minore o uguale a 0,736g/cm(2) [OR 3,15]
  • forza di presa sinistra inferiore o uguale a 0,60 bar [OR 2,05],
  • storia materna di fratture [OR 1,77],
  • ridotta attività fisica [OR 2,08],
  • storia personale di fratture da fragilità [OR 3,33].

Al contrario, il peso corporeo, la perdita di peso, la perdita in altezza, il fumo, la coordinazione neuromuscolare valutata da 3 test, la terapia di sostituzione ormonale, non sono risultati predittori indipendenti delle fratture da fragilità dopo aggiustamento per tutte le variabili.
Pertanto gli Autori consigliano di includere nella valutazione clinica del rischio di fratture osteoporotiche nelle donne in postmenopausa:

  • la qualità della struttura ossea (precedenti fratture da fragilità);
  • lo stile di vita (attività fisica);
  • la funzione muscolare (la forza di presa);
  • le cadute;
  • l'età.

Bone 2003; 32: 78-85

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Studio PRAGUE-2: nell'infarto miocardico è meglio la trombolisi immediata o l'angioplastica primaria?

L'intervento coronarico percutaneo (PCI) primario ha dimostrato essere, ad oggi, la più efficace terapia di riperfusione nell'infarto miocardico acuto (IMA).
Lo studio PRAGUE-2 ha valutato la fattibilità del trasporto dei pazienti con IMA a Centri specializzati per l'intervento coronarico percutaneo.
Un totale di 850 pazienti con un infarto miocardico acuto e sopraslivellamento ST, ad insorgenza entro 12 ore, è stato randomizzato alla trombolisi presso il più vicino ospedale privo di laboratorio di cateterizzazione (gruppo trombolisi: n=421) o all'immediato trasporto in un ospedale attrezzato per l'intervento coronarico percutaneo (gruppo PCI: n=429).
L'end point primario era rappresentato dalla mortalità a 30 giorni.
L'end point secondario consisteva invece in : mortalità / infarto / ictus a 30 giorni (end point combinato) e mortalità a 30 giorni tra i pazienti trattati entro 0-3 ore e 3-12 ore dall'inizio dei sintomi.
La distanza massima di trasporto è stata di 120 km.
All'analisi intention-to-treat la mortalità a 30 giorni è risultata essere del 10% nel gruppo sottoposto a trombolisi rispetto al 6,8% del gruppo PCI (p=0,12).
Tra i 299 pazienti randomizzati dopo 3 ore dall'inizio dei sintomi, la mortalità nel gruppo trattato con trombolisi è stata del 15,3% rispetto al 6% dei pazienti sottoposti a PCI (p<0,02).
Nessuna differenza nella mortalità è stata invece riscontrata nei pazienti (n=551) randomizzati entro 3 ore (mortalità nel gruppo trombolisi: 7,4% versus mortalità nel gruppo PCI: 7,3%).
Lo studio PRAGUE-2 ha dimostrato che il trasporto dei pazienti con infarto miocardico acuto ad un Centro specializzato per l'intervento coronarico percutaneo è sicuro.
Il PCI rappresenta la migliore strategia riperfusionale nei pazienti con infarto miocardico acuto ed insorgenza dei sintomi da più di 3 ore.
Nei pazienti con IMA ed insorgenza dei sintomi entro 3 ore, le due strategie, la trombolisi e il PCI, risultano similari.

Eur Heart J 2003 ; 24 :94-104

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Nuovo farmaco per l'osteoporosi nella postmenopausa: Teriparatide

Il Teriparatide è il frammento attivo dell'ormone paratiroideo.
Il Teriparatide trova indicazione nel trattamento dell'osteoporosi accertata nelle donne in post-menopausa.
Il Teriparatide, somministrato una volta al giorno, aumenta l'apposizione di nuovo osso sulle superfici trabecolari e corticali dell'osso mediante stimolazione preferenziale dell'attività osteoblastica rispetto a quella osteoclastica.
In uno studio che ha coinvolto 1637 donne in post-menopausa di età media 69,5 anni, il Teriparatide, somministrato giornalmente assieme a calcio (1000mg) e vitamina D (400UI) in media per 19 mesi, ha ridotto in modo statisticamente significativo le fratture vertebrali rispetto al placebo (nuove fratture: 5% versus 14,3%; fratture multiple: 1,1% versus 4,9%; rispettivamente). Al termine del trattamento, la densità minerale ossea (BMD) è aumentata a livello del tratto lombare della colonna vertebrale e del femore in toto, rispettivamente del 9% e del 4% rispetto al placebo.
Il Teriparatide al dosaggio di 20 microgrammi/die deve essere somministrato per via sottocutanea (coscia o addome) una volta al giorno. La durata massima totale del trattamento con Teriparatide deve essere di 18 mesi. Dopo la conclusione della terapia con il Teriparatide i pazienti possono proseguire con altra terapia per l'osteoporosi. È consigliato associare calcio e vitamina D al trattamento con Teriparatide.
La somministrazione di Teriparatide presenta le seguenti controindicazioni:

  • ipersensibilità al farmaco o agli eccipienti;
  • ipercalcemia preesistente;
  • grave insufficienza renale;
  • malattie metaboliche alle ossa diverse dall'osteoporosi (iperparatiroidismo, malattia ossea di Paget);
  • aumenti ingiustificati della fosfatasi alcalina;
  • precedente terapia radiante all'apparato scheletrico.

Dopo somministrazione del Teriparatide, nei pazienti con valori normali di calcemia si possono osservare aumenti delle concentrazioni plasmatiche di calcio. Questo effetto di norma raggiunge un suo massimo dopo 4-6 ore per poi attenuarsi fino al raggiungimento dei valori normali dopo 16-24 ore.
Con l'uso del farmaco possono anche presentarsi episodi isolati di ipotensione ortostatica che insorgono dopo circa 4 ore dalla somministrazione e si risolvono spontaneamente. Il Teriparatide deve essere usato con cautela nei pazienti con moderata insufficienza renale.
Studi di co-somministrazione non hanno mostrato l'esistenza di interazioni farmacologiche con Idroclorotiazide e Raloxifene. Sono stati riportati casi in cui l'ipercalcemia può predisporre i pazienti ad una tossicità da digitale. Gli effetti indesiderati più comunemente riportati dopo somministrazione di Teriparatide sono stati: nausea, dolore agli arti, cefalea e vertigini. Nel corso di studi di lungo periodo su animali è stata osservata una maggiore incidenza di osteosarcoma.

Fonte: EMEA

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La vaginosi batterica, soprattutto se insorta nella prima parte della gravidanza, è un fattore di rischio per il parto pre-termine e per l'aborto spontaneo

Una meta-analisi ha valutato l'effetto della vaginosi batterica come un fattore di rischio per il parto pre-termine.
Sono stati individuati 18 studi clinici, che hanno coinvolto 20.232 pazienti. La vaginosi batterica ha aumentato il rischio di parto pre-termine di 2 volte (odds ratio: 2,19). Il rischio è risultato maggiore per le donne a cui è stata riscontrata vaginosi batterica entro 16 settimane di gestazione (OR: 7,55) o entro 20 settimane (OR: 4,2).
La vaginosi batterica ha anche aumentato in modo significativo il rischio di aborto spontaneo (OR: 9,91)

Am J Obstet Gynecol 2003; 189:139-147

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APPROFONDIMENTI


 

Il nuovo caso del dottor Cretinetti-Falchetto

a cura del dottor Giuseppe Ressa, medico di famiglia e specialista internista

[Continua la presentazione di casi clinici basati su esperienze concrete, che possono offrire lo spunto a utili considerazioni metodologiche e pratiche. I personaggi di Cretinetti e Falchetto sono stati ideati dal Dott. Giuseppe Ressa, che ha curato anche la scelta e l'esposizione dei casi.]

Il dottor Cretinetti è un medico che fa anamnesi approssimative, esami obiettivi volanti, prescrive montagne di analisi ed esami strumentali; il dottor Falchetto è il suo opposto: anamnesi ed esami obiettivi maniacali, connessioni diagnostiche mirabolanti, scorciatoie fulminanti, esami diagnostici centellinati; a volte cerca diagnosi rarissime mancandone altre più probabili e giuste.
Capita che Cretinetti e Falchetto coesistano schizoidamente nella stessa persona.

Quella strana artrosi

Paziente 60enne affetto da ipertensione arteriosa essenziale, BPCO da fumo, obesità (un 20 kg circa in più del peso ideale per il suo biotipo), viene in studio per il solito controllo e riferisce anche l'ennesima riacutizzazione di una lombalgia cronica.

Falchetto lo visita: cuore, pressione; il paziente è abituato a mettersi a torso nudo quando viene visitato, cosa inusuale, di solito gli altri aprono dei piccoli varchi nella camicia dove a stento passa il fonendoscopio per l'auscultazione.

Questo fatto fa sì che gli occhi di Falchetto capitino casualmente sull'addome dove nota una pulsazione epigastrica, si chiede il perché questa si noti in un soggetto così obeso e tenta una palpazione profonda, gli sembra di sentire una pulsazione, prescrive una ecografia dell'aorta addominale e l'ennesima Rx della colonna lombare (su pressione del paziente).

I referti parlano di aorta addominale non dilatata e spondilodiscartrosi di grado severo; solita terapia medica e prescrizione di cicli di fisiochinesi. Il paziente torna gli usuali controlli mensili e si lamenta perché la schiena continua a fargli male; Falchetto si esibisce nell'ennesimo sermone sulla necessità di mettersi a dieta e, tra sè e sè, pensa che forse questo dolore servirà a convincere il paziente, dopo anni di tentativi, a calare di peso: "Questo di certo gioverà anche alla sua pressione e al suo cuore!", esclama enfaticamente.

Passano alcuni mesi e, considerata l'inefficacia assoluta delle terapie e l'aumento del dolore lombare, Falchetto prescrive una TC della colonna; eseguito l'esame il radiologo lo chiama in studio dicendo che non solo vede una grossa immagine alla TC ma che osservando la Rx della colonna fatta in precedenza era già possibile fare diagnosi. Falchetto trasecola, dice al paziente di recarsi immediatamente in studio e redige una lettera per il collega del P.S. rimarcando l'urgenza del problema.

Il paziente, dopo molte resistenze, si reca in ospedale, trova una collega Cretinetti, ingioiellata a mò della Madonna di Pompei, che legge distrattamente la lettera e afferma che sono necessari altri esami strumentali per fare la diagnosi; non fa a tempo a terminare la frase che il paziente cade a terra davanti a lei e giace al suolo senza coscienza. A quel punto Cretinetti crede alla diagnosi riferita da Falchetto e avvia immediatamente il malcapitato in sala operatoria dove viene salvato per un pelo.

Rottura da dissecazione dell'aorta addominale (aneurisma di 7 cm), ma dopo qualche anno anche la toracica discendente (messa subito sotto controllo TC) si sfiancò, stavolta l'intervento fu programmato [7 ore di camera operatoria], il paziente è ancora vivo.

Passiamo ora ad esaminare gli ERRORI METODOLOGICI di Falchetto:

1) ha IGNORATO la massima del suo maestro universitario: "SE UN ESAME STRUMENTALE O DI LABORATORIO CONTRASTA CON UNA DIAGNOSI BEN STRUTTURATA BISOGNA AVERE IL CORAGGIO DI DIRE CHE È SBAGLIATO"
2) È stato anche FORTUNATO per due motivi:
a) il paziente ha esibito il suo torso villoso con catenone al collo e SOLO per questo motivo Falchetto ha VISTO una pulsazione epigastrica
b) l'aneurisma non si è rotto nei MESI successivi

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Lo specializzando che non ha percepito il compenso stabilito dalle norme comunitarie ha diritto al risarcimento da parte dello Stato

(Cassazione Sezione Terza Civile n. 7630 del 16 maggio 2003).

È stata pubblicata con risalto la recente sentenza della Cassazione attinente al diritto di remunerazione da parte dei medici specializzandi.
La sentenza è meritevole di attenta considerazione: è in effetti vero che la Suprema Corte abbia riconosciuta l'inadempienza dello Stato italiano nell'attuazione tempestiva delle direttive CEE 16.6.1975 n. 363 e 26.1.1982 n. 76, (con le quali la Comunità Europea aveva disciplinato e reso obbligatorio per tutti gli Stati membri l'istituzione di corsi di specializzazione medica con previsione di adeguata retribuzione per i partecipanti), riconoscendo quindi il diritto al
risarcimento per un medico che aveva presentato ricorso in giudizio.
Infatti il ritardo dello Stato ad adeguare le sue norme al diritto Comunitario aveva privato quel medico della possibilità di frequentare il corso di specializzazione secondo le regole comunitarie e di conseguire la retribuzione da esse prevista.
La normativa comunitaria prevedeva però una serie di adempimenti anche da parte del medico, e particolarmente quelle della "esclusività" e "continuità" del rapporto. Tali elementi tenderebbero quindi ad escludere quei medici che, nel corso della scuola di specializzazione avessero svolto contemporaneamente attività lavorativa esterna.
La Corte ha superato questo problema affermando che la colpa di tale situazione era da attribuirsi allo Stato, e non poteva far venir meno il diritto del medico.
È possibile però che esistano situazioni particolari che possano invece inficiare questo diritto.

Esistono poi altri aspetti da considerare:

  • La posizione dei medici iscritti alla specializzazione prima del periodo "critico" ma che abbiano proseguito il loro corso durante tale periodo, o che abbiano frequentato nei periodi "a cavallo" di quelli considerati in sentenza.
  • Il problema della prescrizione in quanto, essendo trascorsi oltre i 10 anni, lo Stato potrebbe appellarsi alla prescrizione del diritto verso i medici che non abbiano presentato la richiesta di risarcimento in tempo utile. Va tenuto conto, comunque, che in ambito lavorativo la prescrizione va spesso valutata con criteri piuttosto elastici.

La sentenza è valida per il caso specifico, e non è ancora chiaro se lo Stato intenda adeguarsi anche per tutti gli altri richiedenti mediante una procedura extragiudiziaria (eventualmente una legge ad hoc) o se ciascun medico dovrà far valere in giudizio il proprio diritto. Non è ancora chiaro l'atteggiamento verso i medici che, pur rientrando nei parametri della sentenza, non abbiano ancora presentato formale richiesta.
È da tener presente l'arco temporale interessato, che va (all'incirca, ma con valutazioni difformi) dal 31/12/1983 (epoca ultima concessa per l'adeguamento delle normative) al 1991 (primo anno di applicazione della normativa CEE).
Ciascun medico dovrà quindi vagliare attentamente la propria specifica situazione.
Daniele Zamperini

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MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA


Rubrica gestita dall'ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica (a cura di D. Z.)

 

Qualora la struttura pubblica non sia in grado di fornire l'assistenza, la ASL deve provvedere. (Assistenza obbligatoria per piccolo affetto da tetraparesi)

(Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, ordinanza 21/3/2003)

Qualora la struttura pubblica sia impossibilitata ad assicurare l'assistenza necessaria ad un bambino affetto da tetraparesi, la ASL dovrà provvedere all'erogazione di prestazioni specialistiche oppure al pagamento delle eventuali terapie effettuate privatamente.
Questo principio è stato stabilito, mediante ordinanza, dal Tribunale di Roma che ha accolto con procedura d'urgenza il ricorso dei genitori di un bambino affetto da una grave patologia neuromotoria.
A causa della carenza di personale specializzato, nonché di posti-letto disponibili nell'unica struttura specializzata convenzionata, la ASL aveva improvvisamente interrotto l'assistenza al piccolo malato tetraparetico. I genitori del bambino, a questo punto, erano stati costretti a ricorrere a forme di assistenza privata, rivolgendosi ad uno specialista non convenzionato, sopportandone i relativi costi.
A questo punto i genitori si sono rivolti al Tribunale di Roma chiedendo che venisse emessa un'ordinanza urgente verso la Regione Lazio, il Ministero della Sanità e la ASL competente, affinché si provvedesse all'assistenza necessaria al loro bambino, ovvero al pagamento delle necessarie terapie.
Veniva invocato l'art. 32 della Costituzione che sancisce il diritto del cittadino alla salute.
Il Tribunale, avendo accertato che la struttura pubblica non era in grado di assicurare l'assistenza necessaria, ha riconosciuto che l'onere di tale assistenza ricadeva, a norma di legge, sulla ASL, e che questa, concordemente a precedenti pronunce della Cassazione (Cass. nn. 8661/96, 3870/94), che in caso di terapie indispensabili ed insostituibili per il trattamento di gravi condizioni, l'imposizione dell'erogazione deve essere posta a carico del servizio sanitario nazionale.
Per questi motivi il Tribunale ha ordinato all'azienda ASL di provvedere all'erogazione, in favore del bambino, di cinque sedute domiciliari settimanali di riabilitazione neuromotoria da effettuarsi in orari compatibili con gli impegni scolastici dell'assistito, mediante personale specializzato o, in alternativa, tramite il pagamento in forma diretta delle terapie domiciliari in questione al terapista prescelto dalla famiglia.

(Daniele Zamperini, 2003)

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Gli atti 'indecenti' sono leciti se fatti con accortezza (Sentenza Cassazione III penale n. 12000)

I comportamenti osceni, se fatti con 'accortezza', in maniera tale da non "offendere il sentimento della costumatezza, generando fastidio e riprovazione non sono punibili. "Il nudo integrale in una spiaggia appartata appare penalmente irrilevante".

Mauro G. era stato condannato per il reato di atti contrari alla pubblica decenza dopo essere stato sorpreso da una telecamera nascosta a fare pipì in luogo pubblico.
Poiché in materia di atti 'indecenti occorre tenere conto anche delle "intenzioni" di chi li commette, "persino la visione di un nudo integrale, nell'attuale momento storico, avuto riguardo al sentimento medio della comunità ed ai valori della coscienza sociale ed alle reazioni dell'uomo medio normale, condizionati dalle mode e dai mass media, può essere espressione di salvaguardia e contemperamento della libertà individuale". La nudità, poi, può "derivare da convinzioni salutiste o da un costume particolarmente disinibito" e in casi come le "lezioni di educazione sessuale" o in "opere cinematografiche" o "teatrale" la "visione del nudo integrale" può essere a buon diritto esclusa dall'oscenità prevista dall'art. 529 del c.p..
Infatti i concetti di "osceno", "pudore", "decenza" e "buon costume" non possono essere considerati prescindendo dall'"offesa che può derivare al pudore in relazione al contesto ed alle modalità in cui quegli atti o quegli oggetti sono compiuti o esposti". Sicché il concetto di pudore e di pubblica decenza "viene a variare non solo in senso spazio temporale ma anche in virtù della concreta modalità dell'azione e dell'intento dell'agente".
"Il nudo integrale in una spiaggia appartata appare penalmente irrilevante, mentre tale non è lo stesso fatto verificatosi in una località balneare affollata da soggetti variamente abbigliati, in cui, tuttavia occorre indagare sull'intento dell'agente, giacché è configurabile un'offesa alla pubblica decenza più che al pudore".
Discutendo del caso in questione poi la Suprema Corte ha ricordato che "l'esibizione ostentata degli organi genitali, quando è connotata da finalità di soddisfacimento di libido e di una sessualità malata è sempre stato ritenuto costituire delitto di atti osceni" ma gli atti 'indecenti' se fatti con tutti "gli accorgimenti necessari per non farsi scorgere", tenuto conto anche dell'"ora", possono "ormai non configurare la contravvenzione" prevista dal codice penale.
I giudici, dopo la dissertazione in materia, confermavano per M. la condanna per violazione dell'art. 726 del c.p., in quanto il giovane "non aveva preso tutti gli accorgimenti necessari per non farsi facilmente scorgere".

Daniele Zamperini

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Una interessante Circolare riepilogativa dell'INPS

In data 25/05/2002 i medici afferenti all'area territoriale INPS di Napoli hanno ricevuto dal dirigente medico di primo livello la seguente missiva, che riteniamo utile riportare.

OGGETTO: Certificazione malattia
Pr.mo Collega,
uno dei compiti sanitari che vengono affidati al medico di base è la certificazione di malattia a fini assicurativi.
Come ben sai, tali certificati, consegnati dal lavoratore alla sede INPS di appartenenza, vengono sottoposti ad esame medico ed amministrativo prima dell'archiviazione computerizzata che avviene col sistema della lettura ottica.
Purtroppo in molti casi la compilazione dei modelli non avviene in modo corretto, e poiché ciò determina una invalidazione del certificato e quindi una ingiusta penalizzazione per l'assicurato, al quale non viene corrisposta l'indennità di malattia, è sembrato opportuno avviare una collaborazione con i medici di libera scelta per il miglioramento del servizio che sia l'INPS che il SSN prestano al cittadino.
Nelle pagine seguenti, pertanto, troverai un elenco delle anomalie più frequentemente riscontrate e informazioni utili per la Tua attività; se Avessi necessità di ulteriori chiarimenti al riguardo potrai rivolgerTi ai seguenti numeri: (omissis).

GRAFIA ILLEGGIBILE ED ERRORI NON SIGLATI
Poiché il certificato è un atto con precise implicazioni giuridiche e amministrative, è necessario che sia chiaro e leggibile in ogni sua parte. In particolare, la diagnosi deve essere decifrabile, dato che la sua illegibilità non consente di fatto l'esame medico del certificato.
Inoltre qualsiasi correzione presente su di esso va siglata dal medico, che così ribadisce di essere proprio lui l'autore della modifica.

DIAGNOSI BASATA SU ELEMENTI "RIFERITI"
Spesso si rileva che la diagnosi è preceduta dal vocabolo "riferisce" o "riferita", anche per patologie obiettivabili (Es. "riferisce Lombalgia") ed a prognosi non breve. Si ricorda che per l'erogazione delle prestazioni economiche è necessario un preciso avallo medico, costituito appunto dal certificato contenente la diagnosi. Essa non può essere basata solo su ciò che riferisce il paziente, il quale, comunque non possiede le conoscenze tecniche per valutare il proprio stato di salute. Inoltre se tali dichiarazioni, anche per il motivo precedente risultassero inesatte, il medico potrebbe incorrere nell'illecito penale previsto dall'art.481 C.P. (Falsità ideologica).
Pertanto è opportuno che il medico, nell'interesse proprio e dell'assicurato, eviti espressioni ambigue, ricordando che non necessariamente la diagnosi deve essere di certezza, ma che può
anche essere di probabilitào di sospetto, che soprattutto,il dovere di certificare sussiste solo nei casi in cui il sanitario abbia direttamente riscontrato i fatti di cui il certificato è appunto destinato a provare l'esistenza.

DIAGNOSI IMPRECISE
Talvolta i medici di base ritengono sufficiente la segnalazione del motivo dell'astensione al lavoro invece della vera e propria diagnosi. Dizioni come "Per accertamenti " o "Per intervento chirurgico" non consentono la valutazione del certificato
poiché di fatto non contengono diagnosi. È necessario quindi che i medici di base completino espressioni come le precedenti esplicitando la situazione patologica che ha determinato
l'intervento o quanto altro.

CERTIFICAZIONI PER MALATTIE NON INDENNIZZABILI
Non tutti i medici sono a conoscenza della non indennizzabilità di alcune affezioni. È il caso ad es. delle malattie croniche, quali l'artrosi, l'ipertensione, il diabete ecc. Tale esclusione ha la sua ragion d'essere nel fatto che di per sé nessuna malattia cronica è incompatibile con il lavoro; l'incapacità lavorativa subentra solo in caso di complicanze o di riacutizzazioni della patologia (Es.:cervi-colombalgia, crisi ipertensiva, scompenso diabetico).
L'INPS parimenti non ritiene indennizzabili le malattie che non determinano incapacità lavorativa (Es. i trattamenti estetici, la vitiligine, ecc.) e quelle che possono essere risolte con brevi permessi (Accertamenti laboristico-strumentali).

CERTIFICATI POST-DATATI
Si è riscontrato che in alcuni casi il medico usa certificare malattie a prognosi scaduta, ad es. quando l'evento morboso si sia verificato il sabato o la domenica. Tale anomalia è particolarmente grave perché, come si è fatto cenno nel punto 2, il
medico può certificare solo fatti che ha riscontrato direttamente (Art. 22 Codice Deontologico). Si ricorda che in assenza del medico curante il Servizio di Guardia Medica è perfettamente abilitato a rilasciare certificazioni di incapacità lavorativa così come i Pronto Soccorso Ospedalieri.

INIZIO-CONTINUAZIONE-RICADUTA
Talvolta il medico di base segnala alla voce "il paziente dichiara di essere ammalato dal..." un inizio -malattia successivo alla data in cui è stato rilasciato il certificato. Tale voce non si riferisce al giorno in cui l'assicurato non si è recato (o non si recherà) al lavoro, ma a quello in cui ha accusato i sintomi responsabili dell'incapacità
lavorativa, cioè all'inizio reale della malattia, che pertanto rimane Io stesso anche in caso di continuazione. Quindi tale data al massimo è contestuale alla data di rilascio (il paziente si
è recato dal medico curante lo stesso giorno in cui ha avvertito i sintomi), mai successiva.
Sebbene non sia di stretta pertinenza del medico, si ricorda che il paziente deve richiedere il rilascio del certificato entro il giorno successivo all'insorgenza della malattia; se si tratta di
prosecuzione il rilascio deve avvenire entro il primo giorno di continuazione-malattia. Ciò per evitare quanto più possibile spiacevoli sorprese all'assicurato che non si vedrebbe corrisposto
un periodo più ampio di quello indicato fra l'inizio reale della malattia e quello in cui si è recato dal medico per farsi rilasciare il certificato.
Per ricaduta si intende infine un evento morboso che insorga entro 30 gg. dalla guarigione di una precedente malattia alla quale sia comunque collegato.

MODULISTICA E CODICE NOSOLOGICO
Si rammenta ai Colleghi di base che i certificati devono essere stilati sugli appositi modelli opm/1. Essi vanno richiesti alla sede INPS e vanno ritirati personalmente o con delega autenticata. (Omissis: altri aspetti attualmente non operativi)

DIFFERENZE FRA PROGNOSI CLLNICA E PROGNOSI MEDICO-LEGALE
Per chiarire dubbi che talvolta vengono formulati dai medici di base si ritiene opportuno soffermarsi sulla differenza che esiste fra la prognosi formulata dal medico curante e quella formulata dal medico di controllo.
Come è chiaramente espresso nel modulo di certificazione la prognosi del curante è eminentemente clinica, indica cioè il tempo presumibile in cui l'evento morboso perverrà a risoluzione. Si presume che nella maggior parte dei casi alla guarigione clinica corrisponda un recupero della capacità lavorativa. Tuttavia esistono ampie eccezioni (v. anche paragrafo delle malattie non indennizzabili) in cui pur persistendo il fatto patologico esso non impedisce l'attività lavorativa. Tale valutazione è compito del medico di controllo che ha l'obbligo di formulare una prognosi non clinica, ma medico-legale.
È quindi da sottolineare come l'invio di un controllo fiscale e la eventuale formulazione di un giudizio di ripresa-lavoro non costituiscano una forma di interferenza nell'operato del medico di base, ma rappresentino una attività professionale, deontologicamente ineccepibile, che si svolge in un ambito diverso da quello della medicina di base, di cui è perfettamente rispettosa.
Nella speranza che quanto sopra esposto possa esserTi utile nello svolgimento della Tua attività professionale e nel dichiararci a Tua completa disposizione anche per la consultazione dei riferimenti normativi. Ti ringraziamo anticipatamente per l'attenzione prestataci e per la collaborazione che Vorrai fornirci.

Abbiamo ritenuto utile riportare integralmente la Circolare suddetta perché sintetizza ed esplicita alcuni problemi particolarmente frequenti nell'attività medica. Alcune precisazioni sono importanti, e servono a dirimere alcuni ricorrenti argomenti di discussione. Ad esempio:

  • I certificati devono essere leggibili: il Garante della privacy nella Newsletter numero 165, ha ribadito il concetto (a proposito di cartelle cliniche, ma con disposizioni estensibili a tutta la certificazione) specificando che le informazioni devono essere chiare per il malato, poiché la leggibilità delle informazioni è la prima condizione per la loro piena comprensione.
  • Non siamo invece del tutto d'accordo sull'obbligo di obiettivare a tutti i costi lo stato morboso: esistono patologie assolutamente soggettive, e può presentarsi il caso di patologie risoltesi al momento della visita. Il caso è già stato affrontato e risolto positivamente in questo senso, sia in campo deontologico che giudiziario, tuttavia resta confermato che, in assenza di patologie in atto non è corretto concedere prognosi ulteriori.
  • Non si stilano mai certificati pre- e post datati né certificati aventi data posteriore alla chiusura di malattia! L'accusa di falso è una delle più frequenti in cui incappa il medico pubblico.
  • La Continuità Assistenziale ("Guardia Medica") e il Pronto Soccorso sono abilitati a rilasciare certificazioni di malattia per incapacità lavorativa, validi ai fini INPS. I colleghi che si rifiutano di farlo (quando ovviamente il caso lo richieda) commettono un illecito.

Daniele Zamperini

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Un Decreto complica pesantemente le procedure per l'Invalidità Civile

È quasi sfuggito all'attenzione dei più il DECRETO-LEGGE 30 settembre 2003, n.269 "Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici." (GU n. 229 del 2-10-2003- Suppl. Ordinario n.157) sul quale sono riportate nuove disposizioni in materia di invalidità civile.

1) L'art Art. 42 di tale Decreto modifica le procedure per il riconoscimento e la revoca dell'invalidità civile, anche in ambito processuale.
Infatti, stando alle nuove norme, il CTU deve "personalmente" e "a pena di nullità" preoccuparsi di convocare il consulente del Ministero dell'Economia, indipendentemente dalle convocazioni effettuate in udienza.
Dovrà quindi inviare una comunicazione tramite Raccomandata A/R alla Direzione Provinciale del Tesoro invitando a nominare un consulente tecnico per partecipare alle operazioni e indicando luogo, data e ora dell'inizio delle operazioni di consulenza.

2) Vengono annullate le disposizioni sul ricorso amministrativo avverso i provvedimenti delle Commissioni; la domanda giudiziale va proposta, a pena di decadenza, non oltre sei mesi dalla data di comunicazione all'interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa.

3) Viene modificato l'art. 152 del Codice Civile e viene disposto che, qualora il ricorrente perdesse perde la causa, dovrà pagare personalmente le spese della Consulenza Tecnica a meno che non abbia un reddito familiare inferiore al doppio di quello previsto per essere ammessi al gratuito patrocinio a spese dello Stato (all'incirca una trentina di milioni di vecchie lire l'anno).

Queste nuove disposizioni porteranno una serie di problemi:
1) Facili disguidi o ritardi nella comunicazione al Ministero da parte del medico, con nullità delle consulenze effettuate e necessità di ripeterle, con ulteriore aggravio di costi e soprattutto con dilatazione ulteriore dei tempi processuali.
Sarebbe molto più razionale che l'onere della comunicazione venisse affidato all'Avvocatura, presente in udienza all'atto del giuramento del CTU.

2) Il CTU, qualora dia torto al ricorrente, sarà costretto ad esigere da questi il pagamento della consulenza. Per esperienza sappiamo come sia difficile ottenere il pagamento in caso di vincita; è pressoché impossibile in caso di perdita della causa. Sarà necessario ricorrere, sempre più frequentemente, a strumenti impositivi, come il decreto ingiuntivo o addirittura il pignoramento, con esiti però molto aleatori.
La ratio di questa disposizione è chiara: scoraggiare, annullando la gratuità del procedimento e ventilando il rischio di dover rifondere le spese di consulenza, le sempre numerose cause infondate o temerarie. Il provvedimento rischia però di innescare un meccanismo perverso: è facile immaginare che, nei casi "borderline", il CTU si trovi inconsciamente incentivato a propendere per il ricorrente, in modo da assicurarsi il pagamento dell'onorario attraverso l'Ente pubblico.
Sarebbe molto più razionale (e molto più incisivo in termini di risultati) disporre che il pagamento delle CTU avvenga ancora tramite l'Ente pubblico, con riattribuzione delle spese processuali al ricorrente in sede di sentenza.

Fortunatamente il Decreto suddetto deve essere ancora convertito in legge. È sperabile che vengano apportate le dovute modifiche, altrimenti il risultato potrebbe essere opposto a quanto desiderato.

Daniele Zamperini

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Esenzioni nel Lazio: un passo indietro

Recentemente la Regione Lazio aveva emanato disposizioni che obbligavano i medici, in caso di prestazioni esenti per patologia, a inserire oltre al codice di tre cifre previsto dalla normativa nazionale, anche le successive cifre dei "sottocodici".
Questo, come discusso sul nostro precedente numero di "Pillole di Medicina Telematica", portava tutta una serie di complicazioni e problematiche, più pesanti proprio per i medici informatizzati. La stessa Agenzia di Sanità Pubblica aveva evidenziato difficoltà operative.
Sono stato informato dal vicesegretario provinciale della FIMMG (con mio grande sollievo) che, a seguito di colloqui e riunioni ad hoc, è stato concordato con l'ASP di proseguire con il regime precedente, cioè con l'inserimento delle prime tre cifre di codice.
Occorrerà attendere, ovviamente, una comunicazione ufficiale a tale proposito, in quanto capita che diverse strutture accreditate, non informate di tale decisione, iniziano a respingere le richieste che non riportino i sei codici.
Fa piacere, in ogni modo, che si sia affermato un criterio di ragionevolezza.

Daniele Zamperini

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PRINCIPALI NOVITÀ IN GAZZETTA UFFICIALE: mese di ottobre-novembre 2003 (a cura di Marco Venuti)

La consultazione dei documenti citati, come pubblicati in Gazzetta Ufficiale, è fornita da "Medico & Leggi" di Marco Venuti: essa è libera fino al giorno 22.11.2003. Per consultarli, cliccare qui

DATA GU TIPO DI DOCUMENTO TITOLO DI CHE TRATTA?
28.10.03 251 Legge 289/03 Modifiche all'articolo 70 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di indennità di maternità per le libere professioniste .........
05.11.03 257 Decreto del Ministero della salute 24.09.03 Modalità di attuazione delle disposizioni contenute nell'art. 7 della legge 14 dicembre 2000, n. 376, recante «Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping» .........

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