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"PILLOLE" DI MEDICINA TELEMATICA
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A. S. M. L. U. C. - eDott. it 

Periodico di aggiornamento medico e varie attualità
di: 
Daniele Zamperini, Raimondo Farinacci e Marcello Gennari
Iscrizione gratuita su richiesta. Archivio consultabile su: www. edott. it e su http://zamperini. tripod. com
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privato. Riproduzione riservata
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Novembre 2002

INDICE GENERALE

PILLOLE


APPROFONDIMENTI


MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA


Rubrica gestita da D. Z. per l'ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica

PILLOLE


Anastrozolo contro Tamoxifene nel tumore della mammella in stadio iniziale

Il Tamoxifene è un antagonista del recettore estrogeno (ma dotato di una minima attività agonista). Esso viene impiegato nella prevenzione delle recidive di carcinoma della mammella positivo per i recettori degli estrogeni.
Una nuova classe di farmaci, i cosiddetti inibitori della aromatasi, si sono aggiunti recentemente al tamossifene per le stesse finalità terapeutiche.
Gli inibitori delle aromatasi inibiscono la sintesi degli estrogeni a partire dagli androgeni.
Questo meccanismo elimina la componente estrogena senza presentare alcuna residua attività agonista.
Per verificare sul campo l'efficacia di questa nuova classe di farmaci si è paragonata l'efficacia dell' anastrozolo, inibitore delle aromatasi (1 mg/die) con il tamoxifene (20 mg/die) o con la combinazione dei due farmaci.
Sono state reclutate 9366 donne affette da tumore alla mammella instadio iniziale. L'84% dei tumori erano positive per i recettori agli estrogeni. Gli interventi chirurgici, la radio e chemioterapia vennero somministrate secondo i protocolli richiesti dai casi in esame.
Durante un follw-up medio di 33 mesi, si ebbero 1079 recidive o carcinomi controlaterali (11.5%).
La sopravvivenza a 3 anni fu significativamente maggiore nel gruppo trattato con anastrozolo rispetto a quello trattato con tamossifene o con terapia combinata (rispettivamente 89.4%, 87.4% e 87.2%).
L'anastrozolo, a paragone con il tamossifene, aumentò la sopravvivenza priva di malattia solo nelle donne i cui tumori erano positivi ai recettori per gli estrogeni.
Le donne trattate con anastrozolo, inoltre ebbero meno della metà di incidenza di tumori alla mammella controlaterale a paragone del gruppo trattato con tamossifene.
Il gruppo trattato con anastrozolo ebbe una minore incidenza di tumori dell'endometrio, incidenti cardiovascolari, episodi di tromboembolia venosa, ictus e vampate di calore, minor numero di episodi di sanguinamenti e perdite vaginali, ma si associò ad un numero aumentato di fratture al rachide.

Lancet 2002 Jun 22; 359: 2131-9

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Trattamento del carcinoma della prostata: raggi o bisturi?

Non esiste a tutt'oggi un trial randomizzato eseguito con criteri rigorosi e moderni che paragoni la chirurgia alla radioterapia nel trattamento del carcinoma prostatico.
Gli autori di questo studio paragonano i risultati ottenuti in 2254 uomini trattati con prostatectomia radicale e 381 uomini trattati con radioterapia esterna.
La monitorizzazione del PSA post- trattamento è risultata essere leggermente migliore dopo la prostatectomia in pazienti con malattia a rischio basso o intermedio, e leggermente migliore con la radioterapia in pazienti con malattia ad alto rischio.
Viene però riportata l'opinione di un autorevole radioterapista che afferma che non è stata impiegata la radioterapia con lo standard migliore a disposizione, non sono state presentati dati di mortalità e l'analisi statistica è approssimativa
Con tutta la prudenza necessaria, questa sfida sembrerebbe non sembra essersi conclusa con la vittoria di una delle due parti.

Cancer 2002 Jul 15; 95: 281-6

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Extrasistoli premature ventricolari (EPV) in atleti: quale significato?

Non è attualmente chiaro il significato della comparsa di extrasistoli premature ventricolari in giovani atleti senza nessun altro segno di malattia.
In questo studio, 355 atleti di età compresa tra 14 e 35 anni con segno soggettivo di palpitazioni e frequenti extrasistoli premature ventricolari all'ecg vennero sottoposti a registrazione Holter di 24 ore.
Essi furono inoltre studiati con valutazione clinica completa, ecocardiogramma, prova da sforzo al tappeto rotante e rx torace.
La popolazione in esame venne divisa in 3 gruppi: gruppo A, 71 atleti con 2000 o più battiti prematuri ventricolari e 1 o più tratti di tachicardia ventricolare non sostenuta (NSVT), gruppo B, 153 atleti con 100 - 2000 EPV e nessun tratto di NSTV., gruppo C 131 atleti con meno di 100 EPV e nessun tratto di NSTV.
In 26 pazienti (21 nel gruppo A) vennero scoperte anomalie patologiche a carico del cuore (prolasso mitralico con rigurgito da lieve a medio, miocardite, displasia aritmogena del ventricolo sinistro, e cardiomiopatia dilatativa.
Gli atleti del gruppo A vennero esclusi dallo sport agonistico per un minimo di 3 mesi, mentre gli atleti degli azltri 2 gruppi poterono continuare l'attività.
Durante un follow-up medio di 8 anni si ebbe un solo decesso in un atleta del gruppo A, affetto da displasia aritmogena del ventricolo destro, che morì mentre giocava ad hockey contro il parere medico.

J Am Coll cardiol 2002 Aug 7; 40: 446-52

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Basi scientifiche per una pillola anti invecchiamento

Come hanno dichiarato i ricercatori che si occupano di invecchiamento, non esiste in commercio alcun trattamento che abbia dimostrato di rallentare nell'uomo l'accumulo nel tempo dei danni molecolari e cellulari che aumentano la nostra vulnerabilità alle malattie. Tuttavia un particolare stile di vita, e cioè l'adozione di una dieta a basso apporto calorico ma bilanciata dal punto di vista nutrizionale, funziona bene in numerose specie animali, nelle quali aumenta la longevità e prolunga lo stato di salute.
Queste scoperte indicano che la riduzione dell'apporto calorico potrebbe ritardare l'invecchiamento anche nell'uomo. Purtroppo, per ottenere il massimo beneficio, è probabile che sia necessario ridurre il proprio introito calorico all'incirca del 30 per cento, passando dalle quasi 2500 calorie quotidiane a 1750.
Pochi esseri umani riuscirebbero ad attenersi a un regime così duro, specialmente per molti anni di seguito. Ma se qualcuno riuscisse a creare una pillola in grado di imitare gli effetti fisiologici di una dieta controllata senza costringere le persone a soffrire la fame? Questo analogo di un regime ipocalorico potrebbe prolungare lo stato di buona salute e posticipare i disturbi collegati all'invecchiamento come il diabete, l'aterosclerosi, le malattie cardiache e il cancro? Ci siamo posti questo problema per la prima volta a metà degli anni novanta, dopo esserci imbattuti in un composto che sembrava riprodurre nei roditori molti dei benefici propri dei regimi ipocalorici.
Si tratta del 2-desossi-D-glucosio (2DG), che era stato sperimentato nei roditori per curare il cancro ma che abbassava anche i livelli di insulina nel sangue. Apparentemente esso riproduce molte delle classiche risposte al regime ipocalorico, fra cui anche la riduzione della crescita tumorale, l'abbassamento della temperatura corporea, l'innalzamento dei livelli degli ormoni glucocorticoidi e la riduzione del numero di cicli riproduttivi. Ma si è altresì rivelato pericoloso per la salute umana.
In base a studi preliminari, diversi candidati sembrano promettenti: fra questi lo iodoacetato, sperimentato dal gruppo di Mattson, ora al Laboratory of Neurosciences del National Institute on Aging. Negli animali, anch'esso sembra proteggere le cellule cerebrali dall'aggressione da parte di sostanze tossiche. Anche il trattamento con i farmaci antidiabetici, che aumentano la sensibilità cellulare all'insulina, potrebbe rivelarsi utile, purché le quantità somministrate non provochino l'eccessivo abbassamento della concentrazione di glucosio ematico.
A differenza della moltitudine di elisir che ci vengono decantati come l'ultimo ritrovato in fatto di cure anti-età, i composti che riproducono il regime ipocalorico potrebbero alterare processi alla base dell'invecchiamento. Il nostro obiettivo è di mettere a punto agenti capaci di ingannare le cellule, inducendole ad attivare funzioni di mantenimento e di riparazione che portino a una maggiore salute e longevità dell'organismo.

www.lescienze.it Ottobre 2002

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Perchè a volte il virus dell'influenza uccide?

Ogni anno negli Stati Uniti muoiono 20.000 persone per infezione influenzale. alcuni virus influenzali sono molto più pericolosi: l'epidemia chiamata "Spagnola" si portò via circa 40 milioni di persone nel 1917-1918.Nel 1997 il virus H5N1 che venne isolato a Hong Kong venne fermato solo sopprimendo milioni di polli e tacchini, delle 18 persone che contrassero il virus, 6 morirono.
È descritta in questo lavoro una mutazione puntiforme (acido glutamico nella posizione 92 del gene NS1) che rese la mutazione del virus Hong Kong 1997 così letale.
Questa mutazione rese il virus immune dagli effetti antivirali delle citochine cellulari interferone e fattore di necrosi tumoralea.

Nat Med 2002 Sep; 8:950-4

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Folati e vitamine del complesso B dopo angioplastica coronarica

Per abbassare i livelli sierici di omocisteina basta assumere folati, vitamina B6 e vitamina B12.
In questo studio, 555 pazienti sottoposti ad angioplastica coronorica sono stati randomizzati, successivamente all'intervento, per ricevere folati (1 mg acido folico), vitamina B6 (10 mg ) e B12 (400 µg) contro placebo per una durata di 6 mesi.
Dopo un anno, valutando un endopoint composto (rivascolarizzazione, infarto miocardico, e morte) si rilevò una diminuzione significativa di eventi nel gruppo di trattamento (15% contro 23%).
Il beneficio fu attribuito ad un minore tasso di rivascolarizzazione delle lesioni iniziali nel gruppo di trattamento.
Nei pazienti trattati l'omocisteina nel siero diminuì del 30%.

JAMA 2002 Aug 28; 288: 973-9

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Fondaparinux per la profilassi della TVP dopo operazione di protesi d'anca (1)

Il Fondaparinux continua il suo iter prima di essere immesso ufficialmente sul mercato. Si tratta di un pentasaccaride di sintesi che inibisce selettivamente il fattore X attivato e sarebbe destinato a soppiantare l'eparina.
In questo studio 2309 pazienti vennero randomizzati per ricevere fondaparinux (2.5 mg/die sottocute a partire da 6 ore dopo l'intervento) contro enoxaparina (40 mg/die sottocute a partire da 12 ore dopo l'intervento) per un periodo variabile da 5 a 9 giorni dopo l'intervento. Si effettuò una flebografia da 5 a 11 giorni dopo l'intervento, o anche più precocemente se la sintomatologia era indicativa. La frequenza di episodi di tromboembolia venosa si dimostrò significativamente minore con fondaparinux (4% contro 9%). Gli episodi furono quasi tutti asintomatici.
In 2 casi per ciascun gruppo si ebbero episodi di embolia polmonare.
Episodi emorragici maggiori si ebbero in misura maggiore ma non significativamente (4% contro 3%) in corso di trattamento con fondaparinux.

Lancet 2002 May 18; 359: 1715-20

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Fondaparinux per la profilassi della TVP dopo operazione di protesi d'anca (2)

Secondo studio sul modello del precedente: 2275 casi di protesi d'anca.
Il fondaparinux venne sommnistrato in dose di 2.5 mg/die sottocute a partire da 6 ore dopo l'intervento e l'enoxaparina in dosi di 30 mg due volte al giorno a partire da 24 ore dopo l'interevento.
La frequenza di episodi di tromboembolia venosa fu significativamente più bassa per i pazienti trattati con fondaparinux (6% contro 8%).
Tuttavia gli episodi tromboembolici sintomatici furono in numero significativamente maggiore nel gruppo trattato con fondaparinux (10 contro 1 eventi).
Fu rilevato un trend non significativo verso un numero maggiore di episodi di sanguinamento per il trattamento con fondaparinux.

Lancet 2002 May 18; 359: 1721-26

(I risultati dei due studi non appaiono sovrapponibili, e discordano soprattutto nella valutazione degli episodi di tromboembolia polmonare. Appare evidente come questi aspetti, molto importanti per una valutazione finale del profilo rischio-beneficio del farmaco debbano essere chiariti da ulteriori studi.)

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ADAM33: scoperto il gene dell'asma?

Sono state prese in esame 460 coppie di gemelli bianchi americani e inglesi nelle quali entrambi i gemelli soffrivano di asma.
Paragonando i dati ottenuti da queste coppie con quelli a disposizione sul genoma umano, gli investigatori sono stati in grado di individuare un gene associato ad asma e a iperresponsività bronchiale.
È stato identificato un locus sul braccio corto del cromosoma 20 che è apparso fortemente correlato sia ad asma che a iperresponsività bronchiale.
Il locus era rappresentato 1000 volte di più nelle coppie di gemelli che in una distribuzione casuale.
È quindi stato identificato un gene, chiamato ADAM33 in cui sono apparse evidenti tutta una serie di mutazioni presenti nella maggior parte di pazienti affetti da asma e iperresponsività bronchiale.
Il gene codifica una proteina del tipo delle metalloproteasi che si rileva in abbondanza nei fibroblasti del polmone e nella muscolatura liscia bronchiale.
si pensa che questa proteina abbia un ruolo importante nella regolazione della reattività del bronco infiammato.

Nature 2002 Jul 25; 418: 426-30

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Kernig e Brudzinski: altro mito che crolla

I segni di Kernig e Brudzinski (cosiddetti "segni meningei") appartengono al bagaglio classico diagnostico di ogni studente di medicina e, imparati precocemente accompagnano il medico nel suo iter professionale per tutta la vita.
Come altri segni importanti, sotto i colpi della evidence based medicine, anche questi vecchi colossi cominciano a perdere pietre e a sgretolarsi.
Il segno di Kernig rileva la difficoltà, per il malato affetto da infiammazione meningea, di flettere le cosce sul bacino: a paziente seduto, mentre cerca di flettere le cosce sul bacino, si impedisce il movimento bloccando le ginocchia con la mano. Tale manovra evoca un violento dolore lungo il rachide. Il segno di Kernig può essere cercato anche con una manovra simile a quella di Lasegue.
Il segno di Brudzinski consiste nel flettere energicamente con una mano la nuca del paziente supino mentre con l' altra appoggiata al petto gli si impedisce di alzare il busto; il segno è positivo quando il paziente con tale manovra flette le ginocchia.
In questo lavoro vengono esaminati 297 pazienti che si erano presentati in pronto soccorso in un periodo di 4 anni.
Si erano valutati i segni di Kernig e Brudzinski e la diagnosi finale alla dimissione dopo il ricovero.
Tutti i pazienti furono sottoposti a puntura lombare. Di essi 80 ebbero una diagnosi di meningite (6 o più leucociti/ml di liquor).
24 su 80 pazienti con meningite presentavano rigidità nucale, contro 69 su 217 senza meningite, con una sensibilità del 30% e una specificità del 68%, e un indice predittivo positivo del 26%.
Il segno di Kernig ebbe una sensibilità del 5%, una specificità del 95%, e un valore predittivo positivo del 27%.
Il segno di Brudzinski mostrò gli stessi valori di significatività e specificità.
I due segni ebbero inoltre una cattiva performance in caso di meningite di media e grave entità (leucociti > 100 e >1000 nel liquor rispettivamente).
In conclusione, benchè questi segni facciano parte del bagaglio culturale consolidato di ogni medico, e presentino una particolare semplicità di osservazione, non è più possibile poter basare una diagnosi solo su di essi.

Clin Infect Dis 2002 Jul1; 35:46-52

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Il miele fa bene alle ferite?

Se le ferite non riescono a guarire perché i batteri resistono agli antibiotici, potrebbero essere curate con il miele. Le proprietà medicinali, tradizionali e leggendarie, del miele sembrano essere confermate da una ricerca pubblicata recentemente sulla rivista "Journal of Applied Microbiology".
Già nell'antico Egitto, il miele era usato come medicinale. Finora si riteneva che le sue proprietà terapeutiche fossero dovute semplicemente alla sua densa consistenza, in grado di tenere l'aria lontana dalle ferite, e dal suo contenuto di zuccheri che rallenta la crescita dei batteri. Ma la microbiologa Rose Cooper, dell'University of Wales Intitute di Cardiff, ha mostrato che c'è dell'altro. Rispetto a una soluzione mielosa artificiale, con la stessa densità e la stessa concentrazione di zuccheri, il miele naturale uccide infatti i batteri con un'efficienza tre volte superiore.
Alcuni tipi di miele, se diluiti, formano perossido di idrogeno, che uccide i batteri e può essere usato per pulire le ferite. Tuttavia, questa non è la sola forza in gioco. Anche altre varietà di miele, che non generano questa sostanza, sono infatti in grado di arrestare la crescita dei batteri. Le ricerche di laboratorio, svolte su Staphylococcus ed Enterococcus in grado di resistere ai tradizionali antibiotici, hanno dimostrato le proprietà antimicrobiche del miele potrebbero derivare dagli enzimi secreti dalle api che lo producono o, in alternativa, alla sua acidità o a elementi chimici presenti nel nettare della pianta di origine.
Molti medici sono tuttora scettici, eppure alcune industrie farmaceutiche stanno già lanciando sul mercato speciali bendaggi impregnati di miele per il trattamento di ferite.

www.lescienze.it 20.11.2002

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Nuovo metodo per diagnosticare i tumori dell'ovaio

Gli scienziati dei Johns Hopkins Medical Institutions sono riusciti a diagnosticare con successo il tumore dell'ovaia semplicemente facendo uso di un esame del sangue. Il test si basa sull'analisi digitale dei polimorfismi dei nucleotidi (SNP), con cui i ricercatori verificano se nel sangue sono presenti tracce di DNA proveniente dalle cellule del tumore. Gli scienziati separano i due segmenti di codice presenti in ciascun gene alla ricerca di differenze che possano indicare la presenza di cellule tumorali.
Il gruppo di scienziati ha esaminato 54 campioni di sangue proveniente da pazienti con tumori in varie fasi di sviluppo. L'analisi SNP ha permesso di rivelare le differenze, i cosiddetti "squilibri allelici", nell'87 per cento (13 su 15) dei pazienti con un tumore allo stadio iniziale e nel 95 percento (37 su 39) dei pazienti con un tumore allo stadio avanzato. Nessuno squilibrio allelico è stato osservato in 31 campioni di sangue provenienti da pazienti sani.
I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista "Journal of the National Cancer Institute". Il gruppo di medici sta anche cercando di mettere a punto un metodo altrettanto accurato che possa funzionare con altri tipi di tumore e che possa essere utilizzato su vasta scala.

www.lescienze.it 20.11.2002

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Un altro ormone che deprime l'appetito!

Sembra che la già lunga lista di ormoni capaci di modulare l'appetito debba arricchirsi ulteriormente.
Recentemente il fuoco si era spostato sullo stomaco con la scoperta della ghrelina, che aveva aperto nuovi orizzonti speculativi.
Ora è stato identificato un nuovo ormone, denominato PYY 3-36 che si è dimostrato in grado di di inibire l'introduzione di cibo nel topo e nel ratto e che agisce attraverso l'ipotalamo e il sistema nervoso.
Per studiare le proprietà di questo ormone, 12 volontari sani, non obesi e a digiuno, sono stati trattati con PYY 3-36 e in una seconda prova con fisiologica endovena, e invitati a mangiare.
Quando i volontari ricevettero PYY 3-36, l'introito di cibo nelle 12 ore successive fu inferiore del 30% rispetto al trattamento con soluzione fisiologica.
Il PYY 3-36 non ebbe effetto sull'assunzione di liquidi, sullo svuotamento gastrico, sui livelli di glucosio, insulina e leptina e non diede luogo ad aumentato senso di sazietà.

Nature 2002 Aug 8; 418: 650-4

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Peptide natriuretico b e dispnea

L'espansione del volume circolante e l'aumento di pressione nelle cavità cardiache promuovono la secrezione di ormone natriuretico b. In questo studio multicentrico si è cercato di valutare se il dosaggio dell' ormone natriuretico b può essere utile nella diagnosi differenziale di dispnea.
Sono stai inclusi nello studio 1586 pazienti.
Sono stati esclusi dallo studio tutti i pazienti in cui la dispnea era chiaramente dovuta a fattori extracardiaci.
Usando un valore di cut off di 100 pg/ml, la sensibilità del dosaggio dell'ormone natriuretico b risultò molto elevata (del 90%) con una specificità però solo del 76%.
Con un più basso cut off (50 pg/ml), la sensibilità aumentò ulteriormente (al 97%) ma la specificità si ridusse al 62%.
Il test inoltre si rivelò indipendente da altri reperti clinico laboratoristici.

N Engl J Med 2002 Jul 18; 347: 161-7

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Stenosi carotidea asintomatica: storia naturale

Sono stati seguiti, in questo studio di coorte, 106 pazienti affetti da stenosi carotidea asintomatica, diagnosticata mediante ecocolordoppler.
Durante un periodo medio di follow-up di 10 (range 5-18 anni) anni si ebbero 11 episodi di ictus.
I pazienti con stenosi fino al 49% mostrarono un rischio di ictus ipsilaterale a 10 e 15 anni rispettivamente del 5.7% e del 8.7%.
I pazienti con stenosi compresa tra 50% e 99% mostrarono un rischio di ictus ipsilaterale a 10 e 15 anni rispettivamente del 9.3% e 16.6%.
La chirurgia della stenosi carotidea nei centri altamente specializzati è gravata da una bassa incidenza di complicanze. Tuttavia questo non vale per la totalità dei pazienti, che solo in parte possono usufruire di centri specializzati.
Appare quindi legittimo chiedersi se un intervento spesso gravato da una alta incidenza di complicanze possa essere evitato in base al dato del basso numero di ictus nella popolazione interessata.
Questo studio parrebbe supportare questa ipotesi, ma il numero di casi presi in esame è basso e quindi l'intervallo di confidenza dei risultati è molto ampio.

Arch Neurol 2002 Jul;59:1162-6

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Lo studio MASS (Multicentre Aneurysm Screening Study) e effetto sulla mortalità dello screenig per gli aneurismi della aorta addominale

La rottura degli aneurismi dell'aorta addominale causa molto spesso la morte dei pazienti anche se operati.Questa patologia colpisce prevalentemente i maschi essendo sei volte più frequente nel sesso maschile rispetto a quello femminile. Delle morti attribuite a rottura di aneurisma dell'aorta addominale circa la metà avviene prima che il paziente raggiunga l'ospedale, la mortalità dopo chirurgia d'urgenza in questi casi è compresa tra il 30% e il 70 %, la mortalità globale per rottura di aneurisma aortico si aggira tra il 65% e l'80%.
Gli ultrasuoni permettono di visualizzare l'aorta nel 99% degli individui e consentono quindi di identificare gli aneurismi quando ancora hanno dimensioni lontane da quelle a rischio di rottura. La correzione chirurgica a questo stadio può ridurre la frequenza di rottura, e così ridurre la mortalità. Opposti punti di vista sono stati pubblicati sulla importanza di uno screening per gli aneurismi della aorta addominale. Lo studio MASS è stato progettato per stabilire l'utilità di un tale tipo di screening.
Un campione di popolazione maschile di 67.800 uomini di età compresa tra i 65 e i 74 anni è stato arruolato nello studio e ciascun paziente è stato assegnato in maniera randomizzata al gruppo di screening mediante eco (33.839 pz) o al gruppo di controllo (33.961).
I pazienti in cui fu diagnosticato un aneurisma dell'aorta addominale (diametro > di 3 cm) furono seguiti con un follow up medio di 4, 1 anni.L'intervento chirurgico fu proposto per criteri specifici (diametro superiore a 5, 5 cm, espansione superiore ad 1 cm in 1 anno, sintomi). I dati sulla mortalità sono stati ottenuti dallo Office of National Statistics.
Risultati: 27.147 (80%) uomini del gruppo di screening accettarono l'invito a sottoporsi allo screening con ultrasuoni, furono diagnosticati 1333 aneurismi. Le morti correlate ad aneurismi furono 65 (rischio assoluto 0.19 %) nel gruppo sottoposto a screening e 113 (0.33% di rischio assoluto) nel gruppo di controllo con una riduzione del rischio per i pazienti screenati del 53%. La mortalità nel periodo post operatorio (30 giorni) fu del 6% nei pazienti del gruppo di screenig dopo chirurgia elettiva, e del 37 % nei pazienti del gruppo di controllo dopo chirurgia d'emergenza.
Conclusioni : Gli autori concludono che lo studio ha prodotto ragionevoli evidenze sui benefici dello screening per gli aneurismi dell'aorta addominale.

Lancet 2002; 360:1531-39

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Trapianto di cellule muscolari e cuore

Un gruppo di ricercatori dell'Università del Michigan ha scoperto che cellule provenienti dai muscoli dei pazienti possono, se trapiantate nel cuore, generare nuove fibre muscolari. Il risultato è stato osservato su tre pazienti in attesa di un trapianto cardiaco. Ai tre, prima del trapianto, sono state iniettate nel cuore cellule muscolari. Dopo aver ricevuto un cuore nuovo, i pazienti hanno concesso ai medici di esaminare i loro vecchi cuori danneggiati, alla ricerca di segni che mostrassero una qualche crescita delle cellule.
L'esame dettagliato, il primo nel suo genere, ha mostrato che le cellule iniettate non solo erano sopravvissute nel nuovo ambiente, ma avevano cominciato a formare fibre muscolari. Inoltre, nelle aree dove erano state iniettate le cellule, si è avuto un aumento nella formazione di piccoli vasi sanguigni.
"Questa esperienza - afferma il chirurgo cardiaco Francis Pagani, che ha presentato i risultati all'American Heart Association - ci fornisce una prima indicazione che i trapianti di cellule muscolari, anche se provenienti da muscoli del tutto differenti, potrebbero un giorno essere usati per riparare i danni al cuore, senza grandi rischi di rigetto. La strada è ancora lunga, ma la via sembra incoraggiante."

www.lescienze.it 21.11.2002

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Vaccino antipolio e cancro

Negli anni 50 e 60 i virus usati nei vaccini anti polio erano coltivati su cellule di rene di scimmia. Nei primi anni 60 si scoprì che alcune colture cellulari erano state contaminate da un virus delle scimmie che aveva causato alcuni tipi di tumori negli animali il cosiddetto Simian Virus 40 (SV 40).
Tra il 55 e il 63 circa 98 milioni di persone negli USA hanno ricevuto un vaccino potenzialmente contaminato. Gli studi sui vaccini conservati indicano che tra il 10 e il 30% dei vaccini conteneva virus SV 40 vivo e suggerivano che una popolazione compresa tra i 10 e i 30 milioni di persone poteva essere stata esposta al virus. Tutto questo ha portato al sospetto che il virus SV 40 abbia potuto causare un incremento nel numero di casi di tumore legati al virus (mesotelioma, osteosarcoma, e linfoma non Hodgkin).
Nell'ultimo rapporto dello IOM, s Immunity Safety Review Committee sono stati analizzate sia le ricerche di base sulla carcinogenicità del virus SV 40, sia gli studi epidemiologici focalizzati sulla ricerca di rapporti tra vaccinazione anti polio e aumentato rischio di cancro. La commissione ha concluso che se da un lato è chiaro che il virus SV 40 può causare il cancro negli animali, dall'altro non è stato definitivamente provato che possa fare lo stesso negli esseri umani.Gli studi epidemiologici attuali non sono riusciti a provare che chi ha ricevuto il vaccino antipolio abbia avuto un aumento del rischio per l'insorgenza di cancro. Tuttavia questi studi presentano qualche difetto e non possono escludere del tutto che il vaccino non possa aver incrementato il rischio di cancro. Le evidenze suggeriscono però che il rischio assoluto non dovrebbe essere rilevante, e sebbene futuri studi epidemiologici potrebbero dimostrare un più forte nesso causale tra vaccino e cancro i dati attuli sono abbastanza validi per ritenere che il contributo del virus SV40 al rischio globale per cancro rimarrà comunque molto basso.

Lancet 2002; 360: 1307

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Confermato: Bioflavonoidi sconsigliati in gravidanza

Il Ministero della Salute ha fatto seguito al suo comunicato (Gazzetta Ufficiale n. 167 del 18.07.02) in cui veniva sottolineato che " la problematica concernente la sicurezza d'uso dell'assunzione di supplementi di bioflavonoidi durante la gravidanza è attualmente oggetto di approfondimento a seguito della segnalazione, per alcune di tali sostanze, della possibilità di aumento del rischio di gravi patologie, pur rare, nel primo anno di vita..." per cui era disposto l'inserimento nell'etichetta di integratori che contenessero tali sostanze della seguente avvertenza: "Non assumere durante la gravidanza".
Era stato da noi evidenziato che numerosi prodotti farmaceutici cosiddetti "venotropi", erano frequentemente prescritti, anche in gravidanza, per disturbi vascolari periferici non essendo considerati controindicati. Si trattava di farmaci quali la Diosmina, la Mirtillina, l'Escina, la Troxerutina, il Rutoside, l'Oxerutina.
Abbiamo perciò consigliato ai medici, pur non essendo tali avvertenze riportate nelle schede tecniche delle specialità farmaceutiche, di tenerne conto in fase prescrittiva.
Attualmente il Ministero, con una serie di provvedimenti (DECRETO 24 ottobre 2002 e DECRETO 15 novembre 2002, G.U. n. 273 del 21-11-2002, DECRETI del 24 ottobre 2002 G.U. n. 271 del 19-11-2002 e G.U. n. 272 del 20-11-2002, ecc.) ha trasferito tale avvertenza anche in riferimento alle specialità farmaceutiche.
Si ribadisce quindi la necessità di evitare la prescrizione di farmaci a base di bioflavonoidi in corso di gravidanza.

DZ

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APPROFONDIMENTI


Breve storia dell'O.M.S.

Nel 1800 il vasto incremento di traffici e viaggi verso est portò all'esplosione delle epidemie di colera e di altre malattie epidemiche in Europa. In risposta alle epidemie di colera del 1830 e del 1847, che uccisero in Europa decine di migliaia di persone, nel 1851 si tenne a Parigi la Prima Conferenza Sanitaria Internazionale. A quel tempo l'eziologia del Colera era sconosciuta e a causa delle differenti prese di posizione politiche poco fu fatto in quello e negli altri meeting che seguirono. Nondimeno la Conferenza fu il primo tentativo di costruzione di un meccanismo di cooperazione sanitaria internazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie.Questo sforzo portò nel 1892 alla adozione della Convenzione Sanitaria Internazionale per il controllo del Colera e 5 anni più tardi alla Convenzione per il controllo della Peste. In America nel 1902 fu fondato dai membri del PAHO(Pan American Health Organisation) The International Sanitary Bureau.Nel 1907 in Europa fu fondato L'Office Internazional d'Hygiene e nel 1919 la Lega delle Nazioni fondò a Ginevra the Health Organisation of the League of Nations. Nel 1926 La Convenzione Sanitaria Internazionale fu modificata per includere provvedimenti per la lotta al vaiolo e al tifo. L'ultima Conferenza Sanitaria Internazionale si tenne a Parigi nel 1938.
Immediatamente dopo la seconda Guerra Mondiale, nel 1945, la Conferenza sulle Organizzazioni Internazionali delle Nazioni Unite, tenutasi a San Francisco, votò l'istituzione di un nuovo organismo internazionale per la tutela della salute e l'anno dopo a New York la International Health Conference approvò la costituzione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.
La prima assemblea dell' O.M.S. fu tenuta a Ginevra nell'estate del 1948 e stabilì come obiettivi prioritari dell'organizzazione : Malaria, Tubercolosi, Malattie veneree, salute materna e del bambino, ingegneria sanitaria, nutrizione. L'organizzazione potè disporre di un Budget di 5 milioni di dollari nel 1948.
Da allora l'OMS è coinvolta in campagne per la prevenzione e il controllo di malattie a vasta diffusione.
Eradicazione del Vaiolo
Nel 1958 l'Unione sovietica propose un programma di eradicazione del Vaiolo condotto dall'OMS Dal 1977 l'ultimo caso di vaiolo è stato segnalato in Somalia.Nel 1980 la Global Commission for Certification of Smallpox Eradication raccomanda di sospendere la vaccinazione per il Vaiolo.
Controllo ed Eradicazione di altre malattie
Nel 1960 l'OMS ha promosso campagne di massa contro framboesia, sifilide endemica, tracoma, ed ha dato aiuti per il controllo delle maggiori pandemie di colera in Asia e nel Pacifico Occidentale e per la febbre gialla in Africa.
Pianificazione familiare
Nel 1970 ha lanciato il programma per il controllo della fertilità e la conoscenza dei metodi di controllo delle nascite.
Vaccinazioni Infantili
Nel 1974 è stata la volta del programma vaccinale che aveva l'intento di vaccinare i bambini di tutto il mondo contro difterite, pertosse, tetano, poliomielite, tubercolosi e morbillo.Lo scopo non è ancora stato raggiunto.
Alma-Ata
Nel 1978 l'OMS adotta la dichiarazione di Alma-Ata richiamando tutti i governi a fare di un sistema delle cure primarie di qualità il fulcro dei sistemi sanitari nazionali.
Maternità
Nel 1987 l'OMS lancia il piano per la riduzione della mortalità materna, l'intento è di ridurla del 50% entro il 2000. L'obiettivo non è stato raggiunto e continua ad essere uno dei maggiori impegni dell'OMS.
Eradicazione della Poliomielite
Nel 1988 viene lanciato il piano di eradicazione della Poliomielite, obiettivo previsto per il 2000.
L'obiettivo non è stato ancora raggiunto, ma si ritiene possa essere raggiunto nel 2005.
Malattie e stile di vita
Nel 1990, sulla base della crescente consapevolezza di trattare le malattie connesse allo stile di vita, come le malattie cardiovascolari, il cancro, il diabete, l'OMS lancia i programmi di promozione di stili di vita salutari e per una società libera dal tabacco.
Inquinamento e salute
A seguito dell 'Earth Summit di Rio de Janeiro del1992 l'OMS lancia iniziative contro I rischi del degrado ambientale.
UNAIDS
Nel 1993 l'OMS intraprende un programma congiunto con le Nazioni Unite contro l'AIDS.

Lancet 2002; 360: 1111

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MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA


Rubrica gestita dall'ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica (a cura di D. Z. )

Non sempre è differibile la pena per i malati di AIDS

(Cassazione I Penale n. 24048 del 21 giugno2002)

A.M., già ristretto in regime di detenzione domiciliare, chiedeva al Tribunale di Sorveglianza di Roma il differimento obbligatorio della pena in base all'art. 146 co. 1 n. 3 c.p a causa delle sue condizioni di salute, essendo affetto da AIDS.
Con ordinanza 6/6/2001 ril Tribunale rigettava l'istanza osservando in particolare che pur essendo l'A. ammalato in modo grave di AIDS con stadio attuale di malattia classificabile nella categoria B2, non ricorreva nel caso di specie l'ipotesi di rinvio obbligatorio della esecuzione della pena in quanto dalle relazioni sanitarie in atti non risultava che lo stesso si trovasse in una fase della malattia così avanzata da non rispondere più ai trattamenti terapeutici a lui praticati. Pertanto, il Tribunale riteneva opportuna la prosecuzione della detenzione domiciliare in considerazione del fatto che 1'A. aveva la necessità di mantenere costanti contatti con i presidi sanitari territoriali.
Contro la predetta ordinanza l' interessato proponeva ricorso deducendo in particolare che, una volta accertato che esso ricorrente era affetto da HIV in stadio avanzato con prognosi infausta "quoad vitam", doveva ritenersi l'incompatibilità delle condizioni di salute del condannato con il regime carcerario, per cui ricorreva l'ipotesi del rinvio obbligatorio della esecuzione della pena prevista dall'art. 146 co. 1 n. 3 C.P.
La Cassazione respingeva il ricorso sottolineando che il Tribunale aveva ritenuto, in base ad elementi specifici (relazioni sanitarie) che le condizioni di salute del ricorrente non fossero tali da integrare l'ipotesi di rinvio obbligatorio della esecuzione della pena, e che tale decisione, basata su elementi di fatto, si sottraesse al giudizio di legittimità.
Il ricorrente era altresì condannato al pagamento delle spese di giudizio.

(Le facilitazioni che la legge concede ai malati di AIDS in merito al differimento della pena detentiva, dunque, non sono "automatiche" e conseguenti al solo fatto di essere malati di tale malattia, nè che tale malattia abbia, astrattamente, una prognosi infausta, ma devono essere condizionate ad una situazione di gravità clinica tale da rendere concretamente incompatibile il regime carcerario con tale condizione. DZ)

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La responsabilità professionale dello psichiatra: un capitolo in evoluzione

Non sono frequenti le sentenze e i precedenti che riguardano comportamenti colposi del medico specialista in psichiatria, tuttavia esse non mancano del tutto e possono essere emblematiche di una tendenza "responsabilizzante" che, dopo aver interessato gli altri settori della medicina, si sta ora manifestando anche nel settore della psichiatria.
Il Tribunale di Como, nella sentenza n. 2831/00, depositata nel 9 Febbraio 2001, ha stabilito che rispondeva di omicidio colposo il medico psichiatra di una paziente affetta da una sindrome depressiva in quanto, dopo averne disposto il ricovero presso la Casa di Cura di cui egli era titolare, autorizzava la paziente ad uscire dalla Clinica in stato di diminuita custodia violando così un generico dovere di sorveglianza in seguito al quale si compiva il suicidio della paziente per defenestrazione. È da segnalare come la paziente fosse stata affidata ad una accompagnatrice volontaria., la quale era tuttavia priva di preparazione tecnica specifica, idonea a prevenire eventuali tendenze suicide della paziente.
Questa sentenza non è l'unica nel settore. Sono da ricordare altre sentenze sullo stesso argomento:

  • Tribunale di Bolzano, 9 Febbraio 1984, è stato ritenuto responsabile di omicidio colposo il medico di un reparto psichiatrico che aveva omesso di ordinare il ricovero di un ammalato poi suicidatosi.
  • Corte D'Appello di Perugia, nel 9 Novembre 1984, veniva affermata la responsabiltà penale per omicidio colposo del medico responsabile del Servizio di Igiene Mentale per aver omesso di proporre un Trattamento Sanitario Obbligatorio in regime di degenza ospedaliera e per essersi comunque astenuto dal prescrivere idonee misure terapeutiche alternative nei confronti di un paziente schizofrenico resosi responsabile due giorni dopo di un accoltellamento letale ai danni della madre.

  • Cassazione Sez. I, 10 Giugno 1998 n. 11024, ha ritenuto responsabile di omicidio colposo il medico psichiatra che in presenza di gravi, preesistenti ed evidenti sintomi, non ha previsto, specie dopo l'insuccesso della protratta terapia antidepressiva la grave patologia del paziente.

Ci sono state del resto anche sentenze assolutorie:

  • La Corte D'Appello di Bologna 1 Luglio 1975, ha escluso la responsabilità colposa dello psichiatra nel caso di suicidio di un ricoverato.

  • La Cassazione Sez. IV, 5 Maggio 1987, ha escluso la responsabilità per omicidio colposo del responsabile di un Servizio di Igiene Mentale.

  • Il Tribunale di Brindisi, 5 Ottobre 1989, ha stabilito che non rispondono di omicidio colposo i medici, gli infermieri e il direttore del Servizio di Salute Mentale nonchè alti funzionari del Servizio che avevano omesso di adottare misure atte a impedire i ripetuti suicidi di pazienti ricoverati nel reparto di psichiatria.

  • Viene riferita anche una sentenza della Corte d'Assise di Parma, 10 Novembre 1991, che ha assolto dall'imputazione di omicidio colposo il medico responsabile del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura degli Ospedali Riuniti di Parma che aveva omesso di avvisare la Forza Pubblica dell'arbitrario allontanamento dal reparto di un malato che, dopo qualche giorno, uccideva la propria moglie.

Di fronte a queste contraddittorie pronunce giurisprudenziali il medico può trarre motivi di confusione e di incertezza in quanto non viene a trarne un chiaro indirizzo comportamentale.
È da sottolineare comunque come esista una evoluzione giurisprudenziale tendente a non tener più conto dei canoni classici del rapporto di causalità materiale dimostrato, ma si riferisca a generici concetti di "aumento di rischio" attribuiti o attribuibili anche a comportamenti che non sono strettamente previsti come obbligatori o come altamente raccomandati dalla prassi clinica e dalla normativa in oggetto.
È stato obiettato infatti alla sentenza dal Tribunale di Como come esulasse dai principi classici del trattamento sanitario obbligatorio la possibilità di trattenere in regime di ricovero una persona che non dimostrasse al momento la necessità e l'urgenza di terapie psichiatriche, come anche esulasse l'obbligo di affidarla a persone di elevata qualifica professionale qualora non se ne ravvisasse al momento la necessità.
Indipendentemente comunque dall'una o dall'altra ragione, questa incertezza normativa non può che causare sconcerto negli operatori del settore e costituire argomento di ulteriore confusione e sfiducia.

("Rivista Italiana di Medicina Legale" n. 3- 2002 pag. 907 e seg.)

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Responsabilità del medico per la morte del paziente - il nesso di causalità deve essere stabilito con alto grado di probabilità

Cassazione, sez. Unite n. 30328 dell'11 settembre 2002
Il Pretore di Napoli con sentenza del 28.4.1999 dichiarava il dott. S. F. colpevole del reato di omicidio colposo in qualità di responsabile della XVI divisione di chirurgia dell'ospedale dove era stato ricoverato dal 9 al 17 aprile 1993 P. C., deceduto dopo avere subito il 5 aprile un intervento chirurgico d'urgenza per perforazione ileale a cui era seguita una sepsi addominale da 'clostridium septicum'.
Il giudice di primo grado riteneva fondata l'ipotesi accusatoria, secondo cui l'imputato non aveva compiuto durante il periodo di ricovero del paziente una corretta diagnosi né praticato appropriate cure, omettendo per negligenza e imperizia di valutare i risultati degli esami ematologici, che avevano evidenziato una marcata neutropenia ed un grave stato di immunodeficienza, e di curare l'allarmante granulocitopenia con terapie mirate alla copertura degli anaerobi a livello intestinale, autorizzando anzi l'ingiustificata dimissione del paziente giudicato 'in via di guarigione chirurgica'. Diagnosi e cura che, se doverosamente realizzate, sarebbero invece state, secondo i consulenti medico-legali e gli autorevoli pareri della letteratura scientifica in materia, idonee ad evitare la progressiva evoluzione della patologia infettiva letale 'con alto grado di probabilità logica o credibilità razionale'.
La Corte di appello di Napoli con sentenza del 14.6.2000 confermava quella di primo grado, ribadendo che il dott. F., in base ai dati scientifici acquisiti, si era reso responsabile di omissioni che "... sicuramente contribuirono a portare a morte il C....", sottolineando che "... se si fosse indagato sulle cause della neutropenia e provveduto a prescrivere adeguata terapia per far risalire i valori dei neutrofili, le probabilità di sopravvivenza del C. sarebbero certamente aumentate..." ed aggiungendo che era comunque addebitabile allo stesso la decisione di dimettere un paziente che "... per le sue condizioni versava invece in quel momento in una situazione di notevole pericolo...".
L' imputato proponeva ricorso in Cassazione; con successiva memoria difensiva deduceva altresì la sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione.
Malgrado la sopravvenuta prescrizione, la Cassazione riteneva di doversi ugualmente investire del problema.
Le S.U. Penali della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 30328 dell'11 settembre 2002, venivano quindi chiamate a risolvere dei contrasti giurisprudenziali sorti soprattutto all'interno della IV sezione penale in ordine all'accertamento del nesso di causalità nei reati omissivi impropri, con particolare riferimento alle ipotesi di responsabilità medica.
L'orientamento tradizionale, al fine di affermare la responsabilità medica, ritiene "sufficienti 'serie ed apprezzabili probabilità di successo' per l'azione impeditiva dell'evento, anche se limitate e con ridotti coefficienti di probabilità, talora indicati in misura addirittura inferiore al 50%".
Un più recente orientamento, invece, mitiga il rigore di questa interpretazione, richiedendo "la prova che il comportamento alternativo dell'agente avrebbe impedito l'evento lesivo con un elevato grado di probabilità 'prossimo alla certezza', e cioè in una percentuale di casi 'quasi prossima a cento'".
Le S.U. della Cassazione con la sentenza in esame hanno aderito a quest'ultima interpretazione, ritenendo che, secondo l'impostazione tradizionale, "si finisce per esprimere coefficienti di 'probabilità' indeterminati, mutevoli, manipolabili dall'interprete, talora attestati su standard davvero esigui".
A detta dei Giudici della Suprema Corte, anche nel caso di reati omissivi, occorre verificare in concreto, ossia con riferimento al singolo caso preso in considerazione, la sussistenza del nesso causale che deve ritenersi sussistente tutte le volte che "tenendosi l'azione doverosa omessa, il singolo evento lesivo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe inevitabilmente verificato, ma (nel quando) in epoca significativamente posteriore o (per come) con minore intensità lesiva".
In altri termini, i giudici hanno voluto evitare che si pervenga all'accertamento del nesso di causalità e, quindi, della responsabilità sulla base di dati statistici astratti richiedendo, al contrario, un'indagine specifica riferita al caso concreto che tenga conto "delle circostanze del fatto e dell'evidenza disponibile, così che, all'esito del ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l'interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell'evento lesivo con 'alto o elevato grado di credibilità razionale' o 'probabilità logica'.
"Il nesso causale, dice la Suprema Corte, può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica - universale o statistica -, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta a doverosa impeditiva dell'evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.
Non é consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell'ipotesi accusatoria sull'esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell'evidenza disponibile, così che, all'esito del ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l'interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell'evento lesivo con 'alto o elevato grado di credibilità razionale' o 'probabilità logica'.
L'insufficienza, la contraddittorietà e l'incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all'evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell'evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell'ipotesi prospettata dall'accusa e l'esito assolutorio del giudizio".

Si dava poi atto che il delitto di omicidio colposo per il quale si procedeva fosse estinto per prescrizione.

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PRINCIPALI NOVITÀ IN GAZZETTA UFFICIALE: mese di mese di ottobre-novembre 2002 (a cura di Marco Venuti)

La consultazione dei documenti citati, come pubblicati in Gazzetta Ufficiale, è fornita da "Medico & Leggi" di Marco Venuti: essa è libera fino al giorno 22.12.2002. Per consultarli, cliccare qui

DATA GU TIPO DI DOCUMENTO TITOLO DI CHE TRATTA?
21.11.02 273 Decreto del Ministero della Salute Modificazioni al decreto ministeriale del 4 novembre 2002, relativo a «Individuazione dei medicinali a base dei principi attivi elencati nel decreto ministeriale 27 settembre 2002 "Riclassificazione dei medicinali ai sensi dell'art. 9, commi 2 e 3, della legge 8 agosto 2002, n. 178"» ........
11.11.02 264 Ordinanza del Ministero della Salute Sospensione su tutto il territorio nazionale delle sperimentazioni cliniche con prodotti per terapia genica, che prevedono l'impiego di vettori retrovirali ........
07.11.02 261 Decreto del Ministero della Salute Individuazione dei medicinali a base dei principi attivi elencati nel decreto ministeriale 27 settembre 2002 «Riclassificazione dei medicinali ai sensi dell'art. 9, commi 2 e 3, della legge 8 agosto 2002, n. 178» Provvedimento di "chiarimento" del DMS 27.09.02 di riclassificazione dei medicinali
04.11.02 258 Decreto del Ministero della Salute Criteri e modalità per la certificazione dell'idoneità degli organi prelevati al trapianto (art. 14, comma 5, legge 1 aprile 1999, n. 91) Affronta le problematiche relative a donatori HIV, HBV, HCV, HDV positivi e con tumori pregressi e/o in atto
26.10.02 252 Decreto del Ministero della Salute Recepimento della direttiva 2001/58/CE riguardante le modalità della informazione su sostanze e preparati pericolosi immessi in commercio ........
24.10.02 250 Decreto del Ministero della Salute Norme procedurali per l'effettuazione dei controlli anti-doping e per la tutela della salute, ai sensi dell'art. 3, comma 1 della legge 14 dicembre 2000, n. 376 ........

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