Maggio
2001

"PILLOLE"
DI MEDICINA TELEMATICA

Patrocinate
da
- SIMG-Roma
 
-A.S.M.L.U.C.
-eDott.it  

  Periodico di aggiornamento medico e varie attualita' a cura di: 
Daniele Zamperini dzamperini@bigfoot.com, Amedeo Schipani mc4730@mclink.it, Raimondo Farinacci raimondo.farinacci@tin.it
Iscrizione gratuita su richiesta. Archivio consultabile su: http://utenti.tripod.it/zamperini/pillole.htm e su www.edott.it Il nostro materiale e' liberamente utilizzabile per uso privato. Riproduzione riservata.


 

INDICE GENERALE

 

  PILLOLE

NEWS  

APPROFONDIMENTI

MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA  
Rubrica gestita dall' ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Universita' Cattolica


Pillole di buonumore
Oggi: "Galateo della Rete" di E. Postnews, massima autorita' in fatto di netiquette,seconda parte-(Da "Insieme" www.romanelmondo.com).

D: Cara Emily, ho letto un lungo articolo che vorrei confutare puntigliosamente. Come posso fare?
R: Nella risposta bisogna avere cura di citare l'intero corpo dell'articolo (soprattutto la firma) che si vuole confutare; i commenti devono essere nascosti fra una riga e l'altra del testo citato. Non c'e' persona che non adori leggere simili meravigliose disamine condotte punto per punto, soprattutto quando si risolvono in insulti e in scambio di battute tipo "E' cosi'!!" e "Non e' cosi'!!" e "E' cosi', perbacco!"
Assicurati di replicare sempre e non lasciare che sia un altro ad avere l'ultima parola su alcunche'. Se lascerai agli altri l'ultima parola la discussione terminera'! Ricorda che gli altri lettori del gruppo non sono neppure lontanamente intelligenti come te: se per caso in un articolo qualcuno commette un errore, gli altri non saranno in grado di accorgersene senza il tuo illuminato intervento.
Se qualcuno nei suoi messaggi inizia a insultare non c'e' niente di meglio che scendere al suo livello e rispondere con una bordata di parolacce al suo riguardo. Quando mi capita sotto gli occhi un articolo di qualcuno che insulta un altro io lo prendo per oro colato, sempre che non venga inviata una confutazione. Non capita mai che io tolga la mia stima a colui che insulta, quindi si ha il dovere di rispondere all'attacco.


PILLOLE

Complicanze del diabete e costi sanitari
Il diabete mellito e’ certamente una delle malattie croniche piu’ comuni in particolare nelle nazioni industrializzate. La sua prevalenza e’ stimata intorno al 2-3% ma puo’ salire al 5-10% tra i soggetti ultrasettantenni. La malattia diabetica e’ caratterizzata dalla carenza assoluta o relativa della capacita’ da parte dell’organismo di metabolizzare gli zuccheri presenti nel sistema circolatorio.
Viene clinicamente distinto nel tipo 1 (insulinodipendente) e nel tipo 2 (insulinoindipendente), che e’ quello con prevalenza dominante (mediamente oltre il 90%).
La malattia diabetica e’ di norma diagnosticata dopo i 30 anni di eta’ con punte tra i 50 e i 60 anni. All’inizio della malattia, nella maggioranza dei casi (che come abbiamo detto, e’ costituita dal tipo 2) e’ sufficiente, per il bilanciamento glicemico, un appropriato regime di dieta e un’adeguata attivita’ fisica, col tempo tuttavia e’ necessario ricorrere a terapie farmacologiche generalmente costituite dai farmaci ipoglicemizzanti orali che poi possono venire alla fine sostituiti o integrati dalla terapia insulinica.
In Italia la prevalenza del diabete mellito puo’ essere stimata intorno al 3% della popolazione generale; il 95% di tale popolazione e’ costituita dalla forma di tipo 2.
Il notevole peso economico e sociale del diabete e’ dovuto essenzialmente alle complicanze, che ne costituiscono la causa principale di mortalita’ e di morbilita’.
Il diabete e’ il maggior responsabile dei problemi di cecita’ e uno dei maggiori responsabili per quanto riguarda le situazioni di insufficienza renale. Sono ben noti inoltre gli alti rischi di amputazione degli arti inferiori e le complicanze cardio e cerebro-vascolari che costituiscono la prima causa di mortalita’ tra la popolazione diabetica.
E’ stato recentemente concluso un ampio studio internazionale denominato CODE-2 (Costs of Diabetes in Europe-Tipe 2) con cui otto paesi europei Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Spagna, Svezia, hanno cercato di stimare i costi diretti e indiretti legati alla patologia. Il campione italiano e’ stato costituito da 1.263 diabetici di tipo 2, diffusi in tutto il territorio nazionale. Sono stati intervistati dai rispettivi medici di famiglia e presso i centri diabetoligici dove erano seguiti. I pazienti sono stati stratificati secondo la presenza o il tipo di complicanze diabetiche. Il costo dell’assistenza e’ stato effettuato tenendo conto di tutta una serie di fattori: costo delle visite sia generiche che specialistiche, costo presso operatori sanitari non medici, assistenza infermieristica, costi presso strutture pubbliche, ricoveri, e cosi’ via. I calcoli sono stati estremamente complessi e seguiti con strumenti tecnici statistici sofisticati.
Le complicanze venivano distinte in 5 classi in funzione degli eventi clinici implicati.

  1. Complicanze cardiovascolari (infarto, angina, insufficienza cardiaca, angioplastica coronarica, ecc).
  2. Complicanze cerebro-vascolari (ictus, TIA)
  3. Complicanze nefrologiche (dialisi, trapianto renale)
  4. Complicanze neurologiche (neuropatie, ulcera del piede, amputazione)
  5. Complicanze oftalmiche (cecita’, fotocoagulazione, vitrectomia per emorragia)

I punti di maggior interesse che sono stati messi in evidenza, sia pure con diversi livelli di significativita’ statistica, sono stati:

  1. In generale il paziente complicato costa ovviamente di piu’ in risorse sanitarie rispetto al non complicato. Ponendo e calcolato il costo medio annuo (complessivo) del paziente non complicato nella cifra di 3.470.000 lire (pari a 1) gli analoghi costi dei pazienti con una, due, tre o quattro complicazioni, salgono rispettivamente a due, quattro, cinque, dieci, vale a dire che un paziente con una sola complicazione costa circa il doppio (7milioni di lire l’anno), quello con quattro complicazioni costa dieci volte tanto (cioe’ 35milioni l’anno).
  2. La quota dei costi diretti sanitari complessivi dedicata al solo trattamento del diabete e delle sue complicanze cresce in proporzione al totale di tali costi, comprensivi delle risorse sanitarie consumate per cause estranee al diabete. La sua crescita avviene di pari passo col numero delle complicanze da cui lo stesso paziente e’ affetto. Si parte dal 47% della spesa complessiva nel paziente privo di complicazioni, al 94% di quelle nel soggetto affetto da quattro complicazioni. In cifra assoluta significa che, un diabetico privo di complicazioni con un costo medio annuo di circa 3 milioni e mezzo costa, per il solo diabete, circa 1.600.000 lire; un diabetico con quattro complicazioni spende per il solo diabete oltre 32.000.000. Tra i pazienti con una solo complicanza, quelle nefrologiche comportano il piu’ elevato costo medio annuo di trattamento del paziente: oltre 16.500.000. Le complicazioni oftalmiche sono quelle meno costose, 3.500.000 lire. I costi sono maggiori se le complicanze si sono verificate in epoca recente, con fattore moltiplicativo che va da due (nelle complicanze oftalmiche) a sei (nelle complicanze cardiovascolari). Tale divario e’ determinato essenzialmente dalla maggior incidenza dei costi ospedalieri susseguenti all’evento.
  3. La qualita’ della vita e’ influenzata dalla presenza e dal numero delle complicanze: espressa col punteggio EuroQol e scende da 0,74 (allorche’ non ci sono complicanze) a 0,37 quando ci sono 3-4 complicanze. Le complicanze che sembrano concedere, compatibilmente, una miglior qualita’ di vita, risultano essere quelle cardiovascolari (0,71 da sole) la qualita’ peggiore appare invece legata a quelle neurologiche (0,53).

In conclusione la presenza di complicazioni costituisce una causa primaria di levitazione dei costi sanitari e di scadimento della qualita’ di vita nel paziente diabetico di tipo 2.
Daniele Zamperini. Fonte: " IL DIABETE" vol.12 , n.4, Dicembre 2000 - pag. 275-286

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


I profili di espressione genica nel cancro al seno ereditario.
Molti casi di cancro al seno ereditario sono dovuti ai mutamenti sia del gene BRCA1 che BRCA2. I cambiamenti istopatologici in questi cancri sono spesso caratteristici del gene mutante. I ricercatori hanno ipotizzato che i geni espressi in questi tumori siano anche distinti, per cui sia possibile identificare i casi di cancro al seno ereditario sulla base dei profili di espressione genetica.
Metodi: DNA ricavato da campioni di tumore primario di sette portatori di BRCA1 mutante, di sette portatori di BRCA2 mutante, e di sette pazienti con casi sporadici di cancro al seno sono stati comparati con un microarray di 6512 cloni di DNA complementare di 5361 geni. Le analisi statistiche furono usate per identificare una serie di geni che potrebbero distinguere il genotipo BRCA1 dal genotipo BRCA2 .
Risultati: le analisi di permutazione delle funzioni di classificazione multivariata hanno stabilito che i profili di geno-espressione dei tumori con BRCA1 mutanti, dei tumori con BRCA2 mutanti, e dei tumori sporadici differiscono significativamente da ogni altro. Un'analisi di variazione tra i livelli di geno-espressivi e i genotipi dei campioni hanno identificato 176 geni che sono stati differenzialmente espressi nei tumori con BRCA1 mutanti e tumori con BRCA2 mutanti. Ammesse le proprieta' conosciute di alcuni dei geni in questa lista, le nostre scoperte indicano che ci sono delle differenze funzionali tra i tumori al seno con BRCA1 mutanti e quelli con BRCA2 mutanti.
Conclusioni: gruppi significativamente diversi di geni sono espressi dai cancri al seno con BRCA1 mutanti e dai cancri al seno con BRCA2 mutanti. Una mutazione ereditaria potrebbe influenzare il profilo di geno-espressione del cancro.
Commento: i metodi bioinformatici per la previsione della struttura del gene e per la caratterizzazione della malattia nei geni candidati, emergono come i piu' importanti sviluppi dello studio del genoma umano.
N Engl J Med 2001 Feb 22;344(8):539-48

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


Terapia vaccinica (e altro) per il morbo di Alzheimer
Al Congresso Mondiale 2000 sulla malattia di Alzheimer, e’ stato annunciato di uno studio in fase 1 sulla terapia e prevenzione della malattia di Alzheimer. E’ stato il culmine di una serie di lavori precedenti che hanno studiato nei meccanismi molecolari del progresso della malattia. E’ noto come la progressione della malattia sia generalmente attribuita all’accumulo delle placche di sostanza amiloide nel tessuto cerebrale. Tale sostanza amiloide venne osservata originariamente come reperto autoptico nel cervello di cervello deceduti con demenza dallo studio tedesco Alois Alzheimer. Tali placche sono caratteristiche della malattia che ancora porta il suo nome.
Non e’ ancora noto in realta’ se le placche di amiloide rappresentino una causa della malattia o una sua conseguenza ma, sembra accertato che la progressione di queste placche danneggi i neuroni con la conseguenza che le sinapsi degenerino e i neuroni stessi possono finire col necrotizzarsi. Pertanto ridurre l’accumulo di sostanza amiloide potrebbe impedire o almeno ritardare l’insorgenza della malattia di Alzheimer. Le placche di amiloide si formano sotto l’azione di due enzimi, beta- secretasi (soprattutto) e, secondariamente, la gamma-secretasi. Questi due enzimi agiscono su una proteina precursore dell’amiloide (APP) producendo placche, rispettivamente, di sostanza beta-amiloide (la piu’ importante, clinicamente) e gamma-amiloide.
I ricercatori hanno percio’ studiato dei topi geneticamente modificati immunizzati contro l' amiloide-beta purificato allo scopo di produrre anticorpi contro la forma a 42 aminoacidi dell’amiloide beta. In questi animali immunizzati si e’ osservata una marcata riduzione dei depositi di beta-amiloide fino alla quasi totale scomparsa. Una immunizzazione contro la variante beta dell’amiloide e’ stata effettuata anche su topi di eta’ piu’ avanzata in cui le placche si fossero ormai stabilizzate, ed anche in questo caso si e’ osservata una riduzione di oltre il 95% delle placche amiloidi.
Sono state poi trattate scimmie sane per accertare la sicurezza del farmaco, che sembra ben tollerato. E’ stato annunciato, nel corso del Convegno, che si sta ultimando un primo studio su 24 pazienti in tre diversi centri statunitensi; un analogo studio si sta effettuando in Inghilterra. Questi studi devono preliminarmente accertare la sicurezza del farmaco, che finora sembra effettivamente buona.
Studi comportamentali, effettuati per ora solo su animali, avrebbero confermato che al miglioramento anatomico corrisponde anche un miglioramento clinico e comportamentale. La grande novita’ del trattamento con vaccino consiste nel fatto che sembrerebbe in grado di modificare la storia naturale della malattia, cosa che i farmaci attualmente usati per la terapia (inibitori della acetilcolinesterasi) non sono capaci di fare. Gli studi finora effettuati hanno mostrato infatti come questi farmaci, benche’ capaci di migliorare entro un certo limite le capacita’ cognitive, non riescono a influire sulla successiva progressione della malattia.
I ricercatori stanno mettendo a punto anche altri farmaci, diversi da vaccini, che riescano a inibire la sintesi dell’amiloide, agendo sugli enzimi sintetasici (soprattutto la beta-sintetasi). Anche questi studi sono ai primi passi ma appaiono molto promettenti.
Un prodotto promettente appare la memantina, antagonista non competitivo della Nmetildiaspartato che agisce con un doppio meccanismo: a livello presinaptico modulando il neurotrasmettitore, e a livello postsinaptico come un antagonista. Di particolare interesse e’ il fatto che tale composto rallenta la progressione delle forme gravi di malattia nei pazienti in cui e’ stato sperimentato.
In uno studio controllato su 252 pazienti il farmaco ha dimostrato di aver sensibilmente rallentato la progressione della malattia di circa il 50% rispetto al gruppo trattato con placebo.
Un altro studio sulla memantina e’ stato effettuato in Europa e pubblicato nel 1999 con risultati che dimostravano un miglioramento funzionale nei pazienti e una riduzione delle necessita’ di assistenza. Quindi la manipolazione del recettore per la NMDA sembra una strada promettente nel trattamento nei pazienti col morbo di Alzheimer e forse piu’ in generale per il trattamento di tutte le forme di demenza. Gli studi sono in corso.
(JAMA - edizione italiana -Gennaio-Febbraio 2001, pag.33-35)

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


Confermata l' utilita' della vaccinazione negli anziani
Da molti anni, malgrado l'assenza di studi conclusivi, e' prevalsa la convinzione empirica che la vaccinazione antinfluenzale e antipneumococcica fossero utili a ridurre la mortilita' e la morbilita' negli anziani soprattutto se in precarie condizioni di salute. Al fine di verificare questo assunto e' stato effettuato uno studio prospettico che ha seguito circa 100mila soggetti con piu' di 65 anni i quali sono stati vaccinati sia contro l'influenza (vaccino trivalente) sia verso lo streptococco pneumoniae mediante il vaccino polisaccaridico. I risultati sono stati messi a confronto con un gruppo equivalente, omogeneo per sesso ed eta', non trattato con vaccini. Nei primi sei mesi dello studio i ricoveri e i decessi conseguenti a polmonite o a infezioni influenzali delle vie respiratorie, erano dimezzati tra i vaccinati rispetto al gruppo di controllo. Benche' il lavoro non sia ancora del tutto concluso e si aspettino delle verifiche a piu' lungo termine sembra tuttavia confermata l'impressione empirica che i benefici conseguenti alla vaccinazione antinfluenzale e antistreptococcica siano nettamente superiori agli eventuali rischi ed effetti collaterali.
D.Z. Fonte: Lancet 2001;357:1008-1111

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


Calcio e fibre nella prevenzione dell' adenoma del colon
E' noto come diversi studi epidemiologici inducano a ipotizzare che l'aumento di apporto di calcio e fibre negli alimenti possa ridurre il rischio di insorgenza di neoplasie a livello del colon-retto. E' stato percio' effettuato uno studio multicentrico su oltre 650 pazienti con storia di adenomi colon-rettali. Questi pazienti sono stati randomizzati e divisi in gruppi, l' uno con una dieta a elevato contenuto di calcio, un altro con un supplemento di fibre, il terzo con somministrazione e di placebo. Lo studio e' durato tre anni, dopodiche' e' stata studiata l'incidenza degli adenomi nei tre gruppi. Tale incidenza e' stata del 16% nei pazienti che avevano avuto dieta arricchita di calcio; 29% nei pazienti che avevano avuto supplemento in fibre; 20% nei pazienti trattati con placebo. I calcoli statistici hanno evidenziato che il rischio relativo rispetto al placebo era dello 0,66 per i pazienti che avevano ricevuto supplemento di calcio e 1,67 per quelli che invece avevano avuto supplemento in fibre.
Si conclude percio' che una elevata assunzione di fibre puo' comportare un effetto sfavorevole sul rischio neoplastico, al contrario di quanto appare nel caso di supplemento di calcio nella dieta che porta a una diminuzione che pero' appare statisticamente non significativa del rischio di neoplasia.
(D.Z. Fonte: Lancet 2000;356:1300-6)

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


Mastectomia conservativa e rischio di recidiva neoplastica
La tendenza attuale in campo chirurgico nei casi di neoplasia mammaria e' quello di attuare delle tecniche conservative con il risparmio della mammella e del tessuto sano. Questo approccio, sebbene confortato da favorevoli indici statistici e' tuttavia tecnicamente piu' impegnativo rispetto all'intervento di mastectomia totale in quanto e' gravato dal rischio potenziale della incompleta asportazione del tessuto neoplastico, oppure di una mancata asportazione totale di eventuali micrometastasi linfonodali. Sono stati percio' esaminati i dati clinici di quasi 150mila donne sottoposte a intervento chirurgico per carcinoma mammario invasivo nel periodo compreso tra il 1983 e il 1995. La percentuale di pazienti che era stata trattata in modo chirurgicamente ritenuto ottimale, era dell'88% nel 1983; questa percentuale e' scesa al 78% nel 1995. I motivi di questa diminuzione sono stati identificati soprattutto con una inadeguatezza delle tecniche chirurgiche conservative nella generalita' dei casi. E' stato osservato come spesso si sia verificata una mancata prosecuzione del protocollo (e della successiva radioterapia), oppure si sia effettuata una incompleta asportazione dei pacchetti linfonodali. Queste inadeguatezze tecniche hanno contribuito in modo preponderante al peggioramento statistico riportato nel lavoro. E' necessario percio' che, pur applicando delle tecniche conservative che sono generalmente piu' accettate delle pazienti e che favoriscono la vita sociale e la ripresa estetica, non vengano persi di vista gli obiettivi terapeutici ottimali raggiungibili con una tecnica adeguata.
(D.Z. Fonte: Lancet 2000;343:1148-53)

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


Vaccinazione antinfluenzale nei bambini
Attualmente la vaccinazione antinfluenzale e' raccomandata in modo particolare, insieme a quella pneumococcica, nei soggetti anziani (di eta' superiore ai 65 anni) o in quelli che, in eta' giovanile risultino immunocompromessi. Poco e' stato indagato invece sull'efficacia della vaccinazione antinfluenzale in eta' pediatrica. In effetti non e' ancora noto se l'immunizzazione dell'influenza effettuata nei bambini in eta' scolare possa effettivamente ridurre l'incidenza della malattia e ridurre il contagio e la diffusione del virus influenzale nell'ambiente domestico tra i propri famigliari.
Negli Stati Uniti percio' e' stato indagato un gruppo di bambini randomizzati per una terapia immunizzante con vaccino antinfluenzale e i loro famigliari, per un periodo della durata di due anni. Il gruppo di bambini vaccinati e i loro famigliari evidenziavano rispetto ai controlli una riduzione significativa (42%) nell'incidenza di episodi febbrili respiratori. La percentuale di riduzione di queste malattie aumentava nella fascia di eta' compresa tra i 5 e i 17 anni, raggiungendo valori superiori al 75%. Cio' comportava ovviamente minori assenze nell'ambito scolastico, una diminuzione di visite mediche, di prescrizioni farmaceutiche e un risparmio complessivo per il Sistema Sanitario. Viene quindi dimostrata la validita' della vaccinazione antinfluenzale anche in eta' giovanile con un incremento dei benefici per quanto riguarda i contagi nella comunita'.
(D.Z. Fonte: Jama 2000;284:1677-82)

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


Allergie e pollini: anomalie stagionali nell' anno 2000
Si afferma sempre di piu' l'interesse delle persone affette da allergia respiratoria nel consultare e monitorare la presenza dei pollini nell'aria al fine di stabilire un inizio piu' preciso di un eventuale ciclo terapeutico o profilattico. Per questo scopo sono spesso organizzati dei monitoraggi ambientali che pero' hanno finora uno scopo puramente indicativo in quanto ancora oggi non si e' in grado di poter prevedere utilmente la diffusione di questi allergeni aerodispersi a causa delle variabili stagionali che incidono profondamente. Nell'anno 2000 e' stata istituita una rete di monitoraggio dei pollini aerodiffusi, coordinata dall'Associazione Italiana di Aerobiologia composta di 89 centri in tutta Italia.
L' efficienza di tale rete e' stata subito messa alla prova, con l' analisi dei dati dell' anno 2000.
E' stato riscontrato in tale anno una riduzione media della concentrazione di pollini nell'atmosfera dovuta proprio a variabili stagionali. In particolare le cupressacee (cipressi, tuja e ginepro) hanno avuto un ritardo nell'inizio della pollinazione mediamente di 1-2 settimane, con concentrazioni elevate unicamente negli ultimi giorni di Febbraio e nelle Regioni centro-meridionali.
E' stata decisamente al disotto della media la concentrazione di pollini per nocciolo, carpini, petullacee, ontano e betulla.
Anche le fagacee (querce e castagno) hanno mediamente liberato, nei mesi tra Marzo e Aprile 2000 una concentrazione di pollini al disotto dei valori medi.
Le graminacee invece hanno avuto in Aprile 2000 un inizio di pollinazione anticipato e con concentrazione decisamente sopra la media in tutte le Regioni. Tale concentrazione elevata si e' mantenuta poi soprattutto nelle regioni settentrionali.
L'ulivo e il frassino hanno prodotto pollini al disotto della media annuale, mentre le urticacee (parietaria e ortica, fonte di numerosi casi di allergia respiratoria) non hanno invece risentito delle variazioni climatiche verificatesi durante l'anno e hanno fatto registrare, come sempre, una fioritura estremamente lunga, con presenza continua e altalenante di pollini in atmosfera dalla primavera fino all'autunno.
Le composite (artemisia ed ambrosia) hanno liberato grandi quantita' di pollini durante tutto il mese di Agosto soprattutto nelle Regioni settentrionali. L'ambrosia soprattutto ha fatto registrare quantitativi molto elevati ben al disopra della media intorno anche a Ferragosto.
(D.Z. Fonte:  "Aria Ambiente e Salute" anno 4, n.1 - Febbraio 2001- pag. 16-17).

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


Rischi inusuali della sindrome anoressica
Benche' la sindrome anoressia-bulemia sia considerata con molta serieta' e molta attenzione, sia nell'ambito della medicina interna che nell'ambito della psichiatria, tuttavia essa puo' presentare degli aspetti secondari sconcertanti e del tutto particolari. Vale la pena percio' di riferire un caso riportato dalla letteratura internazionale: una ventisettenne tedesca si e' presentata al Pronto Soccorso dell'Ospedale locale con uno spazzolino da denti incastrato nell'esofago. La ragazza giustificava tale avvenimento affermando di aver ingoiato accidentalmente lo spazzolino mentre si lavava i denti in seguito ad una caduta. La posizione dello spazzolino in esofago pero' era del tutto incompatibile con questa versione in quanto era posizionato con il manico all'ingiù e mancava inoltre qualsiasi altro segno di lesione o contusione delle labbra o del cavo orale. L'archivio dell'Ospedale metteva poi in evidenza come un analogo episodio fosse gia' accaduto alla stessa persona all'incirca un anno prima. Di fronte all'evidenza la ragazza ha ammesso di essere di affetta da una sindrome bulimica e di liberarsi poi del cibo assunto in eccesso con il vomito provocato mediante lo spazzolino da denti. Nel corso di questa manovra, ripetuta frequentemente, era accaduto che per due volte lo spazzolino penetrasse nell'esofago e venisse inghiottito.
Una volta asportato lo spazzolino mediante endoscopia, la ragazza non ha ritenuto di doversi rivolgere per aiuto ai Servizi Psichiatrici dell'Ospedale.
Un' ulteriore ricerca ha rivelato che l'ingestione dello spazzolino da denti non e' un episodio del tutto raro perche' erano stati segnalati nell'arco di circa 12 anni almeno altri 40 casi con caratteristiche analoghe a quelle della ragazza tedesca. Gli autori invitano percio' a sospettare, in presenza di un corpo estraneo anomalo nello stomaco o nell'esofago, che questo episodio celi qualche disturbo del comportamento alimentare o qualche sindrome psichiatrica importante.
(D.Z. Fonte: Lancet 2001;357:1012 - riportato su "Tempo Medico" - 26 Aprile 2001)

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


Impatto del deficit dell’olfatto sulla qualità della vita
Volendo valutare se e quanto la perdita dell’olfatto interferisce con la qualità della vita e il livello di disabilità, gli autori hanno fatto uno studio retrospettivo utilizzando i dati provenienti da questionari e revisionando i database clinici di due cliniche universitarie per il gusto e l’olfatto. Tra il 1984 e il 1998 sono stati testati per disturbi del gusto e dell’olfatto complessivamente 1407 pazienti. A 1093 tra questi, che avevano valori anormali dei tests, è stato inviato per posta un questionario; 420, pari al 38.4%, hanno risposto completando il questionario. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi, sulla base della capacità olfattiva autovalutata come “diminuita” (ossia coloro che riferivano una persistenza del deficit dell’olfatto) o come “migliorata” (cioè quelli che nel questionario riferivano assenza di problemi olfattivi). Sono state confrontate le risposte a domande riguardanti la capacità di effettuare comuni attività della vita quotidiana e la qualità della vita. Nel gruppo “capacità olfattiva diminuita” il numero medio (± DS) di attività della vita quotidiana colpite dal deficit olfattivo era di 4.70 (± 3.56), mentre era 0.61 (± 1.58) nel gruppo “capacità olfattiva migliorata”. Tra le specifiche attività, i deficit più comunemente riferiti riguardavano la capacità di individuare i cibi guasti (gruppo “capacità olfattiva diminuita” versus gruppo “capacità olfattiva migliorata” = 75% vs 12%; P < 0.001), le perdite di gas (61% vs 8%, P < 0.001), il fumo (50% vs 1%, P < 0.001), mangiare (53% vs 12%, P < 0.001), cucinare (49% vs 12%, P < 0.001). Le differenze nella qualità di vita sono state riferite principalmente nelle aree della sicurezza e del mangiare. L’87% del gruppo “capacità olfattiva migliorata” riferivano di essere generalmente soddisfatti, contro solo il 50% del gruppo “capacità olfattiva diminuita”.
Conclusioni. I pazienti che, dopo una perdita dell’olfatto documentata in precedenza, riferiscono una persistenza del deficit olfattivo, mostrano un livello di disabilità maggiore e una minore qualità di vita rispetto a coloro che si ritengono guariti.
Archives of Otolaryngology – Head and Neck Surgery, maggio 2001

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


Come mettere in pratica le linee guida
Il termine “linee guida cliniche” suscita in molti medici un miscuglio di emozioni. Da una parte queste ci fanno pensare ad una medicina “da libro di cucina”, un insulto alla nostra abilità di progettare piani terapeutici squisitamente individualizzati per ognuno dei nostri unici pazienti. Inoltre possono essere imbarazzanti, ipersemplificate, costose e anche preconcette. D’altro canto, se sono ben sviluppate ed evidence-based, possono rappresentare degli utili strumenti clinici che ci insegnano come i nostri piani di cura spesso non siano così perfetti o fondati scientificamente come dovrebbero essere.
Recentemente i medici di una practice della Louisiana, il Family Health Center in Baton Rouge, hanno intrapreso un progetto per valutare e migliorare la qualità delle cure da loro offerte ai loro pazienti con malattie croniche, in particolare l’asma. Per valutare le loro prestazioni, hanno confrontato i loro comportamenti con le linee guida dell’NIH (National Institutes of Health's) "General Practice Guidelines for the Diagnosis and Management of Asthma." [N.d.R.: queste linee guida sono liberamente prelevabili al sito www.nhlbi.nih.gov/guidelines/asthma/asthgdln.htm]. Esaminando le schede dei loro pazienti, i medici della practice hanno scoperto di essere intervenuti in molti episodi di riacutizzazione, ma di non essere andati oltre la fase acuta. In effetti essi erano carenti in tutte e quattro le componenti dell’assistenza raccomandate dall’NIH, ossia: 1) valutazione periodica e monitoraggio, 2) controllo dei fattori che contribuiscono alla severità dell’asma, 3) terapia farmacologica e 4) educazione per una cooperazione nella cura dell’asma. Poiché i medici non sempre documentano ciò che dicono e fanno con i loro pazienti, è stato deciso di fare un esame scritto per valutare se i medici della practice sapessero mettere in pratica ciò che le linee guida raccomandano. Di nuovo sono state riscontrate delle carenze. Allora si è deciso di adottare una nuova strategia, l’educazione dei medici. Pertanto i medici hanno seguito un corso di approfondimento sull’asma, organizzato in quattro brevi sessioni durante gli incontri mensili dello staff medico. Dopo di ciò, sono state nuovamente valutate le schede cliniche dei pazienti asmatici per rilevare le variazioni positive nei comportamenti della practice relativi all’asma: non ce n’era nessuna. Dopo ansiose consultazioni, è stato deciso di introdurre un nuovo sistema: una nota di promemoria; nel frontespizio della cartella di ogni paziente asmatico veniva inserita una striscia di carta che sottolineava brevemente le quattro aree di intervento (misurazione del picco di flusso, discussione dei fattori scatenanti, revisione dei farmaci e sviluppo di un piano d’azione) che dovrebbero essere esaminate durante una visita per asma, secondo le linee guida dell’NIH.
Tre mesi dopo l’introduzione dei promemoria, sono state ricontrollate le schede dei pazienti. Questa volta c’era un miglioramento effettivo in tutte quattro le aree-chiavi di intervento.
 Conclusioni. Ciò che i medici della practice hanno appreso con l’attuazione di questo progetto è che semplici mezzi di promemoria sono in grado di aiutare i medici ad implementare le linee guida cliniche nella loro pratica. Le strategie tradizionali di CME (educazione medica continua) da sole sono inefficaci. Il prossimo passo per la practice sarà di sviluppare delle schede per la cura dell’asma, simili a quelle già utilizzate (non certo da noi, N.d.R.) per la gestione dell’ipertensione e del diabete mellito.
Family Practice Management, maggio 2001

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


Pubblicità farmaceutica non evidence-based
Le inserzioni pubblicitarie farmaceutiche sono un mezzo importante per portare informazioni ai medici. La maggior parte delle inserzioni hanno soltanto lo scopo di suscitare l’attenzione, ma alcune cercano di convincere, presentando i risultati di ricerche scientifiche. Coloro che, dopo aver letto queste inserzioni, vogliono giudicare la fondatezza di queste ricerche, hanno diverse opzioni: rivedere criticamente le pubblicazioni scientifiche originali, rivedere criticamente le informazioni proprietarie dai files delle compagnie farmaceutiche, leggere monografie sui prodotti, oppure studiare le inserzioni stesse per vedere come è descritta la ricerca. Per molti medici quest’ultimo approccio potrebbe essere l’unico permesso dal poco tempo a disposizione.
L’autore di questo lavoro, David R. Gutknecht, ha quindi indagato sulle inserzioni pubblicitarie farmaceutiche per controllare quanto spesso vengano presentati i risultati di ricerche scientifiche, mettendo in discussione la qualità delle ricerche presentate e chiedendosi se queste inserzioni potrebbero portare a prescrizioni improprie. Per sei mesi ha controllato le inserzioni pubblicitarie in tre pubblicazioni statunitensi (JAMA, il New England Journal of Medicine e Annals of Internal Medicine) e una canadese (il Canadian Medical Association Journal). Su 187 inserzioni diverse comparse in questo periodo, 33 volevano essere evidence-based, ossia contenevano risultati di ricerche scientifiche. Questi risultati sono stati analizzati utilizzando una scheda di valutazione critica che chiede ai lettori di controllare se i lavori sono randomizzati, se sono in cieco, se c’è una significatività statistica, e altri aspetti importanti per una ricerca scientificamente solida. Per validare le sue conclusioni l’autore si è avvalso di due osservatori indipendenti, uno statistico di professione e un clinico esperto interessato alla evidence-based medicine. Riferimenti alla randomizzazione e al cieco sono stati trovati in meno della metà delle inserzioni evidence-based. I valori di P erano spesso forniti, ma nessuna delle inserzioni dava gli intervalli di confidenza, o riferimenti alla potenza del lavoro e al NNT (numero necessario per trattare).
Conclusioni. La maggior parte delle inserzioni non conteneva dati; invece, facevano promozione dei loro prodotti tramite slogans, ammonizioni e immagini piene di colore, fatte per catturare l’attenzione. Quasi una su cinque cercava di convincere presentando risultati di ricerche, peraltro in modo breve e incompleto, senza le informazioni statistiche necessarie per giudicare i risultati riportati. Un maggior numero di dettagli potrebbe rendere queste inserzioni più significative per lettori critici.
Journal of the American Board of Family Practice, Maggio/Giugno 2001

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


Mucolitici orali per le riacutizzazioni della pneumopatia cronica ostruttiva
Bronchite cronica e pneumopatia cronica ostruttiva sono patologie molto diffuse, specialmente tra i fumatori, che vanno spesso incontro a esacerbazioni con sintomi ingravescenti ed abbondante espettorato mucoso o purulento, con un aumento della morbilità e dei costi per il servizio sanitario nazionale. Questi episodi vengono trattati con antibiotici e/o cortisonici; in molte nazioni europee, ma non nel Regno Unito o in Australasia (gli autori di questa revisione sistematica lavorano all’università di Auckland, Nuova Zelanda) vengono prescritti i mucolitici, con l’idea che essi riducono la frequenza o i sintomi della bronchite cronica. I mucolitici aumentano l’espettorazione riducendo la viscosità o l’ipersecrezione del muco; alcuni sono anche antiossidanti.
Volendo stabilire l’efficacia dei mucolitici, gli autori hanno effettuato una revisione sistematica della letteratura, selezionando, tra più di 400 studi, 23 studi randomizzati, in doppio cieco, controllati versus placebo, nei quali era stato utilizzato un mucolitico per almeno otto settimane. I risultati primari ricercati sono stati il numero di riacutizzazioni e i giorni di malattia, come risultati secondari sono stati considerati gli eventi indesiderati e i parametri di funzione polmonare.
Risultati. In confronto al placebo, il numero di riacutizzazioni nei pazienti che assumevano mucolitici per os era ridotto in modo significativo del 29% (P < 0.0001). Anche il numero di giorni di malattia era significativamente ridotto (P < 0.0001). Non c’erano invece differenze nei due gruppi riguardo i parametri di funzione polmonare e gli eventi indesiderati.
Conclusioni. Nella bronchite cronica e nella pneumopatia cronica ostruttiva il trattamento con farmaci mucolitici provoca una riduzione del numero di riacutizzazioni e di giorni di malattia. Un aspetto da valutare, sia da parte dei medici che da parte dei pazienti, è il costo della terapia mucolitica, considerando la necessità di una somministrazione per almeno tre-sei mesi (anche in Italia i mucolitici sono a carico dei pazienti, N.d.R). Dovendo essere assunti per lunghi periodi, essi potrebbero essere più utili nei pazienti che hanno riacutizzazioni ripetute, prolungate o severe di malattia polmonare cronica ostruttiva.
British Medical Journal, 26 maggio 2001

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


Perché i dottori sono infelici

I Dottori sono infelici!
Certamente  non sono completamente ed in toto infelici e non lo sono sempre, ma quando i medici si riuniscono, la loro conversazione prima o poi verte sui disagi della professione medica e  sulla voglia di pensionamento anticipato. L'infelicità è stata illustrata in una pletora di rassegne e si manifesta in prefigurazioni di  dimissioni di massa dei medici generali dal NHS.
Il governo britannico è irritato dall'insoddisfazione dei dottori, riconoscendo  che un servizio sanitario fornito da personale medico demoralizzato non può prosperare. E' stata tentata una risposta  migliorando il servizio degli operatori in “ trincea”. Ma è questa la  terapia giusta?
Ogni terapia deve, chiaramente, seguire ad una  diagnosi, e le cause 
dell'infelicità di dottori possono essere molte e profonde.  

 Tabella

Medici e pazienti: Riscrivere di nuovo un contratto equivoco

Il contratto equivoco:

 Il punto di vista del paziente:

  • La Medicina moderna può fare cose straordinarie: può risolvere molti dei miei problemi

  • Lei, dottore può vedere dentro di me e può sapere quello che è malato

  • Lei sa tutto ciò che è necessario  sapere

  • Lei può risolvere i miei problemi, anche i miei problemi sociali

  • Per questo noi pazienti ti concediamo un elevato status  sociale e un buono salario

 Il punto di vista  del dottore:

  • La Medicina moderna ha potenzialità limitate

  • Peggio, è pericolosa

  • Noi non possiamo pensare di risolvere tutti i problemi, specialmente quelli sociali

  • Non so tutto, ma so quanto sono difficili molte cose

  • Il confine tra fare del bene e procurare del danno è molto sottile

  • Farei meglio a tacere tutto questo così da non deludere i miei pazienti e non perdere la mia condizione sociale

Il contratto nuovo

 Pazienti e dottori sanno:

  • Morte, malattia, e dolore sono parte della vita

  • La Medicina ha limitati poteri e risorse, particolarmente nel risolvere i problemi sociali ed è  rischiosa

  • I Dottori non sanno tutto: hanno bisogno di processi decisionali  e supporto psicologico

  • In fondo siamo tutti sulla stessa barca

  • pazienti non possono lasciare i loro problemi ai dottori

  • I Dottori dovrebbero manifestare un atteggiamento aperto rispetto ai  loro limiti

  • Statisti e Politici  dovrebbero astenersi da promesse stravaganti e dovrebbero concentrarsi sulla realtà

 

 La causa più ovvia dell'infelicità di dottori è riconducibile al fatto che i medici si sentono esposti ad un superlavoro e si sentono scarsamente supportati . I medici  ascoltano promesse stravaganti di statisti e  politici  ma poi devono spiegare ai pazienti perchè il servizio sanitario non può fornire ciò che è stato promesso. Iniziative senza fine sono annunciate, ma sul campo i dottori trovano liste operatorie cancellate, lunghe liste di attesa e non possono ricoverare  o dimettere i pazienti, ed i  servizi socio sanitari stanno scomparendo. I medici lottano per  dare risposte, ma sentono di essere comunque ostacolati dal sistema sanitario piuttosto che supportati da esso. 
I medici,  nel NHS, sono gli ultimi sopravvissuti di un sistema inspirato al socialismo. In una società che paga un uomo d'affari 500.000  sterline all' anno e molti dipendenti pubblici10.000 , essi  tentano di “rappezzare”  il sociale e il danno alla salute che  accompagna tali divisioni. È difficile, se non impossibile, lavorare. E, peggio, è stata messa in atto da parte dei media una campagna di informazione negativa. Il  Dr Kildare è stato sostituito dal Dr Shipman(il medico accusato di aver ucciso qualche centinaio di suoi pazienti anziani  n.d.r.), e le storie  di errori medici sopravanzano per numero quelle dei successi della medicina. 
I Ministri dello Stato esaminano il servizio sanitario ma  non lo comprendono a fondo. Si stanno aumentando risorse in termini reali. I medici di medicina  generale dedicano più tempo ai pazienti di quanto facessero 20 anni fa. I Dottori sono coinvolti nel funzionamento dei servizi,  come direttori medici o clinici, o membri di equipe delle  cure primaria. Dozzine di strutture di servizio, di iniziative di azione di salute  sono state sviluppate per rispondere ai problemi che i dottori segnalano da anni. E i Ministri lavorano più sodo degli altri attraversando il paese in lungo e in largo, presiedendo task force e tavoli di lavoro, compiendo i doveri  ministeriali al mattino, rispondendo alle interrogazioni parlamentari al pomeriggio e operando in sala operatoria  nei sabato mattina. 
È così probabile che i ministri diagnostichino l'infelicità dei dottori solo  in termini di controllo diminuito, maggiori cambiamenti, e aumentate responsabilità. 
È impossibile ridurre l'incremento di responsabilità. Questo è un fenomeno mondiale che colpisce non solo i dottori. Similmente, i ministri non possono immaginare di rallentare il ritmo del cambiamento. Loro vivono in un mondo dove l' intensificazione di promesse è routine. I Ministri ricorrono così  "alla deburocratizzazione”  e al maggior controllo del  personale in prima linea," non fosse altro perché nessuno vuole più burocrazia.  Gli operatori sanitari potrebbero, comunque, volere una migliore gestione del servizio sanitario, purtroppo  non sono i più adatti a farlo.
Ed ora veniamo alla più stridente delle contraddizioni: ciò per cui i medici sono stati preparati e quello che, invece viene richiesto loro di fare. 
Julian Tudor Hart, un medico di medicina  generale andato in pensione recentemente osservò che quello che  aveva appreso alla facoltà di medicina non gli fu utile  per l'esercizio della  medicina in ospedale che a sua volta non gli servì a nulla  per la medicina generale. In  altre parole, egli si riciclò tre volte come medico. Ma forse ora è la situazione è ancora  più critica. 
Educati alla fisiopatologia, diagnosi, e trattamento, i dottori si ritrovano a spendere più tempo a  pensare a problemi come gestione, finanza, diritto, fisco, etica, e comunicazione.
Il dipinto del diciannovesimo secolo di Luke Filde che ritrae  un dottore che contempla un bambino ammalato ora sarebbe sostituito un dottore infastidito nel tentativo di parcheggiare la  macchina per arrivare in tempo ad una riunione. 
La gratificazione che viene dal guarire un bambino ammalato è ben diversa da quella che viene da essere partecipe ad una riunione per  prendere un bambino abusato in cura. 
Christian Koecka , professore di politica sanitaria  e membro del  commissione editoriale del BMJ ritiene che il problema sia più profondo e  pensa che  il modello intellettuale di medicina sia sbagliato e che invece di essere preparati semplicemente  ad applicare le scienze naturali ai problemi di salute delle persone i medici dovrebbero essere formati anche come manager del cambiamento. Questo sarebbe l'unico modo per aiutare le persone ad adattarsi alla malattia, al dolore, e alla  morte che sono aspetti prettamente umani. 
Un altro modo di guardare all'infelicità dei dottori passa attraverso una
nuova scrittura del contratto tra dottori e pazienti. Noi sentiamo molto parlare del mutamento di ruolo dei medici: dal medico autoritario al medico partner dei pazienti, e  qualcuno trova questa  transizione sconvolgente. Ma forse il mutamento è ancora più profondo. Forse noi stiamo passando da quello che è divenuto un contratto basato sull’equivoco tra dottori e pazienti a qualcosa di più vero (vedi Tabella). I medici spesso sono profondamente e dolorosamente consapevoli dei limiti di ciò che possono fare, mentre i pazienti attraverso l'esagerazione  di aspettative hanno idee gonfiate sul potere della medicina. La negativa informazione dei media potrebbe significare che il mondo inizia a riflettere sui limiti dei dottori e della medicina, e nonostante ciò sia scomodo per i medici, questa nuova consapevolezza  può  condurre ad un rapporto molto più onesto, adulto, e sereno, tra medici e pazienti.

Raimondo Farinacci
Tradotto e riadattato da: BMJ 2001;322:1073-1074 ( 5 May )

Torna alle Pillole
Torna all'inizio


 

Pillole di buonumore

D: Cara Emily Postnews, come posso fare per trovare il giusto titolo (subject) ai miei articoli?
R: Il subject dev'essere breve e privo di significato in modo che la gente sia per forza costretta a leggere il tuo articolo se vuole
scoprirne il contenuto. Questo significa che tu avrai una maggiore audience e tutti noi sappiamo che la Rete esiste proprio a questo scopo. Se invii un articolo di risposta (follow-up) assicurati che il titolo sia assolutamente il medesimo, anche qualora fosse totalmente insensato e del tutto avulso dal contesto della discussione. Se non farai cosi' non riuscirai a raggiungere tutti quelli che cercano articoli sull'argomento iniziale e quindi avrai una minore audience.


Pillole di buonumore

D: Cara Emily Postnews, che stile devo adottare nel redigere il mio articolo da pubblicare in Rete?
R: Sii il piu' maleducato possibile. Esagera. Se eviti le stramberie e non riempi il tuo articolo con perfidi insulti a danno dei
frequentatori della Rete, potresti non riuscire a emergere dalla massa tanto da ottenere una risposta. Quanto piu' folle sembrera' il tuo messaggio, tanto piu' e' probabile che tu riceva un mucchio di risposte. In fin dei conti Usenet esiste perche' tu possa attirare su di te l'attenzione del mondo intero.
Ricorda che se invii un articolo educato e intelligente potresti ottenere solo risposte di tono analogo! Che disgrazia!


 

NEWS

Lo stress e le galline
Sembra che il SSN, stanco di occuparsi soltanto dei soliti vecchietti, abbia deciso di ampliare il suo raggio di intervento: a S. Martino dell' Argine, in provincia di Mantova, i veterinari della ASL hanno "sottoposto a visita" circa 90.000 galline ovaiole, riscontrando che la diminuita produzione di uova era conseguente ad uno stato depressivo. Superlavoro, pochissimi momenti di riposo, notti insonni e ambienti troppo stipati avevano causato una generalizzata sindrome da stress, tale da indurre un deciso intervento sanitario. Percio' e' stato imposto al proprietario del pollaio un aumento dello spazio "pro capite" nella speranza di risolvere lo stato depressivo delle "pazienti".
"Il medico di famiglia", periodico sindacale medico di Reggio Calabria, 2001.

Torna alle news
Torna all'inizio

Paralisi di Bell: steroidi, acyclovir e chirurgia. Una review evidence-based
Gli autori hanno esaminato la letteratura per valutare l’efficacia dei trattamenti usati nella paralisi di Bell .Gli steroidi posseggono una buona efficacia in termini clinici. L’associazione steroidi (prednisone)  acyclovir   è apparsa più efficace degli seroidi da soli in un solo studio. Dagli studi sulla decompressione del n.facciale non emergono sufficienti evidenze. Allo stato dell’arte sembra che gli steroidi e l’associazione steroidi –acyclovir  siano oggi i trattamenti  efficaci sugli esiti funzionali della paralisi del nervo facciale anche se nessuno studio esaminato è stato considerato di classe I. Neurology  2 April 2001

Torna alle news
Torna all'inizio

09/04/2001
Fumo, alcool e frattura dell'anca
Studi precedenti sull’effetto del fumo di sigaretta in post menopausa e rischio di frattura del collo femorale non hanno prodotto risultati definitivi. In Svezia è stata condotto uno studio su  donne di età compresa  tra50 e  81 anni. 1328 donne fumatrici  in postmenopausa sono state confrontate con un gruppo di controllo di 3312 donne. Le fumatrici hanno un rischio aumentato di frattura con OR pari a 1,65 con un intervallo di confidenza del 95%. La durata dell’abitudine al fumo si è rivelata più importante della quantità di sigarette fumate.Il rischio di frattura tende a diminuire con la cessazione del fumo. Il consumo di alcol si associa con un OR pari a 0,80. In conclusione il fumo rappresenta un fattore di rischio di frattura in postmenopausa, tale rischio diminuisce con la cessazione del fumo,l’alcol sembra possedere un modesto effetto protettivo. 
Arch Intern Med. 2001;161:983-988

Torna alle news
Torna all'inizio

Perché smettere di fumare è più difficile per le donne
Le donne pur correndo rischi relativamente maggiori degli uomini di soffrire di malattie fumo correlate riescono meno facilmente degli uomini a smettere di fumare. Dall’esame degli studi presenti in letteratura emergono alcune possibili cause: La terapia sostitutiva con nicotina potrebbe essere meno efficace nelle donne
Le donne temono più degli uomini l’incremento di peso che si verifica con la cessazione del fumo.
I trattamenti medici contro il fumo non sono attualmente consigliati in gravidanza.
Il ciclo mestruale influenza sia sintomi sia la risposta ai farmaci della sindrome da astinenza.
I mariti forniscono un supporto meno efficace delle mogli al coniuge che vuol smettere di fumare.
Le donne sono più suscettibili agli stimoli ambientali che inducono a fumare(fumare con amici o secondo particolari stati d’animo).
A molte donne piace il senso di potere associato al fumo di sigaretta.
Quando si consiglia di smettere di fumare bisognerebbe tener conto del sesso del fumatore per poter attuare una strategia terapeutica mirata. La terapia sostitutiva con nicotina sembra essere molto meno efficace nelle donne rispetto agli uomini,le donne d’altro canto manifestano più facilmente sintomi depressivi durante l’astinenza e potrebbero quindi giovarsi meglio di un terapia antidepressiva. 
NIDA (National Institute on Drug Abuse)News Release(May 1, 2001)

Torna alle news
Torna all'inizio

02/05/2001
Ipertiroidismo subclinico e rischio di demenza
Gli autori dello studio hanno preso in esame la relazione tra funzione tiroidea e rischio di demenza di Alzheimer  in una popolazione di ultra 55enni randomizzati tra la popolazione del Rotterdam Study. 1843 soggetti sono stati studiati nel periodo 1990-1993 attraverso la misurazione del TSH  , degli anticorpi anti TPO e del T4 nei casi con TSH abnorme. I partecipanti sono stati valutati( all’inizio dello studio e durante il follow up per un tempo medio di 2 anni )per la demenza di Alzheimer secondo i criteri internazionali. I soggetti con riduzione del TSH hanno mostrato un rischio aumentato di sviluppare la demenza di Alzheimer (RR = 3·5, 95%CI).Anche i livelli elevati di T4 sembrano associati ad un aumentato rischio. I soggetti con TSH ridotto ed elevato titolo anticorpale anti TPO hanno il rischio più elevato di ammalare di demenza (RR = 23·7) In conclusione questo è il primo studio che evidenzia una correlazione tra demenza e Ipertiroidismo subclinico nell’anziano. 
Clinical Endocrinology
53
(6), 733-737

Torna alle news
Torna all'inizio

05/05/2001
Inghilterra: trattamento per la sindrome da astinenza da nicotina dispensato dal NHS
Il BMJ ha commentato nell’editoriale con la giusta enfasi la scelta delle Autorità Britanniche di includere il trattamento per la astinenza da nicotina tra i servizi dispensati dal NHS. Il Sistema Sanitario Britannico offrirà ai forti fumatori che decideranno di smettere di fumare un programma per la disassuefazione al fumo che comprenderà il supporto specialistico, la terapia sostituiva con nicotina , ed il bupropione. L’Inghilterra è così il primo Paese al mondo che dispone di una strategia completa per la lotta al fumo. 
BMJ 2001;322:1076-1077 ( 5 May )

Torna alle news
Torna all'inizio

05/05/2001
UK: aumentano i casi di HIV resistente alla terapia
Uno studio pubblicato recentemente sul BMJ rileva un incremento della prevalenza della farmaco resistenza nell’infezione da HIV. 69 pazienti arruolati nello studio tra il 1994 ed il 2000 sono stati testati per  farmaco resistenza entro 18 mesi dalla diagnosi di infezione e non hanno ricevuto terapia antiretrovirale durante il test. Il 14 % dei pazienti ha mostrato resistenza associata con mutazioni del virus HIV 1. Il rischio di infettarsi con mutazioni del virus resistente ai farmaci aumenta con il passare degli anni con una prevalenza del 27% nella popolazione di pz infettati nel 2000. Lo studio evidenzia da un lato la necessità di testare i pz per la resistenza ai farmaci antiretrovirali  allo scopo di ottenere una ottimizzazione delle terapie  e dall’altro l’urgenza di nuovi approcci per incoraggiare comportamenti sessuali sicuri. 
BMJ 2001;322:1087-1088

Torna alle news
Torna all'inizio

07.05.2001
Epatite C: il rischio non é limitato solo ai consumatori di droghe iniettive
Uno studio condotto nella città di New York su consumatori di droghe non iniettive ha rilevato una prevalenza di Epatite C più elevata di quanto atteso nella popolazione di consumatori di droghe non iniettive ;sono stati trovati infettati dal virus della Epatite C il 17% dei soggetti esaminati contro il 2 % della popolazione generale. Nelle donne del  quartiere di East Harlem che hanno riferito uso di droghe non iniettive la percentuale di infezione ha raggiunto il 26%. Lo studio, pubblicato sulla rivista  Substance Use & Misure a Maggio 2001 e confermato anche da altri studi condotti in altri quartieri della città di New York ,da un lato conferma che la via iniettiva non è l’unica modalità di trasmissione del virus,dall’altro pone la necessità di indagare sulle possibili modalità di trasmissione del virus anche attraverso oggetti come le pipe e gli altri dispositivi per inalare le droghe. 
NIDA
(National Institute on Drug Abuse) News Release

Torna alle news
Torna all'inizio

Mieloma multiplo, nuovo promettente farmaco 
All’VIIIth International Myeloma Workshop on Phase I/II trials sono stati annunciati i dati preliminari di uno studio condotto su pazienti affetti da mieloma multiplo in stadio avanzato e refrattario ad altri trattamenti. Il Remivid , nuova molecola somministrabile per os analogo della talidomide, ha mostrato un favorevole profilo di tollerabilità con scarsi effetti collaterali peraltro limitati a rush cutanei e neutropenia che non hanno necessitato di sospensione della terapia. Circa il 60 % dei pz sottoposti a trattamento con il nuovo farmaco hanno mostrato una risposta alla terapia o una stabilizzazione della malattia. I risultati finora riportati sembrano incoraggiare l’uso di una nuova classe di molecole, cui il Remivid appartiene, denominate IMiDs che mostrano in vitro spiccate attività immunologiche .Questi nuovi farmaci incrementano infatti la proliferazione dei linfociti T e la produzione di interleuchina 2  e sembrano inibire potentemente le citochine infiammatorie  come il TNF alfa e Interleuchina 1beta e favoriscono la sintesi di citochine antinfiammatorie come interleuchina 10. 
Doctor’s guide 08.05.2001 Fonte :Celgene Corporation

Torna alle news
Torna all'inizio


     
APPROFONDIMENTI

CHIARE, FRESCHE, DOLCI ACQUE…

" Abito proprio sopra un bagno; immaginati un vocìo, un gridare in tutti i toni che ti fa desiderare di esser sordo. Sento il mugolìo di coloro che si esercitano ai manubri, emettono sibili e respirano affannosamente… Quando poi viene uno di quelli che non puo' giocare a palla se non grida e non si mette a contare i colpi ad alta voce, e' finita. E c'e' anche l' attaccabrighe, il ladro colto sul fatto, il chicchierone che parlando ama ascoltare il suono della sua voce, quelli che fanno il tuffo nella vasca per nuotare, mentre l' acqua zampilla rumorosamente dappertutto… Senza contare l' urlìo dei venditori di bibite, salsicce e pasticcini, e degli inservienti delle osterie che vanno gridando l' offerta della propria merce, ciascuno con una particolare intonazione di voce…".
Questo, che puo' sembrare l' accorato lamento di un contemporaneo in vacanza in una affollata stazione turistica, e' invece il brano di una lettera di Seneca a Lucillo, scritta verso la meta' del primo secolo dopo Cristo.
Nulla puo' evidenziare piu' vividamente, tra i corsi e ricorsi storici, il rapporto strettissimo e profondamente sentito dell' uomo con l' acqua.
L' acqua "leggendaria"
Benche' sia in Italia (uno dei paesi piu’ ricchi di acque minerali e che maggiormente coltiva la cultura di tale prodotto) che si concentrano le maggiori notizie e informazioni sull' argomento, i cenni storici sulle virtu’ dell' acqua (e poi, come vedremo, delle acque minerali) sono antichissimi e diffusi in tutto il mondo.
I miti dei Dogon (popolazione dell' Africa Occidentale) raccontano che "… L' acqua e la forza vitale della terra. Dio ha impastato la terra con l' acqua; nello stesso modo egli ha fatto il sangue con l' acqua. Anche nella pietra vi e' questa forza, perche' l' acqua e' dovunque".
I miti della creazione riservano sempre un ruolo speciale all' acqua, indicata come elemento fondamentale della vita, cosi' come ne sottolineano il ruolo di agente divino per la purificazione dei peccati del mondo: gli Athabascka narrano di un inverno lunghissimo in cui, per opera dell' Orso, il sole fu nascosto in una borsa di pelle e tutto il mondo si copri' di neve; ma il topo, infreddolito, rosicchio' il cuoio della borsa che conteneva il sole e ne sorti' un calore tale che la nece si sciolse e tutto il mondo venne sommerso dalle acque. Un indiano di nome Etsie aveva pero' costruito una grande canoa e vi aveva fatto salire animali di ogni specie, perpetuando cosi' la vita della Terra.
Non c'e' chi non veda l' impressionante somiglianza con la narrazione biblica di Noe' e con quella babilonese di Gilgamesh e del saggio Ut-Napishtim.
L' uso delle acque oscilla, in tutta la storia umana, tra la religione e la pratica sanitaria, con confini a volte difficilmente delimitabili: il lavaggio rituale veniva prescritto in innumerevoli occasioni e in tutte le popolazioni. Il battesimo rituale, oltre che nel cristianesimo e nell' ebraismo, era praticato ad esempio nel Tibet (ove il neonato veniva immerso nelle acque fino a sembrare morto); ma l' acqua poteva servire a lavare i peccati (come in India mediante le acque del Gange). Ed insieme ai peccati, come in molte credenze dell' epoca, venivano allontanate anche diverse malattie del corpo.
Gli indiani Creek si bagnavano nel fiume almeno una volta al giorno e si tuffavano nella neve, durante l' inverno, per quattro volte; gli indiani delle zone subartiche costruivano addirittura delle apposite capanne di vapore, con funzione di "bagno turco".
Gli Ebrei conoscevano bene le virtu' terapeutiche di alcune acque: la Fonte di Betsaide viene citata nel Vangelo di Giovanni: ad essa affluivano moltissimi ammalati delle piu' varie malattie, che attribuivano i miglioramenti ottenuti alla azione curativa di un angelo. Usavano invece le acque di Siloa per facilitare la digestione al termine dei banchetti; con la stessa acqua, riferisce il Vangelo, Gesu' restitui' la vista ad un cieco. Erode invece curava i suoi disturbi presso la fonte solforosa di Callirhoe.
Ma lo svulppo maggiore dell' idrologia si ebbe sotto i Greci ed i Latini.
Gia' Talete, nel VI sec. A.C. indicava l' acqua come fondamento essenziale della vita.
I Greci accentuarono il carattere sacro delle fonti, ponendole sotto la protezione delle varie divinita': le fonti ferruginose erano sotto la protezione di Marte; le fonti dedicate ai riti della verginita' erano sotto la protezione di Giunone; Apollo era il protettore della sorgente Castalia. Accanto alle fonti termali sorsero con frequenza i templi dedicati ad Esculapio. Bagni pubblici e privati sono stati rinvenuti a Troia e a Creta, mentre in Grecia tali servizi si accentravano soprattutto intorno alle palestre.
Anche in Italia le sorgenti assumevano sovente valore sacrale e religioso. La Fonte Egeria, dedicata alla Ninfa omonima risale storicamente all’epoca degli Etruschi, i quali avevano costituito perfino un' "Authority" delle acque, degli Aquilegi. Inutile poi specificare a chi fosse dedicata la fonte di Saturnia…
I Romani diffusero enormemente il culto delle acque, distinguendo le acque comuni da quelle medicamentose; all’epoca dei romani il culto delle acque (gestite dal curator acquarum) acquisiva anzi il valore di un vero e proprio rito sociale: nelle Terme ci si bagnava, si effettuavano servizi igienici, si parlava, si lavorava, si discuteva, ci si massaggiava e si faceva politica. Le acque venivano usate in tutti i modi possibili: come bevande, come bagni, docce o bagni di vapore, alle diverse temperature. Gia' allora era presente un medico avente alle sue dipendenze gli untores, i frictiones, i tractores e le tractatrices, specializzati nel praticare diversi tipi di massaggi e frizioni terapeutiche.
E per gli Imperatori fu quasi un punto d' onore valorizzare le fonti e arricchire Roma di acque: l' acqua Claudia, la fonte Appia, l' Acqua Acetosa, l' Acqua Vergine (che tuttora alimenta alcune fontane storiche e viene assaggiata dai turisti "intenditori"). Roma divenne, e rimase, la citta' dalle mille fontane.
L' acqua nella scienza
Il "De aere, aquae et locis" di Ippocrate fu, probabilmente, il piu' antico libro sull' argomento: li' si discute delle particolari proprieta' delle varie acque. Galeno invece parla delle virtu' delle acque minerali nel "De sanitate". Celso raccomanda il bagno caldo nelle affezioni del colon, nelle febbri, nelle coliche di fegato. Plinio il Vecchio classifico' le acque minerali in diverse categorie attribuendo a ciascuna di esse un diverso potere medicamentoso.
Di acque minerali parlano anche Vitruvio, Svetonio, Tertulliano; in questo periodo vennero valorizzate fonti tuttora ben note ( le Acque Albule di Tivoli, le Cutiliae in Umbria, le Acque Domiziane della Savoia, le Terme Baiane di Baia e molte altre);
Nel Medioevo si osserva un iniziale abbandono legato essenzialmente a motivi religiosi: il cristianesimo vedeva in genere come sconvenienti le pratiche igieniche, avversate pure da alcuni Padri della Chiesa (Clemente Alessandrino sosteneva che i bagni termali possono indebolire l' organismo); vi fu pero' successivamente una riscoperta delle proprieta' curative delle acque termali che prosegui' per tutto il Rinascimento: Ugolino da Montecatini valorizzo' le proprieta' delle locali terme nel suo "De balneis apud nos circostantibus" e nel "De la Porretta". Opere importanti furono pure il "De balneis et de thermis" di Michele Savonarola e il "De thermis" di Boni. In quest' epoca vengono valorizzate, tra le altre, le fonti di Abano, Cuma, Ischia, Agnano. Illustre paziente delle terme di Fiuggi fu Michelangelo, affetto (e guarito) dal "mal della pietra". 
L' acqua oggi:
E' conseguente a questi precedenti storici la particolare cultura e la particolare sensibilita’ esistente in Italia sulle problematiche delle acque minerali, problematiche che in altre nazioni non sono avvertite o non lo sono state abbastanza da giustificare ricerche, studi o legislazioni particolari nel settore. L' idrologia medica si basa essenzialmente su basi empiriche, ma si tratta di un empirismo che pone le sue basi in millenni di osservazione. L' azione biologica delle varie su alcune funzioni organiche e' certamente indiscutibile. Negli ultimi due secoli sono aumentati, pur rimanendo circoscritti essenzialmente all' Italia, gli studi tendenti a fornire una base scientifica alle osservazioni cliniche empiriche. Dal 1800 inoltre vengono monitorate sistematicamente le composizioni chimico-fisiche delle fonti piu' importanti.
Si e’ osservato negli ultimi anni un notevolissimo aumento del consumo di acque cosiddette "minerali" imbottigliate rispetto al consumo della normale acqua potabile distribuita nelle case. Negli ultimi 20 anni si e’ passato da un consumo medio pro capite di 35 litri annui a 140 litri annui con una produzione aumentata del 250%.
La proporzione tra acque gassate e non gassate e’ a favore del primo gruppo con il 60% della produzione. I motivi di questi alti consumi sembrano essere molteplici: la clorazione delle acque superficiali implica talora sapori e odori anomali che riducono la gradevolezza del liquido; una indagine ISTAT nel ’93 evidenziava che solo il 47% delle famiglie intervistate dichiarava di bere l’acqua del rubinetto. Ai problemi legati a fattori organolettici si aggiunge l' aumentato benessere che permette l’acquisto dell’acqua minerale (che ha un costo sicuramente molto superiore a quello dell’acqua del rubinetto) e un maggior ricorso alla ristorazione collettiva. Questa implica infatti l’assunzione di almeno uno dei pasti giornalieri fuori casa in ambiente ristorativo ove l’acqua e’ fornita di regola in bottiglia. La geografia dei consumatori rispecchia infatti quella del benessere economico, con una preponderanza di consumi in Lombardia e in Emilia e un fanalino di coda in Calabria.
MA CHE COS’ E’, OGGI, UN’ACQUA "MINERALE"?
Secondo il D.L. 25/01/92 n. 105 sono: "…..acque minerali naturali le acque che, avendo origine da una falda e da un giacimento sotterraneo provengono da una sorgente o piu’ sorgenti naturali o perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari e proprieta’ favorevoli alla salute ….. si distinguono dalle ordinarie acque potabili per la loro purezza originaria e la loro conservazione, per il tenore in minerali, oligoelementi e/o altri costituenti e i loro effetti ….. sono vietati i trattamenti di potabilizzazione, l’aggiunta di sostanze battericide o batteriostatiche e qualunque trattamento suscettibile di modificare il microbismo dell’acqua minerale naturale".
Le "acque invece destinate al consumo umano" vale a dire le normali acque da bere, quelle distribuite tramite i rubinetti di casa, devono essere invece (D.P.R. n.236, 1988) chimicamente e microbiologicamente salubri e non devono presentare rischi per la salute. Cio’ puo’ essere ottenuto appunto con sostanze batteriostatiche o battericida che pero’ ne possono alterare, come abbiamo gia’ detto, il sapore.
Abbiamo gia’ detto che le acque minerali devono essere "microbiologicamente pure" alla sorgente; tale concetto non non significa che tali acque debbano essere sterili: esse devono piuttosto mantenere la loro tipica "facies microbica", con una flora saprofitica non dannosa alla salute e una bassa carica microbica.
Sono esclusi assolutamente gli E. Coli e i colibacilli, gli streptococchi fecali, gli anaerobi sporigeni solfito-riduttori, pseudomonas aeruginosa. Le caratteristiche batteriologiche delle acque minerali sono dettagliatamente specificate nel D.M. 12 Novembre ‘92 n.542 e nel D.M. 8 Luglio1997.
Malgrado queste accuratissime norme destinate ad assicurare la purezza dell’acqua della sorgente, capita frequentemente che si riscontri un aumento, nel tempo, della carica batterica presente nell’acqua imbottigliata. Questa proliferazione puo’ essere considerata fisiologica, entro certi limiti; puo' pero' essere incrementata da cattiva conservazione o dal materiale dei contenitori, non perfettamente idoneo.
Gli studi effettuati sulle acque imbottigliate hanno potuto dimostrare che dal momento dell’ imbottigliamento si verifichi, tra la prima e la quarta settimana, un aumento della carica microbica. Si tratta comunque generalmente di saprofiti ambientali, innocui alla salute. La crescita microbica e’ maggiore nelle bottiglie in plastica (piu' porosa, e quindi piu' soggetta alla formazione di "nicchie di sopravvivenza" rispetto a quelle di vetro, e in acque "piatte" rispetto a quelle addizionate di anidride carbonica. Cio' deriva dal fatto che la CO2 e' dotata di attivita’ batteriostatica che permette una maggiore conservazione delle acque. Per quanto riguarda i requisiti dei contenitori, questi sono stabiliti nel D.M. 17/12/1981, che consente solo una limitata tipologia di materiali.
Oltre che di saprofiti e' stata documentata la possibilita’ di sopravvivenza, nei recipienti di acqua minerale, anche di patogeni capaci di una lunga sopravvivenza: yersinia entorocolitica, ad esempio, riesce a sopravvivere fino a 64 settimane. Malgrado cio' sono molto rare le segnalazioni di intossicazioni intestinali correlate all’uso di acque minerali imbottigliate. Ne vengono citate in tutta la letteratura appena due: uno nel Portogallo nel 1974 e uno nell’Italia centrale nel ’90.
COME SI CLASSIFICANO LE ACQUE MINERALI ?
Il D.M. n. 542/92 indica i parametri chimici e chimicofisici da determinare in un acqua minerale. Possiamo classificarle in base al contenuto salino:
- oligominerali (residuo secco inferiore a 0,2 gr. per mille).
- medio-minerali (tra 0,2 e 1 gr. per mille).
- minerali (oltre 1 gr. per mille).
L’alto contenuto di sali in queste ultime acque (minerali propriamente dette) fa si' che siano indicate di solito per particolari trattamenti specifici da farsi solitamente dietro controllo medico.
In base alla temperatura:
Fredde
(-20°); Ipotermali (20°-30°); Omeotermali (30°-40°); Ipertermali (superiori a 40°).
In base alla pressione osmotica o in base alla concentrazione salina valutata sulla presenza dell’anione preponderante:
- Bicarbonate : se prevale il bicarbonato.
- Clorurate o salse se prevale il cloruro.
- Solfate se prevale il solfate
- Sulfuree se prevale il sulfidrile
Puo’ essere valutato anche il catione piu’ rappresentato di genere di tipo alcalino o alcalino terroso per cui possono esserci acque aniono-alcaline e alcalino-terrose ecc...
A CHE COSA SERVONO EFFETTIVAMENTE LE ACQUE MINERALI ?
Le ricerche su queste acque non sono moltissime e, come gia' detto, sono prevalentemente italiane. La cosa e’ in parte giustificabile dalla ricchezza di queste sorgenti minerali nel nostro paese e dalla antichissima cultura delle acque minerali che in Italia risale a oltre duemila anni fa.
Le acque clorosodiche o salse: risulterebbe un’azione prevalente sulle vie biliari e sul fegato, con effetto idrocoleretico lento e protratto di tipo fisiologico. Aumenterebbe anche l’escrezione di colesterolo e di acidi biliari. E’ stata riscontrata un’attivazione di alcuni sistemi enzimatici con un miglioramento della funzionalita’ dell’epatocita.
Le acque bicarbonate avrebbero prevalentemente un’azione a carico del fegato e delle vie biliari e sembrano attivare la funzione epatica con mutamento dell’assetto enzimatico cellulare. Agiscono sulla coleresi con un aumento della secrezione biliare, di colesterolo e acidi biliari.
Le acque salsobromoiotiche avrebbero azione coleretica sulle vie biliari e riducono l’assorbimento intestinale di colesterolo.
Le acque salsosolfatoalcaline (Montecatini) avrebbero un’azione colagoga, coleretica e colecistocinetica, ed eserciterebbero un’azione equilibratrice sulle funzioni secretorie, colitiche e peptiche. Sono controindicate negli ipertesi per l’elevato contenuto di sodio; sono indicate nel diabete associato a turbe del metabolismo lipidico.
Le acque bicarbonatosolfatoalcaline e alcalino-terrose (Chianciano, Ischia, San Pellegrino ecc.) agirebbero sulla motilita’ e sulla secrezione dello stomaco e dell’intestino, possiedono una spiccata azione coleretica, colagoga e colecistocinetica con effetti lassativi, anticolicistici e antispastici. Favoriscono l’azione epatica e biliare.
Le acque sulfuree (Salsomaggiore, Telese, Castellamare di Stabia, Sirmione) esplicherebbero la loro azione in rapporto alla quantita’ di zolfo e sembra che svolgano effetti normalizzatori sulla glicemia e sul ricambio glicidico, con meccanismo sconosciuto. Si e’ ipotizzato un aumento del glutatione ridotto e quindi una difesa delle cellule contro lo stress ossidativo.
Le acque oligominerali (Fiuggi) sarebbero rapidamente assorbite dal tubo digerente e rapidamente eliminate attraverso i reni provocando un aumento della diuresi. Aumentano l’eliminazione quindi delle scorie azotate (azoto e acido urico) e esplicano un’azione di lavaggio e di decongestione delle vie urinarie. Gli effetti durano a lungo anche dopo la sospensione della terapia. Una delle principali indicazioni e’ la calcolosi urinaria nonche’ diatesi urica e ossalica. Sono controindicate nelle glomerulonefrite croniche e nella glomerulonefrosi, nella insufficienza renale grave, nella cirrosi epatica scitica e nell’insufficienza cardiaca.
A queste indicazioni "ufficiali" si aggiungono, purtroppo, tutta una serie di "pseudoindicazioni" caldeggiate dai mass-media e dalle Societa' commerciali ma prive di ogni validita', neppure presunta: e' ovvio ad esempio che tali acque non aiutano affatto a dimagrire…
L' acqua piu' adatta per la maggioranza dei soggetti e' quella ricca di calcio e di sali, con qualche avvertenza:

- Il ferro dovrebbe essere inferiore a 1 mg/l., tranne casi particolari.
I solfati dovrebbero restare sotto i 50 mg./l, a meno che si voglia un particolare effetto terapeutico.
Il fluoro non deve superare 1,7 mg/l.
Il magnesio manifesta effetti assativi sopra i 50 mg.
Il sodio dovrebbe attestarsi intorno ai 20 mg./l
Nitrati, nitriti, Ammoniaca, piombo, cadmio: indicano la presenza di sostanze inquinanti nell' acqua. Sono tollerati entro certi valori, ma sarebbe meglio che non fossero presenti.
L’ACQUA MINERALE FA BENE AL CANCRO ?
E’ stato pubblicato abbastanza recentemente (N.E.J.M.1999;340:1390-97) un ampio studio epidemiologico sul cancro alla vescica negli Stati Uniti. Tale affezione e' molto frequente (50.000 casi l’anno negli USA) e, oltre ai gia’ riconosciuti fattori di rischio come il fumo di sigaretta e l’eta’, e’ stato sospettato che la presenza nelle urine di sostanze cancerogene e la loro lunga permanenza a contatto con la mucosa vescicale costituisca un fattore di rischio. E’ stato confermato una diminuzione di rischio man mano che l’apporto giornaliero di liquidi aumenta. In particolare nei soggetti che introducevano un abbondante quantita’ di liquido (2 litri e mezzo al giorno) l’incidenza del tumore era significativamente piu’ bassa rispetto al gruppo che introduceva la meta’. Questo per una azione di lavaggio delle vie urinarie.
In realta’, pero', il risultato utile non deriva propriamente dall' acqua, ne', tantomeno, da un particolare tipo di acqua: risultato analogo viene ottenuto con altri liquidi come il latte, i succhi di frutta, la birra e il vino. L’elemento piu’ importante sarebbe quello di allontanare l’urina dal contatto prolungato con la vescica.
CURARSI O AMMALARSI CON LE ACQUE?
Da quanto si e’ detto sopra si puo’ vedere come non sia possibile parlare genericamente di acque minerali in quanto si tratta di prodotti assai diversi tra di loro e di composizione ampiamente differenziata, con effetti biologici e terapeutici differenziati. L’acqua e’ tuttavia la fonte della vita e della salute per cui l’organismo ne e’ quotidianamente a contatto; l’acqua che viene bevuta durante i pasti nelle bottiglie di acqua minerale costituisce solo una parte di quella introdotta nell' organismo in quanto viene integrata e diluita dai liquidi assunti negli alimenti o per altre vie nella vita quotidiana. L' acqua assunta come tale costituisce, mediamente, circa il 40% del fabbisogno giornaliero; il rimanente e' fornito da latte, agrumi, frutta, vino, pomodori, bevande analcoliche.
Tuttavia le leggi del mercato che spingono a un consumo basato su fattori ampiamente pubblicizzati ma, spesso medicamente scorretti, sono potenzialmente portatori di disturbi della salute non indifferenti. Molti ignorano per esempio che le acque minerali con un "buon sapore" sono quelle ricche in calcio, che ne esalta la sapidita’. Sono le acque adatte alla maggior parte delle persone ma possono costituire un problema per soggetti che siano predisposti alla calcolosi renale. Purtroppo pero' la potenza della pubblicita' puo' indurre soggetti di questo tipo a "curarsi" assumendo costosa acqua minerale incongrua rispetto alle loro condizioni di salute. Viceversa le acque oligominerali, che sarebbero indicate proprio in questi soggetti, esaltano pubblicitariamente la loro capacita’ di "lavaggio" dell’organismo e di "effetto dimagrante" tramite riduzione della "ritenzione idrica", e possono indurre un depauperamento di sali (per es. di potassio) con sensazione di astenia, di ipotensione e altri disturbi altrimenti evitabili.
E’ un po’ un paradosso la sfiducia che gli italiani hanno sulle acque fornite dal servizio pubblico, considerando che almeno nel centro-nord di solito si tratta di acque gradevoli e sicuramente pure. Una ricerca di Altroconsumo ha evidenziato una qualita' generalmente buona e, in trenta citta' su 40, addirittura ottima.
Fanno eccezione ovviamente situazioni locali di cui si legge frequentemente sui giornali e che giustificherebbero, ma solo in quel caso, l’ampio uso delle acque imbottigliate.
Daniele Zamperini. Pubblicato su "Occhio Clinico", novembre 2000
Fonti:
- B. Messina, F. Grossi, "Elementi di Idrologia Medica" ed. SEU, 1988
M. Aliverti: " La storia del termalismo: acque di salvezza ed acque di salute" – In Tema di Medicina e Cultura: il Termalismo, anno XIX n. 5, giugno 1987, pagg. 3-49
M.L. Benzo: "Le terme in Italia" - In Tema di Medicina e Cultura: Il Termalismo, anno XIX n. 5, giugno 1987, pag. 51
V. Marin: "Acque minerali" - Scripta Medica vol. 2 n. 7 pagg. 319-323, 1999)
R. Giunta, G. Bencivegna, N. Carraturo, F. Giugliano "Breve storia dell’ idrologia"- Medico e Metabolismo, anno III, n. 2 pagg. 63-64, 1999
R. Giunta, N. Carraturo, G. Bencivegna, F. Giugliano, F. Rossi "Le acque minerali"- Medico e Metabolismo, anno III, n. 3 pagg. 129-131, 1999

Inoltre:
J Urol, 1998 Mar, 159:3, 658-63
Dermatology, 1999, 198:2, 153-5
Vopr Kurortol Fizioter Lech Fiz Kult, 1998 May, :3, 11-4
Minerva Med, 1999 May, 90:5-6, 187-94
Int J Clin Pharmacol Res, 1999, 19:2, 53-6
Clin Ter, 1998 Mar, 149:2, 127-30

Torna ad Approfondimenti
Torna all'inizio  


Pillole di buonumore

D: Cara Emily, il programma che uso per inviare i messaggi su Internet mi dice che la firma in calce alla lettera e' troppo estesa e ho citato troppe righe di testo. Come mi devo comportare?
R: Queste limitazioni sono state inserite del tutto immotivatamente nel programma e quindi evita di domandarti quale possa essere il loro significato in relazione al tuo articolo. In realta' la maggioranza degli utenti va in cerca di messaggi costituiti dalla citazione integrale di un messaggio precedente piu' alcune righe di testo originale: per venire incontro alle esigenze di queste persone riempi il tuo articolo di righe del testo citato e otterrai la riconoscenza di tutti.
Veniamo a parlare della la firma: so che e' un lavoraccio, ma dovra' essere cosi' lunga che sarai costretto a leggerla con un editor di testo. Controllala due volte in modo da essere sicuro che sia sempre al suo posto. Inoltre, al nobile fine di facilitare la libera diffusione dell'informazione, inserisci una riga di copyright che proibisca l'invio del tuo articolo a quei siti Usenet che praticano una politica che non gradisci.
Se disponi di molto tempo libero e vuoi proprio fare qualche taglio al testo, assicurati di eliminare proprio le righe fondamentali dei messaggi da te citati: in questo modo, tanto per fare un esempio, potra' sembrare che l'autore di un appello alla pace mondiale abbia inviato un messaggioper auspicare il bombardamento delle Bermuda con ordigni nucleari....


MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA 
  Rubrica gestita dall' ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Universita' Cattolica

E’ risarcibile il danno alla salute per malattia derivante da sovraccarico di lavoro (Sentenza)
Cassazione - Sezione Lavoro, Sent. n. 1307/2000

Il potere imprenditoriale, volto alla massimizzazione della produzione, incontra un imprescindibile limite nella necessità di non arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana e nel far si che nell'attività di collaborazione richiesta ai dipendenti venga predisposta una serie di misure, oltre quelle legali, che appaiono utili a impedire l'insorgere o l'ulteriore deteriorarsi di situazioni patologiche idonee a causare effetti dannosi alla salute del lavoratore

Il dott. P. L. conveniva in giudizio davanti al Pretore di X l'Ente YY , di cui era dipendente, chiedendone la condanna al risarcimento del danno biologico in quanto, essendo divenuto capo-ufficio, gestiva il proprio ufficio con evidente sproporzione tra il personale addetto e la quantità di lavoro prevista.
A causa di tale sproporzione, era stato costretto a una assidua quanto estenuante attività lavorativa non soltanto nelle ore normali di servizio, ma anche mediante espletamento, per far fronte alle esigenze dell'ufficio, di lavoro supplementare, straordinario, feriale e festivo anche presso la propria abitazione, con una media di circa sessanta ore di lavoro settimanale, per cui era stato colpito da infarto.
Dopo l'infarto trasferito ad altro ufficio aveva ivi svolto un'attività lavorativa più normale e meno intensa. Da ciò la richiesta di risarcimento del danno biologico provocato con la deliberata mancata integrazione dell'organico e il conseguente sovraccarico di lavoro in danno del dipendente.
Il Pretore rigettava la domanda compensando interamente tra le parti le spese del giudizio.
Tale sentenza, appellata dal lavoratore, veniva confermata dal Tribunale.
La Cassazione con sentenza del 14 febbraio 1997 n. 8267 cassava con rinvio la sentenza del Tribunale, e assegnava al giudice di rinvio il compito di applicare il principio di diritto secondo cui il potere imprenditoriale, volto alla massimizzazione della produzione, incontra un imprescindibile limite nella necessità di non arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana e nel far si che nell'attività di collaborazione richiesta ai dipendenti venga predisposta una serie di misure, oltre quelle legali, che appaiono utili a impedire l'insorgere o l'ulteriore deteriorarsi di situazioni patologiche idonee a causare effetti dannosi alla salute del lavoratore ai sensi dell'art. 41 secondo comma cost. e dell'art. 2087 c.c..
Il Tribunale si adeguava a tale principio e accoglieva la domanda del L., ritenendo provata la sussistenza delle condizioni di superlavoro in cui aveva operato il dipendente nell'indifferenza dell'Ente datore di lavoro. Il giudice riteneva pure che l'infarto, nonostante la sussistenza di altri fattori di rischio, quali la familiarità ipertensiva, il fumo di 15 sigarette al giorno e la vita sedentaria, era da attribuire in via causale all'attività lavorativa intensa svolta dal lavoratore in concomitanza con l'omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di misure idonee atte ad evitare tale effetto dannoso.
L’ Ente proponeva ricorso in Cassazione che ha ritenuto sussistente il danno biologico del lavoratore in relazione all'inosservanza dell'obbligo del datore di lavoro di non dequalificare il lavoratore con offesa della sua dignità (art. 41 secondo comma cost.), in quanto, insieme alla lesione del diritto alla salute (art. 32 primo comma cost.), conseguenza diretta e immediata della dequalificazione (V. Cass. 24 gennaio 1990 n. 411).
Ha, altresì, ritenuto (Cass. 23 giugno 1992 n. 7663), in tema di infortuni sul lavoro, sussistente la responsabilità del datore di lavoro per il danno biologico, inteso come menomazione dell'integrità psico-fisica, subita dal lavoratore e valutabile monetariamente in modo autonomo rispetto al danno morale e alla vita di relazione causati dal reato (v.: Cass. 4 ottobre 1994 n. 8054; Cass. 1996 n. 3510 e 7636).
Infine la Corte con la sentenza del 14.2.1997 n. 8267, a seguito della quale è stata pronunciata l'impugnata sentenza di rinvio, ha enunciato il seguente principio di diritto: "In ottemperanza al precetto costituzionale di cui all'art. 41 secondo comma cost. il datore di lavoro non può esimersi dall'adottare tutte le misure necessarie, compreso l'adeguamento dell'organico, volte ad assicurare livelli compensativi di produttività, senza, tuttavia, compromettere l'integrità psico-fisica dei lavoratori soggetti al suo potere organizzativo di dimensionamento delle strutture aziendali. Pertanto l'accettazione da parte del lavoratore di un lavoro straordinario continuativo, ancorché contenuto nel c.d. "monte ore contrattuale massimo", o la rinuncia a un periodo feriale effettivamente rigenerativo dell'impegno lavorativo non possono esimere il datore di lavoro dall'adottare tutte le misure idonee a tutelare l'integrità psico-fisica del lavoratore, comprese quelle intese ad evitare eccessività di impegno da parte di un soggetto che è in condizioni di subordinazione socio-economica.
L'eventuale concorso di colpa del lavoratore non ha efficacia esimente per il datore di lavoro che abbia omesso le misure atte ad impedire l'evento lesivo, restando egli esonerato da ogni responsabilità soltanto quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell'abnormità, dell'inopinabilità e dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute".

L'inadempimento di tale obbligo deve essere dimostrato dal lavoratore che chiede il risarcimento del danno biologico.Una volta, però, dimostrata la sussistenza dell'inadempimento, non occorre, a norma dell'art. 1218 c.c., che il lavoratore dimostri, come invece nella responsabilità aquiliana, anche la sussistenza della colpa del datore di lavoro inadempiente.
Su quest'ultimo infatti, incombe l'onere di provare che l'evento lesivo dipenda da un fatto a lui non imputabile e cioè da un fatto che presenti i caratteri dell'abnormità, dell'inopinabilità e dell'esorbitanza in relazione al procedimento lavorativo e alle direttive impartite.
(A cura di D.Z.)

Torna a Medicina Legale
Torna all'inizio


Il Mobbing nel Pubblico Impiego soggiace alla Magistratura Ordinaria (Consiglio di Stato, sez. V, 6/12/2000 n. 6311)

Il problema del Mobbing (persecuzione psicologica nell’ambiente di lavoro) sta acquistando sempre piu’ peso nelle controversie di lavoro. Recentemente ha trovato un riconoscimento giuridico anche in relazione ai rapporti di pubblico impiego.
L’ordinanza n. 6311/2000 del Consiglio di Stato Sez V, disponendo l’annullamento dell’ordinanza n. 794 del 5 ottobre 2000 del TAR Calabria-Catanzaro Sez II, stabilisce che il danno da mobbing consiste in un illecito extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.) per cui esorbita chiaramente dalla giurisdizione del Giudice Amministrativo ( Cass. SS UU 10/X/1967 n. 2358; altra del 14/5/1987 ).
La Corte stabilisce, inoltre, che nel caso si riconosca un rapporto di servizio con l’ente pubblico, la giurisdizione spetterebbe comunque all’Autorita’ Giurisdizionale Ordinaria in virtu’ del Dlgs 31 marzo 1998 n. 80.
La giurisdizione ordinaria viene confermata dall’art. 33 Dlgs n. 80/98, modificato dalla L. 21 luglio 2000 n. 205, in relazione alle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona o a cose, mentre sussisterebbe la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo qualora la controversia concernesse l’organizzazione del pubblico servizio.
La Corte ha invece riconosciuto il mobbing nel pubblico impiego alla stregua di un illecito civile ex art. 2043 c.c. (e quindi rientrante nella giurisdizione civle ordinaria) qualora la richiesta risarcitoria esaurisca il contenuto della domanda.
Attualmente la giurisprudenza maggioritaria riconosce il mobbing quale forma di inadempimento contrattuale del datore di lavoro, il quale e’ tenuto ad adottare (art. 2087 c.c.) le misure "necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro".
(A cura di D.Z.)

Torna a Medicina Legale
Torna all'inizio


TABELLA DEI VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE AD ALCUNI AGENTI MUTAGENI O CANCEROGENI (Decreto Legislativo 25 febbraio 2000 n. 66:Attuazione delle direttive 97/42/CE e 1999/38/CE)

Allegato VIII-bis
(art. 61, comma 2; art. 62, comma 3 e art. 72, comma 2, lettera a)

VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE

Nome agente EINECS (1) CAS (2) Valore limite di esposizione professionale Osservazioni Misure transitorie
      Mg/m3 (3) ppm (4)    
Benzene 200-753-7 71-43-2 3,25(5) 1(5) Pelle(6) Sino al 31 dicembre 2001 il valore limite è di 3 ppm (=9,75 mg/m3)
Cloruro di vinile monomero 200-831 75-01-4 7,77(5) 3(5) - -
Polveri di legno - - 5,00(5)(7) - - -

(1) EINECS: Inventario europeo delle sostanze chimiche esistenti (European Inventory of Existing Chemical Susbstances).
(2) CAS: Numero Chemical Abstract Service.
(3) mg/m3 = milligrammi per metro cubo d'aria a 20o e 101,3 Kpa (corrispondenti a 760 mm di mercurio).
(4) ppm = parti per milione nell'aria (in volume: ml/m3).
(5) Valori misurati o calcolati in relazione ad un periodo di riferimento di otto ore.
(6) Sostanziale contributo al carico corporeo totale attraverso la possibile esposizione cutanea.
(7) Frazione inalabile; se le polveri di legno duro sono mescolate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte le polveri di legno presenti nella miscela in questione".

Torna a Medicina Legale
Torna all'inizio


Ufficiale dalla Cuf: tutte le statine sono prescrivibili ai termini della nota Cuf n. 13

MINISTERO DELLA SANITÀ
DIREZIONE GENERALE DELLA VALUTAZIONE DEIMEDICINALI E DELLA FARMACOVIGILANZA
Roma, 10 maggio 2001

COMUNICATO CUF

NOTA 13
In seguito ad alcuni dubbi in merito alla prescrizione dei medicinali a base di statine nell’ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta – in soggetti a rischio elevato di un primo evento cardiovascolare maggiore e inpazienti con cardiopatia ischemica – la CUF ribadisce in modo esplicito quanto segue:
"tutte le statine sono ammesse alla rimborsabilità nel trattamento della ipercolesterolemia, non considerata come tale, ma nel contesto di un profilo di rischio cardiovascolare globale. Le carte di rischio costituiscono uno strumento semplice, sia pure approssimativo, di lavoro. Il medico sceglierà il principio attivo secondo le caratteristiche cliniche del singolo paziente e in base ai dati che provengono dagli studi clinici controllati già riportati nelle motivazioni della nota stessa.

Il riferimento alla scheda tecnica della nota 13 non differenzia le varie statine in ordine alla rimborsabilità in quanto l’ipercolesterolemia come componente di una valutazione globale del rischio è ricompresa nelle schede tecniche di tutte le statine.
Il commento alla nota e i riferimenti ai risultati degli studi clinici forniscono una chiave di lettura scientifica,culturale (e non regolatoria) per meglio orientare le scelte sulla base dei dati

Torna a Medicina Legale
Torna all'inizio


Pillole di buonumore

D: Cara Emily, ho appena sentito alla radio che gli Stati Uniti hanno invaso l'Iraq. Devo inviare un messaggio?
R: Certamente. Il tuo messaggio infatti impieghera' dai 3 ai 5 giorni per raggiungere gli utenti Usenet in giro per il mondo. Non c'e' niente di meglio che diffondere queste notizie con alcuni giorni di ritardo rispetto ai mass media. Probabilmente sei l'unico al mondo ad aver sentito il giornale radio, quindi devi assicurarti di inviare un messaggio con la maggior sollecitudine possibile.