Daniele Zamperini: "Avvenire Medico" maggio 1999

REGOLE PER IL BUON CERTIFICATO DEL MEDICO DI FAMIGLIA

Questo articono non ha il fine di insegnare le leggi e le normative medico-legali che occorrono per stendere un cerificato medico, bensi’ quello di fornireal MdF le indicazioni per una "buona" certificazione; per una certificazione, cioe’, pienamente rispondente allo scopo prefisso e che non sia soggetta a critiche, contestazioni, accuse di falso o peggio.

Regole Generali

I certificati medici sono "atti" che qualificano un fatto conferendogli rilevanza nei confronti di terzi, ivi compreso il soggetto interessato, produttivi di effetti nella sua sfera giuridica e fanno fede fino a prova contraria.

Affinche’ un documento proveniente da un medico possa qualificarsi "certificato medico" è necessario che il suo contenuto rappresenti in tutto e in parte una "certificazione" cioe’ che attesti i fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verita’ (1). Infatti i cosiddetti "certificati" che pero’ non attestino fatti di cui è venuto il medico a conoscenza, ma esprimano opinioni o risultati di accertamenti o simili non producono certezza legale e non sono quindi valutabili come certificati medici ai fini dell’art. 481 C.P.

Il certificato medico quindi, a prescindere dalla qualificazione, rappresenta un documento che contiene una dichiarazione scritta nella quale si attesta la sussistenza di fatti obiettivi riscontrati dalla percezione visiva, auditiva e intellettiva del medico nell’esercizio della sua attivita’ professionale ed e’ destinato a conferire rilevanza giuridica nei confronti di terzi a fatti che il medico accerta come veri.

Il certificato quindi deve riferirsi a dati oggettivi sui quali successivamente il medico costruisce la sua valutazione tecnica fornendo diagnosi e prognosi. La prognosi, che sovraintende al rilascio del certificato medico, non assume pero’ di norma rilevanza giuridica di certezza, essendo basata generalmente su criteri di probabilita’.

Come comportarsi di fronte agli elementi riferiti dal paziente?

E’ necessario come detto prima che il sanitario esprima nel certificato la sua conoscenza personale e diretta dei fatti, in maniera rigorosa. Non e’ possibile compilare un certificato giuridicamente ineccepibile sulla base, sic et sempliciter, di quanto viene riferito dall’ assistito o comunque da terze persone. Qualora si verifichi il caso in cui l’assistito richieda che venga semplicemente riportato quanto da lui dichiarato su problematiche non direttamente verificate dal medico (ad esempio manifestazioni cliniche manifestatesi nei giorni precedenti a quello a cui viene richiesta e rilasciata la certificazione), il medico deve adottare una formulazione dalla quale emerga chiaramente che trattasi di certificato puramente "anamnestico", sul quale ci si limita a riportare quanto riferito dal paziente senza aver personalmente verificato tali elementi.

LE DIAGNOSI "RIFERITE".

Il problema delle diagnosi riferite dai pazienti e’ assai delicato. In effetti il medico dovrebbe , in teoria, diagnosticare solo quanto da lui personalmente riscontrato. E’ pero’ possibile e plausibile che alcuni stati morbosi di breve durata ma di elevata intensita’ inabilitante provochino disturbi che non siano visibili o che siano scomparsi all’ atto della visita medica: per es. una crisi di emicrania , una nevralgia del trigemino, una crisi di vertigine acuta, un’ enterite con diarrea profusa ma transitoria. "Il medico anche in questi casi deve rilasciare al paziente il certificato perche’ anche di fronte alla piu’ subiettiva delle infermita’ egli non puo’ escludere che quella infermita’ sussista e non puo’ contrastare o eludere l’ interesse del paziente ad ottenere il certificato. In tal caso il medico deve certificare che il paziente "accusa" ad esempio cefalee o colica renale che e’ formula idonea a lasciare al paziente la paternita’ e responsabilita’ di quanto egli dice al medico in merito ad infermita’ non obiettivabili"(Boll. O. M. di Roma e Prov., n.3, 1983).

Il medico potra’ anche esprimere un giudizio (diagnosi e prognosi) basandosi sull’ "attendibilita’" della sintomatologia riportata dal paziente, sempre chiarendo che trattasi di patologia riferita. Cio’ e’ stato confermato da autorevole giurisprudenza (2). Riteniamo che, in caso di assenza di ogni obiettivita’, non sia opportuno pero’ indicare ulteriori giorni di prognosi, a meno che non si effettuino opportuni accertamenti al fine di chiarire il quadro clinico..
 
 
 
REQUISITI SOSTANZIALI DEL CERTIFICATO

Il certificato DEVE contenere:

  1. Nome, cognome, qualifica (medico chirurgo, specialista in, ecc. ecc.) e domicilio di chi lo rilascia.
  2. Generalita’ complete della persona a cui si riferisce.
  3. L’oggetto della certificazione.
  4. La precisazione in forma univoca dell’epoca a cui si riferisce il contenuto.
  5. La descrizione dettagliata dei referti obiettivi.
  6. La data di compilazione
  7. Il luogo della stessa.
  8. La firma del compilatore
REQUISITI "FORMALI" DEL CERTIFICATO

Esso deve essere:

  1. Privo di abrasioni e correzioni successive (3) .
  2. Non deve ingenerare dubbi né sull’estensore dell’attestazione né sul suo certificato (calligrafia chiara e comprensibile che non possa dar luogo a equivoci).
  3. Intelligibile nella terminologia usata e nel significato.
  4. Coerente tra quanto constatato obiettivamente dal Medico con quanto da lui dichiarato per iscritto.
Per quanto concerne il contenuto e’ necessario che consti di tre parti: 
  1. sintomatologia riferita dal paziente. 
  2. obiettivita’ rilevata dal sanitario . 
  3. giudizio del sanitario (diagnosi e prognosi). 
Alcuni tipi di certificati possono fare a meno della espressione dell’esame obiettivo e sono i cosiddetti "certificati di diagnosi" (sana e robusta costituzione, sanita’ rispetto a determinate malattie) e quelli di eseguita prestazione (vaccinazioni) nonche’ i "cosiddetti certificati complessi" (incapacita’ a riprendere una determinata attivita’, impossibilita’ a compiere determinati atti). 

La diagnosi puo’ essere di vario genere:

  • Istologica -Eziologica – Patogenetica – Sintomatica.
Non e’ obbligatorio esprimerla nell’ uno o nell’ altro modo: il medico puo’ scegliere la modalita’ piu’ idonea in modo che l’espressione diagnostica renda conto della successiva prognosi di inabilita’ temporanea.
Da tener presente assolutamente che IL CERTIFICATO HA VALORE IN SE’ E PER SE’ E NON PER L’USO CHE NE VIENE FATTO, PUO’ ESSERE DESTINATO CIOE’ IN OGNI MOMENTO A FAR FEDE DI CIO’ CHE IN ESSO E’ STATO DICHIARATO ANCHE A FINI DIVERSI DI QUELLI PER CUI E’ STATO REDATTO.

Note:

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 1) Corte di Cassazione (Sez. V 3 luglio ‘79).
 2) Cass. Sez. lavoro, dec. n. 3332 del 17/4/90-27/3/91. In particolare: “ Il giudizio sotteso alla prognosi non verte soltanto sul decorso futuro del fenomeno morboso ma concerne una valutazione complessiva dello stesso che sulla base della diagnosi e dello stato di avanzamento della malattia in atto ben puo’ riferirsi al periodo antecedente al momento in cui la visita medica viene effettuata”.
 3) Le eventuali correzioni devono essere controfirmate.
4)  Cass., sez. Lavoro, dec. n. 1290 del 6/2/88
5) Boll. O.M. di Roma e Prov.. n. 7, 1997