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"PILLOLE" DI MEDICINA TELEMATICA
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Periodico di aggiornamento medico e varie attualità
di: 
Daniele Zamperini, Raimondo Farinacci
Iscrizione gratuita su richiesta. Archivio consultabile su: www.edott.it e su http://utenti.tripod.it/zamperini/pillole.htm
Il nostro materiale è liberamente utilizzabile per uso
privato. Riproduzione riservata


Marzo 2002

INDICE GENERALE

PILLOLE


APPROFONDIMENTI


MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA


Rubrica gestita da D.Z. per l'ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica

PILLOLE


L'uovo nella dieta come aumenta l'ipercolesterolemia

Malgrado gli studi effettuati precedentemente non fossero conclusivi ed anzi, in alcuni casi, avessero addirittura ventilato un effetto favorevole della somministrazione di uova nella dieta sul profilo lipidico, alcuni ricercatori hanno voluto valutare in modo più rigoroso l'effetto di una dieta ricca di uova sul profilo lipidico stesso e soprattutto sul rapporto tra colesterolo totale e colesterolo HDL.
Hanno effettuato quindi una metanalisi su una serie di studi identificati tramite alcune banche-dati.
I criteri di inclusione erano i seguenti: un disegno a cross-over o con gruppo di controllo in parallelo, il fatto che le diete sperimentali differissero solo per il contenuto di colesterolo legato al numero di uova, una durata di 14 giorni.
Nell'analisi sono stati inclusi in complesso 17 lavori per un totale di 556 soggetti.
L'analisi metteva in evidenza come l'aggiunta di 100 mg. al giorno di colesterolo nella dieta, aumentasse il rapporto tra colesterolo totale e colesterolo HDL di 0,02 unità; le concentrazioni di colesterolo totale aumentavano di 2,2 mg/DL; le concentrazioni di colesterolo HDL aumentavano di 0,3 mg/DL.
In conclusione quindi, l'apporto di supplemento di colesterolo con la dieta, tramite la somministrazione di uova, aumentava il rapporto tra colesterolo totale e colesterolo HDL con una influenza quindi negativa sul profilo lipidico plasmatico.
Gli autori concludono quindi che sembrerebbe ancora valido il consiglio di ridurre il consumo di uova e di altri cibi ricchi di colesterolo nella dieta.

(Commento: occorre tuttavia valutare come la modificazione indotta dal consumo di uova sul profilo lipidico fosse una identità assai modesta in parametri assoluti, per cui potrebbe essere non opportuno proibire un consumo moderato di uova da parte di pazienti dislipidemici. D.Z.).

AM. J. Clin. Nutr. 2001;73:885-91

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Nel colon irritabile sospettare sempre la celiachia

È noto come la celiachia, soprattutto nelle sue forme fruste e nei soggetti adulti, si manifesti come una sintomatologia che ricalca in gran parte quella del colon irritabile. Raramente il paziente affetto da tali disturbi viene però sottoposto a controlli in questo senso per verificare l'esistenza di tale stato morboso.
Alcuni ricercatori inglesi hanno voluto valutare la correlazione tra le due malattie ed hanno perciò analizzato i dati di circa 300 pazienti che presentavano sintomi attribuiti a sindrome del colon irritabile, confrontandoli con i dati di circa 300 controlli sani.
Tutti i soggetti venivano sottoposti ad analisi sieriche per la verifica dei titoli di anticorpi di antigliadina IGA e IGG e degli anticorpi antiendomisio. I soggetti risultati positivi ai test anticorpali venivano poi sottoposti a una biopsia duodenale per confermare l'eventuale esistenza di malattia celiaca.
È risultata un'associazione altamente significativa tra sindrome del colon irritabile e malattia celiaca, tanto che gli autori raccomandano di effettuare accertamenti diagnostici mirati per tutti i pazienti adulti con segni evidenti di sindrome del colon irritabile.

("Lancet" 2001;358:1504-08 )

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Le pillole contraccettive di nuova generazione espongono allo stesso rischio di ictus delle pillole meno recenti

La 27° ISC ( International Stroke Conference) dell'American Stroke Association tenutasi il 07.02.2002 in Texas negli USA ha illustrato il primo grande studio sulle pillole di nuova generazione a minor contenuto di estrogeni.
Il rischio di ictus rilevato nelle donne che assumono questi nuovi contraccettivi orali rimane sempre il doppio rispetto a quello delle donne che non assumono la pillola.
In termini assoluti il numero di donne che sono candidate ad avere un ictus sale da tre a 6 per 10.000 /anno.
I contraccettivi orali sono costituiti da una associazione di ormoni femminili.La prima pillola introdotta negli anni 60 era costituita da dosi molto elevati di estrogeni e da noretisterone o linestrenolo.
Queste pillole erano associate con aumentato rischio di formazione di trombi ematici e di eventi trombotici.
Nei prmi anni 70 furono sviluppate le pillole di seconda generazione che contenevano minore quantità di estrogeno ( < 50 mcg) e contenevano come progestinico il levonorgestrel.
Dieci anni dopo furono messe in commercio le pillole di terza generazione che contenevano anch'esse una minore quantità di estrogeno ma avevano come progestinico il desogestrel o il gestodene.
Studi precedenti sulle pillole di seconda generazione hanno dimostrato un aumento di rischio di ictus soprattutto in alcuni sottogruppi di donne in trattamento con la pillola e segnatamente per le fumatrici e le ipertese.In questo ultimo studio i ricercatori hanno studiato il rischio di ictus per tutte e tre le generazioni di contraccettivi orali.Trai 203 casi di ictus e dei 925 controlli di età compresa tra 18 e 49 anni il rischio di ictus fu 2,3 volte superiore tra le utilizzatrici di una qualsiasi delle classi di pillole rispetto alle donne che non assumevano la pillola. I fattori di rischio generici per ictus ( fumo , ipertensione ,diabete ) si sommavano al rischio connesso alla pillola in tutti i gruppi ci contraccettivi orali.
Poiché non vi sono virtualmente differenze tra la seconda e la terza generazione di contraccettivi orali la scelta di usare un tipo o l'altro dipende dal rischio cardiovascolare della singola donna.
Già dallo scorso anno uno studio del Dr.Algra e collaboratori ha evidenziato un aumento del rischio di trombosi venosa profonda tra le utilizzatrici della pillola di terza generazione. Lo stesso gruppo di ricercatori effettuando la metanalisi di precedenti studi su ci contraccettivi orali ha rilevato un aumento di rischio di trombosi venosa maggiore per i contraccettivi orali di terza generazione rispetto a quelli di seconda generazione.
Pertanto viene raccomandato alle donne fattori di rischio positivi per trombosi venosa delle gambe che utilizzano le pillole di terza generazione di passare a quelle di seconda generazione gravate da un minor rischio vascolare.

Doctor's guide

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Cortisonici sottodosati: errore terapeutico frequente negli asmatici

È noto come la malattia asmatica sia molto diffusa (almeno il 10% della popolazione nei paesi sviluppati) e capace di gravi complicazioni, addirittura frequentemente minacciose per la vita stessa. L'asma è generalmente curata sulla base delle linee-guida della "British Thoracic Society" del 1997, che prevedono l'associazione di un beta-2 stimolante e di un anticolinergico per via inalatoria, nonché l'uso di un corticosteroide ad alte dosi.
Alcuni ricercatori francesi hanno voluto esaminare se i trattamenti farmacologici dei pazienti asmatici fossero adeguati; sono state perciò esaminate le terapie di circa 3.800 pazienti arrivati al Pronto Soccorso per condizioni di asma acuta.
Di questi quasi 1.000 avevano un asma iperacuta, minacciosa per la vita stessa.
Questa quota è molto alta rispetto a quanto prevedibile sulla base dei dati desunti dalla generalità della popolazione; l'alta concentrazioni di forme gravi potrebbe essere indice di un inadeguato trattamento domiciliare che rendeva necessario il ricorso al Pronto Soccorso.
In effetti l'esame delle terapie somministrate a questi pazienti, soprattutto al gruppo ad alto rischio di vita, è risultato spesso carente rispetto alle linee-guida: in questo gruppo gli anticolinergici venivano somministrati soltanto alla metà dei soggetti mentre il cortisone veniva usato nel 68% dei casi di gravità estrema.
È stato osservato come la maggior parte delle persone avesse ricevuto istruzioni scarse e inadeguate circa le opzioni di trattamento della crisi asmatica domiciliare e non avesse potuto quindi servirsi pienamente dei mezzi terapeutici a propria disposizione.
Soprattutto si è dimostrato rilevante l'inadeguato trattamento con cortisonici, forse per carenze culturali dei pazienti o dei medici stessi.

(Lancet 2001;358:629-635)

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Il diabete può essere prevenuto attraverso modificazioni dello stile di vita

È noto come il diabete stia diventando uno stato morboso sempre più comune soprattutto nei Paesi industrializzati, e che tale aumento di prevalenza si accompagni ad un aumento di sedentarietà e di obesità. Non è ancora noto se il diabete mellito di tipo 2 possa essere prevenuto da interventi di tipo igienico volti a modificare lo stile di vita dei soggetti.
Gli autori hanno voluto perciò esaminare oltre 500 soggetti sovrappeso di media età, di entrambi i sessi, che presentavano diminuita tolleranza al glucosio. Questi pazienti sono stati divisi in due gruppi randomizzati; i soggetti del primo gruppo hanno ricevuto una serie di consigli individualizzati e finalizzati alla riduzione del peso, alla limitazione dell'assunzione di grassi, soprttutto di assunzione di grassi totali e di grassi saturi, all'aumento di assunzione di fibre, all'incremento dell'attività fisica. Tale training non era fornito ai pazienti del secondo gruppo.
È stato effettuato annualmente un test orale di tolleranza al glucosio; il follow-up è durato circa tre anni.
È stato evidenziato come il gruppo trattato in modo personalizzato presentasse alla fine del periodo di studio una perdita di peso assai più pronunciata del gruppo di controllo; l'incidenza comulativa di diabete era dell'11% nel gruppo di intervento e del 23% nel gruppo nel controllo. Il gruppo di intervento dimostrava una diminuzione di rischio di sviluppo di diabete del 58% rispetto ai controlli. Eliminati gli eventuali fattori interferenti, è stato verificato che la ridotta incidenza di diabete era direttamente associata alla modificazione dello studio di vita.
Gli autori concludono che il diabete di tipo2 può essere prevenuto, nei pazienti a rischio, da opportune modificazioni dello stile di vita.

Ad analoghe conclusioni è giunto un secondo studio effettuato su quasi 85.000 infermiere seguite per 16 anni: controllati diversi fattori di rischio nonchè lo stile di vita, si verificava come il sovrappeso e l'obesità fossero i fattori predittivi più importanti di diabete, tuttavia la mancanza di attività fisica si dimostrava correlata significativamente all'insogenza di nuovi casi di diabete.
Anche gli autori di questo studio concludono che la maggior parte dei casi di diabete di tipo 2 può essere prevenuta mediante uno stile di vita più sano.

N.E.J.M: 2001;344:1343-1350
N.E.J.M.: 2001, 345:790-797

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Screening mammografico il dibattito continua

Lo scorso anno una giornalista americana di 53 anni ad un meeting oncologico tenutosi a Cambridge ha affermato di non aver ancoro eseguito una mammografia perché pur avendo letto la letteratura sull'argomento e ascoltato esperti da entrambe i lati dell'Atlantico non aveva ancora avuto una risposta certa circa l'utilità dello sceening mammografico.
La giornalista in questione non è certo sola nella incertezza.La letteratura sull'argomento fornisce ampia opportunità per dogmi e incertezze e può tranquillamente essere interpretata per provare sia i benefici che i pericoli della mammografia .
Esiste una risposta chiara sulla efficacia della mammografia nel ridurre la mortalità?
Un articolo pubblicato su Lancet a marzo 2002 fornisce ulteriori informazioni.
Lennart Nystrom e collaboratori hanno presentato nell'articolo i dati di un trial svedese randomizzato di 15,8 anni di durata.
I risultati dei trial inclusi erano stati già presentati individualmente ed usati in meta-analisi sulla efficacia dello screening e citati nel rationale per il programma di screening nazionale .Con le 247.010 donne arruolate questi trials forniscono un eccezionale database con un follow up a lungo termine attraverso il quale valutare l'efficacia di uno screening mammografico ad invito rispetto a un specifico interevento di screening.
Gli esiti finali globali dei trials furono di 511 morti per ca della mammella su 1.864.770 donne /anno tra le donne invitate allo screening contro 584 morti per cancro della mammella su 1.688.440 donne /anno tra i controlli.
Tradotto in termini statistici questi risultati evidenziano una riduzione significativa della mortalità per ca mammario di circa il 21% (RR 0.79, CI 0.70-0.89).Nello studio Nystrom e collaboratori evidenziano anche le dimensioni e le correlazioni con l'età dei benefici dello screening sulla mortalità per ca mammario.
I benefici sono reali ma modesti. A dispetto della riduzione della mortalità per ca della mammella , la mortalità complessiva( per tutte le cause) mostrò un rischio relativo pari a 0.98 tra le donne invitate allo screening.
Questi dati possono aiutare il medico e la donna che negli ultimi anni sono stati bombardati di messaggi in favore o contro la mammografia dai media e dai convegni scientifici ?
Lo screening mammografico identifica tumori di piccole dimensioni parecchi anni prima che esssi possano essere riscontrati alla palpazione. Clinici, statistici, economisti dei sistemi sanitari, editors , e le maggiori riviste scientifiche sono d'accordo nel riconoscere che la storia naturale del tumore del seno ci dice che il risultato in termini di riduzione di mortalità può essere riconosciuto solo molti anni se non decadi dopo l'inizio dello screening.
La conferma della stabile riduzione della mortalità dopo lungo tempo è forse il dato più importante dello studio di Nystrom e collaboratori.
I critici dello screening allegano la paura, l'aumentato numero di diagnosi dei casi di ca in situ, l'alto numero di falsi positivi, come prodotti pericolosi dello screening .L'ultima rassegna condotta da Nystrom, invece , mostra differenti livelli di benefici stratificati a seconda dei gruppi di età e di come i gruppi vengono definiti.
Per esempio il gruppo di età compreso tra 45 e 54 anni sembra avere il minor beneficio, ma analizzando i dati con il tradizionale metodo a coorti (40-49; 50-59) il beneficio della mammografia appare simile in tutti gruppi di età tra 40 e 74 anni.
Questo è il riflesso di una ridotta efficacia dello screening nel periodo della perimenopausa dovuto ai mutamenti ormonali oppure è una semplice variazione statistica?
Dal 1990 abbiamo osservato una riduzione della mortalità per cancro della mammella vicina al 30% Quanto questa riduzione è dovuta allo screening e alla diagnosi precoce e quanto al miglioramento delle terapie?
Oggi non si sa se i benefici della terapia adiuvante e dello screening siano cumulativi e pertanto sono necessari studi di analisi di popolazioni per discriminare gli effetti relativi dello screening e della terapia.
Ma a quale conclusioni ci porta lo studio di Nystrom e quale risposta potremmo dare oggi alla giornalista confusa citata all'inizio dell'articolo?
Sia la American Society for Clinical Oncology che il PDQ che dipendono dal National Cancer Institute statunitense oggi guardano ancora allo screening mammografico. L'ultima analisi dei trials svedesi ci rassicura che i dati dello studio svedese sono credibili e ci permette di usarli per lo sviluppo di linee guida. I dati confermano che le donne che godono buona salute, soprattutto nella fascia di età tra 55 e 69 anni, e quelle che sono più attente al cancro del seno dovrebbero essere incoraggiate a sottoporsi allo screening e dovrebbe essere loro offerta la possibilità di effettuare la mammografia almeno ogni 2 anni.
Il dibattito continua sul possibile effetto benefico dello screening per le donne più giovani (quelle sotto i 50 anni)

The Lancet.Vol 359. March 16,2002

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Effetti cardiovascolari del Sildenafil durante l'esercizio negli uomini con malattia coronarica nota o probabile

La relazione tra uso di sildenafil citrato e eventi avversi cardiovascolari in uomini con malattia coronarica non è ancora ben definita. Lo studio pubblicato su Jama condotto tra marzo e ottobre 2002 negli USA è stato condotto in doppio cieco contro placebo con l'obiettivo di chiarire questa relazione.
Sono stati arruolati 105 pazienti di età media pari a 66 anni con disfunzione erettile e malattia coronarica nota o fortemente sospetta.
Tutti i pz sono stati sottoposti ad ecocardiogamma sotto esercizio ( ecostres) a distanza di tre giorni 1 ora prima di ogni test è stata somministrata una dose di sildenafil o placebo ai pazienti.
Sono stati misurati gli effetti emodinamici del sildenafil durante l'esercizio fisico(inizio, estensione e gravità dell'ischemia ) mediante valutazione ecocardiografica.
Risultati: la media della frazione di eiezione a riposo fu del 56%.Dopo l'uso del sildenafil la pressione arteriosa sistolica si ridusse da 138 a 128 mmHg. Dopo placebo la pressione arteriosa sistolica si ridusse da 135 a 133 mmHG .La media della differenza della frequenza cardiaca dopo placebo e dopo sildenafil fu di 4,3.La frequenza cardiaca a riposo , la pressione diastolica, lo score index del movimento delle pareti cardiache (misura della estensione e della severità delle anomalie della mobilità delle pareti cardiache ) non mostrò significative variazioni trai due gruppi.La capacità di esercizio fu simile trai due gruppi.La frequenza cardiaca e la pressione arteriosa sono aumentati in maniera molto simile nei due gruppi.Dispnea e angina furono osservati in 69 pazienti del gruppo sildenafil e in 70 del gruppo placebo.Le anomalie di parete insorsero in numero simile di pazienti dopo l'assunzione di sildenafil o di placebo( rispettivamnete 69 pz che assunsero sildenafil e 70 che assunsero placebo).L'elettrocardiogramma da sforzo fu positivo in 12 pz che assunsero sildenafil(11%) e in 17 che assunsero placebo ( 16%). Anche le anomalie del movimento delle pareti ventricolari si svilupparono in un numero simile di pazienti sia dopo sildenafil che dopo palcebo.
In conclusione negli uomini con malattia coronarica stabile il sildenafil non ha effetti o sintomi sulla durata dell'esercizio o sulla estensione dell'ischemia indotta dall'esercizio valtutata con l'ecocardiografia.

JAMA.2002;287:719-725.

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Ancora utili i fibrati

Benchè attualmente le statine siano considerati farmaci di prima scelta nel trattamento delle dislipidemie, continuano gli studi anche sui fibrati, farmaci anticolesterolemici di largo impiego da molti anni. Sono stati esaminate oltre 400 persone, di entrambi i sessi, affetti da diabete mellito e trattati con una dose giornaliera di fenofibrato o con placebo per oltre tre anni.
In questi soggetti, affetti tutti da coronaropatia ostruttiva, veniva valutata la progressione della forma stenotica, la quale si è dimostrata molto meno rilevante nei soggetti trattati con fenofibrato rispetto a quelli trattati con placebo. Il gruppo dei pazienti trattati con fenofibrato ha dimostrato anche una minor incidenza di episodi infartuali, meno interventi di angioplastica e un minor tasso di mortalità.
Benchè gli studi in questo settore vadano ancora approfonditi, gli autori hanno evidenziato come sia utile monitorare i livelli di grassi nel sangue nei soggetti diabetici e intervenire farmacologicamente in tutti quei soggetti diabetici in cui il solo controllo dietetico sia insufficiente.

Lancet 2001;357:905-910

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Attività sessuale e farmaci antiipertensivi

È ben noto come i farmaci antiipertensivi costituiscano uno dei principali motivi di problematiche sessuali nei soggetti maschi. Tali farmaci sono infatti indicati tra quelli maggiormente induttori di deficit erettile o comunque diminuzione dell'attività sessuale.
È noto però anche come non tutti questi farmaci abbiano effetti collaterali della medesima intensità, ma sono rari gli studi approfonditi nel settore.
Un gruppo di ricercatori italiani ha confrontato gli effetti sull'attività sessuale di Valsartan (antagonista recettoriale dell'angiotensina 2) e Carvedilolo (betabloccante). Entrambi i gruppi hanno evidenziato una diminuzione dell'attività sessuale all'inizio della terapia farmacologica, e particolarmente nel primo mese di terapia. In epoca successiva si è invece assistito a un differente comportamento in quanto il gruppo dei soggetti trattati con Valsartan recuperava una capacità sessuale pressochè normale rispetto al gruppo trattato con Carvedilolo, che evidenziava il permanere di problematiche persistenti nel tempo.
Sembrerebbe quindi, anche se gli studi nel settore andrebbero approfonditi, che gli antagonisti dell'angiotensina 2, e in particolare il Valsartan, comportino minori problemi di deficit sessuale rispetto ai betabloccanti.

"American Journal of Hypertension" 2001;14:27-31

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È dimostrato: il fumo passivo è veramente dannoso per il cuore

È ben noto fin dal 1992, dalle dichiarazioni dell'"American Health Association", che i soggetti esposti al fumo passivo di tabacco nell'ambiente domestico presentino un rischio di morte per malattie cardiovascolari notevolmente aumentato (fino al 30%) rispetto alla popolazione generale. Tuttavia non erano mai stati valutati gli effetti acuti all'esposizione al fumo di tabacco.
Alcuni ricercatori giapponesi hanno voluto indagare, con metodiche indirette, l'effetto del fumo passivo sul circolo coronarico. Hanno valutato la riserva di velocità del flusso dell'arteria coronarica discendente anteriore mediante la tecnica dell'ecodoppler trans-toracico.
I ricercato hanno eseguito delle misurazioni su gruppi di pazienti prima e dopo la permanenza in una sala fumatori nel loro Ospedale. I risultati sono stati significativi: prima dell'esposizione i non fumatori presentavano una riserva di velocità di flusso coronarico maggiore rispetto ai fumatori; questa differenza veniva annullata dopo una permanenza di sola mezz'ora nell'ambiente saturo di fumo di sigaretta.
Anche altri parametri ematochimici, come i livelli di carbossiemoglobina, aumentavano dopo l'esposizione al fumo dei soggetti non fumatori mentre rimanevano invariati nei fumatori abituali.
L'effetto acuto del fumo passivo sulla riserva coronarica è quindi molto più elevato nei soggetti non fumatori rispetto ai fumatori.
È perciò dimostrato come il fumo di sigaretta, oltre a essere il principale fattore di rischio per il cancro al polmone, presenti notevoli effetti biologici acuti anche in concentrazioni certamente non elevate; tali effetti sono particolarmente evidenti nei soggetti non fumatori e non abituati all'inalazione di fumo.

(Jama 2001; 286:436-441)

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Insospettate interferenze tra cannabinoidi e cocaina

Benchè i cannabinoidi e la cocaina vengano compresi e comunemente nella stessa categoria di farmaci stupefacenti, sono stati sempre considerati come sostanze chimicamente e fisiologicamente indipendenti.
Questa convinzione potrebbe essere inesatta, sulla base di uno studio olandese effettuato su animali.
I ricercatori sono partiti dal presupposto che i cannabinoidi endogeni sono coinvolti in vari processi chimici cerebrali e il sistema recettoriale che risponde ai cannabinoidi svolge un ruolo fondamentale anche nel bisogno compulsivo dell'assunzione di cocaina anche dopo periodi di astinenza prolungati.
Per verificare questo assunto i ricercatori hanno sperimentato su alcuni topi cocaino-dipendenti gli effetti di un'agonista del tetraidrocannabinolo (il principio attivo della marijuana). La somministrazione di questa sostanza ha provocato nei topi il desiderio compulsivo di cocaina, anche dopo un prolungato periodo di astinenza. Questo effetto è stato bloccato in modo efficace da un'antagonista specifico. Il fatto dimostrerebbe come i recettori specifici dei cannabinoidi siano coinvolti nelle ricadute di assunzione di cocaina e potrebbero quindi diventare un utile bersaglio farmacologico finalizzato alla prevenzione delle crisi.
I ricercatori hanno voluto anche esaminare la risposta dei topi a stimoli fisiologici e sensoriali: l'induzione di un riflesso pavloviano, indotto con stimoli luminosi intermittenti prima della somministrazione di stupefacenti, richiamava la crisi durante il periodo di astinenza; tale crisi era però attenuata da somministrazione dell'antagonista sintetico del cannabinolo. Le crisi invece provocate mediante condizionamento fisico (scosse elettriche) non venivano attenuate dall'uso dell'antagonista. Sembrerebbe quindi che esitano diversi circuiti neuronali e diversi recettori implicati nella ricerca compulsiva dello stupefacente.
Questo lavoro potrebbe aprire importanti strade in quanto è ben noto come le terapie attuali per la dipendenza da cocaina sono caratterizzate da una alta frequenza di insuccessi e ricadute anche dopo lunghi periodo di astinenza. È sperabile quindi che, sostanze antagoniste capaci di agire sui recettori specifici possano servire come utile arma terapeutica.

(Nat. Med. 2001; 10:1151-1154)

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La pasta al pomodoro protegge dai raggi ultravioletti

È ampiamente noto come le sostanze del gruppo dei carotenoidi abbiano una funzione biologica antiossidante molto potente. È stato evidenziato che una dieta che preveda un'assunzione continua e abbondante di pasta al pomodoro aumenta significativamente la concentrazione plasmatica di un importante carotenoide (il licoprene) contenuto nel vegetale.
Si è voluto studiare l'effetto biologico di questo aumento di livello di carotenoide sull'esposizione dei raggi ultravioletti. I soggetti studiati sono stati sottoposti per dieci settimane a una dieta ricca di questi prodotti e poi esposti all'azione di raggi ultravioletti. Veniva misurata la formazione di eritema cutaneo, il quale è risultato ridotto del 40% nei soggetti che assumevano nella dieta pomodoro o derivati di esso ricchi di licoprene.
Si conclude quindi che un'abbondante assunzione di pomodoro o di altri vegetali contenenti licoprene possa svolgere un'azione protettiva significativa verso i raggi ultravioletti.

J. Nutr. 2001;131:1449-145

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Raloxifene e eventi cardiovascolari in donne in menopausa. I risultati a 4 anni dello studio MORE

Il Raloxifene è un modulatore selettivo del recettore per gli estrogeni, migliora i fattori di rischio cardiovascolari ma il suo effetto sugli eventi cardiovascolari non è noto .
Obiettivo dello studio MORE(Multiple Outcomes of Raloxifene Evaluation trial) è valutare gli effetti del raloxifene sugli eventi cardiovascolari nelle donne osteoporotiche in post menopausa .
Lo studio ha preso in considerazione un totale di 7.705 donne osteoporotiche in post menopausa ( età media 67 anni) selezionate in 180 centri distribuiti in 25 Paesi nel periodo Novembre 1994 Settembre 1999.
In tutte le coorti non sono state rilevate differenze tra i gruppi in trattamento nel numero totale di eventi cerebrovascolari e coronarici :96 (3,7 %) con il placebo, 82 (3,2 %) con 60 mg /die di raloxifene, e 94(3.7%) con 120 mg /die di raloxifene.Il rischio relativo (RRs) fu 0,86 ( 95% C.I.) e 0,98(95% CI) per 60 mg/ die e per 120 mg /die di raloxifene rispettivamente.Simili risultati si sono ottenuti analizzando separatamente gli eventi coranarici e gli eventi cerebrovascolari. Nel sottogruppo di 1035 donne con rischio cardiovascolare aumentato al momento dell'ingresso nello studio, quelle assegnate al trattamento con Raloxifene ebbero un rischio cardiovascolare significativamente minore paragonato al placebo(RR 0,60 ; 95% C.I.).
Il numero di eventi cardiovascolari nel I anno di terapia non mostrò significative differenze nei vari gruppi del campione, né nei vari gruppi del campione, né tra le donne con aumentato rischio cardiovascolare o con evidenza di malattia coronarica.
CONCLUSIONI .La terapia con Raloxifene per 4 anni non incrementa significativamente il rischio di eventi cardiovascolari , ma riduce significativamente il rischio di eventi cardiovascolari nel sottogruppo di donne con aumentato rischio cardiovascolare già all'inizio della terapia.Non ci sono evidenze che il raloxifene causi un incremento precoce ( primo anno di terapia) di eventi cardiovascolari.
Prima di usare il raloxifene per prevenzione di eventi cardiovascolari c'è bisogno di conferme a questi dati da parte di trial che abbiano come obiettivo primario la valutazione degli outcomes cardiovascolari.

JAMA. 2002;287:847-857

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Simvastatina e markers del metabolismo osseo nell'osteopenia

Il trattamento con simvastatina di donne osteopeniche per un periodo di 12 settimane non ha alcun effetto sui marker del riassorbimento o della formazione ossea.
È stato notato in vitro che nei roditori gli inibitori dell'idrossimetilglutaril coenzima A provoca un aumento dei processi di neoformazione ossea .Tuttavia gli studi epidemiologici sul rapporto tra uso di ipocolesterolemizzanti e densità minerale ossea e fratture sono fino ad oggi insufficienti.
In questo studio sono state arruolate 24 donne osteopeniche ( diagnosticate con densitometria ad ultrasuoni).Le donne furono assegnate random a trattamento con placebo o con simvastatina alla dose di 20 o 40 mg per un periodo di 12 settimane.Al tempo 0 e a 6 e 12 settimane i ricercatori hanno misurato il profilo lipidico a digiuno a i markers biochimici di neoformazione ossea ( isoenzima osseo della fosfatasi alcalina) e del riassorbimento osseo(telopeptide N terminale e telopeptide C terminale del collagene di tipo1).
Dopo 12 settimane di trattamento lo studio ha rilevato che i livelli di colesterolo plasmatici LDL sono scesi del 7% nelle donne che assumevano placebo, 39 percento per quelle che assumevano 20 mg di simvastatina, e 47 % per le donne che ne assumevano 40 mg.
Al tempo 0 la concentrazione di markers ossei era simile in tutti e tre i gruppi di donne.
I marcatori però non mostrarono modificazioni rispetto al tempo 0 né a 6 né a 12 settimane .Gli Autori concludono che il trattamento per 12 settimanecon simvastatina in donne osteopeniche per 12 settimane non influenza i markers di riassorbimento o di neoformazione ossea.

BMC Musculoskeletal Disorders 2002 3:7

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Stimolazione elettrica per il Parkinson

La stimolazione profonda di alcuni territori cerebrali potrebbe sostituire l'intervento chirurgico proposto da altri autori nelle complicazioni neurologiche nel trattamento con Levodopa nei malati di Parkinson.
Gli autori hanno esaminato 134 soggetti, con complicazioni neurologiche dovute alla terapia farmacologica (discinesie, fluttuazioni motorie e fenomeno On-Off ecc.).
Essendo stato poi individuato come l'origine di queste disfunzioni sia dovuto a un aumento dell'attività neuronale del nucleo subtalamico e della parte interna del globo pallido, si è in alcuni casi preferito adottare un approccio terapeutico di tipo chirurgico; al fine di evitare le complicazioni frequenti dell'intervento gli Autori hanno voluto tentare, ove ritenuto possibile, una terapia basata sulla stimolazione elettrica dei medesimi nuclei cerebrali.
Sono stati trattati con stimolazione elettrica del globo pallido o del nucleo subtalamico circa 100 pazienti. Esaminati a tre mesi di distanza veniva rilevato un miglioramento della scala motoria pari al 50% nei soggetti trattati con stimolazione del nucleo subtalamico, al 37% nei soggetti trattati con stimolazione del globo pallido.
Inoltre si è avuto in entrambi i gruppi, con oscillazioni dal 64 al 74%, un progressivo miglioramento delle capacità motorie individuato dall' entità del tempo libero da movimenti involontari.
L'effetto terapeutico è stato tale da permettere anche la riduzione della posologia di Levodopa nel gruppo trattato con stimolazione del nucleo subtalamico.
Anche il trattamento stimolante ha tuttavia effetti collaterali, anche se inferiori a quelli provocati dall'intervento chirurgico: sono state presenti emorragie intracraniche in 7 pazienti, nonchè infezioni che hanno reso necessaria la rimozione dell'elettrodo in 2 soggetti. La terapia elettrostimolante appare tuttavia molto promettente in quanto tali effetti sono stati numericamente molto inferiori a quelli provocati dall'intervento chirurgico.

N.E.J.M 2001;345;956-963

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TOS e cancro della mammella

Gli studi sull'uso a lungo termine della terapia ormonale sostitutiva ( TOS, o, in inglese,HRT) suggeriscono un aumento del rischio di ammalare di cancro della mammella ma non è stato studiata l'associazione tra HRT e differenti tipi istologici di K della mammella.
Lo studio ha preso in considerazione 705 donne in post menopausa arruolate nel GHC di età compresa tra 50 e 74 anni che erano state colpite da un cancro invasivo della mammella diagnosticato tra il 01 Luglio 1990 e il 31 .12 .1995 e 692 donne arruolate in maniera randomizzata di pari età sempre nel GHC.
L'incidenza di cancro mammario, di tutti i tipi istologici, aumentò dal 60% all '80% nelle pz che di recente avevano usato HRT di lunga durata sia con solo estrogeno sia in combinazione con il progestinico. Le pz che avevano usato più a lungo la HRT ( per 57 mesi o più OR 3,07) e le pazienti che correntemente usavano la terapia combinata ( OR 3,91) mostrarono un aumentato di carcinoma globulare. La HRT di lunga durata fu associata ad un aumento del rischio pari al 50% per carcinoma non globulare( OR 1.52 per 57 mesi di durata o più).
Conclusioni i dati dello studio si aggiungono alle altre crescenti osservazioni che il recente uso di HRT di lunga durata è associato con un aumento di cancri della mammella e che tale aumento è particolarmente evidenti per i carcinomi lobulari.

JAMA. 2002;287:734-741

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Trattamenti complessi aumentano il rischio di cancro della pelle nella psoriasi

È ben noto come nella psoriasi siano state tentate, nel tempo, diverse strategie terapeutiche.
Alcuni ricercatori hanno ritenuto però che l'associazione di alcune di queste terapie possa essere addirittura nociva in quanto favorirebbe l'insorgenza di neoplasie della pelle.
I ricercatori hanno esaminato circa 850 pazienti, seguiti dal 1975 al 1988 presso 16 centri universitari degli USA.
Questi soggetti erano stati trattati, in quanto affetti da psoriasi, con raggi PUVA (esposizione a psoralene e raggi ultravioletti A). Una trentina di questi pazienti risultava poi essere stata trattata, in epoca successiva, con ciclosporina. Di questi ultimi soggetti, sei hanno sviluppato dei carcinomi squamocellulari nel periodo precedente il trattamento con ciclosporina mentre, nel periodo successivo al trattamento, il numero era salito a 13.
Pur esaminando i molteplici fattori interferenti, i ricercatori hanno dimostrato come l'incidenza dei tumori squamocellulari nei soggetti trattati prima con PUVA e poi con ciclosporina era sette volte maggiore rispetto ai controlli. La stessa analisi statistica stabiliva che la ciclosporina comportava un rischio pari 200 volte al trattamento con PUVA.
L'ipotesi avanzata dai ricercatori è che il trattamento immunosoppressivo con ciclosporina sia in grado di aumentare in elevata misura il rischio di tumore nei soggetti esposti a sostanze cancerogene: nel caso specifico l'incremento nella neoplasia interessava le sedi di radiazione PUVA e non quelle non esposte al sole.
I risultati non sono ovviamente generalizzabili ma, creano un presupposto importante per ulteriori ricerche circa possibile genesi dei tumori in questi soggetti.

(Lancet 2001;358:1042-1045)

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APPROFONDIMENTI


Un controverso caso assicurativo

"Lo scorso dicembre mio padre, di 74 anni, aveva prenotato un viaggio da effettuarsi nel successivo mese di febbraio. Da alcuni anni è affetto da iperplasia prostatica con una sintomatologia modesta tanto da permettergli di programmare una vacanza. A fine gennaio però, a seguito di una infezione delle vie urinarie, si era manifestata una ritenzione urinaria acuta. Ricoverato veniva deciso l'intervento di TUR della prostata in presenza di una sofferenza renale attribuibile a ritenzione, evidentemente presente misconosciuta da qualche tempo. Ovviamente, dopo cinque giorni d'ospedale e la necessaria convalescenza ,il viaggio era saltato. Il contratto con l'agenzia prevedeva la copertura assicurativa per il rimborso parziale delle spese del pacchetto vacanza nel caso di impossibilità a partire a seguito di sopraggiunta malattia, per cui mio padre inviava la necessaria documentazione all'assicurazione, certo di recuperare parte del costo del biglietto. Con sua grande irritazione e mia sorpresa l'assicurazione rifiutava però di riconoscergli qualsiasi rimborso attribuendo la causa della malattia precedente alla stipula del contratto. Fu del tutto inutile far loro rilevare che l'ipertrofia prostatica benigna, non necessariamente esita verso la ritenzione urinaria e la sofferenza renale tanto da essere non obbligato il rapporto tra queste ed una condizione tanto frequente dopo i 70 anni da passare per parafiologica.

Forse il caso non si presta a generalizzazioni ma, senza entrare nello specifico sull'utilità di coperture assicurative così aleatorie, c'è da chiedersi come possa la logica della medicina assicurativa tutelare senza rischi la nostra salute."

I problemi delle assicurazioni private

I rapporti tra medici e Società Assicurative sono spesso conflittuali a causa delle continue problematiche inerenti le certificazioni in ambito infortunistico; ancora di più lo diventano allorchè il medico si venga a trovare nella veste di assicurato. Si aprono sovente dei contenziosi che l'interessato non riesce a capire, e i rapporti finiscono per deteriorarsi sempre di più.

Il caso presentato dal collega non è affatto raro: spessissimo l'assicurato, allorchè si trovi nelle condizioni di dover chiedere alla Società il rispetto dei patti sottoscritti, scopre qualche aspetto rimasto misconosciuto, che ne distrugge le aspirazioni risarcitorie.

Prima di esaminare il caso concreto, conviene prendere in esame le norme che regolano i rapporti asscicurativi privati.

Generalità sulle assicurazioni private

L'assicurazione, innanzitutto, può essere definita come "un rapporto giuridico implicante il diritto di fruire (e reciprocamente, di far fruire) di un dato beneficio in occasione dell'attuarsi di un rischio, secondo accordi e parametri specificati contrattualmente".

Il contratto assicurativo (polizza) viene stipulato tra l'assicurando ed una Compagni assicuratrice secondo la normativa regolata dal Codice Civile. Dal punto di vista giuridico l'art. 1882 così definisce: "L'assicurazione è il contratto col quale l'assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana".

La dizione del codice, ovviamente, può adattarsi ad innumerevoli ambiti, e nel tempo sono state concepite assicurazioni per i più diversi aspetti della vita: infortuni, malattie, incidenti stradali, danni accidentali, eventi avversi di ogni tipo. Tutti questi contratti hanno però in comune una serie di aspetti:

  • Si tratta di un contratto privato, liberamente sottoscritto dalle parti, che ne accettano consapevolmente tutti gli aspetti.
  • Viene assicurato "un rischio" : la possibilità, cioè, che un evento negativo (possibile o ipotizzabile) si attui in un danno effettivo.
  • Il pagamento del premio è commisurato all'intensità del rischio stesso. Infatti il costo della stessa polizza può variare enormemente allorchè venga stipulata per soggetti che abbiano un fattore di rischio diverso. Esempio classico può essere quello delle polizze assicurative contro gli errori professionali dei medici, di un modesto costo per i medici di famiglia, dieci volte più costose nel caso di categorie a rischio come gli odontoiatri o i chirurghi plastici. In caso di rischio molto elevato la Società può anche rifiutare la stipula.

Diviene indispensabile quindi, per la stipula del assicurativo, che la Società sia in grado di valutare esattamente il rischio che si vuole assicurare. A questo scopo vengono generalmente richieste una serie di informazioni preliminari attinenti il rischio da prendere in esame.

L'assicurando è tenuto a fornire informazioni complete e veritiere in ordine alle circostanze che possano avere influenza su rischio; l'art. 1892 del C.C. stabilisce infatti che " le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative a circostanze tali che l'assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuti il vero stato delle cose, sono causa di annullamento del contratto quando il contraente ha agito con dolo o colpa grave".

L'art. 1893 specifica: "Se il contraente ha agito senza dolo o colpa grave, le dichiarazioni inesatte e le reticenze non sono causa di annullamento del contratto, ma l'assicuratore può recedere dal contratto stesso.".

In verità è possibile derogare in senso favorevole all'assicurato (art. 1932 C.C.) allorchè il contratto sia in vigore da un certo periodo di tempo e non si tratti di malafede. è evidente come i casi concreti possano prestarsi a innumerevoli contestazioni.

Le "trappole" delle polizze

Non paghi delle protezioni fornite loro dalla legge, le Società Assicuratrici tendono a formulare i contratti in modo da garantirsi una serie di tutele supplementari. Infatti, benchè teoricamente i contratti vengano stilati di comune accordo tra le parti, in realtà all'assicurando è generalmente presentato un contratto standard precompilato al quale non è permesso approntare modifiche sostanziali, se non per clausole aggiuntive espressamente previste dalla Società. A ciò si aggiunge l'abitudine, assai radicata in Italia, di firmare i contratti assicurativi senza leggerli e fidando unicamente nelle parole dell'assicuratore; questi spesso dimentica di illustrare aspetti importanti che potrebbero venire in luce solo in epoca successiva. Ne enumeriamo sinteticamente qualcuno:

  • "Franchigia" : fissazione di una soglia sotto la quale non si dà luogo ad indennizzo. Tale soglia può essere costituita da una somma in denaro (si rimborasno i danni solo a partire da una certa cifra) o da una percentuale di invalidità (non si rimborsano i danni inferiori, ad es. al 5%).
  • Non assicurabilità: La polizza infortuni standard, ad esempio, prevedeva fino a pochi anni fa, che non fossero assicurabili le persone di età superiore ai 70 anni e "le persone colpite da apoplessia o affette da epilessia, paralisi, infermità mentali, delirium tremens…diabete o da altre infermità gravi e permanenti". "Non assicurabilità" sta a significare, in concreto, che un soggetto affetto da tali forme morbose che si fosse assicurato, non avrebbe avuto diritto in caso di infortunio (anche se non ci fosse alcun nesso con la condizione "incriminata"), ad alcun indennizzo, e neppure alla restituzione dei premi pagati.
  • Valutazione dello "stato anteriore": molte polizze contengono clausole che limitano o aboliscono il diritto all'indennizzo in caso di malattie o altre condizioni particolari preesistenti alla stipula. Talvolta viene prevista l'indennizzabilità anche delle malattie pregresse qualora l'assicurato le dichiari in anticipo e paghi il necessario (e giusto) sovrapprezzo.
  • Clausola compromissoria: le polizze private prevedono in genere che, in caso di controversia sull'entità del risarcimento o sul nesso di causalità, la controversia non venga portata in tribunale ma venga risolta mediante un "arbitrato irrituale". Si tratta di una procedura consistente (in caso di problemi legati alla salute) in una visita collegiale effettuata dal medico dell'assicurazione, dal medico dell'assicurato e da un terzo medico scelto dai primi due o, in caso di disaccordo, dall'Ordine dei Medici.

L'arbitrato è una procedura nata per favorire lo snellimento e la velocità delle procedure di rimborso, che vengono completate in pochi mesi anzichè negli anni richiesti dall'iter giudiziario; è tuttavia parecchio costoso, e viziato oltretutto dal fatto che la maggior parte dei medici chiamati a fare da terzo arbitro è a sua volta spesso legato alle Compagnie Assicurative da vincoli lavorativi ed economici. è piuttosto difficile che le compagnie accettino che un arbitrato sia presieduto da persona totalmente estranea all'ambiente, per cui questa procedura finisce per essere generalmente sfavorevole all'assicurato, che si sentirebbe più tutelato in Tribunale, a cui però non può accedere (in realtà, quando la materia del contendere non riguarda la valutazione del danno o del nesso di causalità bensì altri aspetti, come l'interpretazione di una clausola o il mancato rispetto di una procedura, è possibile ricorre al Tribunale; spesso però l'assicurato non è a conoscenza di questa possibilità).

L'evoluzione delle normative del settore, e l'apertura alle norme internazionali hanno inoltre comportato, alla fine, una certa maggiore elasticità nella stipula delle polizze: molte polizze, ad esempio, non annoverano più il diabete tra i motivi di non assicurabilità (o limitano tale esclusione solo alle forme più gravi); lo stato anteriore viene spesso valutato con criterio meno restrittivo, tenendo conto delle modalità con cui l'aggravamento si è manifestato; la clausola compromissoria è spesso formulata in modo diverso e con parole diverse da contratto a contratto, offrendo così lo spunto per "saltare" l' arbitrato e rivolgersi direttamente al tribunale.

Tutto ciò però, deve derivare da quanto scritto nel contratto, che deve essere letto e capito fino in fondo (cosa non facile, dato il linguaggio spesso criptico e oscuro).

Il caso in oggetto

Da quanto esposto sopra è facile comprendere come la base di tutto sia costituita dalla precisa terminologia del contratto firmato dal padre del collega. Sembrerebbe di capire che la polizza includesse uno dei motivi di "non risarcibilita" di cui abbiamo parlato sopra, ma non abbiamo elementi sufficienti per esprimere un giudizio preciso. Il fatto che l'assicuratore abbia deciso autonomamente di non procedere all'indennizzo è piuttosto anomalo, in quanto le società prevedono generalmente una visita medica e il parere di un medico fiduciario, al quale sarebbe più facile addurre argomenti di tipo sanitario con la speranza di essere favorevolmente recepiti..

è anche possibile che ci fossero delle possibili scappatoie legali sfuggite all'attenzione: capita abbastanza sovente che gli assicuratori (o i loro fiduciari) tendano a confidare troppo nella passata esperienza, facendo riferimento sempre alle clausole riportate nelle vecchie polizze standard e non adeguandosi invece alle polizze a loro sottoposte. La maggiore varietà di offerta assicurativa può portare sovente a condizioni di maggior favore per l'assicurato, ma per rendersene conto è indispensabile una lettura attenta.

Attenzione: le eventuali questioni che sorgano sulla corretta interpretazione delle clausole del contratto, sono di competenza del Tribunale, e non dell'arbitrato. è possibile quindi, in questi casi, procedere direttamente per vie legali.

Non è possibile esprimere quindi un giudizio preciso su quanto accaduto al collega in mancanza di una lettura della polizza: sarebbe importante sapere se questa prevedesse, e a quali condizioni, delle esclusioni di rimborsabilità legate alla valutazione dello stato anteriore, così come sarebbe anche importante sapere se all'assicurato è stato richiesta una dichiarazione sulle sua condizioni di salute, e cosa egli abbia eventualmente risposto.

è possibile solo esprimere un giudizio moralmente critico sull'operatore assicurativo che, nel momento in cui stipulava una polizza ad un 74enne, non ha fatto presente che questa poi non avrebbe coperto la maggior parte degli eventi patologici "a rischio" in quanto, data l'età, sarebbero poi stati poi fatti certamente risalire ad epoca precedente e quindi considerati "non indennizzabili". è poi probabile anche che il papà del collega, come qualsiasi buon italiano, abbia firmato una polizza senza assicurarsi di averne ben compreisi i risvolti.

In conclusione

  • Le polizze assicurative sono contratti privati liberamente sottoscritti, e quindi tutto ciò che stabiliscono, purchè non contrario alla legge, è lecito e pieneamente legale (compresi gli aspetti che sopra abbiamo soggetto a critica).
  • Bisogna sempre leggere le polizze e, se qualcosa non è chiaro, non vergognarsi di chiedere chiarimenti.
  • Evitare di "passar sopra", all'atto della stipula, ad eventuali incongruenze che cadano sotto la nostra attenzione: se si osserva che può esserci qualche motivo di "non indennizzabilità", non fidarsi delle parole rassicuranti dell'assicuratore (" Sì, c'è scritto così, ma è solo una formalità!") , perchè nel momento critico ciò che avrà valore è quanto è stato scritto e controfirmato.
  • In caso di controversia, fate leggere il contratto da un esperto: nelle pieghe dei vari articoli può celarsi più di un'opportunità.

Daniele Zamperini - Pubblicato su "Occhio Clinico" - gennaio 2002

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MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA


Rubrica gestita dall'ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica (a cura di D.Z.)

Nullità del matrimonio per errore relativo a malattia preesistente di un coniuge

La nullità del matrimonio si configura allorchè la malattia sia preesistente al matrimonio, anche in forma prodromica. (Cassaz. Sezione Prima Civile n. 12431dell'11 ottobre 2001)

I Fatti:
Il signor S.P. conveniva avanti al Tribunale di Milano la moglie L. E. ed i suoceri M. G. e A. E. per sentir dichiarare la nullità del proprio matrimonio, per errore sulle qualità personali della coniuge, e per sentire condannare tutti i convenuti in solido al pagamento dell'indennità prevista dall'art. 122 c.c.
A sostegno della propria domanda il P. esponeva che dopo un periodo di convivenza normale la moglie aveva cominciato ad evidenziare disturbi alla vista e a manifestare uno stato di depressione psichica per cui era stata più volte ricoverata in ospedale.
Nell'agosto del 1987, in occasione di uno dei ricoveri era stato informato, dal medico curante, che la moglie era affetta da sclerosi multipla, i cui sintomi si erano già manifestati prima del matrimonio, senza che egli ne fosse a conoscenza.
Va premesso a questo proposito che gli elementi che l'art. 122 c.c. richiede per l'azione di impugnazione del matrimonio (in caso di errore che riguardi l'esistenza di una malattia fisica o psichica di uno dei coniugi) sono i seguenti:

  1. esistenza della malattia prima del matrimonio;
  2. non conoscenza dell'esistenza della malattia da parte del coniuge che richieda l'annullamento del matrimonio;
  3. rilevanza dell'affezione ai fini dello svolgimento della vita matrimoniale;
  4. influenza determinante sul consenso della non conoscenza dell'esistenza dell'infermità.

I1 Tribunale di Milano respingeva la richiesta di annullamento.
Contro la sentenza di primo grado S.P. proponeva appello, che però veniva respinto.
Infatti la Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 22.3/15.11.1996 respingeva l'appello sul presupposto che non era risultato

  1. che la malattia della quale era stata riscontrata affetta L. E. fosse insorta prima del matrimonio contratto dalle parti
  2. che di tale malattia la convenuta fosse consapevole
  3. che l'attore non avrebbe contratto matrimonio qualora fosse stato a conoscenza della malattia della moglie.

S.P. ha allora proposto ricorso in Cassazione lamentando in particolare che la Corte d'Appello avesse ritenuta non provata l'esistenza della malattia da epoca antecedente al matrimonio nonostante il C.T.U. avesse accertato, come si legge nella parte motiva della sentenza che "la infermità ... ha cominciato a manifestarsi all'età di 14 anni con una sintomatologia a poussèes (episodio parestetico a 14 anni, disturbi diplopici a 19 anni) che ha portato alla diagnosi di nevrassite prima e di sclerosi a placche successivamente", in quanto lo stesso C.T.U. aveva chiarito che "alla luce dei sintomi che sono andati nel tempo instaurandosi non si poteva con assoluta certezza ritenere che gli episodi sarebbero evoluti verso la sclerosi multipla".
La Cassazione accoglieva il ricorso di S.P. in quanto, accertata tale risultanza istruttoria, la Corte territoriale non avrebbe dovuto respingere l'appello ma al massimo procedere ad un più approfondito accertamento del significato clinico degli episodi riportati dal C.T.U. nel suo elaborato, "tenuto conto che l'art. 122 C.C. non richiede che l'infermità sia clinicamente conclamata prima del matrimonio, ipotesi questa che la renderebbe riconoscibile probabilmente all'uomo medio, ma che sia esistente, sia pure allo stato di sintomi o episodi prodromici, ciò perché solo la malattia insorta completamente dopo il matrimonio ne esclude l'annullamento in base al generale principio di solidarietà che deve connotare nel bene e nel male la valida unione coniugale."
La Corte rilevava pure che "nessun accenno è rinvenibile nella sentenza in ordine all'incidenza della malattia sul normale svolgimento dell'unione matrimoniale, accertamento che il giudice di merito avrebbe dovuto fare d'ufficio al fine di valutare l'effettiva incidenza dell'affezione sullo svolgimento di una normale vita coniugale. (Cass. civ. sez. I, 9.4.1998 n 3671)".
La sentenza d'appello veniva quindi cassata e rinviata a diversa sezione perchè venisse accertata, "tenuto presente il punto di diritto su enunciato, consistente nel ritenere esistente la malattia fin dal manifestarsi dei segni prodromici, poi esitati in malattia conclamata", la questione di merito, "se la sclerosi a placche dalla quale risulta affetta la P., sia infermità di natura e gravità tale da incidere sul normale svolgimento della vita matrimoniale dei coniugi".

(Daniele Zamperini)

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Nuovo codice etico europeo

Numerose riviste d'importanza internazionale come "Lancet" e gli "Annals of Internal Medicine", hanno pubblicato la cosiddetta "Carta della Professionalità" definita anche, da diverse riviste, come "Il Nuovo Codice Deontologico dei Medici".
Il documento, che ha l'intenzione di aggiornare le regole deontologiche risalenti all'epoca ippocratica, si basa su una visione "contrattuale" del rapporto medico-paziente, ed è costituito da tre principi fondamentali: la centralità del benessere del paziente, l'autonomia del paziente, la giustizia sociale.
Questi tre principi, a loro volta, sono sviluppati tramite dieci "impegni":

  • Mantenimento di adeguata competenza professionale,
  • Onestà verso i pazienti,
  • Impegno alla riservatezza,
  • Mantenimento di un rapporto corretto con i pazienti,
  • Miglioramento della qualità delle cure,
  • Miglioramento dell'acceso alla cura
  • Distribuzione equa delle risorse limitate,
  • Impegno alla conoscenza scientifica,
  • Impegno a conservare la fiducia affrontando i conflitti di interesse,
  • Impegno nei confronti delle responsabilità professionali.

Si può osservare come questi impegni siano chiaramente strettamente interconnessi tra loro; il nuovo "Codice" li esprime in termini molto pratici e concreti, con un occhio sempre diretto ai problemi della farmaco-economia, attualmente molto rilevanti.
Gli autori hanno affrontato questo tema in quanto spronati dalla osservazione che tra i legittimi bisogni dei pazienti e le risorse disponibili al loro soddisfacimento si è creata in realtà un divario che impedisce una totale soddisfazione. Lo scopo della "Carta della Professionalità Medica" sarebbe quindi quello di incoraggiare e promuovere iniziative e linee d'azione che abbiamo valore e portata universale, spingendo i medici a riaffermare soprattutto i principi della professionalità, da cui il titolo originale del "Codice".

(Fondazione ABIM, Fondaz. ACP-ASIM, Federazione Europea di Medicina Interna e altri)

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Obbligo di referto nei casi di overdose

È noto come il medico convenzionato soggiaccia al duplice obbligo di denuncia e di referto in caso venga a trovarsi in condizioni di essere a conoscenza di un reato.
La differenza tra le due fattispecie consiste in sostanza nel fatto che l'obbligo di referto si manifesti allorchè il medico venga a conoscenza nel corso della sua attività di un reato perseguibile d'ufficio; l' obbligo di rapporto riguarda invece qualsiasi Pubblico Ufficiale che venga a conoscenza di un reato.
Nel caso che un medico venga a trovarsi ad assistere un paziente in overdose, egli è tenuto a presentare referto in quanto ha il dovere sociale di collaborare a combattere il traffico di stupefacenti.
La Cassazione (Sentenza 9445 del 2001) ha stabilito che non esclude dall'obbligo l'incertezza sulla provenienza delle sostanze utilizzate dal tossicodipendente, mentre il medico conserva l'obbligo di denunciare il reato di spaccio di cui il suo paziente è stato soggetto passivo.
Il medico non è tenuto a redigere il referto se la notifica rischia di esporre il suo assistito a procedimento penale ma, lo è nei casi in cui il suo assistito sia stato soggetto passivo di un reato come, in questo caso, del reato di spaccio di stupefacenti.
"La dimenticanza" del medico configura il reato di omissione referto, punito dall'art. 365 del C. P.

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PRINCIPALI NOVITÀ IN GAZZETTA UFFICIALE: mese di febbraio - marzo 2002

La consultazione dei documenti citati, come pubblicati in Gazzetta Ufficiale, è fornita da "Medico & Leggi" di Marco Venuti: essa è libera fino al giorno 20.04.2002. Per consultarli, cliccare qui

DATA GU TIPO DI DOCUMENTO TITOLO DI CHE TRATTA?
19.03.02 66 Decreto del Ministero Salute del 13.11.01 Modifica della composizione di medicinali costituiti da vaccini monodose iniettabili contenenti mertiolato o altri composti organomercuriali come conservanti o come residui nel processo di fabbricazione .......
13.03.02 61 Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze Attuazione dell'art. 23, comma 4, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni, in materia di vigilanza sull'applicazione della legislazione sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro .......
08.03.02 57 suppl. ord. 40 Decreto Legislativo n. 25 del 02.02.02 Attuazione della direttiva 98/24/CE sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro .......
04.03.02 53 Decreto del Ministero Salute del 12.02.02 Revisione parziale delle autorizzazioni all'imbarco quale medico di bordo e degli attestati di iscrizione nell'elenco dei medici di bordo supplenti .......
28.02.02 50 suppl. ord. 34 Accordo del 26.09.01 Accordo sui servizi pubblici essenziali e sulle procedure di raffreddamento e conciliazione in caso di sciopero del personale del comparto del Servizio sanitario nazionale Regolamentazione dello sciopero dei medici
21.02.02 44 suppl. ord. 32 Circolare del Ministero Salute n. 13 del 13.12.01 Indicazioni per l'applicazione dei regolamenti relativi all'esenzione per malattie croniche e rare .......

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