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"PILLOLE" DI MEDICINA TELEMATICA
Patrocinate da - SIMG-Roma -
A. S. M. L. U. C. - eDott. it 

Periodico di aggiornamento medico e varie attualità
di: 
Daniele Zamperini e Raimondo Farinacci
Iscrizione gratuita su richiesta. Archivio consultabile su: www. edott. it e su http://zamperini. tripod. com
Il nostro materiale è liberamente utilizzabile per uso
privato. Riproduzione riservata
.


Novembre 2003

INDICE GENERALE

PILLOLE


APPROFONDIMENTI


MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA


Rubrica gestita da D. Z. per l'ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica

PILLOLE


 

L'amigdala sembra essere coinvolta nella paura soggettiva nei pazienti con disturbi d'ansia

Secondo i Ricercatori del Dipartimento di Psicologia della Uppsala University in Svezia, il senso soggettivo di paura e di stress sarebbe correlato al flusso ematico cerebrale regionale nell'amigdala destra, ma non a quello dell'amigdala sinistra, durante induzione dell'ansia nei soggetti con disturbo d'ansia sociale, fobie e disturbo da stress post traumatico.
Il coinvolgimento dell'amigdala nella genesi dell'esperienza soggettiva di paura è stato dimostrato dai dati di alcuni studi clinici.
Il trattamento del disturbo d'ansia sociale con terapia comportamentale cognitiva ed inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) comporta una riduzione del flusso ematico cerebrale regionale a livello dell'amigdala.
Le alterazioni, indotte dal trattamento, a livello del flusso ematico cerebrale regionale dell'amigdala possono predire lo status nel disturbo d'ansia sociale ad 1 anno.

J Acad Sci 2003; 985:341

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L'effetto del trattamento omeopatico sui sintomi mentali dei pazienti con disturbo d'ansia generalizzato non differisce da quello del placebo

Ricercatori del Dipartimento di Psichiatria dell'Hadassah University a Gerusalemme in Israele hanno valutato l'effetto del trattamento omeopatico nel disturbo d'ansia generalizzato.
Un totale di 44 pazienti con disturbo d'ansia generalizzato secondo il DSM-IV sono stati assegnati in modo random a ricevere per 10 settimane un rimedio omeopatico, individualizzato, o placebo.
Hanno completato lo studio 39 pazienti.
È stato osservato un significativo miglioramento nella maggior parte delle scale di valutazione, tra cui l'HAM-A (Hamilton Rating Scale for Anxiety), sia nel gruppo trattato con il rimedio omeopatico che con il placebo.

J Clin Psychiatry 2003; 64: 282-287

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Possibile curare il reflusso gastroesofageo con metodi fisici

La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) è una patologia in crescente aumento per incidenza e gravità, in parte in seguito alle nuove tecniche diagnostiche, in parte probabilmente ai mutati stili di vita e alla mutata alimentazione della popolazione.

Questa patologia viene affrontata generalmente con metodi farmacologici (inibitori dell'acidità gastrica e farmaci tendenti a regolarizzare la motilità esofagea). I risultati di queste terapie non sempre consentono di risolvere o migliorare in modo stabile questa patologia.

Un tecnica alternativa basata su radiazioni a bassa frequenza (onde radio) irradiate a livello dello sfintere esofageo e del cardias è stata recentemente proposta. Sono stati esaminati, per verificare l'effettiva utilità di tale metodica 20 pazienti affetti da MRGE. Questi soggetti sono stati esaminati endoscopicamente e valutati a distanza di 6 mesi e 12 mesi dall'inizio del trattamento. Sono stati poi monitorati naturalmente i principali parametri biochimici.

La somministrazione di radiofrequenza aveva ottenuto una diminuzione del numero di rilassamenti post prandiali dello sfintere esofageo con un aumento contemporaneo della pressione sfinterica. Da ciò conseguiva una diminuzione del numero degli episodi di reflusso e una ulteriore conseguente diminuzione dell'esposizione all'acido della mucosa esofagea. Il monitoraggio dell'acidità gastrica eseguita a 12 mesi dal trattamento, dimostrava risultati altrettanto significativi.

Complessivamente è stato dimostrato che dopo 6 mesi di trattamento il 75% dei pazienti presentava una remissione sintomatologia significativa, e a distanza di 1 anno la percentuale dei soggetti che presentavano benefici clinici si manteneva nella percentuale del 65%.

L'azione con radiazione a bassa frequenza sembrerebbe agire a livello della motilità dello sfintere esofageo ripristinandone la tonicità. Questo metodo fisico potrebbe costituire quindi un'utile alternativa o un'utile associazione alle terapie classiche, anche se il piccolo numero di soggetti indagati obbligherà a successivi studi sull'argomento.

(Tam WCE, Schoeman MN, et all. "GUT" 2003;52:479-485)

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La demenza può essere conseguenza di ictus silenti

È ben noto ai medici come i casi di demenza possano dipendere da fenomeni ischemici cerebrali (cosiddetta demenza vasculosclerotica) ma i meccanismi con cui si sviluppano i deficit intellettivi non sono ancora ben chiari. È stato effettuato uno studio teso a studiare l'incidenza di ictus misconosciuti e il successivo verificarsi di una condizione di demenza senile con declino delle capacità cognitive.

Sono stati studiati oltre 1.000 soggetti di età compresa tra i 60 e i 90 anni senza una storia clinica palese di ictus o di demenza. Questi soggetti sono stati sottoposti a controlli periodici basati su test neuropsicologici e su esami RMN cerebrali. Dopo un follow-up (della durata media di 3,6 anni) sono stati accertati 30 casi di demenza.

Correlando questa condizione con la presenza di lesioni rilevabili a carico della materia cerebrale, aggiustando i dati per i soliti parametri di età, sesso, livello di scolarità ecc., si è stabilito come la presenza di ictus misconosciuti avessero influito in modo significativo sul declino cognitivo dei pazienti con un raddoppio del rischio di evoluzione verso la demenza.
Ovviamente la compromissione delle capacità mentali si è dimostrata variabile a seconda di quale area cerebrale fosse stata colpita dall'ictus, con predominanza di sintomi diversi quali deficit di memoria o difficoltà psicomotorie.

(Veermer SE, Prince ND, et all. NEJM 2003;348;1215-1222)

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Gli Estroprogestinici aumentano il rischio di ictus ischemico nelle donne in postmenopausa

Lo studio Women's Health Initiative (WHI) è stato interrotto prima del previsto a causa del presentarsi di eventi avversi, tra cui un aumento del rischio di ictus.

Lo studio aveva coinvolto 16.608 donne di età compresa tra 50 e 79 anni. Il periodo di follow-up (osservazione) è stato di 5,6 anni. I livelli basali dei marker ematici di infiammazione e di trombolisi, e dei livelli plasmatici dei lipidi sono stati misurati nei primi 140 casi di ictus ed in 513 controlli. Le partecipanti allo studio hanno assunto 0,625 mg/die di Estrogeno equino coniugato e 2,5 mg/die di Medrossiprogesterone (n=8.506) oppure placebo (n=8.102). L'incidenza di ictus è stata dell'1,8% (n= 151) nel gruppo trattato con l'associazione estroprogestinica e dell'1,3% (n=107) nel gruppo placebo. Nel 79,8% dei casi l'ictus era ischemico.

Il rischio di ictus attribuito all'associazione estroprogestinica è risultato presente in tutti i sottogruppi delle donne esaminate (donne con e senza ipertensione, precedente storia di malattia cardiovascolare, assunzione di ormoni, statine o Aspirina).

È stato inoltre osservato che altri fattori di rischio per l'ictus (fumo, pressione sanguigna, diabete, ridotta assunzione di supplementi di vitamina C, biomarker ematici di infiammazione, più alta conta leucocitaria, più alti livelli di ematocrito) non hanno modificato l'effetto estroprogestinico riguardo al rischio di ictus.

JAMA 2003; 289:2673-2684

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Folati e sindrome di Down

Lo studio, compiuto da Ricercatori della Tel Aviv University, ha indagato l'esistenza di una maggiore probabilità di insorgenza della Sindrome di Down e dei difetti del tubo neurale in una stessa famiglia.
Alla base della ricerca c'è l'evidenza che alcune madri di bambini con Sindrome di Down presentano mutazioni geniche che si traducono in un'alterazione del metabolismo dei folati.
Queste caratteristiche si osservano anche nei difetti del tubo neurale.
Sono state studiate due serie di famiglie. La prima, 493 famiglie ad alto rischio di difetti del tubo neurale; la seconda, 516 famiglie ad alto rischio di Sindrome di Down.
Nelle famiglie a rischio di difetti del tubo neurale, sono stati osservati 11 casi di Sindrome di Down su 1492 gravidanze a rischio. Il dato è risultato superiore all'atteso (p< 0.00001).
Nelle famiglie a rischio di Sindrome di Down, ci sono stati 7 casi di difetti del tubo neurale su 1847 gravidanze a rischio: più dell'atteso (p< 0.001).
Questo studio evidenzia un legame tra la Sindrome di Down e difetti del tubo neurale.
La supplementazione a base di folati, prima del concepimento, potrebbe ridurre l'incidenza della Sindrome di Down.

Lancet 2003; 361:1331-1335

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L'abitudine al fumo può avere un substrato genetico

I fumatori che hanno difficoltà a smettere con le sigarette potrebbero essere geneticamente predisposti alla loro abitudine. Lo afferma una nuova ricerca effettuata da scienziati dell'Università di Tokyo e pubblicata sulla rivista medica "Thorax". Tuttavia, lo stesso gene che rende difficile smettere di fumare, l'allele CYP2A6del, potrebbe anche proteggere contro l'enfisema polmonare.
Secondo lo studio, nei fumatori più accaniti e negli ex fumatori il gene è meno presente rispetto a coloro che fumano poco o che non fumano affatto. Il gene sembra dunque collegato a una minor consumo di sigarette nell'arco della vita, ma renderebbe anche più difficile smettere di fumare.
"Secondo questi dati, - spiegano i ricercatori - la determinazione del genotipo potrebbe essere utile nel trattamento dei pazienti con dipendenza da nicotina, oltre che fornire nuove informazioni sulle cause dell'enfisema polmonare prodotto dal fumo".

www.lescienze.it

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Mammografia: conferme della utilità dello screening

Due interessanti studi osservazionali confermano il beneficio della mammografia come esame di screening per il tumore della mammella.
Il primo studio, pubblicato da ricercatori Svedesi, ha coinvolto 210.000 donne (età compresa tra 20 e 69 anni). Sono stati confrontati i dati di mortalità per tumore della mammella prima dell'impostazione di programmi di screening (1958-1977) con i dati ottenuti negli anni successivi all'introduzione dello screening mediante mammografia (1978-1997).
Solo le donne di età compresa tra 40 e 69 anni vennero sottoposte a screening. Dopo aggiustamento per possibili variabili si vide che il rischio di morte per tumore alla mammella dopo il 1977 era significativamente minore di quello prima del 1978 per le donne di età maggiore di 40 anni, sia che fossero sottoposte a screening (RR 0,56) che non sottoposte a screening (RR 0,84).
Considerando il gruppo delle donne di età compresa tra 40 e 49 anni, si vide che la mortalità era considerevolmente ridotta solo nelle donne sottoposte a screening (RR 0,52).
Nessuna differenza si osservò nel gruppo di donne di età inferiore a 40 anni.
Il secondo studio, opera di ricercatori olandesi, ha esaminato i dati di 27.948 donne (età 55-74) decedute per tumore alla mammella dal 1980 al 1999 raggruppati in 93 gruppi su base geografica.
Venne analizzato, per ogni località il trend della mortalità per tumore della mammella prima e dopo l'introduzione dello screening in ogni località. Prendendo i dati degli anni 1986-1988 come base, l'incidenza di decessi per tumore alla mammella apparvero significativamente inferiori dopo il 1977 (-7%) e furono del 20% inferiori nel 2001.
Prima dello screening si poteva osservare un incremento dello 0.3% nell'incidenza di morte per neoplasia della mammella. Dopo il 2001 si osservava una diminuzione dell'1,7% nella fascia di età compresa tra 55 e 74 anni e dell'1.2% tra quelle di età compresa tra 45 e 54 anni.
Questi due studi sembrerebbero sostenere l'utilità dello screening nel ridurre la mortalità per tumore della mammella. Gli studi osservazionali, tuttavia presentano limiti consistenti.
Il dubbio più difficile da fugare è che le differenze osservate nella mortalità nei due gruppi siano legate a miglioramenti nella diagnosi e nella terapia legati al progresso delle tecniche che si accompagna naturalmente con il passare del tempo.

Tabar L et al
Mammography service screening and mortality in breast cancer patients: 20-year follow-up before and after introduction of screening
Lancet 2003 apr 26; 361: 1405-10
Otto SJ et al
Initiation of population-based mammography screening in Dutch municipalities and effect on breast-cancer mortality: A systematic review
Lancet 2003 Apr 26; 361: 1411-7

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Un Neurotrasmettitore in grado di alleviare la tossicodipendenza

Alcuni ricercatori avrebbero identificato un neurotrasmettitore in grado di alleviare, almeno nei topi, la maggior parte dei sintomi delle crisi di astinenza da eroina. Si tratterebbe di un passo in avanti verso lo sviluppo di terapie contro la tossicodipendenza negli esseri umani.

I sintomi da astinenza, come tremori, ansia e aumento del battito cardiaco, sono dovuti a segnali provenienti dal neurotrasmettitore norepinefrina, che li genera in momenti di stress. Oppiacei come la morfina possono sedare i neuroni sensibili alla norepinefrina, facendoli lavorare di più per comunicare con i loro vicini. Quando la somministrazione del farmaco viene però cessata, i neuroni rispondono alla norepinefrina in modo eccessivo.

Un'altra protagonista è la galanina, una sostanza chimica del cervello che riduce il rilascio di norepinefrina. Non è chiaro come la galanina interagisca con i neuroni, ma poiché i neuroni in prossimità del cosiddetto locus coeruleus - una regione del cervello che si attiva notevolmente durante le crisi di astinenza - possiedono recettori per la galanina, il neuroscienziato Marina Picciotto dell'Università di Yale ha voluto studiare se la galanina fosse coinvolta nelle crisi.

Iniettare galanina non sarebbe servito, poiché la sostanza non avrebbe oltrepassato la barriera di sangue che circonda il cervello. Picciotto e colleghi hanno perciò sfruttato una molecola modificata chiamata galnon che imita il neurotrasmettitore. Dopo aver reso i topi dipendenti alla morfina, i ricercatori hanno cessato di somministrare la droga e misurato diversi sintomi di astinenza. La somministrazione di galnon riduceva molti sintomi.

Gli scienziati hanno poi modificato geneticamente alcuni topi privandoli del gene per la galanina, e altri facendo loro produrre galanina in eccesso nel locus coeruleus. I primi hanno presentato sintomi di astinenza peggiori dei topi normali, mentre i secondi avevano più facilità a perdere la dipendenza. La ricerca è stata descritta in un articolo pubblicato online sulla rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences".

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Ogm e divisioni in Europa

In questi ultimi tempi l'Europa si è trovata divisa su diversi fronti, anche strategicamente cruciali, ma di rado le opinioni sono diversificate come in materia di biotecnologie. Il recente rapporto Europeans and biotechnology di Eurobarometer, l'agenzia di indagini demoscopiche della Commissione Europea, non mostra però un rifiuto a priori delle tecniche di manipolazione genetica. Anzi, il 43 per cento del campione dice di essere ottimista circa i risultati futuri per quanto riguarda la qualità della vita, contro un 17 per cento pessimista e un 12 per cento convinto che non porteranno particolari mutamenti.
I contrasti nascono, invece, quando si entra nel particolare: che cosa è lecito fare con l'ingegneria genetica? Mentre in tutti e 15 i paesi c'è una larga maggioranza a favore dell'uso dell'ingegneria genetica, compresa la clonazione di cellule e tessuti da embrioni per la diagnosi e la cura delle malattie, l'uso di tecniche simili in campo vegetale e alimentare spacca profondamente l'opinione pubblica. L'uso di tecniche genetiche in agricoltura è visto con favore in Spagna, Portogallo, Irlanda, Belgio, Gran Bretagna, Finlandia, Germania e Olanda, mentre è decisamente rifiutato in Danimarca, Austria, Francia, Italia, Grecia e Lussemburgo.
Curiosamente, molti di coloro che appoggiano l'uso di tecniche genetiche in agricoltura non vogliono poi nel piatto i cibi GM, visti come inutili e rischiosi dalla maggior parte degli europei e largamente accettati solo in Spagna, Portogallo, Irlanda e Finlandia.
L'appoggio alle tecniche di ingegneria genetica in agricoltura, però, sta guadagnando consensi, rispetto a un sondaggio analogo effettuato nel 1999 in tutti i paesi dell'UE: i cittadini favorevoli alle coltivazioni GM sono aumentati, con l'eccezione di Francia e Germania, dove sono stabili, e dell'Italia, dove l'appoggio a queste tecniche in agricoltura ha perso addirittura il 10 per cento.
Divisioni analoghe si registrano nel campo delle "schedature genetiche". Mentre la grande maggioranza degli europei è a favore della raccolta di informazioni per scopi medici e sanitari ed è contraria al loro utilizzo da parte di enti governativi e compagnie di assicurazione, l'opinione pubblica si spacca in due riguardo alla schedatura genetica a fini di contrasto del crimine, con il 43 per cento degli europei a favore e il 44 per cento contro.

Ma, infine, a chi riconosciamo i titoli per dare informazioni in questo campo? In primo luogo agli scienziati di enti pubblici e alle associazioni in difesa di malati e consumatori (70 per cento dei consensi); seguono i ricercatori che lavorano in laboratori privati, i media e i gruppi ambientalisti (55 per cento). Ultimi, i governi e le industrie (meno del 50 per cento)

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Pseudogeni: chi sono costoro?

Personalmente mi sono sempre chiesto a cosa servisse tutto quel DNA che non codifica per proteine. Non ho mai osato chiederlo a qualcuno temendo di fare la figura dell'ignorante.
Scopro da questo articolo di Nature che la mia domanda se la sono posta in molti e i ricercatori autori di questo studio cercano di dare un approccio al problema, che non è semplice.
Gli "Pseudogeni" sono copie parziali di geni che non codificano alcuna proteina.
Una interpretazione della loro presenza è che essi siano i residui della evoluzione. Poiché non codificano nessuna proteina essi non hanno funzione.
Gli autori di questo studio hanno dimostrato che non è così.
Essi hanno osservato che uno pseudogene del topo, chiamato Makorin-p1, è necessario per la funzionalità del gene completo corrispondente Makorin 1.
Essi hanno approntato una linea di topi in cui lo pseudogene era stato danneggiato accidentalmente e hanno visto che gli animali andavano incontro a notevoli danni d'organo e morivano poco dopo la nascita.
Il meccanismo attraverso il quale lo pseudogene permette al gene completo di funzionare rimane sconosciuto.
Attendiamo notizie con curiosità.

Hirotsune S et al
An expressed pseudogene regulates the messenger-RNA stability of its homologous codine gene
Nature 2003 May 1; 423:91-6

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Sertralina efficace nel trattamento della depressione nell'anziano

La Sertralina, inibitore selettivo del reuptake della serotonina è ben tollerato ed efficace nel trattamento della depressione dell'anziano secondo un trial multicentrico di 8 settimane eseguito negli USA.
Gli Autori dello studio, condotto presso la University of South California di Los Angeles, ritengono che questo sia il primo trial placebo-controllo condotto sulla sertralina su soggetti anziani affetti da depressione.
Lo studio randomizzato ha coinvolto 747 pazienti ultra sessantenni; tutti i pazienti erano affetti da Disturbo Depressivo Maggiore in accordo ai criteri del DSM-IV e della HAM-D (Hamilton Depression Rating Scale).
371 pazienti furono sottoposti a trattamento con sertralina con una dose iniziale di 50mg o 100 mg e 376 pazienti ricevettero placebo.
L'HAMD score scese in media di 7,4 punti nei pazienti in trattamento con sertralina e 6,6 punti nel gruppo placebo. La risposta clinica definita secondo i criteri della Clinical Global Impression Scale si verificò nel 45% dei pazienti trattati con sertralina contro il 35 % dei pazienti del gruppo placebo con una differenza statisticamente significativa. La sospensione del trattamento per effetti collaterali si è verificata nell'8% dei pazienti trattati con sertralina e nel 2% del gruppo placebo.
I benefici del trattamento furono maggiori verso la fine delle 8 settimane dello studio, mentre il miglioramento con il placebo si arrestava intorno alle 6 settimane.
Secondo gli autori i vantaggi della terapia con sertralina sarebbero stati ancora più evidenti se lo studio si fosse prolungato per un tempo maggiore.

Am J Psychiatry 2003;160:7:1277-1285

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Sole e Sclerosi Multipla

Uno studio pubblicato sulla rivista "British Medical Journal" sembra indicare che una maggiore esposizione al sole durante l'infanzia e la prima adolescenza sia associata con un rischio ridotto di sclerosi multipla. La malattia è più comune alle latitudini più alte, dove generalmente ci sono livelli minori di radiazione ultravioletta.
Lo studio è stato effettuato in Tasmania, una regione situata a un'alta latitudine e con una forte prevalenza di sclerosi multiple. I ricercatori, Ingrid van der Mei e colleghi dell'Università della Tasmania, hanno studiato 136 pazienti e 272 soggetti di controllo, indagando sulla passata esposizione ai raggi solari, le misure che prendevano per proteggersi dal sole, l'uso di supplementi di vitamina D, la storia medica e altri fattori che si ritengono associati alla malattia. Sono stati presi in considerazione anche i danni e il colore della pelle.
I risultati indicano che l'esposizione al sole all'età di 6-15 anni (una media di 2-3 ore o più d'estate, nei weekend e nei giorni festivi) e maggiori danni alla pelle sono associati con un rischio minore di sclerosi multipla. La maggiore esposizione d'inverno sembra più importante di quella d'estate. Questo suggerisce che l'insufficienza di radiazione ultravioletta o di vitamina D potrebbe influenzare lo sviluppo della malattia.

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Studio FLUVACS: la vaccinazione antinfluenzale riduce del 66% la mortalità cardiovascolare ad 1 anno tra i pazienti con infarto miocardico o da sottoporre ad angioplastica/stent

Lo Studio FLUVACS (Flu Vaccination Acute Coronary Syndromes) ha verificato l'impatto della vaccinazione anti-influenzale nei pazienti con sindromi coronariche acute.
Lo studio ha riguardato 200 pazienti, arruolati entro 72 ore dopo un infarto miocardico e 101 pazienti da sottoporre ad angioplastica/stent senza angina instabile.
I pazienti infartuati hanno ricevuto il trattamento standard e sono stati successivamente sottoposti in modo random alla vaccinazione antinfluenzale (unica somministrazione) o a placebo.
Similarmente alcuni pazienti da sottoporre ad intervento coronarico percutaneo sono stati vaccinati.
L'end point primario era rappresentato dalla mortalità cardiovascolare, mentre l'end point secondario consisteva in: morte, reinfarto ed ospedalizzazione.
Ad 1 anno, il 6% dei pazienti che sono stati vaccinati è morto contro il 17% dei controlli.
La vaccinazione ha ridotto il rischio di morte per cause cardiovascolari del 66%.
L'end point secondario è stato raggiunto nel 37% dei pazienti del gruppo controllo e nel 22% dei pazienti vaccinati.

Fonte: European Society of Cardiology/Annual Meeting 2003, Vienna

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TOS e qualità della vita

Sempre più vivaci, in epoca recente, le polemiche sulla utilità della TOS post menopausale, sui suoi potenziali rischi, sui benefici e sulla eventuale durata del ciclo terapeutico. A questo dibattito si aggiunge una recente ricerca che ha voluto valutare l'eventuale beneficio sulla qualità della vita del trattamento con TOS. Sono stati esaminati, su un campione di oltre 16.000 donne, una serie di parametri comprendenti lo stato di salute in generale, la vitalità, la sessualità, i sintomi depressivi, mediante la somministrazione di questionari.
Lo studio non ha evidenziato miglioramenti significativi di questi parametri nelle donne in trattamento con TOS, mentre sono stati evidenziati dei benefici, di entità in vero modesta, sui disturbi del sonno in un sottogruppo di donne di età compresa tra i 50 e i 54 anni (quindi in condizioni di menopausa piuttosto recente) affette da disturbi vasomotori moderati/severi.
Secondo questo studio quindi l'utilità della TOS andrebbe limitata a questo sottogruppo di pazienti e non avrebbe una effettiva utilità, anche in considerazione dei potenziali rischi nella popolazione generale femminile.

(NEJM, 2003;348:1839-54)

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Tre è meglio che uno!

Usare tre farmaci antipertensivi in una combinazione a basso dosaggio può ridurre il rischio di ictus e di eventi ischemici cardiaci di circa la metà secondo quanto affermato dai ricercatori inglesi che hanno condotto una review di 354 trials sui farmaci antipertensivi.
Sebbene sia noto che una riduzione di 10mmHg della pressione sistolica o di 5 mmHG della pressione diastolica sono in grado di ridurre di circa un terzo il rischio di ictus o di circa un quarto il rischio eventi ischemici cardiaci nella popolazione degli ultra sessantacinquenni, non è ancora chiaro quale sia il regime terapeutico migliore ai fini di un tale risultato.
Malcom R.Law, et al. Della Queen Mary's School of Medicine di Londra hanno condotto una metanalisi di 354 trials clinici in doppio cieco su 5 categorie di antipertensivi: tiazidici, beta bloccanti, ACE-inibitore, satanici e calcioantagonisti, per un totale di 40.000 pazienti trattati e 16.000 pazienti sotto placebo.
Tutte e 5 le categorie di antipertensivi hanno prodotto riduzioni simili dei valori pressori. La media di riduzione della PA fu di 9,1 mmHg per la sistolica e di 4,4 mmHg per la diastolica a metà della dose standard. I farmaci hanno ridotto i valori pressori di tutti i livelli pretrattamento ma soprattutto si sono dimostrati efficaci dove i livelli di PA pretrattamento erano più elevati. Gli effetti negativi di classi differenti farmaci si sommano e in molti i casi i sintomi sono dose correlati, tuttavia la prevalenza di effetti collaterali con due farmaci in combinazione non sembra sommarsi e gli effetti metabolici indesiderati sono trascurabili con metà della dose standard.
La combinazione di due o tre farmaci a basso dosaggio è preferibile all'uso di uno o due farmaci a dosaggio standard. Basandosi sulla pressione media dei pazienti colpiti da ictus (150/90) tre farmaci somministrati a metà dosaggio della dose standard riducono i livelli pressori di 20 mmHg per la sistolica e di 11 mmHg per la diastolica e riducono il rischio di ictus del 63 % e il rischio di eventi ischemici cardiaci del 46% nella popolazione di età compresa tra 60 e 69 anni.

BMJ 2003;326:7404:1427

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Un Topo particolare ci aiuta a capire la Schizofrenia

Ricercatori dello Howard Hughes Medical Institute hanno prodotto un topo geneticamente alterato che esibisce anormalità del comportamento molto simili a quelle osservate negli esseri umani che soffrono di schizofrenia. Gli scienziati affermano di aver già usato il modello animale per identificare una variante genetica associata con la schizofrenia nell'uomo.
Secondo i ricercatori, l'importanza della scoperta sta nell'identificazione di un processo di segnalazione molecolare coinvolto nell'origine della schizofrenia, disturbo che affligge circa l'uno per cento della popolazione. Se così fosse, la ricerca di farmaci che regolano questo processo permetterebbe di sviluppare una nuova classe di antipsicotici in grado di tenere sotto controllo la malattia in maniera più efficace.
Gli scienziati, guidati da Susumu Tonegawa del Massachusetts Institute of Technology, hanno presentato lo studio in due articoli pubblicati sul numero del 30 giugno della rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences". Tonegawa ha collaborato con ricercatori della Duke University, della Rockefeller University e della Columbia University.
Gli scienziati hanno modificato geneticamente un topo, privandolo nel cervello del gene per l'enzima calcineurina. La calcineurina svolge un ruolo di regolazione sia nel sistema immunitario sia nel cervello. Senza un modello animale di questo tipo, non sarebbe stato possibile determinare la funzione precisa dell'enzima, che sembra essenziale per la cosiddetta "memoria di lavoro".

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Utile l'ASA nella prevenzione del tumore colon-rettale

Il tumore colon-rettale è una malattia ad elevata incidenza nei paesi sviluppati e la sua diffusione tende ad aumentare. Precedenti studi avevano evidenziato come la somministrazione di ASA dimostrasse un'azione protettiva verso comparsa di adenomi colon-rettali. Tali nomi sono frequentemente i precursori di malattia neoplastica intestinale.
Sono stati perciò effettuati degli studi controllati onde valutare l'efficacia di questa somministrazione nella comparsa sia degli adenomi che nel successivo sviluppo verso la forma neoplastica maligna. Questi studi sono stati pubblicati sul NEJM ed hanno concordemente mostrato un effetto positivo del trattamento. Gli studi non erano perfettamente corrispondenti nel disegno e mostrano qualche differenza nei risultati; tuttavia concordemente evidenziano un andamento positivo. Nel primo studio si valutava l'incidenza della comparsa di adenomi in 635 pazienti con pregresso tumore colon-rettale. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere ASA o placebo.
Lo studio ha dimostrato una minore comparsa di adenomi nel gruppo di trattamento (17% contro 27% del gruppo placebo) nonché un allungamento dei tempi di comparsa. Nel secondo studio invece veniva considerata l'azione dell'ASA nei confronti di adenomi colon-rettali recentemente scoperti in circa 1.100 pazienti.
I pazienti erano stati randomizzati a ricevere placebo o ASA in due diversi dosaggi (81 mg/die, 325 mg/die). L'incidenza degli adenomi è risultata del 47% nel gruppo del placebo contro il 38 e il 45% rispettivamente dei due gruppi trattati con ASA. Anche per la comparsa di neoplasie maligne l'incidenza nei soggetti del gruppo placebo è stata significativamente superiore rispetto a quella nei due gruppi trattati con ASA.

(Sandler R, Halabi S, et all. NEJM 2003:348;883-890)
(Baron JA, Cole BF et all. NEJM 2003; 348:891-899)
(Imperiale TF, NEJM 2003;348:879-880)

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Vaccino contro il virus Ebola

Una singola somministrazione di un nuovo vaccino contro il virus Ebola potrebbe offrire una protezione rapida e apparentemente solida nelle scimmie. Lo affermano scienziati del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) degli Stati Uniti in un articolo pubblicato sul numero del 7 agosto della rivista "Nature". Il vaccino potrebbe rivelarsi particolarmente utile nel caso di epidemie, quando è fondamentale una risposta molto rapida.
Tre anni fa, Gary Nabel e colleghi del Vaccine Research Center del NIAID avevano già affermato di essere in grado di proteggere le scimmie da Ebola usando un vaccino a due denti. Innanzitutto avevano fatto tre iniezioni, a quattro settimane di distanza, con un pezzo di DNA che codificava per la glicoproteina di superficie di Ebola, seguita, tre mesi dopo, da un adenovirus vivo modificato per produrre la stessa proteina. Questo metodo mirava a produrre una difesa immunitaria più robusta possibile.
Ora, lo stesso team ha scoperto un modo migliore e più rapido per ottenere lo stesso risultato. Anziché usare il DNA, hanno iniettato due volte, a nove settimane di distanza, l'adenovirus modificato. In seguito hanno scoperto che anche la seconda iniezione di adenovirus non era necessaria: le scimmie vaccinate erano già in grado di resistere alle infezioni letali di Ebola dopo sole quattro settimane.
Il vaccino ora verrà sottoposto a nuove sperimentazioni e studi clinici anche sugli esseri umani. Anche se la somministrazione in due colpi produce una risposta immunitaria più forte e potrebbe offrire una protezione più duratura, l'adenovirus singolo potrebbe rivelarsi più utile quando c'è meno tempo a disposizione, cioè per combattere rapidamente le epidemie.

www.lescienze.it

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Le vasculopatie si associano a alterazioni dentali

Diversi studi avevano già evidenziato, in passato, come potesse esistere una correlazione positiva tra l'incidenza di vasculopatie e problemi di salute dentale.
Per valutare meglio questa correlazione è stato condotto un ampio studio prospettico su oltre 45.000 soggetti sani. Questi soggetti sono stati esaminati per un periodo di circa 12 anni durante il quale è emerso come le vasculopatie mostrassero una maggiore incidenza nei soggetti che fossero portatori di malattie periodontali. (RR 1,41).
Gli autori hanno verificato statisticamente come la caduta di ogni singolo dente conseguente alla malattie periodontali contribuisse in modo proporzionale all'aumento di rischio (RR 1,39).
Non è stato però esaminato, in quanto la tipologia dello studio non lo permetteva, quale fosse il rapporto tra i due eventi, cioè quale fosse delle due condizioni morbose a influenzare l'altra.

Hung HC, Willet W, et all. "Circulation" 2003;107:1152-1157

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APPROFONDIMENTI


 

Il nuovo caso del dottor Cretinetti-Falchetto

a cura del dottor Giuseppe Ressa, medico di famiglia e specialista internista

[Continua la presentazione di casi clinici basati su esperienze concrete, che possono offrire lo spunto a utili considerazioni metodologiche e pratiche. I personaggi di Cretinetti e Falchetto sono stati ideati dal Dott. Giuseppe Ressa, che ha curato anche la scelta e l'esposizione dei casi.]

Il dottor Cretinetti è un medico che fa anamnesi approssimative, esami obiettivi volanti, prescrive montagne di analisi ed esami strumentali; il dottor Falchetto è il suo opposto: anamnesi ed esami obiettivi maniacali, connessioni diagnostiche mirabolanti, scorciatoie fulminanti, esami diagnostici centellinati; a volte cerca diagnosi rarissime mancandone altre più probabili e giuste.
Capita che Cretinetti e Falchetto coesistano schizoidamente nella stessa persona.

Quelle strane lesioni alle gambe

Si presenta in studio una paziente 25 enne che lamenta dei gonfiori alle gambe. Falchetto la visita: l'esame obiettivo completo è negativo eccetto delle lesioni tipo contusiforme bilaterali sulle gambe "È chiaramente un eritema nodoso" sentenzia con voce stentorea. Spiega alla paziente che le cause possono essere multiple e che vanno tutte esplorate: prescrive routine completa ematochimica, Rx torace, tine test, tampone faringeo, Rx arcate dentarie; gli esami risultano tutti negativi.

Falchetto è in difficoltà, prescrive un antibiotico a largo spettro; la paziente telefona dopo dieci giorni e dice che va un pò meglio, Falchetto si rassicura; dopo qualche mese però torna alla carica perché l'eritema nodoso si è ripresentato in maniera più accentuata, anzi afferma che in realtà non è mai passato del tutto e che le prude molto.

Falchetto chiede una consulenza dermatologica, il collega conferma la diagnosi di eritema nodoso e prescrive una serie di analisi reumatologiche e immunitarie; la paziente si reca in studio da Falchetto, mostra la ricetta e, prima di farsele trascrivere, dice che le fa male tanto la gola. Falchetto la visita e rileva un segno clinico che gli fa accendere una connessione diagnostica, la sottopone ad un consulto specialistico dal dott. Cretinetti, noto specialista della branca medica attinente al sospetto diagnostico, al quale invia una lettera esplicativa.
Egli dice alla paziente che non è nulla di grave e di farsi rivedere dopo qualche mese. Falchetto va avanti per conto suo, fa effettuare un esame che conferma i suoi sospetti, a distanza di otto anni la paziente è ancora viva.

Riesaminiamo il caso passo passo rilevando eventuali errori metodologici:

Non ha capito l'eziologia dell'eritema nodoso, ma pensa che se la paziente sta meglio tanto vale non pensarci più, errore metodologico grave.
La paziente si gratta ripetutamente le gambe, Falchetto non ricorda che l'eritema nodoso pruda e quindi comincia a pensare di aver sbagliato diagnosi malgrado le lesioni siano di aspetto scolastico, altro errore.
Falchetto non si limita ad osservare il cavo orale ma palpa il collo e rileva un linfonodo duro in laterocervicale, grande come una ciliegia, non dolente, poco mobile, di consistenza aumentata, stavolta si è riscattato in parte.
A Cretinetti EMATOLOGO arriva una comunicazione scritta di Falchetto che gli illustra il caso esattamente nei termini in cui sono stati esposti, ma egli si esibisce in uno sfondone consigliando una ulteriore attesa di qualche mese.
Biopsia linfonodale richiesta autonomamente da Falchetto: LINFOMA DI HODGKIN, che viene trattato con con chemio e radioterapia.
C'erano anche dei linfonodi mediastinici NON visibili alla Rx torace fatta precedentemente. La paziente è viva, il caso è del 1994.
Falchetto complessivamente è contento anche SE non trovando la causa dell'eritema nodoso una TC toracica probabilmente avrebbe fatto fare la diagnosi prima.

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Privacy nelle attività mediche

Non è raro entrare in uno studio medico e trovare in sala di attesa un cestino con tante ricette intestate a persone diverse. I pazienti spulciano tra le ricette e, quando trovano la propria, se ne vanno. Controllando tra i vari nominativi, è inevitabile che scorra sotto i loro occhi anche quello del vicino e del farmaco che questi assume. Così, attraverso un servizio offerto dal medico di medicina generale, viene disatteso un diritto: quello alla privacy.

Sì, perché è possibile che Mario Rossi giovane diabetico non insulino dipendente, possa non gradire che Paolo Bianchi, vicino di casa, venga a conoscenza della sua malattia e magari ne parli in giro. Purtroppo succede anche che il medico faccia ritrovare in quel cestino in sala di aspetto un certificato di malattia, ma non sono meno censurabili gli impiegati di certe ASL quando incollano sul retro della tessera sanitaria i codici di esenzione anziché tenerli separati.

Pur non essendo dotato di un riferimento preciso a principi sanciti dalla Carta Costituzionale, il concetto tradizionale di privacy trova come riferimento essenziale nell'ordinamento comunitario la Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Ma più che il cittadino medio, il medico è particolarmente vincolato alla riservatezza per via del suo ruolo pubblico.

Ben tre diverse normative si intrecciano, per il medico, attorno a questo problema:

  • Segreto professionale (art. 622 C.P.)
  • Codice deontologico (art. 9)
  • Normativa sulla privacy (Legge 675 del 1996 e modificazioni)

Segreto Professionale

Art. 622 C.P. "Chiunque avendo notizia per ragione del proprio stato, ufficio, della propria professione o arte di un segreto, lo rivela senza giusta causa... è punito...".

Perché si concretizzi un reato quindi occorre che

  • che si tratti di un segreto (non sono tutelate notizie di comune conoscenza),
  • che il medico ne abbia avuto notizie, direttamente o indirettamente, in ragione della propria professione,
  • che la rivelazione sia stata fatta senza giusta causa,
  • che sia derivato o possa derivare un nocumento alla persona offesa,
  • che venga presentata querela dalla persona offesa (reato perseguibile a querela).

Codice deontologico

Il Codice Deontologico tutela il segreto professionale:

Art. 9: Il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o che può conoscere in ragione della sua professione; deve, altresì, conservare il massimo riserbo sulle prestazioni professionali effettuate o programmate, nel rispetto dei principi che garantiscano la tutela della riservatezza...

Anche il Codice Deontologico prevede alcune possibilità di deroga, tra cui, principalmente, quella della "giusta causa".

Legge 675 (Legge Privacy)

Le norme citate precedentemente tutelavano soprattutto la riservatezza di informazioni conosciute per motivi professionali, lasciando invece non protette quelle notizie recepite attraverso mezzi o canali diversi.

Questo limite è stato colmato dalla legge 675, entrata in vigore dal 31 dicembre del '96, la quale ha affermato regole e principi che riguardano essenzialmente:

  1. la tutela dei dati personali;
  2. l'obbligo di acquisire il consenso per la loro raccolta;
  3. l'obbligatorietà di dichiarare la finalità del trattamento;
  4. una serie di importanti distinzioni sulla qualità dei dati raccolti.

Con il termine dati personali la legge 675/99 intende qualunque informazione concernente una persona fisica o giuridica, ente o associazione identificata o identificabile.

Per trattamento dei dati si intende qualunque operazione, svolta con qualsiasi mezzo, concernente la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione dei dati stessi.

Qualche definizione:

Il Titolare del dato indica la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo cui competono le decisioni relative alle finalità ed alle modalità del trattamento di dati personali. (Ad esempio: l'INPS è titolare della sua banca dati concernente le pensioni).
Il Responsabile è la persona fisica, giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali (Il funzionario che l'INPS mette a capo dell'Ufficio che gestisce i dati).

L'Incaricato è la persona incaricata per iscritto dal titolare o dal responsabile di trattare materialmente i dati (gli impiegati, le dattilografe dell'INPS ecc.).
L'Interessato è la persona fisica, la persona giuridica, l'ente o l'associazione cui si riferiscono i dati personali (il pensionato i cui dati vengono trattati).

Al di fuori di tali soggetti, la diffusione di dati personali senza il consenso dell'interessato è illecita.

Nello studio medico, i ruoli sono così rappresentabili:

  • Titolare: il medico titolare del rapporto di fiducia.
  • Responsabile: lo stesso medico o altra persona da lui eventualmente preposta al trattamento dei dati (es: il gestore del server o la Società responsabile del trattamento dei dati raccolti)
  • Incaricato: la persona incaricata per iscritto di trattare materialmente i dati (es.: segretaria)
  • Interessato: il paziente

In caso di violazioni delle norme, o comunque di diffusione non autorizzata di dati personali, ogni componente della "catena" dovrà dimostrare di aver operato correttamente e di aver fatto tutto il possibile per evitare il fatto. Eventuali carenze organizzative ricadrebbero, ovviamente, sul Titolare e sul Responsabile.

Dati personali e dati sensibili

Non tutti i dati hanno lo stesso valore e la stessa importanza: accanto ai dati personali ordinari (generalità, indirizzo, numero telefonico ecc.) la legge ha individuato una serie di dati meritevoli di particolare tutela: i dati sensibili.

Questi riguardano, appunto, la salute, e poi anche le abitudini sessuali, le opinioni politiche, sindacali o religiose del singolo individuo. Questi dati sono protetti da norme giuridiche più rigorose rispetto a quelle che la legge prevede per il trattamento dei dati ordinari o comuni, e sono esclusi, in linea di principio, da ogni forma di circolazione.

L'art. 22 (commi 3, 3bis, 4) stabilisce che il trattamento dei dati sensibili è consentito solo al verificarsi di tre condizioni:

  1. esistenza di disposizioni che indichino quali dati devono essere trattati, le operazioni da eseguire e le finalità da perseguire;
  2. l'attività deve essere di rilevante interesse pubblico;
  3. serve l'autorizzazione del Garante.

L'autorizzazione del Garante per il trattamento di dati inerenti lo stato di salute e la vita sessuale di un individuo (da chiunque effettuato) è obbligatoria, concessa solo "per far valere o difendere un diritto di rango pari a quello dell'interessato".

In breve sintesi, quindi, il trattamento dei dati sensibili è sottoposto al duplice requisito del consenso scritto dell'interessato e dell'autorizzazione del Garante.

Il medico spesso è inconsapevole di questo duplice requisito in quanto il Garante rinnova periodicamente un'autorizzazione preventiva a tutti gli esercenti le arti sanitarie, senza la quale sarebbe necessaria per ogni prestazione, oltre ad un consenso scritto, la richiesta di autorizzazione al Garante stesso.

Le violazioni inconsapevoli

Da quanto si è detto, il medico che con leggerezza permette (come nei casi citati all'inizio) che persone estranee (o comunque non autorizzate) possano venire a conoscenza di informazioni relative alla salute di altri pazienti, può inconsapevolmente rendersi colpevole di violazione di tutte e tre le normative citate sopra.

  1. Egli viola il segreto professionale, e non vale il fatto che le informazioni vengano diffuse senza una suo diretto intervento, perché non impedire un fatto che si ha dovere di impedire, equivale a cagionarlo. Qualora qualche paziente lo querelasse, ne dovrebbe rispondere in sede civile e penale.
  2. Egli viola la norma deontologica: in caso di esposto all'Ordine, ne risponderebbe in sede disciplinare.
  3. Egli viola la legge 675/99 per i motivi sopradescritti. Il suo particolare ruolo fa sì che con tali comportamenti vengano violate, il più delle volte, non solo le norme sui dati personali comuni ma anche e soprattutto quelle sui dati sensibili, attinenti allo stato di salute; e le pene previste per le diverse violazioni non sono indifferenti:
  • Omessa o infedele notificazione (art. 34) Pena: reclusione da 3 mesi a 2 anni Pubblicazione della sentenza
  • Trattamento illecito di dati personali (art.35) Pena: reclusione da 3 mesi a 2 anni o reclusione da 1 a 3 anni (se aggravanti). Pubblicazione della sentenza
  • Omessa adozione di misure necessarie alla sicurezza dei dati (art.36) Pena: reclusione fino ad 1 anno o reclusione da 2 mesi a 2 anni (se aggravanti). Pubblicazione della sentenza
  • Inosservanza dei provvedimenti del Garante (art.37) Pena: reclusione da 3 mesi a 2 anni Pubblicazione della sentenza

I problemi non riguardano però solo il Medico di Famiglia, ma tutti gli operatori della Sanità che entrino in contatto con dati personali o sensibili: ciascuno, a seconda del ruolo che riveste, è tuttavia ugualmente tenuto ad operare in modo da evitare diffusioni indesiderate.

Daniele Zamperini (pubblicato su Occhio Clinico, 9 2003)

(P.S. Nelle more della pubblicazione, è stato pubblicato in G.U. il D. Legisl. 30 Giugno 2003 n. 196 (G.U. n. 174 del 29/07/2003 supplemento ordinario n. 123) che detta e coordina le normative in materia. In tale decreto è espressamente prevista l'istituzione di "distanze di cortesia" e di ogni altra procedura necessaria per salvaguardare la privacy dei pazienti. DZ)

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MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA


Rubrica gestita dall'ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica (a cura di D. Z.)

 

Il medico e la prescrizione dei farmaci - aggiornato al settembre 2003 (di Marco Venuti)

Una delle attività più frequenti del medico è sicuramente quella della prescrizione dei farmaci.
Negli ultimi anni alcuni provvedimenti legislativi hanno introdotto regole che tendono a regolamentare la prescrivibilità dei farmaci, sia nel senso di una maggiore tutela del paziente, ma anche del medico e del sistema sanitario nazionale (appropriatezza prescrittiva e tutela medico-legale).

In primo luogo, per la prescrizione di un farmaco bisognerebbe  attenersi a quanto riportato in scheda tecnica, ed in particolare nei paragrafi "indicazione terapeutica" e "posologia e modalità di somministrazione": articolo 3, comma 1 della legge 94/98 (" Fatto salvo il disposto dei commi 2 e 3, il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dal Ministero della sanità").

Se il farmaco è classificato in fascia A e viene prescritto per una indicazione/posologia/modalità di somministrazione contemplata in scheda tecnica, esso è prescrivibile a carico del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), a meno che non sia soggetto ad una delle varie note CUF che ne limitino ulteriormente la prescrizione, a carico del SSN, alla presenza di particolari situazioni (l'ultima revisione generale delle note CUF risale al Decreto del ministero della sanità del 22.12.2000, Gazzetta Ufficiale n. 7, Suppl. Ordinario  n. 4, del 10.01.2001, successivamente modificato parzialmente da altri provvedimenti).
Se il farmaco è classificato in fascia A ma viene prescritto per una indicazione/posologia/modalità di somministrazione non contemplata in scheda tecnica, esso è prescrivibile dal Medico di medicina generale (MMG) solo per un impiego noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale: articolo 3, comma 2 della legge 94/98 ("In singoli casi il medico può, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un'indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata, ovvero riconosciuta agli effetti dell'applicazione dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali sia già approvata quella indicazione terapeutica o quella via o modalità di somministrazione e purchè tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale."); in ogni caso, tale farmaco non può essere prescritto a carico del SSN: articolo 3, comma 4 della legge 94/98 ("In nessun caso il ricorso, anche improprio, del medico alla facoltà prevista dai commi 2 e 3 può costituire riconoscimento del diritto del paziente alla erogazione dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale, al di fuori dell'ipotesi disciplinata dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648.")

Se il farmaco è classificato in fascia C, esso non è prescrivibile a carico del SSN a meno che non si tratti di un farmaco di comprovata utilità terapeutica per un paziente titolare di pensione di guerra diretta vitalizia: articolo 1 della legge 203/00 ("I medicinali attualmente classificati nella classe c), di cui al comma 10 dell’articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono erogabili, a totale carico del Servizio sanitario nazionale, nei confronti dei titolari di pensione di guerra diretta vitalizia, nei casi in cui il medico di base ne attesti la comprovata utilità terapeutica per il paziente.")

Esistono alcune eccezioni alle regole su esposte, di interesse principalmente per il medico ospedaliero.
Alcuni farmaci (cosidetti innovativi, sperimentali, ecc.)  sono erogabili a carico del SSN secondo protocolli stabiliti a livello ministeriale: articolo 1, comma 4 della legge 648/96 (Qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, a partire dal 1 gennaio 1997, i medicinali innovativi la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati ma non sul territorio nazionale, i medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica e i medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, inseriti in apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione unica del farmaco conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa. L'onere derivante dal presente comma, quantificato in lire 30 miliardi per anno, resta a carico del Servizio sanitario nazionale nell'ambito del tetto di spesa programmato per l'assistenza farmaceutica.) e provvedimento CUF del 20.07.00, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 219 del 19.09.00.
È stata introdotta, inoltre, la possibilità di somministrare gratuitamente un medicinale, anche privo dell'autorizzazione all'immissione in commercio, sottoposto a sperimentazione clinica sul territorio italiano o in altro paese estero, al di fuori della sperimentazione clinica stessa, quando non esista valida alternativa terapeutica al trattamento di patologie gravi, o di malattie rare o di condizioni di malattia che pongono il paziente in pericolo di vita: decreto del Ministero della salute del 08.05.03, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 28.07.03. In questo caso bisogna attivare particolari procedure per la fornitura del farmaco direttamente da parte della impresa produttrice.

Infine, quando un farmaco venga prescritto per una indicazione/posologia/modalità di somministrazione non contemplata in scheda tecnica, è indispensabile ottenere dal paziente il consenso informato: articolo 3, comma 2 della legge 94/98 ("In singoli casi il medico può, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, ...").

Marco Venuti

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Nuove norme esenzione ticket Regione Lazio: ulteriore burocrazia

Dal 1° Luglio 2003 è diventata operativa, nel Lazio, la delibera della Giunta Regionale del Lazio n° 1455 del 08/11/2002, che ha dato attuazione all'Art. 87 della Legge 23/12/2000 n° 388. Tale delibera ha reso obbligatorio indicare nell'apposito riquadro della ricetta regionale i sei primi numeri (e non più i primi tre) indicativi della forma morbosa per la quale l'assistito è esente dal pagamento del ticket.
Fino al trenta giugno erano infatti sufficienti, come previsto dalla normativa generale, le sole prime tre cifre; per esempio se prima poteva essere indicata l'esenzione per diabete mellito con le cifre 013, successivamente è divenuto obbligatorio indicare anche le altre tre cifre dell'ICD9; quindi lo stesso diabetico dovrà essere indicato con il numero 013.250.
La numerazione corretta è, ovviamente, indicata su ogni tessera di esenzione.
La delibera della Regione Lazio sembra aver messo in difficoltà perfino gli stessi controllori pubblici: in data 10/7/2003 la Circolare prot. 3495/ASP proveniente dall'Agenzia di Sanità Pubblica comunicava che il programma informatico Quaslas, deputato ai controlli sulle ricette e strutturato in base alle normative generali, avrebbe di necessità effettuato i controlli, fino al 1 ottobre, solo sulle prime tre cifre; si sarebbero comunque effettuati incontri con le rappresentanze dei medici prescrittori "al fine di migliorare l'adesione degli stessi alle indicazioni normative".
In base a tale circolare sono state ancora accettate ricette contenenti le sole prime tre cifre, ma molti laboratori pretendono al momento che vengano compilate le prime sei cifre.

Commento:

  • non si capisce la necessità, da parte di una Regione che si dichiara sempre favorevole ad una deburocratizzazione, di inserire ulteriori obblighi burocratici, di cui non è neppure chiara l'utilità.
  • La maggioranza dei programmi informatizzati in uso presso gli studi medici prevede (in base alla normativa nazionale) l'inserimento automatico delle sole prime tre cifre. Questa nuova norma obbligherà i produttori dei programmi a commercializzarne una versione specifica per la sola Regione Lazio
  • La stessa ASP dovrà effettuare controlli differenziati sulle prescrizioni del Lazio rispetto al resto d'Italia.
  • Alcune patologie riportano numerosi "sottocodici" (per esempio la "malattia ipertensiva") e lo stesso paziente può rientrare in più di un sottocodice. Diventerà complicatissimo, in questi casi, indicare e differenziare le varie sottocategorie, con enorme difficoltà per i programmi informatici, per i medici prescrittori ma anche per le ASL, che dovranno badare a non dimenticare, all'atto del riconoscimento del diritto, neppure un sottocodice, pena contenziosi infiniti.
  • L'inserimento delle 6 cifre aumenterà enormemente il numero degli errori "formali" e, di conseguenza, il numero degli inutili contenziosi.

In definitiva: una nuova burocrazia, di cui non si sentiva assolutamente la mancanza.

Daniele Zamperini

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Si muovono gli Ordini dei Medici a proposito del Servizio 3 di Telecom

In seguito alle numerose segnalazioni effettuate da medici che lamentavano disservizi (attuali o potenziali) derivabili dall'attivazione del nuovissimo servizio "3" della Telecom (di cui abbiamo già parlato in precedenza), si è creato un ampio movimento di opinione, che sta coinvolgendo anche alcuni Ordini Provinciali.

IL GAZZETTINO di Padova ha pubblicato, Venerdì, 17 Ottobre 2003 un articolo dal titolo: "TELECOM: I MEDICI NON VOGLIONO IL SERVIZIO 3"

"È stato "battezzato" Servizio 3 e la Telecom lo sta introducendo su tutto il territorio nazionale con grande discrezione, tanto è vero che neppure i diretti interessati ne sono a conoscenza.
In pratica, chi chiama da un telefono fisso un utente impegnato con un'altra telefonata, si sente rispondere da una segreteria con queste parole: "Il numero è occupato: premendo il tasto 3 si può lasciare un messaggio; schiacciando il 5 si prenota la chiamata appena la linea si libera. Per il costo rivolgersi al 187".
La tariffa per il chiamante è di 15 centesimi, mentre per il ricevente non ci sono addebiti.
L'introduzione del servizio ha mandato su tutte le furie molte categorie, ma in primis i medici di base, che proprio sulla base delle segnalazioni che i pazienti effettuano sulle tradizionali segreterie predispongono le visite, o organizzano eventuali ricoveri.
Il problema è che il messaggio non solo annulla quello di eventuali segreterie telefoniche private (non il Memotel), ma rimane in memoria soltanto 90 minuti.
Un esempio. Se il dottore sta parlando al telefono, oppure se un paziente occupa la sua linea ascoltando il messaggio vocale della tradizionale segreteria, un altro malato che chiama non sente più il segnale di occupato, ma gli risponde la Telecom proponendo il Servizio 3.
Il rischio è che alla fine il medico, magari se deve assentarsi per più di un'ora e mezza, non senta mai il contenuto della richiesta, magari urgente, di chi lo ha cercato trovando occupato.
Secondo Telecom per la disattivazione ci vogliono 48 ore, ma i sanitari di famiglia dicono invece che non è così semplice ottenere l'annullamento del servizio, tanto è vero che alcuni hanno dovuto alzare la voce per raggiungere lo scopo.
Ieri mattina, quindi, Riccardo De Gobbi, segretario dell'Ordine dei medici, ha spedito una diffida a Telecom, intimando appunto la disattivazione e nei prossimi giorni ha in animo di presentare un ricorso all'Authority per le Telecomunicazioni e al Garante per la privacy, alla luce di una riunione che ha avuto nei giorni scorsi con i colleghi. "Il Servizio 3 - ha sottolineato - può creare grossissimi problemi alla nostra categoria. Un malato che ha bisogno di cure urgenti magari aspetta inutilmente che il medico lo richiami, non ipotizzando che a quest'ultimo non sia mai arrivata la sua segnalazione".

Il testo della lettera dell'O.M. di Padova:

"Spett.le
TELECOM ITALIA S.p.a.
Viale Carducci 24
30172 MESTRE VENEZIA

Raccomandata A.R.

Oggetto: Attivazione Servizio "3"

Codesta Azienda ha recentemente attivato un nuovo servizio, che risulta pubblicizzato anche sul sito www.telecomitalia.it.
Ci si riferisce al nuovissimo "Servizio 3", che consente di registrare ed inviare un messaggio vocale al numero che si trova occupato. La descrizione del Servizio precisa: "Il tuo interlocutore, non appena il suo telefono si sarà liberato, riceverà un messaggio attraverso una normale telefonata.
Dopo aver ascoltato il messaggio gratuitamente, potrà richiamarti, al costo di una normale telefonata, in modo semplice ed automatico, premendo il tasto 1".
Viene aggiunto l'avvertimento "Il Servizio 3 sarà disponibile per tutta la clientela entro il prossimo autunno. Per sapere se puoi usarlo sulla tua linea, ascolta con attenzione il messaggio che ti informa che il numero chiamato è occupato e ti invita a premere il tasto 5. Se il Servizio 3 è già attivo, sarai invitato a premere anche il 3".
Lo scrivente Ordine esprime totale dissenso sulle modalità di attivazione e di funzionamento del detto "nuovissimo" Servizio 3 in quanto anzitutto viene attivato senza il consenso dell'utente destinatario e nelle modalità di funzionamento a messaggio vocale può verificarsi la violazione della normativa contenuta nel D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196 recante il Codice in materia di protezione dei dati personali e che prevede sanzioni severe, anche di rilievo penale, per le trasgressioni più gravi.
In particolare lo scrivente si riferisce alla rigorosa tutela in materia di dati sensibili, come lo sono quelli riguardanti la salute delle persone.
Il Servizio 3 sta creando notevoli problemi a Medici ed Odontoiatri: si dà il caso di pazienti anziani che hanno utilizzato il Servizio 3 confondendolo con un Servizio di Segreteria del Medico e pertanto hanno registrato messaggi personali convinti di registrarli nella segreteria che garantisce la ricezione da parte del Medico Curante. Viceversa il Medico, rientrato dopo il periodo di intervallo previsto dalla Telecom, non ha mai ricevuto il messaggio dell'assistito, con tutte le conseguenze relativa ad una mancata visita anche urgente, con il rischio di essere tenuto responsabile di comportamenti penalmente rilevanti. Le proteste pervenute dai Colleghi sono numerose e diversificate per i casi denunciati.
Si invita, pertanto, codesta Azienda a disattivare immediatamente il Servizio 3 nei confronti di tutti i Colleghi Medici ed Odontoiatri della provincia di Padova e ad attivarlo - come per gli altri servizi simili "Avviso di chiamata", Trasferimento di chiamata", "Memotel" ecc. - solo su richiesta degli stessi.
Infine, atteso che il "Servizio 3" è stato attivato anche presso questo Ente Pubblico ai numeri telefonici 049.8718811 - 049.8718855 - 049.8719449 - 049.8721355 si invita a disattivarlo immediatamente.
Si resta in attesa di cortese immediato riscontro.
Il Segretario:Dr.Riccardo De Gobbi"

Riteniamo importante che tutti i medici che ritengano di NON voler attivare il servizio comunichino specificatamente questa loro volontà telefonicamente (191 o 187) o (meglio) per iscritto, con lettera raccomandata o per fax. I numeri di fax segnalati dai colleghi (ma con preghiera di verifica) sono: 803 308 360 oppure 0636882965.
Si ringrazia Marco Manganelli, co-moderatore della lista Lexmedica, per le sue tempestive segnalazioni.

Daniele Zamperini

 

PRINCIPALI NOVITÀ IN GAZZETTA UFFICIALE: mese di settembre-ottobre 2003 (a cura di Marco Venuti)

La consultazione dei documenti citati, come pubblicati in Gazzetta Ufficiale, è fornita da "Medico & Leggi" di Marco Venuti: essa è libera fino al giorno 22.11.2003. Per consultarli, cliccare qui

DATA GU TIPO DI DOCUMENTO TITOLO DI CHE TRATTA?
24.09.03 222 suppl. ord. 154 Decreto del ministero della salute del 10.07.03 Modifiche al decreto ministeriale 15 ottobre 2002 recante «Approvazione della lista dei farmaci, sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e delle pratiche mediche, il cui impiego è considerato doping, ai sensi della legge 14 dicembre 2000, n. 376» .........
30.09.03 227 Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, accordo 10.07.03 Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante: """""Linee-guida in tema di raccolta, manipolazione e impiego clinico delle cellule staminali emopoietiche (CS) .........
01.10.03 228 Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, accordo 24.07.03 Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per l'attuazione del Piano sanitario nazionale 2003-2005 .........
02.10.03 229 Decreto-legge n. 269 del 30.09.03 Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici Gli articoli da 48 a 51 contengono vari provvedimenti di interesse sanitario
17.10.03 242 Decreto del ministero della difesa del 16.09.03 Elenco delle imperfezioni ed infermità che sono causa di non idoneità ai servizi di navigazione aerea e criteri da adottare per l'accertamento e la valutazione ai fini dell'idoneità .........

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